ALTA MONTAGNA E PASCOLI
Il cambiamento climatico può provocare la decoesione dei terreni permanentemente gelati con grave compromesso della stabilità dei suoli.
IL PERMAFROST
di Umberto Morra di Cella
I continui crolli di roccia registrati nell'estate 2003 al Cervino hanno imposto l'adozione di misure cautelative nella pratica dell'attività alpinistica.L'insieme degli ambienti periglaciali costituisce un elemento fondamentale del paesaggio e del territorio valdostano e ne caratterizza i settori altitudinali più elevati riproponendosi alle testate delle numerose vallate della regione. Il progressivo arretramento delle fronti glaciali, legato alle dinamiche climatiche in atto, se da un lato determina la riduzione della superficie glacializzata, dall'altro "libera" nuovi territori la cui evoluzione risulta essere fortemente legata ai processi di modellamento e ai nuovi equilibri che vengono a determinarsi.
Proprio in questi settori riveste una grande importanza il permafrost, componente "discreta" dell'ambiente alpino, sia in termini di effettiva presenza, sia in relazione ai processi di instabilità dei terreni e degli ammassi rocciosi che possono essere attivati in ragione del riscaldamento globale in atto.
Con il termine permafrost si indica la porzione di terreno che presenta per almeno due anni consecutivi una temperatura media annua inferiore a 0° C (Brown & Pewé, 1973). In tali condizioni l'acqua interstiziale si trova allo stato solido e costituisce l'elemento "collante" della matrice nella quale si ritrova, sia essa costituita da detrito, sia da roccia più o meno fratturata. Durante la stagione estiva le temperature più calde possono portare alla fusione del ghiaccio nella porzione più superficiale del suolo variandone le caratteristiche termiche, di resistenza meccanica, e di permeabilità (strato attivo).
Si può quindi affermare che il permafrost rappresenta uno stato fisico del terreno la cui esistenza dipende dalla temperatura media annua del suolo (TMAS), parametro in equilibrio dinamico con le condizioni termiche dell'aria circostante. Variazioni di tali condizioni determinano cambiamenti nella profondità dello strato attivo, nello spessore e distribuzione del permafrost e ne condizionano la stessa presenza.
La sensibilità di tale componente nei confronti del global warming si è manifestata in modo evidente nel corso delle estati 2003 e 2004, durante le quali si è registrato un aumento dei fenomeni di crollo in alta quota sia in termini di intensità (crolli imponenti), sia in termini di frequenza. Costituiscono un esempio di tali eventi il crollo della rinomata "Cheminée" lungo la via italiana al Cervino (agosto 2003), l'imponente frana alla Thurwieser (Gran Zebrù, settembre 2004) e numerosi altri eventi registrati sull'intero arco alpino, dal gruppo del Monte Bianco fino alle Alpi Giulie.

Installazione di dataloggers per la caratterizzazione del regime termico di ammassi rocciosi a valle della Capanna Carrel (m 3855) lungo la Cresta del Leone al Cervino.Per le motivazioni sopra esposte, si può quindi considerare il permafrost un vero e proprio indicatore di cambiamento climatico e per tale motivo è entrato a fare parte, a partire dal 2002, delle matrici indagate da ARPA Valle d'Aosta per la conoscenza degli effetti delle dinamiche di cambiamento globale sui sistemi ambientali della Regione ed, in particolare, sulle zone periglaciali.
Inoltre la conoscenza della sua distribuzione negli ambienti alpini, tipicamente a carattere discontinuo, rappresenta un elemento determinante nella gestione delle problematiche relative alla stabilità dei versanti e degli ammassi rocciosi.

Per seguire l'andamento di questi fenomeni l'ARPA, in collaborazione con l'Università degli Studi dell'Insubria di Varese, ha avviato una specifica attività di ricerca relativa al monitoraggio del permafrost e alla sua risposta ai processi climatici.
Una prima fase dell'attività ha previsto la realizzazione di una carta di distribuzione potenziale del permafrost sul territorio regionale in scala 1:100.000. Il modello impiegato, denominato PERMACLIM (Guglielmin et al., 2003) calcola la temperatura media annua della superficie del suolo (TMAS) sulla base dei valori di temperatura dell'aria, di altezza della neve al suolo e del modello digitale del terreno. Il modello è fondato sul principio che la temperatura della superficie terrestre, determinata dal bilancio energetico della stessa, è influenzata dagli scambi termici che si registrano nella zona di contatto aria-suolo. In particolare la morfologia (esposizione, pendenza, quota) e la copertura del suolo rappresentano gli elementi che condizionano maggiormente la quantità di energia in entrata nel sistema, mentre lo stato termico del suolo è controllato in misura preponderante dal manto nevoso la cui persistenza e spessore interferiscono con il trasferimento di calore da e verso l'atmosfera.

La TMAS calcolata impiegando i dati di temperatura disponibili sul territorio regionale è trasformata in classi di probabilità di presenza del permafrost secondo la seguente classificazione:
- TMAS > 0° C = permafrost assente;
- 0° C < TMAS < -2° C = permafrost possibile;
- TMAS < - 2° C = permafrost probabile;
Durante la stagione invernale 2003/2004 è stata effettuata la prima campagna di misura della temperatura dello strato basale della neve (BTS - Bottom Temperature of Winter Snow Cover), parametro strettamente correlato alla TMAS, in circa 90 punti diversi caratterizzati da differenti valori di quota, esposizione, pendenza e copertura del suolo. I dati di temperatura rilevati hanno consentito di effettuare una parziale validazione della carta di distribuzione potenziale. Nella stagione 2004/2005 le misure di BTS saranno completate per tutte le tipologie morfologiche presenti nella regione ed intensificate in alcuni settori considerati particolarmente significativi in termini di monitoraggio.
Impiegando lo stesso modello sono state inoltre sviluppate cartografie specifiche a scala di dettaglio (1:10.000) per alcune aree di particolare interesse (siti campione di Breuil - Cervinia, La Thuile, Pila, Gressoney-La-Trinité) sulla base dei primi risultati ottenuti e con il supporto di specifiche informazioni aggiuntive.

La seconda fase di attività ha previsto l'impianto di una stazione di monitoraggio del permafrost e dello strato attivo costituita da sensori installati secondo protocolli riconosciuti a livello internazionale. La stazione, posta nella conca del Cervino nei pressi del Colle Nord di Cime Bianche a circa 3.100 m di quota, sarà inserita nella rete GTN-P (Global Terrestrial Network-Permafrost attivata nell'ambito del Global Change Observing System). A tale scopo sono state realizzate due perforazioni (una sub-superficiale a -6 m dal piano campagna e una seconda a -43 m di profondità) per la misura del profilo termico del suolo. A completamento della conoscenza dei parametri interagenti con la presenza e le variazioni delle caratteristiche del permafrost verrà posizionata una stazione meteo che registrerà in continuo i parametri meteorologici e stazionali di interesse (temperatura, umidità, direzione e intensità del vento, radiazione netta, spessore del manto nevoso). Attraverso la misura del regime termico stagionale del suolo e la determinazione del bilancio energetico della superficie indagata, è possibile trarre indicazioni direttamente correlabili alle condizioni termiche esterne e consente di trarre indicazioni circa la risposta del permafrost alle variazioni indotte dai cambiamenti climatici. La realizzazione di tale sito di monitoraggio è stata resa possibile grazie al supporto logistico della Cervino SpA che ha consentito il trasferimento in quota di operatori e materiale e che ha messo a disposizione i dati rilevati dai sensori presenti nel comprensorio sciistico.

Una ulteriore attività avviata nell'estate 2004 condotta con il supporto delle guide alpine del Cervino e della Direzione Prevenzione dei Rischi Idrogeologici della Regione, ha previsto il posizionamento di termometri per la caratterizzazione del regime termico di ammassi rocciosi in alcuni settori "sensibili" del Cervino. Tale analisi rappresenta una fase preliminare ad una proposta di progetto Interreg III A svolta in partenariato con il CNR-IRPI di Torino (Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica) e l'Università della Savoia - Laboratorie EDYTEM (Environnements, Dinamiques et Territoires de la Montagne) e coordinato da Fondazione Montagna Sicura con sede a Villa Cameron (Courmayeur).
   
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