RISORSA ACQUA
Il previsto aumento di temperatura del globo apre per la nostra Regione scenari di cui non possiamo fin d'ora non tenere conto.
IL CLIMA IN VALLE D'AOSTA
di Chantal Trèves
Chamois.È evidente a tutti quanto la disponibilità d'acqua sia determinante per le condizioni di vita di un territorio. Tale disponibilità dipende dalla quantità d'acqua che può essere liberamente utilizzata dagli ecosistemi per il loro sviluppo: gli esseri viventi hanno bisogno essenzialmente di acqua allo stato liquido.
L'acqua presente sul nostro territorio è parte di un ciclo globale che vede il passaggio delle stesse molecole d'acqua dallo stato liquido a quelli solido e gassoso attraverso un sistema ciclico di evaporazione e precipitazione che ha come motore l'energia solare. La quantità globale di acqua sostanzialmente non cambia ma, in funzione delle condizioni climatiche locali e generali, può cambiare la quantità segregata nei ghiacciai delle calotte polari e dei rilievi montuosi piuttosto che il volume di vapore d'acqua della troposfera o la massa liquida degli oceani, dei laghi, dei fiumi e delle acque sotterranee. In termini molto generali, se il clima s'irrigidisce, la quantità di acqua presente sotto forma di ghiaccio aumenta e si estendono i ghiacciai e le calotte, se invece il clima diviene più mite i ghiacci si sciolgono e aumentano le masse liquide e gassose.
Il riscaldamento globale, di cui tanto si parla, dovrebbe quindi avere un'influenza determinante sul ciclo dell'acqua e condizionare direttamente la nostra vita. È interessante a questo proposito conoscere le conclusioni del Rapporto 2001 dell'IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), il gruppo internazionale di esperti di evoluzione del clima fondato nel 1988 dall'Organizzazione Meteorologica Mondiale e dal Programma delle Nazioni Unite per l'Ambiente, che ha lavorato su tre grandi filoni: 1) basi scientifiche; 2) impatti, adattamenti e fragilità del sistema Terra; 3) misure di attenuazione. Da questo documento l'Organe consultatif sur les Changements Climatiques (OcCC), struttura creata dal governo svizzero nel 1996, ha tratto una relazione che evidenzia gli aspetti di maggior interesse per il territorio svizzero; in essa è contenuta una serie di informazioni che possono essere molto interessanti anche per il territorio valdostano e che sono di seguito illustrate.
I cambiamenti climatici mettono a rischio la copertura nevosa invernale.La tendenza al riscaldamento del nostro pianeta è indicata da alcuni dati di tipo climatico e dalle variazioni della composizione dell'aria della troposfera. Nel corso del secolo scorso le precipitazioni sono aumentate alle medie latitudini dell'emisfero settentrionale, mentre riguardo alle temperature l'ultimo decennio è stato il più caldo del periodo, e il 1998 il più caldo del millennio. Conseguentemente, i ghiacciai sono regrediti, come possiamo constatare tutti con i nostri occhi e com'è ben evidenziato dai dati del Catasto Ghiacciai, recentemente realizzato dall'Assessorato Territorio, Ambiente e Opere Pubbliche; le coperture nevose sono diminuite, soprattutto a causa dell'innalzamento delle temperature medie notturne che hanno così prolungato il periodo annuale privo di gelo; i mari sono cresciuti di livello, da 1 a 2 mm l'anno, pare soprattutto per dilatazione termica. Si è osservato anche che nelle regioni dove le precipitazioni sono aumentate (le nostre appunto) sembra che vi sia stato un incremento di episodi estremi, per intensità e violenza paragonabili alle tempeste tropicali. Il documento svizzero fa inoltre notare che l'aumento della temperatura del secolo scorso è stato più marcato nella Confederazione Elvetica rispetto alla media mondiale, che è di 0,6 °C, e i modelli fisici regionali indicherebbero il ripetersi di questa tendenza su tutto l'arco alpino. Il riscaldamento maggiore nella regione alpina potrebbe essere dovuto alla combinazione di diversi fattori legati alla sua posizione continentale, alla diminuzione della copertura nevosa (che comporterebbe un incremento di riscaldamento dovuto al cambiamento di albedo -nota1) e a cicli climatici legati alla circolazione atmosferica sull'Atlantico settentrionale.
Se si cercano le cause prime del riscaldamento globale, una s'impone sulle altre. Dei tre principali fattori che regolano la temperatura della superficie terrestre e dell'atmosfera - radiazione solare, vulcanesimo, attività umana - solo il terzo risulta in grado di spiegare la dimensione del fenomeno in rapporto al breve intervallo di tempo in cui si è sviluppato. I modelli climatici evidenziano che il riscaldamento osservato può essere spiegato solo tenendo conto dell'aumento dei gas serra. A partire da duecento anni fa e soprattutto negli ultimi cinquant'anni si nota, infatti, un'impennata dei valori di concentrazione dei gas serra (principalmente anidride carbonica, metano e monossido di azoto) nell'aria, incremento dovuto chiaramente alle attività industriali e ai trasporti. Gli effetti sono un aumento della capacità dell'atmosfera di trattenere il calore prodotto dal nostro pianeta con conseguente innalzamento delle temperature della troposfera. Il maggior imputato sono le emissioni di anidride carbonica, che per il 75% proviene dalla combustione dei carburanti fossili e per il restante 25% dai cambiamenti di uso del suolo, soprattutto dalla deforestazione. Paradossalmente, sembra che l'aumento di anidride carbonica nell'aria abbia favorito l'attività fotosintetica, che ha "segregato" questo gas, sottraendone così una parte all'atmosfera; purtroppo si tratta di percentuali non così significative. La capacità che hanno le piante di sottrarre CO2 all'atmosfera appare comunque una risorsa da sfruttare al meglio nelle politiche tendenti a ridurre le cause e gli effetti di questo cambiamento climatico.
Gli scenari elaborati dall'IPCC per prevedere le dimensioni del cambiamento tra il 1990 e il 2100 considerano vari trends di sviluppo possibili e giungono alla conclusione che, in assenza di opportune misure, l'aumento della temperatura globale sarà compreso tra 1,4 e 5,8 °C, ossia da 2 a 10 volte maggiore del riscaldamento registrato nel XX secolo e il più significativo dall'ultima era glaciale, da 10.000 anni a questa parte.
Sul clima delle nostre latitudini gli effetti saranno: una temperatura più alta nelle zone continentali e nelle Alpi, un aumento degli episodi di afa estiva e del numero di giorni privi di gelo. Per le Alpi i modelli indicano una tendenza alla diminuzione di precipitazioni in estate e ad un aumento in inverno; la copertura nevosa continuerà a diminuire e i ghiacciai continueranno a sciogliersi. A questo proposito W. Haeberli fa notare, nel documento dell'OcCC, che in alta quota il ghiaccio reagisce in modo molto marcato ai cambiamenti climatici, come dimostra la storia dei nostri ghiacciai. Anche il permafrost, (porzione di suolo permanentemente gelata), sembra essere coinvolto dal fenomeno: la temperatura delle porzioni sommitali delle montagne d'Europa sarebbe aumentata di circa 1 °C in un secolo. Le previsioni indicherebbero, con il riscaldamento climatico, un innalzamento del limite delle nevi persistenti di circa 200 m. Ciò vorrebbe dire che una gran porzione dei ghiacciai attuali si troverebbe esposta alla fusione e vaste superfici di versante sarebbero interessate dallo scioglimento del permafrost. Sempre Haeberli fa notare che "questo scenario prevede uno spostamento spaziale del rischio di colate di fango e di cadute di ghiaccio in alta montagna e un aumento dell'estensione stagionale del rischio di piena dei corsi d'acqua". A ciò va aggiunto, a lungo termine, l'incremento del rischio di instabilità dei versanti rocciosi, "liberati" dalla pressione delle masse glaciali in regresso. Le precipitazioni nevose dovrebbero diminuire a vantaggio delle piogge; conseguentemente le portate dei fiumi dovrebbero aumentare in inverno, tradizionalmente il periodo di magra nelle Alpi. In estate, invece, le portate diminuirebbero per effetto della minor quantità di neve e ghiaccio in fusione; anche le sorgenti dovrebbero diminuire il loro livello. Anche le zone umide e le torbiere subiranno un abbassamento del livello delle acque e un periodo di secca prolungato.
Il realizzarsi di simili condizioni potrebbe avere un effetto dirompente sul turismo invernale sia per i fenomeni di instabilità idrogeologica sia per il ricorso sistematico all'innevamento programmato (se le temperature lo consentiranno) con un incremento molto significativo dei consumi idrici e dei costi energetici; la trasformazione del paesaggio invernale rischia inoltre di essere poco gradita ai turisti. Una risposta a queste prospettive va indagata fin da ora attraverso la ricerca di modelli di offerta diversificata per il turismo invernale.
Ancora poco chiari sono i possibili effetti che la maggior disponibilità di acqua allo stato liquido potrebbe avere sull'agricoltura alpina. Se da un lato le possibilità di irrigazione potranno aumentare, (sempre che la riduzione delle portate estive dei corsi d'acqua e delle sorgenti lo consentano), dall'altro la richiesta di acqua aumenterà in conseguenza della maggior traspirazione dovuta al riscaldamento e a una maggiore crescita legata alle concentrazioni più elevate di anidride carbonica.
Tutti i modelli previsionali indicano infine che gli effetti dell'aumento dei gas serra perdureranno a lungo anche quando saremo riusciti a stabilizzare e quindi ridurre le emissioni; dovremo quindi pensare di organizzare la nostra vita non "malgrado" il riscaldamento climatico ma "insieme a" questo.
Quanto brevemente detto sui possibili effetti del cambiamento climatico pone in evidenza la necessità di aumentare le informazioni riguardanti l'evoluzione del fenomeno e soprattutto approfondire l'analisi dei suoi effetti sul nostro territorio e sulla nostra economia; a questo proposito la collaborazione tra autorità politiche e mondo scientifico è essenziale. La definizione di modelli previsionali locali e di strategie tendenti a minimizzare gli inconvenienti attesi è proprio il terreno su cui potranno dialogare questi due mondi. È infatti fondamentale, oltre a contribuire in quanto parte del mondo industrializzato alla riduzione delle emissioni di gas serra, cercare di adottare tutte le misure opportune per riuscire a gestire il fenomeno in modo da ridurre i danni possibili e cercare di costruire un nuovo rapporto di equilibrio con il territorio che cambia.

nota 1- L'albedo è la capacità terrestre di assorbire la radiazione solare, ossia il rapporto tra l'energia raggiante incidente e quella nuovamente riflessa nello spazio.

Bibliografia
IPCC, 2002 - Climate Change 2001: Synthesis Report. Cambridge University Press, Cambridge, U.K.
OcCC, 2002 - Le climat change, en Suisse aussi: Les trois points principaux du troisième rapport du GIEG sur l'état des connaissances du point de vue de la Suisse (rapporto disponibile sul sito www.proclim.unibe.ch).
 

Volumi d'acqua e tempo di ricambio nei vari comparti dell'idrosfera (da R. Vismara, 1992 - Ecologia applicata. Hoepli, Milano)
Comparto Volume approssimativo (km3) Tempo di ricambio (anni)

Oceani 1.370.000 3.000

Acque sotterranee 60.000 5.000*

Acque sotterranee 4.000 330**
con ricambio attivo

Calotte polari 24.000 8.000

Acque superficiali 280 7
territoriali (soprattutto laghi)

Fiumi 1,2 0,031

Umidità del suolo 80 1

Vapore atmosferico 14 0,027

Totale 1.454.000 2.800

* Incluse quelle acque che vanno a mare direttamente -4200 anni.
** Incluse quelle acque che vanno a mare direttamente -280 anni.


   
Pagina a cura dell'Assessorato territorio, ambiente e opere pubbliche © 2024 Regione Autonoma Valle d'Aosta
Condizioni di utilizzo | Crediti | Contatti | Segnala un errore