INFRASTRUTTURE IDRICHE
La nuova legislazione allarga il concetto di acqua potabile a quello di acqua destinata al consumo umano.
ACQUA PER TUTTI
di Raffaele Rocco
Pian di Verra: lavori di captazione di una sorgente per il potenziamento dell'acquedotto intercomunale Ayas - Brusson.I dati sul consumo di acqua minerale rilevano un costante aumento nelle vendite: nei supermercati è facile rendersi conto di come l'acqua minerale sia divenuta uno dei consumi più diffusi. Alcuni ristoranti ormai propongono accanto alla carta dei vini anche una scelta diversificata di acque minerali per accompagnare il pasto. Esiste una diffusa diffidenza a bere l'acqua che esce dai rubinetti delle nostre case, che riteniamo di scarsa qualità. È giustificata questa diffidenza?
L'acqua che arriva nelle nostre case è classificata come "acqua destinata al consumo umano": definizione che supera il concetto di acqua potabile che ancora oggi è il termine corrente con cui chiamiamo l'acqua che si usa nelle case. La nuova definizione comprende l'acqua da bere, da utilizzare per lavarsi, da impiegare nella preparazione degli alimenti, comprendendo quindi tutti gli usi che in qualunque modo implicano un contatto con l'uomo.
L'acqua della sorgente del Pian di Verra prima dei lavori di captazione.Il legislatore ha definito un sistema completo di regole che fissano le caratteristiche delle acque da destinare al consumo umano, le modalità attraverso le quali si deve provvedere alla loro distribuzione e le misure di controllo da porre in atto. L'acqua per il consumo umano deve possedere specifiche caratteristiche qualitative tanto chimiche (contenuto e tipo di sali disciolti) che fisiche (temperatura, colore, limpidezza, ecc.) e soprattutto non deve contenere agenti microbiologici dannosi per la salute. Queste caratteristiche devono essere presenti nelle acque fin dall'origine e salvaguardate poi durante la loro distribuzione. La conservazione della qualità di un'acqua deve essere garantita con misure di protezione delle fonti di approvvigionamento, specifiche modalità di raccolta, di trasporto e di distribuzione, nonché di controllo. Tutto questo è stabilito dalla normativa comunitaria recepita da quella nazionale; il processo è controllato da chi gestisce gli acquedotti e verificato dalle strutture sanitarie pubbliche.
È compito della Regione, per mantenere e migliorare la qualità delle acque erogate mediante impianto di acquedotto e per la tutela delle risorse, l'individuazione delle aree di salvaguardia attorno alle opere di captazione. La perimetrazione delle aree di salvaguardia deve avvenire in base ad indicazioni tecniche stabilite in un Decreto Ministeriale di recente approvazione, e sulla scorta di valutazioni geologiche e idrogeologiche volte a definire i possibili percorsi degli eventuali inquinanti.

Acque minerali in un supermercato.La zona di tutela assoluta è costituita dall'area immediatamente circostante le captazioni o derivazioni; deve essere adeguatamente protetta e adibita esclusivamente alle opere di captazione o presa e ad infrastrutture di servizio. In caso di acque sotterranee essa deve avere un'estensione di almeno dieci metri di raggio dal punto di captazione.
La zona di rispetto è costituita dalla porzione di territorio circostante la zona di tutela assoluta da sottoporre a vincoli d'uso atti a tutelare qualitativamente e quantitativamente la risorsa idrica captata. Essa può essere suddivisa in zona di rispetto ristretta e zona di rispetto allargata, in relazione alla tipologia dell'opera di captazione e alla situazione locale di vulnerabilità e rischio della risorsa. Nelle zone di rispetto sono vietati l'insediamento e lo svolgimento di attività che potrebbero inquinare le acque o comprometterne la qualità (quali la dispersione di acque reflue, lo spandimento di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi, la realizzazione di aree cimiteriali, di centri di stoccaggio di sostanze chimiche pericolose e sostanze radioattive, di raccolta, demolizione e rottamazione di autoveicoli. In particolare nella zona di rispetto ristretta è vietato il pascolo e la stabulazione di bestiame).
Nelle zone di protezione devono essere adottate misure relative alla destinazione del territorio interessato: limitazioni e prescrizioni per gli insediamenti civili, produttivi, turistici, agroforestali e zootecnici.

Le opere di captazione e di distribuzione delle acque devono essere realizzate in modo da garantire che le caratteristiche qualitative, chimiche, fisiche e microbiologiche non si alterino durante il trasporto. Perciò nelle opere di presa e nei serbatoi deve essere garantita la separazione tra le aree accessibili dall'esterno, dove gli addetti alla conduzione dell'acquedotto devono operare, e quelle nelle quali le acque sono raccolte e immagazzinate. Un ruolo fondamentale è poi attribuito ai materiali che devono entrare a contatto con le acque, che non devono rilasciare sostanze che ne inquinerebbero le caratteristiche. Oggi si utilizzano per le tubazioni materiali di accertata compatibilità, quali il polietilene (che unisce alle caratteristiche di totale inerzia chimica una flessibilità di utilizzo eccezionale), l'acciaio o la ghisa. La recente evoluzione normativa ha ulteriormente accentuato l'importanza dei materiali impiegati, introducendo prove specifiche per verificarne l'idoneità e limiti rispetto a componenti che si trovano nelle tubazioni (ad esempio lo zinco). Inoltre il gestore dell'acquedotto deve garantire durante il corso dell'anno una serie di controlli qualitativi sulle acque distribuite, destinati a verificare il rispetto dei limiti di concentrazione delle diverse sostanze e, soprattutto, l'assenza di agenti patogeni dannosi per la salute dell'uomo. Queste verifiche, dette interne, devono essere condotte da laboratori specializzati sotto la precisa responsabilità del gestore dell'acquedotto e secondo cadenze stabilite dalla normativa in funzione dell'importanza e del numero di utenti serviti. Sono poi previsti anche dei controlli esterni da parte delle autorità sanitarie, per accertare che le acque distribuite siano conformi a quanto stabilito dalle normative. Il sistema della distribuzione delle acque destinate al consumo umano è insomma finalizzato a garantire che l' acqua che arriva nei nostri rubinetti sia della migliore qualità e che tali caratteristiche siano costanti nel tempo1.

Attualmente tutti i Comuni della Regione sono in grado di garantire un rifornimento idropotabile adeguato, anche se nei periodi di maggiore affluenza turistica e particolarmente in estate possono determinarsi carenze a carattere locale. Se si considera un consumo medio giornaliero per persona pari a 300 litri (leggermente sottostimato per Aosta e altri grandi comuni - sovrastimato per gli altri), la necessità giornaliera della regione per i 120.000 residenti in Valle si può determinare in 36.000 m3 (al netto delle perdite di acquedotto, stimabili tra il 15 e il 20%). La necessità aumenta a 60.000 m3 al giorno nel periodo turistico di punta di ferragosto. Il volume giornaliero di acqua fornito da tutte le sorgenti captate è stimabile tuttavia in circa 200.000 m3: esso è quindi ampiamente sufficiente in termini globali e le eventuali carenze locali potrebbero essere compensate con una migliore redistribuzione.
La rete regionale è infatti particolarmente frammentata, numerosi piccoli acquedotti utilizzano sorgenti superficiali di limitata capacità, spesso non interconnessi tra loro. In regione sono circa 270 gli acquedotti comunali che distribuiscono le acque di circa 500 sorgenti e 20 pozzi, ai quali vanno aggiunti circa 100 acquedotti frazionali. Il numero di utenti serviti da ciascun acquedotto è inoltre molto variabile: si passa dai 30.000 utenti circa di Aosta alle poche decine o meno ancora di gran parte degli acquedotti comunali e frazionali. Questa situazione rende la rete di captazione e distribuzione particolarmente fragile rispetto alle fluttuazioni di portata delle sorgenti e alla possibilità di inquinamento delle acque, anche se per fortuna in maniera mai grave e facilmente risolvibile. Nei casi di Aosta e Verrès invece la fonte principale di approvvigionamento idropotabile è costituita dal pompaggio dalla falda sotterranea delle piane alluvionali sulle quali si sviluppano i due insediamenti. A causa dell'intensa urbanizzazione delle aree, in questi due centri risulta particolarmente problematica l'applicazione di tutte le misure di salvaguardia dei punti di captazione previste dalla normativa.
Un altro punto critico è poi l'età media delle reti, che rimane ancora relativamente elevata e che fa sì che vi siano notevoli perdite. I manufatti di compenso sono inoltre sottodimensionati rispetto alle aumentate esigenze degli utenti. Spesso quindi, pur in presenza di risorse sufficienti, si hanno problemi di rifornimento imputabili alle reti di distribuzione in generale e in particolare alla mancanza di volumi di compenso. Negli ultimi anni tuttavia i Comuni, nell'ambito dei programmi FOSPI, hanno investito risorse notevoli per ristrutturare gli acquedotti, e la Regione per parte sua ha investito nella realizzazione o nel potenziamento di interconnessioni tra gli acquedotti a livello sovracomunale. Sono ad oggi presenti nove reti intercomunali (alcune ancora in fase di realizzazione o completamento):

Acquedotti intercomunali:
- Courmayeur, Pré Saint Didier, Morgex;
- Valsavrenche, Villeneuve, Introd, Saint Pierre;
- Comunità Montana Grand Combin e Saint Christophe, Aosta;
- Torgnon, Saint Denis, Verrayes;
- Antey Saint André, Saint Vincent, Chatillon;
- Chamois, Antey Saint André, La Magdeleine;
- Brusson, Ayas;
- Montjovet, Champdepraz, Verres;
- Hone, Bard.

Per quanto riguarda invece gli aspetti gestionali, la legge regionale 8 settembre 1999 n. 27 "Disciplina dell'organizzazione del servizio idrico integrato" stabilisce che la Regione eserciti funzioni di programmazione e di coordinamento, di definizione delle componenti di costo della tariffa e di finanziamento degli interventi per la riorganizzazione dei servizi idrici, mentre sono attribuite ai Comuni le funzioni operative. La legge opera inoltre una chiara ripartizione delle funzioni relative al servizio idrico: le funzioni di governo, cioè di programmazione, di organizzazione e di controllo a livello locale, competono ai Comuni, mentre a livello regionale il coordinamento è attribuito al Consorzio dei Comuni del Bacino Imbrifero Montano (BIM). Ciascun Comune deve organizzare l'erogazione dei servizi e stabilire l'entità della tariffa, da applicare quale corrispettivo del servizio erogato, sulla base delle indicazioni fissate dalla Regione. Le funzioni operative di erogazione dei servizi idrici competono ai soggetti gestori. In base a quanto stabilito dall'art. 3 della legge regionale, i Comuni "Organizzano il servizio idrico integrato singolarmente o in forma associata (nei modi e nelle forme previste dalla l. r. 54/98) per sottoambiti omogenei dal punto di vista territoriale o per settore specialistico". Deve cioè essere preliminarmente individuato un ambito territoriale (che coinvolge uno solo o più Comuni) nel quale le caratteristiche del servizio idrico (acquedotto e/o depurazione) sono omogenee. Tale omogeneità può essere di tipo territoriale (fisicamente le reti sono connesse e imprescindibili tra di loro, oppure la risorsa utilizzata è la medesima) oppure uno dei servizi erogati è comune a più soggetti (quali ad esempio i consorzi di depurazione).
Le linee di intervento nel settore delle acque destinate al consumo umano devono:
- garantire il rifornimento idoneo sotto il profilo quantitativo e qualitativo;
- razionalizzare il sistema di distribuzione e di gestione del servizio idrico.
L'utilizzo di fonti da destinare al consumo umano ha la priorità su ogni altro uso. Le sorgenti sono la fonte di approvvigionamento privilegiata. Se queste non riescono a coprire i fabbisogni, o se risulta economicamente troppo oneroso realizzarne il collegamento, si può ricorrere alle acque sotterranee. L'utilizzo di acque superficiali, per i vincoli e i costi di gestione che comportano, è da limitarsi ai casi di emergenza o in situazioni del tutto eccezionali, da verificarsi e autorizzarsi di volta in volta.
Dal punto di vista quantitativo il DPCM 4 marzo 1996 prevede che sia garantita all'utenza una dotazione minima giornaliera pro-capite di 150 l/ab. per giorno. La dotazione idrica richiesta è un valore di progetto e si intende riferita ai volumi idrici di captazione, non a quelli effettivamente erogati alle utenze né a quelli fatturati. Di conseguenza, rispetto alla dotazione minima (prevista), il valore di progetto tiene conto delle perdite tecniche nelle condotte di adduzione e nelle reti di distribuzione, che nella realtà italiana si aggirano attorno al 35%.
Il fabbisogno di cui sopra è da intendersi come limite della grave carenza idrica; si è perciò deciso di assumere per la nostra Regione un valore maggiormente in linea con gli standard di consumo effettivo:
Per il fabbisogno dovuto ai residenti:
- 250 l/ab. per giorno per comunità isolate;
- 300 l/ab. per giorno per Comuni con popolazione residente minore di 1.000;
- 350 l/ab. per giorno per Comuni con popolazione residente maggiore di 1.000;
- 250 l/ab. per giorno per il fabbisogno dovuto ai fluttuanti (stagionali).
Sulla base dell'analisi della situazione dell'attuale sistema di approvvigionamento idrico, sono da privilegiare gli interventi volti:
- alla realizzazione di acquedotti comprensoriali e alla connessione tra le reti, in modo da utilizzare le risorse migliori dal punto di vista quantitativo e da ridurre i vincoli sul territorio connessi alla protezione delle - pere di presa;
- alla manutenzione e alla riorganizzazione delle reti di adduzione e di distribuzione;
- alla protezione delle opere di captazione.

Inoltre deve essere messa in atto una attenta politica tariffaria, che favorisca un uso corretto della risorsa. Per far ciò bisogna pervenire alla contabilizzazione dei consumi con contatore in ogni unità abitativa e prevedere agevolazioni per i consumi primari sulla base di standard di consumo adeguati alle effettive esigenze, penalizzando invece coloro che consumano quantitativi d'acqua nettamente superiori agli standard.

Note.
1 Dal punto di vista qualitativo il riferimento per la qualità delle acque potabili è il DPR 24 gennaio 1988, n. 236 come modificato ed integrato dal DL n. 152 del 11 maggio 1999, n. 152, dal DL n. 31 del 2 febbraio 2001, n. 31 e dal DL n. 27, del 2 febbraio 2002.
   
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