ALTA MONTAGNA E PASCOLI
I rifugi erano un tempo l'avamposto della civiltà e della società umana per garantire la sopravvivenza degli scarsi frequentatori di uno spazio ostile. Oggi invece i rifugi si sono specializzati per clientele diverse.
ARCHITETTURE SULLE VETTE
di Giuseppe Nebbia
Il Rifugio Dalmazzi, in Val Ferret.I rifugi per l'escursionismo e l'alpinismo

Lo sviluppo dell'alpinismo nell'800 evidenziò la necessità di costruire basi fisse per facilitare l'accesso alle vette, diluendo il tempo di salita in più giorni. Il principale impulso venne dal Club Alpino Italiano che nel 1866 realizzò i primi due rifugi, per la salita al Monviso ed al Cervino.
"L'interesse che allora regnava era soltanto quello di scegliere la località e di fabbricare i muri, solo tre, perché il quarto esisteva in natura, e a questo si addossava il rifugio. Il resto era costituito da travi e tavole di legno, che alcune volte venivano catramate o ricoperte in lamiera zincata. I muri costruiti così, a secco, potevano reggersi a condizione di essere alquanto spessi; solo quando i mezzi lo permettevano si adoperava del cemento che mescolato con acqua impura, produceva una malta di cattiva qualità, e quindi di breve durata, con la conseguente difficoltà di assicurare solidamente il rifugio alla roccia.
Queste modalità costruttive erano causa di umidità all'interno dell'abitacolo e non impedivano alla neve, che penetrava nelle fessure, di accumularsi all'interno, trasformandosi in ghiaccio e poi, durante la primavera, in acqua che distruggeva quei pochi arredi di cucina e di conforto di cui con fatica si era riusciti ad equipaggiare il luogo.
Si decise pertanto che in futuro i rifugi venissero costruiti vicino alle rocce, affinché la montagna li proteggesse dall'impeto del vento. Ma anche questa volta si commisero grossi errori: la neve che si accumulava tra l'interstizio ed il muro della capanna, trasformandosi in ghiaccio, provocava una pressione che ledeva, quando non la faceva crollare, le strutture dell'edificio.
Bisognava ancora migliorare: si incominciò a foderare l'interno dei muri con tavole di legname, opportunamente distanziate dalla costruzione in muratura, le quali arrestarono le correnti d'aria umida e fredda…..
Si riscontrò quindi che il legno era il materiale più funzionale per la costruzione dei rifugi, che verso la fine del secolo vennero fabbricati tutti con quel materiale (Rifugio del Dôme, Grandes Jorasses, Gran Torre, Gnifetti).
Successivamente, con l'esperienza acquisita in passato e grazie a nuove tecniche e nuovi materiali, si costruirono fabbricati solidissimi, anche se posti su spianate libere da ogni parte, capaci di sfidare le violente bufere, di resistere a tutte le forme di attacco degli agenti atmosferici e di lenire così i repentini sbalzi di temperatura." (Tratto da "Vecchi rifugi in Valle d'Aosta", Cahier Museomontagna, Torino, 1985).
Oggi in Italia i rifugi del C.A.I. assommano a più di 750, distinti in rifugi, bivacchi, punti di appoggio, capanne sociali e ricoveri. A questi si aggiungono moltissimi rifugi privati, che assumono anche altre denominazioni quali rifugi-albergo o rifugi di tappa.
La tipologia e la quota comportano differenze architettoniche marcate. In Valle d'Aosta tali differenze si rilevano in:

- impianto massiccio a più piani con muri in pietra a raso, tetto a falde prive di sporgenze o con sporgenze in calcestruzzo armato, aperture di dimensioni ridotte: Miserin, Chabod, Deffeyes, Torino nuovo, Duca degli Abruzzi a Lo Riondé, Teodulo, Arp;
- richiamo ai modelli dell'architettura rurale, con muratura in pietra, tetti in legno con copertura anche in lose, balconi: tra gli altri Sogno Fortuna a Peradza, Sella al Lauson, Gontier al Grand Nomenon, Savoia, Città di Chivasso, Benevolo, Bezzi, Elisabetta, Elena, Bonatti, Prarayer, Rosaire-Clermont, Ferraro, Arp a Palasina, Alpe di Arbole;
- soluzioni specifiche non riferite a modelli rurali ma coerenti con la funzione e le condizioni ambientali: Vittorio Emanuele II, Monzino, Nacamuli, ampliamento del Teodulo, Guide della Val d'Ayas, Regina Margherita;
- recupero di strutture edilizie esistenti nel caso dei rifugi di tappa posti a servizio degli escursionisti lungo le Alte Vie: Alpenzù Grande a Gressoney.

Il bivacco è un rifugio di dimensioni ridotte e dalle caratteristiche specifiche. È in genere ubicato nelle zone più alte e prossime ai punti di attacco delle ascensioni. Proprio per le difficoltà di accesso e di trasporto i bivacchi sono in genere costruzioni leggere prefabbricate a copertura curva metallica. Il modello più diffuso è del tipo "sistema Apollonio", della capacità di 9 posti letto e della superficie di 5-6 metri quadrati.

I rifugi quale "meta"

Il bivacco Rainetto, in Val Veny.Oltre al ruolo principale di punto di sosta e di ristoro lungo un percorso, un cammino, un'escursione, molti rifugi sono visti come "meta" autonoma, termine di una gita, ultimo avamposto della civiltà che si può raggiungere in tutta sicurezza. Sono di questo tipo molti rifugi posti a mezza quota, facilmente raggiungibili dal fondo valle, dotati di tutti i servizi ed anche a volte dell'accessibilità stradale lungo piste sterrate. Ne sono esempio i rifugi Barbustel, Sogno Fortuna, Benevolo, Elisabetta, Elena ed altri. In questo ruolo incrementano l'offerta della località turistica posta ai loro piedi. La struttura deve garantire più che il pernottamento ampi spazi per la sosta e per il ristoro degli escursionisti che effettuano la passeggiata o la gita in giornata.
In alcuni casi rifugi sorti per essere base di ascensioni sono diventati mete per gite con o senza sci ai piedi, grazie a nuovi impianti meccanici di risalita. Ne è un esempio il rifugio Teodulo, all'omonimo colle tra Cervinia e Zermatt, situato a fianco della pista di discesa da Plateau Rosà a Cervinia e presso cui si attesta la stazione terminale di una seggiovia.

I rifugi-albergo

I rifugi-albergo soddisfano in genere l'esigenza di offrire ospitalità e ristoro in quota, per un tempo superiore alla giornata, al fine di permettere successive gite nei dintorni con rientro in serata. Sono strutture che privilegiano l'aspetto alberghiero con ampie parti per il pernottamento ed attrezzaure per il ristoro. Non sempre sono posti lungo percorsi alpinistici od escursionistici, come il rifugio Arp a Palasina o il rifugio Barbustel al Lac Blanc di Champdepraz.
Tra i rifugi-albergo si possono annoverare le "colonie" che si ritrovano frequentemente in molte località turistiche. La posizione di tali edifici varia notevolmente sia in termini di quota che di relazione con l'abitato. La colonia Città di Genova a Corbet di Ayas sorge isolata ma a solo 1500 metri di quota. Sempre isolata ma a quota ancora più bassa si trova la colonia Olivetti a Epinette di Brusson. Più elevata, ma prossima all'abitato, è la colonia SIP a Gressoney-Saint-Jean. Si tratta di fabbricati imponenti e di grande capacità, che presentano interessanti soluzioni architettoniche tese a richiamare, con l'uso diffuso del legno, temi tipici locali.

I rifugi dello sciatore

L'enorme sviluppo degli impianti di risalita e delle piste di sci, sia per la discesa che per il fondo, porta in alta quota grandi masse di persone che necessitano di spazi protetti e di ristoro. A volte tali spazi sono tutt'uno con le stazioni degli impianti di risalita, altre volte sono invece autonomi ed isolati.
Le tipologie edilizie sono le più varie, e spaziano tra la ricostruzione dello chalet savoiardo o vallesano al complesso articolato con rivestimento metallico, quale la testata della ferrovia della Jungfrau in Svizzera.

I rifugi dell'anima

Di non immediata leggibilità sono i "rifugi dell'anima" che possono crearsi in montagna per portare sollievo non solo al corpo ma anche allo spirito. Si può trattare di santuari, di cappelle, di abitazioni isolate a costituire un eremo, di conventi e di quante altre strutture previste per la sosta e la meditazione lontano dagli affanni quotidiani. Esempi sono costituiti dalla cappella presso Amay a Saint-Vincent a ricordo delle vittime della seconda guerra mondiale, dalla chiesa di Pila a Gressan isolata, per il momento, su di una cresta prativa, dal monastero Mater Misericordiae a Quart. Quasi inesistenti sono invece le nuove abitazioni isolate nelle radure dei boschi, con poche eccezioni come la casa Ramella a l'Ermitage di Courmayeur. Molto più numerosi sono invece i casi di recupero di edifici rurali preesistenti, sia posti nel contesto del villaggio che isolati. Qui il senso del rifugio si ritrova nell'estraniazione offerta dal ritorno ad una civiltà ormai inesistente ma mitizzata nel ricordo.
   
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