VERTA VALLAYE
Il territorio che ci circonda è il risultato dell'incontro tra attività umana ed elementi naturali. Il paesaggio sta cambiando: quali le cause, quali gli effetti che ne derivano?
ABBANDONO DELLE SUPERFICI AGRICOLE
di Mauro Bassignana
CAMBIAMENTI NELL'USO DEL TERRITORIO
Uno sguardo attraverso i filari di vite.Il cambiamento dell'utilizzazione agricola delle superfici è un fenomeno diffuso in tutte le vallate dell'arco alpino ed è frutto di processi storici in atto ormai da decenni: recessione dell'agricoltura di montagna, riduzione del numero delle aziende agricole, delle superfici utilizzate e dei capi allevati, marginalizzazione delle zone non lavorabili con mezzi meccanici e intensificazione colturale nelle aree di più facile accesso.
Secondo la pendenza e l'altitudine, schematicamente, si possono individuare tre tendenze (vedi Fleury et al., 2001):
o riduzione o abbandono delle attività agricole nelle zone più acclivi dei versanti, nella fascia di media montagna;
o intensificazione dello sfruttamento delle zone più favorevoli del fondovalle e dei versanti;
o evoluzione delle pratiche pastorali nei pascoli più alti e negli alpeggi che porta, in diversi casi, ad un'alternanza di zone utilizzate in modo eccessivo o insufficiente.
È sul primo punto che vorremmo puntare la nostra attenzione, esaminando soprattutto le conseguenze sulla copertura vegetale delle aree abbandonate, pur non dimenticando gli evidenti rischi per la stabilità idrogeologica dei versanti, derivanti dalla diminuzione delle pratiche di manutenzione dei terrazzamenti e della rete di distribuzione e smaltimento delle acque.
CAMBIAMENTI NELLA COPERTURA VEGETALE
L'estensione degli incolti conferisce ai versanti un aspetto di desolazione e di abbandono.Nella colonizzazione dei prati abbandonati compare inizialmente una flora più varia: è un segno di aumento della biodiversità?
Per valutare la biodiversità di un popolamento vegetale si possono usare diversi indicatori, tra i quali il più semplice ed immediato è rappresentato dalla ricchezza specifica, ossia dal numero di specie presenti. Ma si tratta di una misura non sufficientemente precisa della composizione quantitativa di un popolamento: è importante, infatti, stimare anche l'abbondanza relativa delle diverse specie. Si considera, infatti, più diversificata un'associazione vegetale nella quale le diverse specie occupano in modo più omogeneo la superficie, piuttosto che una in cui poche specie sono dominanti, mentre le altre sono ridotte a pochi individui. Per cogliere correttamente la diversità specifica sono stati proposti diversi indici, tra i quali l'indice di Shannon, che valuta globalmente la ricchezza specifica e la distribuzione delle diverse specie, e l'equitabilità, che esprime il rapporto tra la diversità osservata e la diversità teorica potenziale, corrispondente ad un'equa ripartizione della copertura tra tutte le specie presenti.
Nella tabella è riportata la sintesi di 35 rilievi floristici, distribuiti sull'intera Regione, una decina dei quali effettuati in prati abbandonati.

prati falciati prati abbandonati
(26 rilievi) (9 rilievi)
Numero medio di specie 38 52
Indice di Shannon 3,3 3,0
Equitabilità 0,6 0,5
% di copertura 99 91


Negli incolti, come prevedibile, si è registrata una maggiore ricchezza specifica. In particolare, abbondavano specie xerofile od oligotrofe, (specie cioè amanti di un clima asciutto e poco esigenti, adatte quindi a terreni poveri) quali Festuca ovina, Bromus erectus e Poa pratensis, che dominavano largamente, arrivando in alcuni casi a coprire il 55-60% della superficie e lasciando poco spazio alle altre specie. Questo spiega perché entrambi gli indici di diversità specifica siano inferiori negli incolti rispetto ai prati falciati. Tra le specie censite nei prati abbandonati, inoltre, facevano la loro comparsa specie tipiche delle aree incolte (per esempio Artemisia vulgaris e Artemisia absinthium), specie arbustive (tra cui Berberis vulgaris e Rhamnus alpinus) e arboree (Acer pseudoplatanus, Fraxinus excelsior, Quercus pubescens, Pinus sylvestris e varie specie di Prunus), preludio ad una progressiva chiusura della copertura legnosa.
Anche nella zona degli alpeggi spesso si osservano cambiamenti nell'utilizzazione delle superfici, con una difforme distribuzione della pressione di pascolamento nelle diverse aree, che si manifesta soprattutto con la degradazione vegetazionale dovuta all'abbandono del pascolamento o al sottocarico, più che al carico eccessivo. Un'indagine condotta su oltre cento alpeggi distribuiti tra la Liguria e la Lombardia ha evidenziato che quasi un terzo delle superfici è occupato da vegetazione arbustiva invadente: Calluna vulgaris, Juniperus communis, Rhododendron ferrugineum e varie specie di mirtilli (vedi Cavallero et al., 1997).
Le conseguenze negative sul valore agronomico di queste aree sono evidenti, ma a queste se ne aggiungono anche altre di carattere ambientale e paesaggistico.
I cambiamenti della vegetazione, infatti, hanno conseguenze dirette sulla fauna che abita questi ambienti, dagli insetti, agli uccelli ai mammiferi, quali ad esempio la lepre (vedi Gobbi et al., 2001). Tra le conseguenze ambientali, inoltre, va sottolineato l'accresciuto rischio d'erosione superficiale cui è esposto il suolo, a causa della minore percentuale di copertura vegetale degli incolti, rilevabile anche dalla tabella precedente. Si sottolinea, infine, l'aumento del rischio potenziale d'incendi, per la presenza di un abbondante materiale vegetale che costituisce facile esca al fuoco.
ALTRE FUNZIONI DEI PRATI
Nel concetto di multifunzionalità del territorio sono comprese tanto le finalità più prettamente produttive, quanto quelle di carattere ambientale (conservazione delle ricchezze naturali, biodiversità, difesa dall'erosione e dagli incendi), quanto quelle ricreative (paesaggio, sport, turismo). Il paesaggio alpino deve essere vario, costituito da un mosaico di superfici boscate e zone aperte, che vanno dunque preservate con attenzione, a vantaggio sia del turismo estivo, sia di quello invernale. Da uno studio effettuato nel nord Italia, Reyneri (2001) valuta che il tempo intercorso tra l'abbandono e la presenza di arbusti in proporzioni tali da compromettere la fruizione turistica delle superfici sia di 6-7 anni nel piano montano (tra i 1000 e i 1600 m s.l.m.) e di 10-12 anni nel piano subalpino (2000-2300 m s.l.m.), in cui le dinamiche d'invasione sono rallentate dalle più difficili condizioni ambientali.
Anche nella percezione stessa del territorio infine - elemento non secondario nel definirne il pregio turistico - la presenza di estese aree incolte incide negativamente sul valore paesaggistico dei versanti, conferendo loro un aspetto brullo e desolato proprio durante i mesi estivi di massimo afflusso.
Bibliografia
Cavallero A., Bassignana M., Iuliano G., Reyneri A., 1997. Sistemi foraggeri semi-intensivi e pastorali per l'Italia settentrionale: analisi di risultanze sperimentali e dello stato attuale dell'alpicoltura. Rivista di Agronomia, 31, 2, 482-504.
Fleury Ph., Curtenaz D., Bassignana M., Francesia C., Jacquemod C., Stucki E., Rognon P., Charretton Ph, Barbut L., Sauvain P., 2001. Relations agriculture/environnement dans les Alpes occidentales: Impact des politiques publiques européennes et suisses et propositions d'adaptations. Documenti preparatori per lo studio Euromontana, 10 p.
Gobbi G., Grimod I., Mammoliti Mochet A., 2001. Ricerca sull'ecologia della Lepre comune Lepus europaeus in Valle d'Aosta e sugli interventi di miglioramento ambientale finalizzati alla conservazione della specie. Assessorato Agricoltura e Risorse Naturali R.A.V.A, 99 p.
Reyneri A., 2001. Integrazione tra attività agricola e ricreativa nelle vallate alpine. In: "Le aree a verde per i centri turistici dell'ambiente alpino". Assessorato Agricoltura e Risorse Naturali R.A.V.A, 216 p.
   
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