Osservatorio rifiuti
Secondo le associazioni dei consumatori gli italiani hanno buttato nel cassonetto, in media, il 29% della spesa alimentare tra Natale e Capodanno.
LA RACCOLTA DEI RIFIUTI: E GLI SPRECHI ALIMENTARI?
di ROSINA ROSSET
Presidente dell’AVCU – Association Valdotaine Consommateurs et usagers.
Il volume “Le ricette del risparmio” contiene numerose ricette per ridurre gli sprechi alimentari e utilizzare gli avanzi di cibo.Sprechiamo troppo cibo e in maniera compulsiva, è giunto il momento di richiamare l’at­tenzione collettiva sulla necessità di un’azione urgente e di presa di co­scienza comune che inverta la moder­na tendenza di buttare via il 50% del cibo prodotto nel mondo. I dati dello spreco alimentare in Italia lasciano esterrefatti dallo stupore : si sperpera circa il 26% del cibo prodotto.
Sono dati inaccettabili in ogni tempo e in ogni contesto, ma sconvolgono ancora di più quando i dati dalla vici­na Grecia da dove arrivano notizie di donne e uomini costretti a frugare nei cassonetti dell’immondizia alla ricerca di cibo. Mentre l’ufficio statistico UE rivela che che il 24,5% della popola­zione italiana, un italiano su quattro, è a rischio di povertà. E si pensi a cosa gli italiano buttano nell’immondizia !
Secondo le associazioni dei consuma­tori gli italiani hanno buttato nel cas­sonetto, in media, il 29% della spesa alimentare tra Natale e Capodanno. Tutto ciò è uno schiaffo in faccia alla miseria e a dispetto della grave crisi economica che attanaglia sempre maggiormente le famiglie bisognose, con il costante assillo di non riuscire a mettere insieme il pranzo e la cena. Oltre quel miliardo di persone che, secondo i recenti dati della FAO, ven­gono morse quotidianamente dalla fame nel mondo.
La copertina del report n. 2/2013 dell’Agenzia Europea dell’Ambiente: per la rappresentazione dei rifiuti urbani è stata scelta un’immagine con molti scarti alimentari.A questi spreconi incoscienti dobbia­mo solo non assomigliare ma tentare di fare il nostro possibile per far loro capire che lo spreco è, oltre che im­morale, costoso e impegna , per il suo smaltimento, la società civile.
Forse sarebbe bene ricordare che so­lamente nel dopoguerra, anni 50, le famiglie dovevano fare salti mortali per sbarcare il lunario e il pane, nella fattispecie, per molte di loro costitu­iva l’elemento base per vivere, anzi per sopravvivere. Ancora in molti ricordiamo , dopo il secondo periodo bellico, la crudezza della privazione.
Per questa ragione molti di quella generazione non osano buttare via il cibo: lo trovano un vero dono di Dio o qualcosa che proviene dal sudore della fronte.
È ora di ravvederci tutti se voglia­mo dare un’impronta dignitosa alla nostra esistenza umana e, prima lo facciamo, meglio sarà per la nostra coscienza, per la solidarietà e per l’economia nazionale e mondiale. Quest’impegno, ovviamente, deve essere assunto a tutti i livelli. Si trat­ta di un cambio di mentalità radicale ma ormai improrogabile.
È tempo che anche le associazioni dei consumatori si impegnino in campa­gne che abbiano come finalità priori­taria un’informazione peculiare sul problema dello spreco, del riutilizzo, del riciclaggio del materiale che, con troppa superficialità, oggi buttiamo in discarica , gravando in tal modo sulla pubblica amministrazione e rischiando di deturpare il territorio e l’ambiente in cui siamo inseriti da millenni.
Thomas Alva Edison, grande inven­tore statunitense dichiarava: “ Lo spreco è peggiore della perdita. Pre­sto arriverà il tempo in cui ogni per­sona, che vanti una qualche abilità, terrà sempre dinanzi agli occhi il problema dello spreco: la parsimonia ha un campo illimitato”.
 
   
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