INFRASTRUTTURE IDRICHE
Una sintesi della pratica irrigua in Valle d'Aosta, a partire dal secondo dopoguerra fino ai giorni nostri.
IRRIGAZIONE IN VALLE D'AOSTA
di Giovanni Vauterin
Costruzione della stazione di pompaggio a servizio dell'impianto di irrigazione a pioggia di Torilles e Grandes Iles nel comune di Verrès (1954 circa).L'Amministrazione regionale della Valle d'Aosta, su richiesta delle aziende agricole e dei numerosi consorzi di miglioramento fondiario che operano sul territorio, ha condotto, soprattutto in quest'ultimo ventennio, una politica agricola di sostegno all'irrigazione finanziando l'ammodernamento della vasta rete irrigua esistente. L'irrigazione, unitamente ad altri interventi di miglioramento fondiario, ha consentito all'agricoltura valdostana di svolgere un ruolo di primaria importanza dal punto di vista della tutela ambientale, della conservazione del territorio e del mantenimento di un minimo di popolazione attiva nelle località disagiate di montagna. All'obiettivo iniziale di favorire una più elevata redditività aziendale - per tentare di arginare il preoccupante fenomeno dell'abbandono delle zone rurali - si stanno ora affiancando alcune nuove esigenze relative alla gestione territoriale, tra le quali la protezione dei suoli e la tutela delle risorse idriche.
Nei paesi con particolari caratteristiche pedoclimatiche la pratica irrigua si è sempre basata su una lunga tradizione empirica; com'è noto, le colture agricole richiedono la disponibilità dell'acqua nelle quantità e nei tempi imposti da esigenze di tipo agronomico ed è, per questo motivo, indispensabile disporre di un efficiente sistema irriguo.
I canali principali situati in quota, uniti alla fitta rete di quelli secondari e dei ruscelli, avevano lo scopo di addurre l'acqua necessaria agli appezzamenti coltivati, in ogni punto del comprensorio.
Impianto di irrigazione a pioggia di Ozein (Aymavilles).L'acqua veniva deviata nei canali secondari (denominati in patois franco-provenzale brantse, conneuil, conçu, dousson, riane, riva, rivetta) durante il turno irriguo e, per mezzo di una paratoia mobile (tsèriéte) che aveva il compito di sbarrarne il flusso e di un telo (saque, patin), la si faceva tracimare sul terreno. Con l'ausilio di una tavola di legno munita di due punte da conficcare nella cotica erbosa per mantenerla in posizione verticale (serventa), si indirizzava poi il velo d'acqua nei luoghi prescelti. Il ripetersi della procedura lungo tutta l'adacquatrice di monte, consentiva di irrigare completamente il terreno coltivato a foraggere.
Solamente l'esperienza del contadino faceva sì che l'acqua raggiungesse ogni punto dell'appezzamento e che questo fosse uniformemente irrigato. Talvolta, nei periodi più siccitosi, a distanza di qualche giorno dall'adacquamento, se il terreno non era stato bagnato bene, si poteva notare l'erba di un colore rossiccio tra quella verde e rigogliosa: queste tracce vengono chiamate localmente rèinar oppure platte rosse.
In tutte le zone aride del mondo è stato - ed è tuttora - utilizzato il sistema di irrigazione per scorrimento, chiamato anche a gravità, il quale si regge, come si è visto, sul movimento e distribuzione di un flusso d'acqua che, a partire dal limite posto a monte della superficie dei terreni agricoli, si dirige verso valle. Il rifornimento idrico all'apparato radicale delle colture è assicurato da una lenta infiltrazione nel terreno nel momento in cui l'acqua percorre il solco oppure scorre superficialmente sul terreno coltivato. L'efficienza di questo tipo di irrigazione, cioè il rapporto tra l'acqua effettivamente utilizzata dall'apparato radicale delle colture e quella consumata, è generalmente bassa (30-50%) e dipende in gran parte dalla consistenza dello stesso corpo d'acqua, dal tipo di coltura in atto, dalla pendenza nonché dalla struttura e consistenza del terreno. L'irrigazione a gravità, quindi, anche se permette di applicare artificialmente l'acqua alle colture nel momento giusto, può causare localmente sul terreno carenze o eccessi di acqua.
Inoltre, i principali svantaggi dell'irrigazione per scorrimento possono così essere evidenziati:
- impossibilità di irrigare i terreni con piccoli corpi d'acqua, soprattutto per quanto riguarda gli appezzamenti più pianeggianti;
- richiesta di un'elevata quantità d'acqua per unità di superficie;
- dilavamento superficiale del terreno con conseguente diminuzione della sua fertilità;
- necessità di continua vigilanza da parte di un addetto per ottenere un'irrigazione omogenea delle colture;
- necessità di porre particolare attenzione durante la distribuzione dell'acqua per evitare erosioni superficiali dei fondi coltivati o smottamenti, nel caso di terreni molto ripidi.
Impianto di irrigazione a goccia ad Aymavilles.Al contrario, gli impianti pluvirrigui - chiamati anche a pioggia o per aspersione - simulando a tutti gli effetti le precipitazioni atmosferiche, consentono di controllare sia la durata dell'irrigazione che l'intensità di pioggia, con evidenti risparmi sul consumo d'acqua: la loro efficienza idrica arriva infatti all'80-90%.
L'irrigazione per aspersione, praticata in Valle d'Aosta a partire dagli anni '50, è stata oggetto nel corso degli anni di importanti miglioramenti.
Gli irrigatori sono stati costantemente soggetti a perfezionamenti, sia per quanto riguarda i materiali di costruzione, sia per le loro prestazioni idrauliche. Progressivamente le leghe metalliche e le materie plastiche hanno rimpiazzato l'ottone e il bronzo consentendo di ottimizzare i consumi d'acqua e di ridurne i costi d'acquisto.
Nella progettazione di un impianto di irrigazione a pioggia, è il tipo di irrigatore che ne determina le caratteristiche principali: la gittata, corrispondente al cerchio bagnato, la portata, cioè la quantità d'acqua erogata dall'ugello di ogni singolo irrigatore, la pressione di esercizio misurata in bar e infine l'intensità di pioggia, espressa in mm/h, data dal rapporto tra la portata e l'area del cerchio bagnato.
Le tubazioni che collegano le ali distributrici, e che a loro volta alimentano gli irrigatori, possono essere costituite da vari materiali; tuttavia le tubazioni in polietilene hanno finito con il sostituire quelle in acciaio, che avevano il limite di essere soggette ad un veloce deterioramento dovuto all'ossidazione metallica.
Infine, le apparecchiature idrauliche di nuova concezione possono vantare attualmente una multifunzionalità in grado di risolvere la quasi totalità dei problemi idraulici riscontrabili in territori, come quello valdostano, con dislivelli notevolissimi.
Gli impianti di irrigazione a pioggia costruiti in Valle d'Aosta sono essenzialmente di tre tipi: fissi, semifissi e mobili.
Fino agli anni '60, per ragioni essenzialmente legate a costi di costruzione, erano preferiti quelli semifissi e mobili, questi ultimi realizzati per poter effettuare la fertirrigazione, non soltanto sui pascoli d'alta quota ma anche sui prati sfalciati di fondo valle, e per consentire lo smaltimento delle deiezioni di stalla. Questi tipi di impianti avevano però l'inconveniente di richiedere parecchia manodopera per spostare con una certa frequenza gli irrigatori montati sui treppiedi ed i relativi tubi di alimentazione.
A partire dalla metà degli anni '70, quando ormai la penuria della manodopera in agricoltura iniziava a pesare e dopo l'introduzione di nuovi macchinari appositamente studiati per scavare trincee in terreni impervi, sono stati invece privilegiati quelli di tipo fisso con funzionamento manuale.
Bisognerà comunque aspettare il 1986 perché entri in funzione a Nus il primo impianto di irrigazione a pioggia automatizzato monocavo costruito in Valle d'Aosta.
Il sistema di controllo computerizzato offre un buon grado di automazione, per cui un solo operatore impiegato a tempo pieno durante la stagione irrigua è in grado di gestire un impianto costruito su una superficie di un centinaio di ettari, consentendo di realizzare un notevole risparmio sui costi della manodopera rispetto ad un impianto tradizionale di tipo fisso.
Un impianto di irrigazione a pioggia automatizzato, oltre ai componenti idraulici già presenti sui tipi fissi con funzionamento manuale, comprende inoltre:
- un centro di controllo, situato in un edificio, costituito da un computer con relativo software dedicato per la gestione dei turni irrigui, delle portate disponibili e delle quantità d'acqua accumulate;
- un numero variabile di unità di campo, ognuna delle quali comprende una singola unità di controllo necessaria per azionare una sola apparecchiatura idraulica ma progettata per dialogare con il computer centrale e segnalare, ad esempio, se una valvola è aperta oppure chiusa, la portata misurata dai contatori d'acqua, la velocità del vento rilevata dagli anemometri, il livello dell'acqua contenuta nei serbatoi oppure una qualsiasi anomalia di funzionamento dell'impianto;
- una stampante, con la funzione di rendere immediatamente leggibili gli eventi inerenti il programma irriguo e tutti i dati trasmessi dalle unità di campo al computer centrale;
- i cavi di comunicazione, necessari ad inviare le informazioni tra le unità di campo e il centro di controllo (gli impianti dell'ultima generazione possono comunicare tramite unità radio trasmettitrice alimentate da pannelli solari);
- valvole a funzionamento idraulico per l'erogazione di acqua alle ali distributrici, e da queste agli irrigatori, nonché per il controllo delle portate e delle pressioni di esercizio.
Generalmente i costi di manutenzione non sono indifferenti, anche se non risulta corretto fare dei confronti diretti con quelli relativi all'irrigazione per scorrimento. Infatti, nel caso di impianti automatizzati non solo la manutenzione ma anche la gestione degli stessi viene affidata a personale specializzato incaricato da consorzi - offrendo in tal caso anche un servizio ai proprietari di aziende agricole - mentre l'irrigazione manuale viene generalmente svolta nel tempo libero dai diretti interessati, con dei costi quindi difficilmente quantificabili.
In genere, mediante l'irrigazione a scorrimento è possibile effettuare un solo adacquamento ogni 14 giorni, mentre con l'irrigazione a pioggia si riesce a ridurre il turno ad una settimana. Migliorare la pratica irrigua fornendo una quantità d'acqua inferiore ma con una frequenza maggiore ha degli indubbi vantaggi agronomici, oltre che economici (prodotti qualitativamente migliori), soprattutto in presenza di un clima come quello valdostano particolarmente secco nel periodo estivo.
Un altro elemento oggetto di particolare analisi e attenta valutazione in sede progettuale, qualora un consorzio di miglioramento fondiario intenda realizzare un impianto di irrigazione a pioggia, è relativo alla presenza nell'acqua di materiale inerte e organico in sospensione. La maggior parte dei canali, sia con funzionamento idraulico a pelo libero che in pressione, è infatti utilizzata non solo per l'irrigazione a scorrimento dei comprensori ancora sprovvisti di idonei impianti ad aspersione, ma anche per il riempimento delle vasche di carico o per l'alimentazione diretta delle condotte di adduzione secondaria degli impianti di irrigazione a pioggia.
I canali irrigui a cielo aperto, per loro natura, trasportano ogni tipo di sedimento di varia composizione e grandezza a seconda della velocità dell'acqua e del tipo di territorio attraversato. Quando l'acqua si riversa nelle vasche di accumulo e poi da queste viene convogliata nelle condotte in pressione, la presenza di sedimenti può effettivamente creare costosi problemi di funzionamento all'impianto.
Per ovviare a quest'inconveniente sono state adottate, soprattutto in passato, alcune soluzioni tecniche di questo tipo:
- intubazione dei tratti di canale aventi la funzione di adduttori agli impianti di irrigazione a pioggia;
- costruzione di opere di presa con briglia a trappola e realizzazione di dissabbiatori che consentono la sedimentazione del materiale inerte trasportato dall'acqua.
In questi ultimi anni l'installazione in piccoli manufatti in cemento armato di filtri rotanti e autopulenti ha sovente determinato una notevole riduzione delle dimensioni dei tradizionali dissabbiatori.
Un importante elemento positivo da segnalare, per quanto riguarda gli impianti di erogazione d'acqua in pressione, è rappresentato dal notevole risparmio di acqua potabile, qualora gli utenti non agricoli, per l'irrigazione di aree verdi urbane, orti e giardini, anziché effettuare il prelievo dagli acquedotti comunali, si riforniscano ad una rete messa a disposizione e gestita direttamente dai consorzi di miglioramento fondiario.
Un aspetto di natura tecnico-idraulico che determina il buon funzionamento degli impianti di irrigazione a pioggia è rappresentato dal dislivello altimetrico a disposizione. Gli irrigatori necessitano di almeno 3 bar per funzionare correttamente e quindi di acqua in pressione. Questa esigenza, unita alla mancanza di spazi e servitù alternative per l'installazione delle condotte e alla scelta di ottimizzare il rapporto costo-beneficio, è stata una delle cause che ha determinato profonde modificazioni degli alvei degli antichi rus.
Probabilmente la trasformazione del sistema di irrigazione da scorrimento a pioggia ha contribuito, soprattutto nel passato, all'intubazione di alcuni tratti di canale e con ogni probabilità non solo di quelli particolarmente critici dal punto di vista della tenuta idraulica. Per mantenere l'antica rete irrigua a cielo aperto oggigiorno si tende ad optare per soluzioni tecniche che privilegiano il passaggio delle tubazioni oppure la costruzione di manufatti al di fuori della sede del canale, consentendo la conservazione del suo alveo originale.
Per concludere questa breve rassegna occorre ricordare l'irrigazione localizzata, chiamata anche a goccia, la quale ha avuto di recente una notevole diffusione in seguito al recupero di antichi vigneti e alla trasformazione di prati arborati in frutteti specializzati. Questa tecnica irrigua, benché conosciuta da parecchi decenni ed utilizzata dovunque con successo, ha sempre stentato ad imporsi in Valle d'Aosta, forse per la generale buona disponibilità idrica di questa regione e per l'elevata torbidità delle sue acque.
Le derivazioni per l'irrigazione a goccia vengono oggi in genere effettuate su condotte già esistenti che trasportano acque già sufficientemente dissabbiate, per cui all'utente agricolo non rimane che investire cifre ragionevoli per la realizzazione di stazioni filtranti di piccola entità. Il principale svantaggio di tale pratica irrigua è, infatti, costituito dalla frequente occlusione dei gocciolatori e dei microirrigatori posti di solito tra le piante lungo i filari.
Tra i vantaggi si ricordano il bassissimo consumo d'acqua, costi contenuti di costruzione e un'efficienza irrigua che supera il 90%, vale a dire che la quasi totalità dell'acqua erogata viene utilizzata dall'apparato radicale delle piante.
   
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