VERTA VALLAYE
La gestione dei nostri boschi non deve metterne al primo posto la finalità produttiva, ma il complesso delle funzioni forestali legate alla stabilità dei versanti e alla qualità dell'aria.
IL BOSCO COME ECOSISTEMA
di Silvana Pellissier
Rododendri in fiore nella Valle di Clavalité.La parola ecosistema deriva dal termine greco oikos che significa casa. A partire dalla sua origine etimologica possiamo dunque definire un ecosistema come la casa degli esseri viventi, ossia l'insieme dell'ambiente in cui essi vivono e di tutte le relazioni che si instaurano tra i diversi fattori che lo compongono. L'ambiente fisico, infatti, condiziona i suoi abitanti ed è a sua volta modificato continuamente dagli esseri viventi che lo popolano in una dinamica complessa che conduce a continue variazioni dell'ecosistema alla ricerca di sempre nuovi punti di equilibrio. In questo processo evolutivo la complessità del sistema tende a crescere in continuazione: tutti gli spazi e le risorse disponibili vengono utilizzati dagli esseri viventi in una vera e propria lotta per la sopravvivenza, dalla quale usciranno vincitrici soltanto le specie meglio adattate alle condizioni di quel particolare luogo in quel dato momento. Ad esempio, nel processo di colonizzazione dei terreni da parte del bosco, la copertura vegetale pioniera prepara la strada all'insediamento di altre specie, più esigenti e più longeve delle prime, in un divenire evolutivo che conduce l'ecosistema verso una situazione di perfetto equilibrio con le condizioni fisiche del luogo, stato che viene definito in termini tecnici climax. A questo punto tutte le risorse disponibili in termini di spazio, luce, acqua, sostanze nutritive, sono pienamente utilizzate e la biomassa raggiunge il massimo sviluppo compatibile con le condizioni della stazione; si instaura un sistema "chiuso", in cui il rifornimento di elementi nutritivi è garantito dai residui della biomassa morta che crea localmente lo spazio e le condizioni adatte al rinnovamento della vegetazione: dunque un sistema stabile, in grado di automantenersi nel tempo su vaste superfici. Si tratta però di una situazione più che altro ideale, identificabile con le sole foreste vergini e quindi assente di fatto sul nostro territorio.
Un bosco reagisce all'abbandono riprendendo la sua naturale evoluzione e questo avviene talvolta in modo drastico: è il caso di questo bosco nato su terreni agrari abbandonati, costituito da piante troppo fitte e fragili che sono state abbattute da un vento di forte intensità.Molti fattori intervengono infatti nelle dinamiche degli ecosistemi bloccando o deviando il processo evolutivo dal loro corso ideale: primo fra tutti l'uomo, ma anche elementi naturali quali eventi climatici straordinari, dissesti o valanghe. Se pensiamo a un territorio di montagna possiamo facilmente notare come su vaste superfici la vegetazione sia continuamente ringiovanita dall'azione delle valanghe o dei dissesti localizzati. È meno semplice, invece, percepire a pieno quanto sia stata imponente l'azione dell'uomo sul territorio coinvolto dalle sue attività, poiché è difficile per noi immaginare l'intero territorio europeo coperto da foreste continue, da cui emergono come isole prive di vegetazione le catene montuose. È evidentemente uno scenario incompatibile con la presenza della nostra civiltà: l'uomo ha via via sostituito agli ecosistemi naturali degli ecosistemi artificiali, in cui i processi evolutivi sono forzatamente bloccati con l'impiego di notevoli energie. Si pensi a quanto siano onerosi gli interventi necessari al diserbo dalle infestanti e alla lotta contro i parassiti nelle colture agrarie, il cui fine è semplicemente quello di escludere dal sistema gli esseri viventi in conflitto con le potenzialità produttive della coltura. Tutti gli ecosistemi utilizzati risultano molto semplificati nella loro struttura in quanto è interesse dell'uomo mantenere basso il numero di fattori in gioco per poterne meglio controllare le dinamiche. Questa situazione è particolarmente evidente per le monocolture agrarie ma, in misura meno intensa, riguarda anche gli altri ecosistemi sfruttati dall'uomo, incluso il bosco. Attraversando l'Europa centrale si resta colpiti dalle vaste estensioni di foreste che ricoprono i territori di pianura e di collina e che ad un primo sguardo possono essere scambiate per foreste naturali. In realtà si tratta di boschi molto più simili alle colture agrarie che agli ecosistemi naturali: alberi di una sola specie, coetanei, disposti su file regolari. Questa geometria, che appaga l'occhio umano, è l'esatto opposto della struttura tipica di un bosco naturale, caratterizzata da un caos apparente che risponde invece a regole ben precise dettate dalle dinamiche dell'ecosistema. I nostri boschi, benché modificati anche pesantemente dall'uomo, mantengono tuttavia caratteristiche naturaliformi, grazie anche ad un territorio accidentato che ha impedito utilizzazioni massicce su vaste superfici con mezzi meccanici. Proprio questo grado di naturalità conferisce un valore nuovo al nostro territorio forestale: quello legato alla sua unicità e alla sua non riproducibilità. L'uomo può infatti impiantare artificialmente un bosco e ottenerne una buona copertura arborea, ma non può in alcun modo ricreare l'equilibrio e le complicate relazioni tra esseri viventi che caratterizzano un bosco naturale, né può imitarne la complessità di specie che costituisce la sua biodiversità.
L'ecosistema bosco ha un valore in quanto tale, indipendentemente dai benefici produttivi che se ne possono trarre, in quanto bene non riproducibile artificialmente. Bisogna inoltre sottolineare che l'esistenza di un bosco naturaliforme non è in alcun modo in conflitto con l'esigenza di protezione idrogeologica dei versanti né con la sua funzione igienico-sanitaria di filtro atmosferico. Al contrario, più una foresta è evoluta più risulta stabile nel suo complesso, quindi in grado di assorbire al meglio gli effetti dei fattori destabilizzanti come i parassiti o le sostanze inquinanti. Non è un caso che i danni più devastanti da inquinamento atmosferico si siano registrati proprio nelle foreste della Germania e dell'Est europeo, in quei boschi monospecifici e di impianto artificiale destinati alla produzione intensiva di legname.
A questo punto si pongono alcune domande riguardo alla gestione dei nostri boschi, che deve mettere al primo posto non più la finalità produttiva tipica del passato ma il complesso delle funzioni forestali legate alla stabilità dei versanti e alla qualità dell'aria. La stabilità ecologica dei nostri boschi diventa quindi un obiettivo primario, che però non può essere raggiunto artificialmente: a differenza di quanto accade in agricoltura, l'uomo non può infatti controllare a pieno le dinamiche di un ecosistema naturaliforme; può soltanto inserirsi al loro interno e, con la massima cautela, cercare di deviare o prevenire i processi non compatibili con le sue esigenze. Può, ad esempio, favorire per tempo la rinnovazione di un bosco vecchio o instabile, prima che intervengano i parassiti o il vento ad ottenere lo stesso risultato con modalità più disastrose. Si tratta però di interventi delicati, in cui è necessario comprendere le dinamiche in atto e immaginare gli scenari futuri prima di decidere se e dove l'intervento dell'uomo sia necessario.

   
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