2002: ANNO DELLA MONTAGNA
L'agricoltura può essere la migliore alleata di una politica ambientale, ma questa consapevolezza deve ancora crescere da parte degli agricoltori e di tutta la società.
AGRICOLTURA PER LA MONTAGNA
di Emanuele Dupont
Dopo la rivoluzione verde il rapporto fra agricoltura e ambiente è andato via via complicandosi e ha assunto caratteri molto dinamici. In molte situazioni si tratta di vero conflitto: l'agricoltura preme troppo sull'ambiente, inquina, sfrutta, impoverisce!
Altre volte il conflitto assume caratteristiche opposte: "nelle aree di protezione ambientale nessuna attività agricola è desiderabile", oppure "per la salvaguardia di tal volatile non si possono abbattere i filari di alberi anche se impediscono ai trattori di manovrare"…
Cambiando situazione si ottiene una visione diversa: grazie all'attività agricola il paesaggio continua ad essere coltivato e per questo risulta gradevole e fruibile, a vantaggio del turista e dell'attività turistica.
Se spostiamo ancora l'angolo visuale troviamo ancora affermazioni diverse, come la seguente: l'abbandono dell'agricoltura, soprattutto quella delle zone difficili, è una delle cause dei frequenti dissesti idrogeologici.
Dal punto di vista dell'agricoltore la questione può essere invece più semplice: come produrre con tutti i mezzi di cui oggi è possibile disporre per abbassare i costi di produzione e sperare che alla fine qualcosa rimanga in tasca. Gufi in via di estinzione, turisti arcadici, idrogeologi schizzati non sono affari nostri!
In un precedente numero di Environnement abbiamo affermato che il conflitto agricoltura-ambiente può trovare una sintesi nel concetto di agricoltura sostenibile.
La necessità di integrare la dimensione ambientale nella politica comunitaria risale all'atto unico dell'86. L'idea di sostenibilità dello sviluppo è stata poi definita nel summit di Rio nel 1992, ripresa a Cardiff, suggellata a Nizza …dove, e non è un dettaglio, il concetto di ambiente viene riassorbito in quello di agricoltura. Come a dire: l'ambiente è un bene che ci è dato, a noi utilizzarlo nel modo migliore e più attento sviluppando le nostre attività produttive, come l'agricoltura, ma senza esaurirlo.
L'agricoltura è quindi oggi chiamata a restare competitiva, cioè a produrre molti alimenti e a prezzi bassi, ma le si chiede anche di tener conto delle aspettative della società, che sempre di più chiede di non inquinare l'ambiente, di non favorire l'erosione del suolo, di conservare il paesaggio naturale ...
Dato per scontato che l'agricoltore è tenuto a rispettare norme ambientali minime - e che anzi non si sottrae al principio comunitario chi inquina, paga - per invogliarlo a rispondere positivamente a queste attese della società sono stati varati i programmi agroambientali.
"Le misure agroambientali sono finalizzate a promuovere forme di conduzione dei terreni agricoli compatibili con la tutela e il miglioramento dell'ambiente, dello spazio naturale e delle sue caratteristiche, delle risorse del suolo e della diversità genetica".
Si tratta in buona sostanza di sostegni economici, a volte anche importanti (come nel caso degli alpeggi), che vengono proposti agli agricoltori i quali, su base volontaria e contrattuale, forniscono i servizi ambientali cui abbiamo accennato sopra.
Questa tipologia di aiuti - ed è bene sottolineare ancora che uno vi accede se vuole e firma un contratto con degli obblighi, tra cui quello di sottoporsi a controlli - è calcolata in base alle spese sostenute e al mancato guadagno per l'agricoltore.
A partire dal 1992, anno del varo del programma per un'agricoltura ecocompatibile, nei conti degli agricoltori l'importanza di questa voce è andata crescendo sino a raggiungere gli attuali importi previsti dalla misura III del Piano di Sviluppo Rurale.
Oltre alla difesa del suolo, delle acque, alla conservazione dei paesaggi tradizionali e della biodiversità, o meglio proprio dall'insieme di questi obiettivi che la Comunità chiama servizi ambientali deriva un miglioramento della qualità della vita nell'ambiente rurale e quindi un concreto supporto all'attività turistica, tanto importante per la nostra Regione.
Questi concetti sono noti ed espressi da tempo in Valle, ma mai erano stati sistemati in un insieme organico e economicamente definito come l'elaborazione del Piano di Sviluppo ci ha obbligato a fare.
È come a dire, si è passati dalle parole ai fatti, dai modi di dire a obiettivi, obblighi e finanziamenti precisi.
Tuttavia non sono certo che il percorso sopra delineato sia stato percepito in modo evidente dai nostri agricoltori; sono invece piuttosto convinto che sia stato considerato un modo come un altro per sostenere l'agricoltura. Non è il caso in questa sede di discutere dell'insieme delle politiche comunitarie che vanno dall'Organizzazione Comune dei Mercati (OCM) alle indennità compensative, che a loro volta sono aiuti resi necessari da altri tipi di analisi.
Qui si tratta di un vero e proprio contratto tra l'agricoltore e l'amministrazione perché l'agricoltore s'impegna nella sua azienda a rispettare le attese legittime della società, anche lavorando in modo diverso e aumentando i costi; e questo suo impegno ha anche riflessi positivi per gli operatori del turismo.
La Commissione stessa ammette la difficoltà di percezione da parte degli agricoltori di quest'impostazione quando scrive: "nel tempo gli agricoltori sono stati gli agenti in ampia misura inconsapevoli dello sviluppo e della gestione del paesaggio. Coltivando la terra per ricavarne cibo, fibre tessili e materiale combustibile per la propria sussistenza o come fonte di reddito, essi hanno fornito servizi ambientali, sociali e ricreativi a costo zero".
È importante però che anche il nostro agricoltore ragioni a fondo su queste cose e le percepisca in modo convinto, anche perché solo attraverso questa via si possono evitare le situazioni di conflitto di cui si parlava all'inizio.
Credo che queste azioni, se porteranno risultati tangibili, potranno continuare anche oltre il 2006, termine previsto per una parte delle politiche comunitarie. Soprattutto se, oltre alla partecipazione convinta degli agricoltori, sapremo creare un insieme di indicatori agroambientali. Con l'aiuto di questi indicatori deve essere possibile migliorare la comprensione di temi complessi nel settore dell'agricoltura e dell'ambiente, evidenziare l'evoluzione dei fenomeni nel tempo e fornire indicazioni quantitative che "contribuiscano a trasformare i dati fisici e economici relativi alle attività umane e alla situazione ambientale in informazioni rilevanti ai fini dei processi decisionali".
Può esser difficile per un agricoltore percepire il valore di una zona di rifugio per gli insetti, o il valore paesaggistico di un filare di alberi; così come accettare che altri aspetti propri del suo lavoro quotidiano, come la risistemazione dei muretti a secco o certe attenzioni per salvaguardare la falda acquifera, hanno dei costi da considerare produttivi; così come la pulizia dei rus e la raccolta della legna non sono più di moda, ma sono importanti. Attività considerate una volta di normale routine, quando la maggior parte delle persone nello spazio rurale erano agricoltori, diventano oggi una richiesta di servizio che la società fa all'agricoltore: per questioni ambientali, per mantenere il livello di sicurezza del territorio, per aumentare la qualità della vita di chi agricoltore non è.
   
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