MONOGRAFIA NATURA ALLEATA
Il fabbricato di Lavesé, di proprietà del Comune di Saint-Denis, diverrà centro dimostrativo e divulgativo delle tecniche usate per la sua ristrutturazione.
UN MAYEN ECOSOSTENIBILE
di Luca Barbieri
In questi ultimi anni si è gradualmente affermata la consapevolezza che il rapporto uomo-natura deve essere riscritto e che la concezione trionfante, a partire dall'età moderna e dalla rivoluzione scientifica, della bontà di un obiettivo come quello del dominio dell'uomo sulla natura richiede una revisione critica. A sostanziare questa consapevolezza è venuta la chiara percezione dei limiti delle risorse naturali che impongono una ridiscussione di quell'obiettivo e l'assunzione di un atteggiamento critico e prudente circa la direzione da dare allo studio della natura ed all'uso delle risorse. In quest'ottica si inserisce il progetto di recupero del mayen di Lavesé, nel Comune di Saint-Denis.
Il recupero del fabbricato è stato possibile grazie all'interesse dell'Amministrazione comunale ed ai finanziamenti previsti dal "Documento unico di programmazione per gli interventi strutturali comunitari nelle zone interessate dalla realizzazione dell'obiettivo 5B". Più precisamente l'intervento rientra tra quelli previsti dalla misura "Attività agrituristiche e turismo di montagna" che prevede il finanziamento di interventi volti a restaurare unità architettoniche agricole di pregio, quale è un mayen.
Il progettista incaricato dr. Italo Cerise ed i collaboratori, l'ing. Marco Savoye per gli impianti solari e la fitodepurazione e l'arch. Christian Cavorsin per gli interventi di bioarchitettura, hanno proposto un recupero del mayen volto essenzialmente ad un obiettivo: la creazione di una struttura il più possibile eco-compatibile, sia per quanto riguarda la ristrutturazione dell'edificio (materiali, tecniche di costruzione), che per le modalità di sostentamento e gestione della stessa (impianti ad energia solare, fitodepurazione delle acque di scarico).
Per quanto riguarda la fase di ristrutturazione grande importanza è stata data ai materiali da costruzione in modo tale da fornire un'interpretazione bioarchitettonica del progetto. Per interpretazione bioarchitettonica si intende l'adozione di criteri progettuali, procedure, tecniche costruttive, materiali che abbiano il minor impatto con l'ambiente garantendo nel contempo una maggiore qualità dell'abitare.
Alcuni esempi inerenti le scelte progettuali sono di seguito riportati:
· isolamento termico delle pareti effettuato con pannelli di sughero dello spessore di 3 cm;
· intonaco civile eseguito con rinzaffo di malta di calce idraulica naturale forte a consistenza plastica;
· idropittura lavabile per interni a calce naturale con colori a base di terre naturali;
· ringhiera in legno con trattamento preliminare ai sali di boro e verniciatura a cera.
Per realizzare il progetto di una struttura eco-sostenibile, in grado cioè di gravare il meno possibile sull'ambiente nella fase di utilizzo della stessa, è indispensabile prendere in considerazione ogni potenziale fonte naturale che l'uomo abbia imparato ad "addomesticare", ossia dalla quale egli abbia compreso come poter trarre energia pulita. La zona in cui sorge il mayen di Lavesé non permette di sfruttare né l'energia idroelettrica in quanto non sono presenti corsi d'acqua di portata rilevante o costante, né l'energia eolica, a causa della particolare orografia del terreno e dell'estrema variabilità dei venti, sia in direzione che in intensità. La scelta è stata di conseguenza orientata verso la principale fonte di energia rinnovabile largamente a disposizione nell'area di intervento: il sole.
La radiazione solare verrà utilizzata per la produzione di energia elettrica, attraverso l'installazione di pannelli fotovoltaici, e di energia termica (necessaria per il riscaldamento), attraverso l'installazione di collettori termici ad alto rendimento. Le biomasse (il legname proveniente principalmente dalla pulizia del fondo boschivo) contribuiranno alla produzione di calore laddove i collettori non saranno sufficienti.
L'energia solare che giunge sulla superficie terrestre, attraversando l'atmosfera in una giornata limpida, ha una potenza di circa 1000 W/mq su una superficie orizzontale (vedi schema a lato). Se fosse possibile captare questa energia su tutta la superficie del pianeta per la durata di un anno si otterrebbe una quantità di energia pari a circa 13000 volte il fabbisogno mondiale.
La tecnologia fotovoltaica consente di trasformare direttamente la luce solare in energia elettrica. Essa sfrutta il cosiddetto effetto fotovoltaico che è basato sulle proprietà di alcuni materiali semiconduttori (fra cui il silicio) in grado, opportunamente trattati, di generare elettricità quando colpiti dalla radiazione solare.
Dalla radiazione solare oltre all'energia elettrica possiamo trarre calore. Tuttavia la disponibilità di calore si concentra proprio in quelle ore in cui diminuisce la necessità di riscaldamento; risulta di conseguenza necessario accumulare tale calore per poterlo utilizzare ad esempio durante la notte o nelle prime ore del mattino.

L'accumulo è costituito da un grande "boiler" nel quale confluisce, tramite un fluido termovettore, l'energia termica prodotta dalle varie fonti di calore: i collettori solari, la termocucina e dalla stufa a legna (vedi schema a pag. 22 in basso).
Per il riscaldamento si è optato per due diverse soluzioni: un impianto a radiatori in alluminio ad alta superficie radiante e un sistema a pavimento. Entrambi lavorano a bassa temperatura (30 40°C), il che consente:
· un'alta efficienza di utilizzo dei collettori solari;
· minori dispersioni termiche (è minore la differenza di temperatura tra acqua e ambiente);
· minori dilatazioni termiche;
· minori Delta di temperatura tra i vari punti all'interno degli ambienti;
· limitati moti convettivi e scarso spostamento di polveri e batteri.
Si è scelto di disporre i collettori solari e i pannelli fotovoltaici a terra, in una zona recintata ma accessibile, in modo tale da incrementare la funzione didattica dell'impianto e da permettere a tutti di comprenderne il semplice ma efficace funzionamento.
Per perseguire l'intento di una struttura che si inserisca positivamente nell'ambiente naturale è necessario intervenire sui prodotti generati dalla gestione dell'edificio: i rifiuti e le acque di scarico. Per lo smaltimento dei rifiuti organici è prevista una compostiera per il trattamento ed il riutilizzo in loco e per il trattamento delle acque reflue è previsto un fitodepuratore. La fitodepurazione consiste nel ricreare, attraverso l'utilizzo delle piante, le stesse condizioni che esistono ai margini dei corsi d'acqua e che svolgono la funzione di eliminare dall'acqua gli agenti inquinanti attraverso processi chimici, fisici e batteriologici.
L'impianto di fitodepurazione di Lavesé si presenta, vista l'altitudine del luogo, come impianto pilota volto ad approfondire l'efficienza depurativa di alcuni tipi di piante caratteristiche dei luoghi alpini. 

MAYEN DI LAVESÉ: UN POSSIBILE UTILIZZO
Terminata la ristrutturazione, il caseggiato di Lavesé, per le sue peculiarità architettoniche ed impiantistiche, diverrà una struttura unica nel suo genere in Valle d'Aosta. Per valorizzarne al massimo le caratteristiche e sensibilizzare il più possibile la società civile sull'importanza delle idee alla base di questo tipo di ristrutturazione, sarà assolutamente necessario gestire ed utilizzare il mayen in maniera sensata ed intelligente.
L'Amministrazione Comunale di Saint-Denis, proprietaria del mayen, nella richiesta di finanziamenti per la ristrutturazione si è richiamata, all'interno dell'obiettivo 5B, al capitolo "iniziative di supporto e promozionali nel quadro del turismo di montagna" con interesse ad attività formative e ricreative ed ad iniziative scientifico-culturali.
In relazione alla ristrutturazione ecocompatibile, l'Amministrazione Comunale ha evidenziato una particolare attenzione per la divulgazione di tematiche, attività e tecnologie rispettose dell'ambiente ed in armonia con le persone che lo abitano. Valorizzata dal luogo suggestivo e dalla peculiarità del mayen, l'area di Lavesé potrebbe dunque trasformarsi in un centro di sensibilizzazione e formazione di portata nazionale.
Le premesse per l'utilizzo del mayen di Lavesé risultano quindi molto positive: esso potrebbe diventare una delle poche strutture a sviluppare in maniera concreta gli argomenti e le idee che intende diffondere.
Tramite la ristrutturazione biocompatibile, la produzione di energia "pulita" ed i particolari trattamenti delle acque di scarico e dei rifiuti organici, il mayen costituirebbe forse uno dei primi esempi di "sviluppo sostenibile", inserito docilmente nel grande ciclo della vita senza alterare in maniera massiccia equilibri millenari e limitando fortemente la distruzione di risorse preziose, quali l'acqua l'aria ed il suolo, attualmente in pericolo.
 

   
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