RECENSIONI
RECENSIONI

Montagne del mondo, a cura di Bruno Messerli e Jack D. Ives con una prefazione di Luciano Caveri, Tararà Edizioni, Verbania, 2000.

"Le montagne: priorità globale del XXI secolo. Fino a pochi anno fa una tale affermazione sarebbe suonata quantomeno paradossale o stravagante: le montagne erano considerate un mondo in disparte, ai margini della civiltà e del progresso, del potere politico e di quello economico (da sempre concentrati nelle regioni di pianura, nelle città e lungo le coste), un ambiente residuale adatto solo al divertimento e alle vacanze. Così la pensano ancora in molti anche se le cose stanno certamente cambiando… La tesi di fondo di questo libro, le montagne come priorità globale del XXI secolo, non solo non appare più una provocazione o un sogno da visionari, ma può rappresentare addirittura un programma e una formula vincente, condivisi da un numero progressivamente crescente di persone (studiosi, politici, imprenditori…) preoccupate per l'equilibrio tra sviluppo socioeconomico e qualità della vita del nostro Paese." Con queste parole inizia la prefazione al volume da parte del Direttore generale dell'Istituto nazionale per la ricerca scientifica e tecnologica sulla montagna, Antonio Ciaschi. Poche frasi per focalizzare l'obiettivo di questa pubblicazione quanto mai interessante, nata in vista dell'Anno internazionale delle montagne 2002 e che ha tutte le carte per diventare un vero e proprio saggio sulla montagna.
Riportiamo anche il commento del Presidente del Comitato Italiano dell'Anno internazionale delle montagne 2002, Luciano Caveri, pubblicato in quarta di copertina.
"La lettura di questo libro offre una serie di riflessioni, raramente sintetizzate in maniera così efficace all'interno di una sola pubblicazione. Questa summa riguardante le montagne del mondo, oltre a riferirsi di tanto in tanto esplicitamente alla montagna italiana, fornisce una griglia di lettura ai problemi della montagna che valorizzerà senz'altro la discussione anche in Italia; e questo in una sorta di concatenazione, che si potrebbe leggere bene con l'utilizzo del termine sussidiarietà così caro ai federalisti, perché potremmo immaginare il disegno complessivo partire da ciascun singolo montanaro e dalla sua famiglia, allargando in seguito la visuale alla realtà locale dove vive, alla sua comunità, poi all'ambito regionale e ancora, in crescendo, al contesto nazionale, continentale e mondiale. Ci troveremo, come capita in montagna nelle vallate dove confluiscono i suoni amplificati e modificati da una eco, al centro di una realtà molto complessa e così varia da spingerci sul serio a non lasciarci travolgere".
 

LA LETTERA
Il Presidente dell'ADAVA Piero Roullet ha pubblicato sul foglio dell'associazione una lunga ed appassionata lettera di risposta ad un articolo comparso sul n°16 della rivista; nei limiti dello spazio a nostra disposizione riteniamo interessante riportarla, felici che la rivista susciti un dibattito, e ringraziamo Roullet per questo contributo alla discussione, che propone nuovi argomenti su cui ci ripromettiamo di tornare in futuro.

Flaminia Montanari afferma, sulla bella rivista valdostana "Environnement - Ambiente e Territorio in Valle d'Aosta" (n. 16, Settembre 2001), che gli alberghi valdostani si stanno tirolesizzando. I materiali di costruzione tipici della montagna sono la pietra e il legno. L'uso corretto di questi materiali determina le caratteristiche peculiari e comuni di tutte le valli alpine, ma la Savoia, la Valle d'Aosta, il Cadore e il Tirolo hanno poi sviluppato consuetudini particolari che rendono inconfondibile l'aspetto interno ed esterno delle loro case. La casa valdostana si distingue per un uso molto spartano del legno, le cui linee di taglio sono dritte, e per l'aspetto austero, quando non addirittura severo, privo di fronzoli e orpelli decorativi. La casa tirolese, invece, è caratterizzata dall'utilizzo di pannelli lignei a forma sinuosa, da travi scolpite, da pareti a telaio e a pannello, da tavoli e sedie svasate, dall'uso dell'abete chiaro, dall'abbondanza di pizzi e merletti. L'albergatore valdostano è perfettamente consapevole che l'ospite chiede un tipo di arredo in grado di combinare funzionalità e tipicità: il cliente vuole abitare ambienti colorati e decorati come le case d'antan della tradizione locale, ma senza rinunciare a tutti i comfort garantitigli dalla moderna tecnologia. L'albergatore valdostano vorrebbe poter offrire al proprio ospite ambienti tipici della sua terra, ma nel concreto come deve muoversi? Gli architetti, di solito, si limitano a proporci la realizzazione dei tetti in lose (peraltro quasi sempre reso obbligatorio dalle normative urbanistiche locali) e l'uso abbondante della pietra, magari lavorata a secco (ma avete mai visto applicata una simile lavorazione alle case dei nostri avi?) o proveniente addirittura da altri Continenti: passi per i tortuosi percorsi della via Francigena, ma ripercorrere la via della seta fino in Cina... Gli arredatori dal canto loro, ci propongono ambienti studiati sul modello delle Alpi orientali perché là, prevalentemente, esistono eccellenti artigiani del legno specializzati nello stile di montagna. Un tempo la preferenza andava ai mobili in cirmolo, decorati quanto mai di rosoni provenienti dalla VaI Varaita: pare che facessero tanto montagna. Ora, è in auge il mobilio in abete, color miele, con tavoli e sedie dalle gambe oblique, a boiserie rinascimentale. (...) Mi auguro allora che tra i compiti della neonata Università della Valle d'Aosta ci si prefigga anche di studiare, codificare, ricercare e promuovere modelli architettonici e di arredo originali, epurando lo stile valdostano dalle contaminazioni più tirolesizzanti. Forse dovremmo allestire più musei etnografici, forse dovremmo ipotizzare la realizzazione di eco-musei dove poter imparare, gustare, fare nostro quel patrimonio di civiltà che ancora caratterizza, malgrado tutto, la Valle d'Aosta. Tuttavia, compete principalmente agli architetti agli ingegneri e ai geometri studiare meglio le caratteristiche architettoniche della nostra terra; compete ai sarti e ai produttori tessili esaltare i nostri costumi; compete ai musicisti locali rivalutare la nostra musica tradizionale; compete ai falegnami essere in grado di proporre, in tempi ragionevoli e a prezzi abbordabili, la tipicità di mobili e infissi; compete ai cuochi esaltare i nostri sapori affinché noi albergatori si possa, riuniti tutti questi fattori tipicizzanti nel momento unico della vacanza, offrire ai nostri ospiti un'esperienza irripetibile, indimenticabile ed esclusivamente valdostana. Gli albergatori valdostani sempre più costretti dal mercato turistico a esibire una patente di alpinità, ma altresì obbligati a rivolgersi altrove per offrire al cliente ciò che si aspetta da una (qualunque) località di montagna, sono i primi ai quali irrita portare cappelli, e giacche, tirolesi!
di Piero Roullet
 

 
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