TERRITORIO FRAGILE
Impariamo a conservare il ricordo delle tracce impresse sulla terra dagli elementi della Natura, perché la memoria degli eventi ci suggerisca scelte opportune per il nostro futuro.
LE ALLUVIONI NELLA STORIA
di Flaminia Montanari
La mappa catastale del comune di Montjovet evidenzia la forma allungata delle parcelle che dimostrano lo spostamento del letto della Dora BalteaL'età delle montagne si conosce dalla loro sagoma: quanto più esse sono aguzze ed impervie, tanto più sono giovani. La pioggia che dilava, il vento che erode, il gelo che frantuma contribuiscono a poco a poco a consumare e modellare in forme più dolci i picchi e le creste, a limarne le asperità e portarne a valle il materiale, accumulandolo nelle pianure ed innalzandone il livello. Quanto più giovani sono i monti, tanto più evidenti e rovinosi sono di regola questi processi, per le condizioni di instabilità che gli effetti erosivi vengono a creare in situazioni di forte acclività; essi si fanno invece più lenti e costanti via via che i pendii si fanno meno ripidi, raggiungendo via via situazioni di maggior equilibrio.
La catena delle Alpi è una montagna giovane, e come tale è ancora alle prime fasi di questo processo. La storia delle regioni alpine è perciò costantemente contrassegnata da frane e alluvioni che periodicamente cancellano le opere dell'uomo; ma su questo nuovo assetto l'uomo, come un ragno infaticabile, ricostruisce pian piano con pazienza la ragnatela delle strade, dei campi, degli abitati. La nuova configurazione diventa ben presto il nostro riferimento di memoria, così da darci l'impressione di un'immagine stabile e duratura, ed ogni volta che le vicende geologiche provocano un nuovo scossone ci facciamo sorprendere dallo stupore. Ma in realtà tutta la storia ci parla di questi eventi e dobbiamo solo imparare a leggerne i segni. Primi fra tutti gli strati del terreno, che documentano il sedimentarsi su uno stesso sito di depositi alluvionali o lo scivolamento di strati franosi: quante cantine hanno finestre murate, che un tempo davano chiaramente sull'esterno? Quanti hanno trovato, scavando le fondazioni per la propria casa, strati di sabbia o ghiaione fluviale, a documentare che un tempo di là passava l'acqua? L'acqua, come l'assassino dei libri gialli, prima o poi torna sempre sul luogo del delitto. E chi ha osservato, acquistando un terreno, l'inconsueta forma lunga e stretta del mappale, evidentemente collocato in zona di esondazione? La forma delle particelle catastali è un altro formidabile indizio della storia di un luogo, ma nella maggior parte dei casi non vi prestiamo alcuna attenzione. Così come alle leggende e tradizioni orali, alle tracce sulle costruzioni stesse o ai documenti scritti, che ci tramandano informazioni preziose che spesso preferiamo considerare solo dei fatti d'altri tempi.
Riporto qui a seguito alcuni passi di episodi tratti da volumi di storia locale di recente pubblicazione o riedizione; forse nessuno di noi, leggendoli, aveva immaginato di poter rivivere momenti simili; ma forse, se avessimo saputo leggerli con occhi diversi, avremmo rispettato di più i limiti d'uso che la natura ci impone.
Il primo è una descrizione della Valtournenche, tratto dalla guida del Gorret (1):
"...Malheureusement cette vallée est souvent dévastée par le torrent Marmore ou du Mont Cervin qui couvre la plaine de grèves, emporte le bon terrain et démolit la route sur de longs parcours. En septembre 1860, une pluie chaude sur le glacier fit tellement gonfler le torrent que la route fut emportée dans sa plus grande partie et qu'il ne resta plus un seul pont debout depuis le Mont Cervin jusqu'au grand pont de Châtillon ".
Un secondo passo assai significativo è la descrizione della grande frana di Chambave del 1791, così come riportata dal Vesan nella sua storia di Torgnon, recentemente ripubblicata (2):
"Les faits que nous allons raconter ne se sont pas passés à Torgnon, mais ils intéressent les habitants de cette paroisse, en tant que les terrains où ils se produisirent, leur appartenaient en bonne partie, sur le territoire de Chambave et de Saint-Denis.
En observant de l'envers de Chambave la colline en face, on voit aujourd'hui encore une énorme echancrure de terrain partant de la Doire, montant au Levant de Perret, au couchant de Fosses, s'élevant au-dessus des Golliaz jusqu'aux confins méridionaux de Verrayes. Au fond, vers la Doire, c'est encore une échancrure profonde appelée dès lors le Valloil, les Fosses; puis ce sont, plus haut, des enfoncements, des promontoires, enfin un terrain bouleversé par un affreux cataclysme. C'était en 1791.
Pendant le mois de juillet, d'août et de septembre, il n'était pas tombée une goutte d'eau à Chambave. Un soleil ardent, un ciel d'arain desséchèrent toutes les récoltes. Tout à coup, les premiers jours d'octobre, le ciel déversa une pluie torrentielle qui dura 15 jours avec une progression effrayante. C'était un vrai déluge, s'il faut ajouter foi à une relation du temps. Des maisons s'écroulèrent, ensevelissant plusieurs victimes. La colline de Chambave fut affreusement bouleversée. Il y eut un détachement et un affaissement de terrain général de Saint-Denis à Diémoz. Sur tout ce parcours, il était impossible de se mouvoir sans un danger imminent.
Le terrain mouvait sous les pieds. La terre s'entr'ouvrit, d'énormes crevasses, des gouffres béants détruisirent vignes et maisons.
La colline fut ruinée pendant bien des années. Avec de la patience et de la persévérance, on replanta les vignes et le Valloil même fut remis en culture. Avant ce cataclysme la colline, unie, égale présentait un aspect beaucoup plus gracieux."

Molti altri passi potrebbero essere citati; nella storia di ciascuna comunità, le calamità naturali hanno sempre segnato delle tappe importanti nella memoria e nella geografia dei luoghi. Per esempio, nel volume su Champorcher Fausta Baudin ha dedicato un capitolo a sé alle catastrofi naturali, riportando una serie di documenti di grande interesse, tra cui spiccano le relazioni sui danni apportati dall'alluvione del 1655 (3); ma non è da meno la storia della costruzione del ponte tra Nus e Fénis riportata da Ezio Gerbore, nella quale a far da sfondo alle travagliate vicende costruttive vere e proprie, durate più secoli, appaiono le ripetute e subitanee piene della Dora (4).
La storia locale è ricca di testimonianze che oggi potrebbero esserci particolarmente utili, nel momento in cui si deve valutare la sicurezza dei luoghi. A questo scopo il Servizio Cartografia e Assetto Idrogeologico dell'Assessorato ha iniziato da alcuni anni un censimento sistematico delle notizie storiche riguardanti le calamità naturali, ancora in via di esecuzione ma che ha già raccolto un ingente materiale. Ogni cosa che la storia ci consegna deve essere per noi motivo di indagine e di conoscenza del territorio su cui viviamo; le ricerche di storia locale non sono da relegare nell'erudizione o da trasformare in una materia scolastica in più: la storia deve essere invece intesa come un patrimonio di informazioni preziose per la nostra vita attuale, a servizio delle scelte per il nostro futuro.

(1) Gorret Amé Bic Claude, Guide de la Vallée d'Aoste, Aosta 1965, pag. 294, IV, Vallée de Valtournanche.
(2) Vesan Sylvain, Torgnon Recherches historiques, Aosta 1993 (ex Aosta 1924), Ss 142.
(3) Fausta Baudin, Champorcher, Aosta 1999, pag. 241 e segg.
(4) Ezio Gerbore, Fénis, Aosta 2000, pag. 102 e segg.
 
L'alluvione del torrente di Villa del 1680
Troviamo nel "Liber Mortuorum ecclesiae parrochialis Sanctae Mariae Magdalenae", in una nota del parroco Jean Praz, la cronaca degli avvenimenti: "L'an 1680 et le jour 8 me juin, qu'estoit la veille de La Pentecoste, le torrent du présent lieu, environ les 8 heures du matin, a fait un estrange degat. Il a emporté et renversé, écrasé diverses maisons tant à Gressan qu'à la présente paroisse, avec 32 personnes qui sont mortes, tant de Gressan que de la présente parroisse, entre les quels: Jean fils d'Estienne Boverod et Anne sa femme et 3 de leurs enfants, Andrea femme de Jean André, son frère Boverod et Margueritte fille à dit Boverod, avec toute leur maison ruinée et leurs biens presque perdus. Les biens de la présente cure presque tous ruinés. L'église est restée au milieu des eaux sans qu'il soit entré presque rien d'eau, grace à Dieu. Nom de ceux qui sont enterrés dans la presante Eglise: Jean, Nicholas, fils de feu Vincent Quendoz, qui sont estés tous deux noyés par le sus dit dégat; Jean Boverod et Anne sa femme et trois de leurs enfants; le fils de Panthaléon Ducloz surnommé Besson et divers autres membres des nombres personnes noyés dans ce mesme desastre en l'an 1680".
Tratto da "Gressan" di Marco Gal per gentile concessione della Banca di Credito Cooperativo Valdostana

   
Pagina a cura dell'Assessorato territorio, ambiente e opere pubbliche © 2024 Regione Autonoma Valle d'Aosta
Condizioni di utilizzo | Crediti | Contatti | Segnala un errore