DJOUIE
In tutta la Valle si conoscono finora diciassette ponti romani; alcuni integri, altri allo stato di rudere o di esigue tracce.
PONTI ROMANI
di Rosanna Mollo
Il ponte a Pont-Saint-Martin visto da sud.I corsi d'acqua, a partire dalle più antiche età hanno rappresentato le direttrici delle grandi vie di penetrazione e hanno dato vita ad una vasta ed articolata rete di traffici che hanno preceduto ed accompagnato i grandi itinerari terrestri.
La Valle della Dora Baltea - la Duria Maior - un solco profondamente inciso nella barriera alpina nord-occidentale, ha rivestito nel tempo e in continuità una funzione di tramite naturale per la particolare posizione geografica e per la sua permeabilità e ha costituito, almeno dal terzo millennio a.C., un'asse privilegiato di transito e di addensamento demografico.
A partire dalla tarda preistoria, ad una diffusa occupazione del territorio (Leverogne, Arvier, Villeneuve, Saint-Nicolas, Saint-Pierre, Vollein, Porossan, Verrayes, Montjovet) fa riscontro l'importanza della conca di Aosta per la presenza della monumentale area megalitica di culto e di sepoltura di Saint-Martin-de-Corléans, situata alla confluenza del torrente Buthier nella Dora Baltea, in un punto di transito obbligato, alla convergenza delle naturali direttrici di attraversamento entroalpine, l'Alpis Graia (Piccolo San Bernardo) e l'Alpis Poenina (Gran San Bernardo).
Sulla destra orografica della Dora,in località Clérod (Charvensod) è stata messa in luce nel 1987 la poderosa spalla in opera cementizia del ponte, probabilmente a più arcate, che siattestava al bancone conglomeratico naturale e si configurava come arginatura e difesa spondale del fiume. La grandiosa opera si colloca nell ’ambito della organizzazione ambientale del territorio e in particolare della valorizzazione agricola e industriale della conca di Aosta. Quest ’argine-spalla del ponte sulla Dora, oggi in gran parte distrutto e sommerso, è ciò che resta di una grande infrastruttura pontiera che metteva in comunicazione l'adret e l'envers.Durante l'età del Bronzo le comunità già insediate e ormai stabilizzate occupano zone d'alta quota e terrazzi spaziosi di media montagna affacciati sul fondovalle principale a controllo della via di penetrazione lungo il solco vallivo della Dora Baltea.
Nella tarda età del Ferro si sviluppa una rete di agglomerati pedecollinari situati in posizione geografica favorevole, all'imbocco delle valli laterali, attratti dall'intensificarsi del commercio di transito e dalla presenza di una importante via protostorica che risaliva il solco vallivo della Dora Baltea, uno dei quattro itinerari enumerati da Polibio (in Strabone IV, 6, 12) nel sistema dei passaggi noti e frequentati attraverso le Alpi. Ne sono testimoni i ritrovamenti archeologici di Saint-Pierre, di Sarre in zona Cimitero, di Aosta, di Châtillon nei pressi del casello autostradale, di Saint-Vincent sotto la chiesa parrocchiale e a Feilly, a Ciseran di Montjovet.
La colonizzazione segna una frattura con il passato: da un sistema di modeste aggregazioni pedecollinari e villaggi fortificati di altura, organizzati per vicos e castella, dopo la conquista nel 25 a.C. si passa ad una ristrutturazione globale del territorio, dovuta ad una precisa volontà politica e impostata secondo una pianificazione urbanistica da tempo sperimentata, che prevedeva il tracciamento della rete viaria, l'impianto della città e l'organizzazione fondiaria.
Nella nuova realtà politica la regione riafferma il suo ruolo di tramite, di via di transito preferenziale nella barriera alpina: la strada, importante arteria transalpina, fu la premessa determinante dello sviluppo socio-economico della città e del territorio.
La viabilità antica si adattò al corso della Dora e il fiume stesso assunse il carattere di un vero e proprio asse di collegamento territoriale.
La strada correva parallela al fiume: dal ponte di Pont-Saint-Martin (probabile limite geografico-giurisdizionale del territorio augusteo) per una cinquantina di miglia essa risaliva la Valle sulla sinistra orografica della Dora, sino al ponte di Villeneuve; ritornava nuovamente sulla sinistra orografica dopo le gole di Runaz, in corrispondenza del ponte dell'Equilivaz, per rimanervi sino a Pré-Saint-Didier, all'imbocco dell'impervio vallone che conduceva all'Alpis Graia.
La fondamentale preoccupazione dei costruttori fu indubbiamente il pericolo delle alluvioni della Dora Baltea; il tracciato, quasi interamente sostruito (cioè costruito in riporto con muri di contenimento) evitava, per quanto possibile, il breve piano di fondovalle per mantenersi a mezza costa ad una quota minima di sicurezza. Tra Donnas e Bard, ove la Valle si restringe e l'interferenza con il fiume era pressoché inevitabile, si è proceduto con un immane lavoro ad intagliare la via per un lungo tratto nella durissima roccia o a rialzarne il piano rotabile mediante ciclopiche sostruzioni. Nei punti più ripidi, a strapiombo sulla Dora, correvano robuste sostruzioni e stretti parapetti risparmiati nella roccia o in muratura.
Il ponte di Pont-Saint-Martin: a sinistra un particolare del piedritto ritratto in un ’antica immagine.Anche nella Tabula Peutingeriana assumono grande rilevanza gli elementi fisiografici, come l'orografia e l'idrografia.
I fiumi hanno sempre rappresentato un ostacolo da superare: infatti dai semplici guadi di età protostorica si è passati a strutture architettoniche di attraversamento più complesse ed evolute quali i pontes lapidei.
Numerosi dovevano essere sia i ponti che collegavano le opposte sponde della Dora sia quelli che ne superavano gli affluenti, elementi di coagulo e poli di attrazione di nuclei abitativi e di attività umane.
In tutta la Valle si contano finora diciassette ponti romani; alcuni integri, altri allo stato di rudere o di esigue tracce. A Villeneuve è stata individuata la presenza del muro di accompagnamento della spalla del ponte adiacente a quello dell'odierna strada; resti lacunosi del ponte antico sono stati ritrovati a monte del ponte moderno dell'Equilivaz, sulla sponda destra della Dora Baltea.
Più numerosi e conservati i ponti sui torrenti che sboccano dalle valli laterali: un'altra costante preoccupazione dei costruttori è sempre stata quella di fondare su viva roccia le spalle dei ponti ad evitare che rovinose alluvioni potessero minimamente danneggiarli.
I ponti ad una sola luce, dai piedritti a pianta rettangolare in opera quadrata e dalle arcate a conci radiali, privi di ogni elemento decorativo, rilevano forme di pura e massiccia struttività, di sobrietà costruttiva tipiche della tarda età repubblicana.
Particolare rilevanza assumono, sia dal punto di vista tecnico che estetico, il ponte di Pont-Saint-Martin dall'amplissima arcata a sesto ribassato (luce m 31,08) e il ponte di Aosta sul Buthier, ad unica arcata a sesto molto ribassato (luce m 17,10), dalle spalle poderose, più larghe dell'arcata stessa.
Vista da nord dei due ponti sul Lys.La difesa e l'irrobustimento delle spalle erano ottenuti attraverso i muri di accompagnamento o attraverso i contrafforti a rinforzo dei muri di paramento delle spalle, con l'intento di contrastare efficacemente le spinte dell'arcata.
Sulla destra orografica della Dora, in località Clérod (Charvensod) è stata messa in luce nel 1987 la poderosa spalla in opera cementizia del ponte, probabilmente a più arcate, che si attestava al bancone conglomeratico naturale e si configurava come arginatura e difesa spondale del fiume. La grandiosa opera si colloca nell'ambito della organizzazione ambientale del territorio e in particolare della valorizzazione agricola e industriale della conca di Aosta. Quest'argine-spalla del ponte sulla Dora, oggi in gran parte distrutto e sommerso, è ciò che resta di una grande infrastruttura pontiera che metteva in comunicazione l'adret e l'envers. Dalla spalla del ponte si dipartiva un segmento di strada corrente su argine in direzione Gressan - Aymavilles, strettamente dipendente dalla sintassi urbana, che assicurava il collegamento tra la città e il territorio circostante.
Alla decadenza di Augusta Praetoria, nel corso del V-VI secolo d.C., si accompagnò anche quella del sistema stradale, in particolare delle opere pontiere. I ponti, soprattutto quelli sulla Dora Baltea, vennero travolti nel tempo dalle piene e dalle alluvioni; le sedi stradali, occupate dalle frane, vennero in parte abbandonate o più semplicemente modificate e riutilizzate nel corso dei secoli. Anche la Dora ha in gran parte cambiato da allora il suo corso; ma non smette di ricordarci ad ogni piena che le opere dell'uomo devono vincere in astuzia, perché nulla possono contro la sua forza.
   
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