VERTA VALLAYE
Oltre all'opportunità di salvaguardare i boschi per ragioni ecologiche, occorre tener conto della loro presenza nelle scelte di pianificazione territoriale.
"AREE BOSCATE" NELLA LEGGE URBANISTICA
di Annalisa Béthaz
Collina di Arnad: foto aerea (autorizzazione alla divulgazione: concessione n.1-658 del 10.11.1997). Quando, circa 24 anni fa (si era nel giugno del 1978) il legislatore valdostano volle individuare particolari ambiti del territorio regionale da assoggettare a tutela comportante inedificabilità, stilò un elenco in cui - oltre alle rive dei corsi d'acqua pubblici e ai terreni soggetti al rischio di frane, valanghe o alluvioni erano comprese le zone umide e le "aree boscate", estendendo in questo caso il divieto anche alle zone circostanti per una fascia di 30 metri ed alle aree "nelle quali il patrimonio boschivo è andato distrutto per cause dolose, colpose o accidentali".
È evidente la distinzione tra ambiti in cui evitare l'edificazione per ragioni di rischio legato ad eventi naturali e gli ambiti da non compromettere invece per questioni di carattere soprattutto ambientale e paesaggistico. Ma è anche evidente che i boschi rivestono, oltre ad un ruolo estetico, anche una fondamentale funzione di sostegno dei terreni sotto l'aspetto idrogeologico, comportando però al tempo stesso, sotto l'ottica della sicurezza, un eventuale fattore di rischio, tanto che - come appreso direttamente da uno degli estensori della legge - l'introduzione della fascia di rispetto di 30 metri derivava dalla valutazione del massimo raggio d'influenza nel caso ipotetico di caduta di un albero.
Significativo è anche il divieto di edificare nelle aree in cui eventi intenzionali o accidentali hanno determinato la distruzione del bosco, disincentivando così eventuali forme di speculazione legate soprattutto ad incendi di varia natura.
La definizione di "aree boscate" contenuta nella prima legge istitutiva del divieto (L.R. n. 14 del 15 giugno 1978 "Norme in materia urbanistica e di pianificazione territoriale") era piuttosto restrittiva: infatti, si riferiva ai "terreni sui quali esistano o vengano comunque a costituirsi, per via tanto naturale che artificiale, dei popolamenti di specie legnose forestali a portamento arboreo od arbustivo, costituenti un sovrassuolo continuo anche se rado, a qualunque stadio di sviluppo esse si trovino, ed aventi superficie non inferiore a 2.500 metri quadrati, indipendentemente dalla loro designazione catastale".
Attraverso leggi successivamente intervenute (ultima la legge regionale 6 aprile 1998, n. 11: "Normativa urbanistica e di pianificazione territoriale della Valle d'Aosta"), la definizione ha assunto lineamenti meno rigidi: adesso non rientrano più fra le aree boscate a valenza urbanistica quelle parti caratterizzate da specie "arbustive", mentre le specie "a portamento arboreo", per costituire ambito inedificabile, devono avere superficie non inferiore a 5.000 metri quadrati e larghezza minima non inferiore a 30 metri, oltre ad essere costituite da piante di almeno cinque anni di età.
Sono inoltre esclusi dalla definizione di "bosco inedificabile" anche gli impianti artificiali per l'arboricoltura da legno, i castagneti da frutto, i parchi urbani e le aree boscate marginali destinate dai piani regolatori vigenti all'espansione di insediamenti preesistenti.
Coerentemente con la minor rigidità assegnata alle definizioni, è stata ampliata anche la gamma degli interventi ammessi: dalla sola "straordinaria manutenzione di edifici esistenti" si è passati all'ammissibilità - previo parere favorevole della struttura regionale competente in materia di forestazione - degli interventi di manutenzione, restauro, risanamento conservativo e ristrutturazione edilizia, e, inoltre, all'ampliamento in elevazione per l'adeguamento alle norme vigenti delle altezze interne dei piani esistenti ed alla possibilità di mutamento della destinazione d'uso dell'edificio.
Fin dalle origini, previo parere della Giunta Regionale, sentito, allora, il Comitato regionale per la pianificazione territoriale (C.R.P.T.) e, adesso, la Conferenza di pianificazione (istituita dalla citata legge regionale n. 11/1998) era comunque contemplata la possibilità, in caso di motivata necessità, di realizzare "opere infrastrutturali direttamente attinenti al soddisfacimento di interessi generali", vale a dire, sostanzialmente, opere di urbanizzazione a servizio degli insediamenti o comunque necessarie per le attività presenti sul territorio: strade, acquedotti, fognature, e simili.
Collina di Arnad: carta delle "aree boscate".Circa i tre quarti dei 74 Comuni si sono, ad oggi, dotati della cartografia delle aree boscate inedificabili; pochi invece hanno contestualmente individuato, come la legge regionale consente, anche i "territori coperti da foreste e da boschi" ai quali si applica la tutela paesistica, che non opera come un divieto ma che comporta la necessità di acquisire, preventivamente a qualsiasi intervento, il nulla osta della struttura regionale competente in materia di tutela del paesaggio.
Al di là dell'opportunità di salvaguardare i boschi per ragioni ecologiche, è evidente la necessità di tener conto della loro presenza nell'ambito delle scelte di pianificazione territoriale. In una regione come la nostra, la conservazione del patrimonio naturale ed in particolare del sistema boschivo concorre alla salvaguardia delle attività tradizionali silvo-pastorali, oltre che al mantenimento di condizioni fondamentali per le attività naturalistiche e turistiche. D'altronde, le limitazioni poste all'edificazione concorrono a scongiurare il rischio di un'ulteriore dispersione di nuovi insediamenti e nuove infrastrutture, coi connessi sprechi energetici, di capitale sociale, di suolo e di risorse preziose e coi connessi impatti negativi sull'ambiente.
Le norme urbanistiche sull'inedificabilità dei boschi (la cartografia degli ambiti inedificabili costituisce infatti parte integrante dei piani regolatori) sono quindi atte a regolare l'uso del territorio, contrastando sostanziali trasformazioni del paesaggio, inteso nel suo significato più complessivo e concorrendo a mantenere la stabilità degli ecosistemi.
Comunque, a prescindere da qualsiasi norma di legge, sarebbe bello se tutti imparassimo a rispettare gli alberi non per dovere ma per amore, riconoscendo che con la loro discreta presenza sono parte indissolubile del nostro esistere, soprattutto quando, puntuali e silenziosi, variando il loro aspetto scandiscono nel tempo il ritmo delle nostre stagioni.

   
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