SISTEMA URBANO
In primo luogo รจ necessario ripensare ai flussi di traffico in ragione dei movimenti pendolari e porsi l'obiettivo di diminuirli nei limiti del possibile.
CITTA' SOSTENIBILE?
di Flaminia Montanari
Vista verso Aosta da Salirod.Il risultato dell'evoluzione urbanistica dal dopoguerra ad oggi, ma in particolare dagli anni '60 in poi, è una "città del fondovalle" che ha occupato tutte le aree pianeggianti e si presenta oggi come una sequenza quasi continua di strutture urbane, nate però senza una logica complessiva e che di conseguenza hanno generato una serie di problemi che oggi ci troviamo a dover fronteggiare.
Negli ultimi anni poi abbiamo assistito al delinearsi di un nuovo fenomeno: un sempre maggiore interesse per le aree più esterne, fuori dalla vera e propria cintura urbana, tanto per un problema di prezzo di mercato che per la sempre più diffusa ricerca di una migliore qualità di vita. La concentrazione nella plaine ha infatti determinato una drastica perdita di qualità residenziale dovuta a più fattori concomitanti: la congestione dei traffici, il degrado paesistico, la perdita di qualità sociale e di accessibilità ai servizi. Uno sviluppo non guidato di queste aree di saturazione ( cresciute solo sulla base della perimetrazione delle zone fabbricabili nei piani regolatori e attraverso le modalità di costruzione a concessione singola), collegate da una rete viaria insufficiente realizzata via via modificando e asfaltando una maglia originaria di sentieri e mulattiere, ha portato di fatto a una struttura viaria reticolare e diffusa che ha altissimi costi di gestione per l'ente pubblico e che finisce per gravare tutta sugli assi del fondovalle, congestionando la strada statale. Basta guardare cosa succede negli orari di ingresso e uscita da Aosta per rendersi conto della fragilità dell'infrastrutturazione urbana. Questa stessa congestione del traffico provocata dai movimenti pendolari residenza-lavoro incide inoltre sui costi sociali, sia privati che pubblici, indotti dalla necessità d'uso quotidiano di mezzi di trasporto e, come conseguenza non indifferente, sull'inquinamento dell'aria .
Una struttura insediativa nata e basata su un assetto di pendolarismo casa-lavoro induce poi dal punto di vista sociale l'effetto-periferia. Indipendentemente dalla qualità edilizia ed urbenistica, si assiste infatti ad un allentamento e perdita dei rapporti di vicinato e del senso di appartenenza territoriale, che si riflette come conseguenza anche sui comportamenti sociali: scarso senso di responsabilità nei confronti dell'ambiente circostante ( il prato di casa è tenuto rasato alla perfezione, ma appena fuori sulla strada pubblica ci si sente autorizzati ad abbandonare qualunque rifiuto o immondizia ) e depressione da isolamento, nel quotidiano affanno di gestire il rapporto tra spazi e tempi della giornata: caricare i figli da portare a scuola, fare la coda per entrare in città, girare alla ricerca di un parcheggio, recuperare i figli o il coniuge che esce dal lavoro, rifare la coda per il supermarket o per tornare a casa; e se si desidera incontrare persone o andare al cinema, risalire in macchina dopocena, d'inverno su strade spesso ripide e gelate.
Non è da trascurare inoltre l'impatto di questo tipo di struttura insediativa sulle finanze pubbliche, dall'abnorme aumento dei costi di gestione della rete infrastrutturale - adeguamento e manutenzione di strade, acquedotti e fognature - al costo dei servizi diffusi, come la raccolta delle immondizie, lo sgombero neve, lo scuolabus. Costi che comunque si ripercuotono anche sull'utente, sia in misura diretta attraverso il prezzo delle forniture e servizi che in misura indiretta attraverso gli oneri di urbanizzazione e le tasse.
In aggiunta, la residenza diffusa ha generato un problema paesistico di non minore importanza. Le pendici collinari dell'adrèt e i conoidi dell'envèrs si presentano ormai estesamente interessati da questa maglia insediativa diffusa, lasciando pochissimo spazio all'agricoltura e al verde, ridotti a isolotti oggetto di continue piccole erosioni di margine che ne mettono in pericolo la sussistenza. La vista notturna della Valle mette ben in risalto questa struttura, restituendo i fronti di roccia e le zone ad alto rischio come macchie buie in mezzo a una maglia continua di piccole luci, traversate a zig-zag dalle collanine gialle o verdognole delle illuminazioni stradali. Il paesaggio rende bene l'immagine dello spreco di suolo che questa struttura comporta, tanto più se si considera che tutto ciò che resta incluso in queste maglie abitative non ha più alternative d' uso - troppo circoscritto per gli usi agrari, troppo disperso e costoso per usi a verde e servizi. Il basso indice di fabbricazione, che negli anni '70 pareva una salvaguardia del territorio e una misura di perequazione delle rendite, applicato per trent'anni senza monitorare e rimettere in discussione i suoi effetti ha generato in realtà una situazione esattamente rovesciata rispetto alle primitive intenzioni, producendo lo spreco di un territorio limitato e prezioso e costi pubblici e sociali difficili da sostenere.

Gli obiettivi: addensare e riordinare.
Il fondovalle rappresenta perciò oggi una grande sfida per tutta la comunità valdostana. Ridare un vero e proprio assetto urbano a questo aggregato, diventato caotico e informe, rappresenta un impegnativo ma non impossibile traguardo. Per fortuna, pur nel disordine con cui il tessuto edilizio si è espanso, rimangono ancora delle occasioni e degli spazi di manovra. Ma bisogna avere ben presente che questi spazi tendono a corrodersi quotidianamente, e che ogni piccolo nuovo tassello rischia di eliminare le possibilità residue. Ogni mossa sarà quindi, d'ora in avanti, da valutare come in una partita a scacchi in cui non si dispone che degli ultimi pochi pezzi. Come ogni partita anche questa necessita però di una precisa strategia, un disegno generale in cui ciascun pezzo - nel nostro caso ciascun Comune - deve giocare la parte di sua competenza, anche se certamente sarà compito dell'Amministrazione Regionale istituire un tavolo di intesa che coordini e ricolleghi le singole parti di territorio attorno ad una visione complessiva e condivisa. Si tratta di attuare in modo concreto e propositivo quei principi che il PTP a suo tempo aveva enunciato, ma che purtroppo non sono mai stati compiutamente tradotti come disegno positivo d'insieme, ma solamente utilizzati in negativo come una serie di limitazioni e divieti. Se è vero che ci sono molte cose che non si dovrebbero fare, è altrettanto vero che molte di più sono quelle che si dovrebbero fare; e concentrare l'attenzione solo sugli aspetti negativi serve solo a creare un clima di generale sfiducia e ad ostacolare la fisiologica evoluzione della comunità e del territorio regionale.
Gli obiettivi strategici potrebbero oggi essere individuati in due parole-chiave di facile comprensione per tutti: "addensare" e "riordinare".

Addensare significa da un lato colmare gli interstizi vuoti, saturare le zone già ampiamente compromesse e anche, in alcuni casi, permettere un maggiore sfruttamento volumetrico in modo da evitare l'eccessiva dispersione di popolazione e la compromissione di nuove superfici. Ma significa anche, per simmetria, delimitare e proteggere le aree agricole dagli ulteriori sbocconcellamenti che ne possano compromettere l' uso proprio, difendere i margini del bosco, ridisegnare e concentrare le zone di parcheggio in modo da evitare che il singolo sia costretto a inventare soluzioni spesso acrobatiche o ingiustamente penalizzanti. "Addensare" significa quindi un uso più intensivo, ma anche più proprio e più qualificato, del prezioso territorio del fondovalle.

Riordinare significa invece cercare di dare un assetto d'insieme vivibile e leggibile a ciò che si è venuto formando nel tempo per somma di oggetti nati senza relazioni tra loro. Per far questo bisognerà intervenire prevalentemente sulla rete infrastrutturale, e principalmente sulla viabilità e parcheggi. Occorre gerarchizzare la rete della viabilità, cercando di ridefinirne i singoli tratti in una logica globale. Questo obiettivo potrebbe essere tradotto in una serie di manovre di questo tipo:
- eliminazione del traffico di attraversamento nelle zone residenziali, e riorganizzazione al loro interno della rete pedonale, limitando il movimento veicolare all'accesso alla residenza;
- creazione di zone di parcheggio adiacenti ma esterne alle zone residenziali;
- raccordo e miglioramento di una rete intermedia di distribuzione alla residenza che permetta di diminuire gli innesti laterali sulle vie di grande scorrimento;
- attestamento su questa rete intermedia dei servizi e commercio;
- compattazione e riorganizzazione delle aree produttive e commerciali (basta pensare all'Amérique!) attorno a una viabilità separata.
Se ogni Comune iniziasse a vedere nel suo piano regolatore l'occasione per mettere in pratica queste politiche di riordino, e la Regione si adoperasse per raccordare le iniziative e supportare i grandi investimenti, potremmo veramente ancora muovere i pezzi giusti sulla scacchiera territoriale. Se…

Nuovi modi di vivere e di lavorare in una società postindustriale.
Ma a monte di ciò è' necessario in primo luogo ripensare ai flussi di traffico in ragione dei movimenti pendolari e porsi il problema di diminuirli nei limiti del possibile. E' assurdo allargare le strade per limitare i danni di una cattiva organizzazione, è evidente che bisogna agire il più possibile a monte: per diminuire i flussi pendolari occorre un ripensamento nella distribuzione dei servizi e dei posti di lavoro. Il PTP indica a questo proposito un preciso obiettivo, identificando una serie di ambiti territoriali di cui bisogna rafforzare il ruolo polare, corrispondenti ai nuclei "forti" che storicamente hanno da sempre costituito i punti di servizio anche per le vallate laterali . Questo obiettivo può essere raggiunto con tre politiche affiancate:
- la migliore distribuzione sul territorio dei servizi che possono essere avvicinati agli utenti senza perdere in qualità,
- il decentramento delle attività lavorative ( ivi compresa la possibilità del telelavoro),
- la promozione di imprenditoria locale e la relativa organizzazione a livello regionale dei servizi di commercializzazione, strumento necessario a mantenere sul mercato le realtà produttive piccole e frazionate .
Il territorio può passare così da essere supporto "indifferente" di una città esplosa ad assumere una sua specifica connotazione, che esalti e valorizzi le sue risorse intese sia come caratteristiche storiche e geografiche sia in termini di risorse umane, cioè di capacità della popolazione che lo abita di collaborare alla costruzione di uno sviluppo locale come visione di un futuro sostenibile.
In sintesi la realtà regionale, per quanto piccola ed apparentemente isolata, non può sottrarsi alle logiche e ai processi che dappertutto sono in atto, in questo difficile momento di passaggio da una società industriale ad una realtà postindustriale che ancora non è ben configurata ma che chiaramente inizia a mostrare i nuovi connotati nelle rivoluzioni in atto nel mondo del lavoro, della produzione, dei trasporti.
   
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