Scheda Esposizione

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Carlo Carra'
Il realismo lirico degli anni Venti

Centro Saint-Bénin - Aosta
21 Giugno 2002 - 3 Novembre 2002
MOSTRA CHIUSA

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La mostra, curata da Massimo Carrà, Elena Pontiggia e Alberto Fiz, comprende 60 opere tra dipinti e disegni, provenienti da collezioni pubbliche e private italiane e internazionali. Nell’ambito di un approfondito excursus che prevede l’esposizione di opere futuriste, metafische e primitiviste, l’attenzione è concentrata, in particolare, sugli anni del realismo lirico da cui emerge un nuovo approccio nei confronti della natura e del paesaggio. “Principio fondamentale delle mie ricerche era di fermare la commozione suscitata nel mio animo dalla contemplazione del paesaggio”, scriveva Carrà nella sua autobiografia del 1943, La mia vita.
Il progetto, dal rigoroso taglio filologico e scientifico, vuole essere l’occasione per rileggere la figura di Carrà partendo da Ritratto del padre del 1903 per giungere sino a La stanza del 1965. In questo arco temporale vengono presentate le principali tappe della sua ricerca attraverso una serie di capolavori degli anni Dieci come Piazza del Duomo a Milano del 1910, Ritmi di oggetti del 1911, Il fiasco del 1915 e Ricordi d’infanzia del 1916.
La mostra dedica un’attenzione particolare alla stagione degli anni Venti e alla ricerca postmetafisica. L’anno dello spartiacque può essere considerato proprio il 1922 quando Carrà decise di staccarsi definitivamente dalle esperienze di gruppo per iniziare una ricerca autonoma. Questa radicale scelta poetica e stilistica viene ribadita nella sua autobiografia in cui scrive: “1922: questa data segna la mia ferma decisione di non accompagnarmi più ad altri, di essere soltanto me stesso”. Di quest’epoca, caratterizzata da un solitario colloquio con la natura intesa nella sua dimensione emozionale, ma anche plastica e volumetrica, sono esposte ad Aosta 25 opere di notevole significato tra cui I Dioscuri e Rocce e mare del 1922, Il mulino delle castagne (1925), Il piccolo Cinquale e L’Attesa (1926), oltre a Autunno in Toscana (1927). Proviene, poi, dalla collezione Giovanardi San Giorgio Maggiore (1926) e La barca (1928), mentre è custodito dalla raccolta della Galleria d’Arte Moderna di Torino Capanni al mare (1927). E’ appartenuto a Roberto Longhi le Vele nel porto del 1923 proveniente dalla Fondazione Longhi di Firenze. Proprio Longhi aveva sottolineato nel 1962, in occasione di una mostra a Palazzo Reale, come “Carrà paesaggista tocchi l’apice del lirismo e l’armonia che contraddistingue questo genere di opere è frutto di una fusione di elementi provenienti da percorsi diversi”.
E’ del 1926 Le vele, capolavoro appartenuto al fondatore dell’Eni Enrico Mattei, già esposto alla Biennale di Venezia del 1938 e alla mostra di Palazzo Reale del 1962 e da allora non si era più visto in una mostra pubblica. Le Vele, comparso in una vendita di Christie’s del maggio 2000, rappresenta quattro vele che sembrano scolpite in un paesaggio fermo nel tempo, momenti di sospensione poetica all’interno di un linguaggio profondamente innovativo.
A testimoniare gli anni Trenta vengono proposte opere quali La lavanderia (1930), Fondamenta nuove (1931) e Nuotatori (1932). In quest’ultima composizione, proveniente dalla collezione Giovanardi, si sintetizza la problematica visione neoprimitivista e monumentale della cultura artistica italiana che si caratterizzava per un processo di semplificazione delle forme umane e di confronto con il mistero della natura. Non manca, infine, qualche sintetica testimonianza dell’ultimo periodo della sua ricerca narrata attraverso opere emblematiche come Venere Anadiomene II (1944), Ultimo Capanno (1963) e La stanza dipinto da Carrà nel 1965, l’anno prima della sua scomparsa.
Un’altra peculiarità della rassegna aostana è quella di presentare una serie di ritratti e autoritratti di Carrà sottolineando le caratteristiche psicologiche di un’indagine che prende le mosse dalla parte più segreta dell’io. Così, sono state raccolte in una sezione apposita una serie di testimonianze tra cui l’Autoritratto del 1949-51 proveniente dagli Uffizi di Firenze in cui il pittore si coglie frontale con la tavolozza e il pennello tra le mani; il camice bianco di materia fluida e il basco in testa. In questa sezione non mancano nemmeno gli omaggi a Carrà di Filippo Tommaso Marinetti, Filippo De Pisis e degli scultori Bruno Calvani, Giacomo Manzù e Marino Marini. Di quest’ultimo viene esposto il Ritratto di Carrà in bronzo del 1946 che rappresenta forse la più acuta descrizione su Carrà uomo che sia mai stata fatta da un artista.



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