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Meur a péra sètse, barrère, tsarrère, meurdzère, pére dréite: gesti della tradizione come segni artistici.
DISEGNI DI PIETRA NEL PAESAGGIO
di Maddalena Micheletto e Adriana Sorrentino
Champorcher.Alla fine degli anni 60 un movimento artistico ecologista chiamato land-art cerca di riappropriarsi della natura, proponendo un tipo nuovo di opere non più destinate ad essere rinchiuse all'interno dei musei, bensì concepite come modellazione e segni del territorio stesso. Con gesti arbitrari quali il tracciamento di una strada, una semplice linea marcata nell'erba o una disposizione di pietre in circolo, il lan-artista "disegna" il paesaggio. Percorrendo le valli valdostane, ovunque si possono guardare e interpretare le sistemazioni agrarie quasi come piccole "opere d'arte" create nei secoli. Muri in pietra a secco che segnano delle tramature orizzontali, cumuli di pietre circolari o disposte su tracciati lineari, caratterizzano il nostro paesaggio tradizionale. L'opera dei contadini nel cercare di dominare il caos originale della natura sembra ispirata dalle medesime ideologie artistiche della land-art. La presenza costante di sassi, che invadevano pascoli e prati, obbligava ad un continuo lavoro di raccolta e pulizia di questi materiali per garantirsi quella minima quantità di campi coltivabili necessaria alla sopravvivenza della popolazione locale. Un luogo è sempre, in qualche modo, l'espressione di un linguaggio. Con azioni casuali o volontarie l'uomo, l'agricoltore, l'artista, delimita degli spazi astratti, fissa i valori dei segni; da quel momento subentrano i fattori dell'utilità ditale gesto, del gioco o del rito.
I segni che caratterizzano il paesaggio della Valle d'Aosta sono di diverso tipo: i meur a péra sètse, muri di sostegno di pietra a secco, le barrére, lungiù ammassi di sassi, le tsarrére, sentieri bordati con cordoni di pietre accatastate, le pére drèite, grosse pietre conficcate in linea nel terreno e le meurdzére, accumuli circolari, sono segni, parole di un linguaggio dell'organizzazione dello spazio agrario.
Pont Saint-Martin.I meur a péra sètse derivavano dall'esigenza di uno sfruttamento intensivo del terreno. I pendii, spesso ripidi, venivano addolciti con terrazzamenti che agevolavano la coltivazione di cereali, di patate, di vigneti questi sostegni erano sistemati lungole linee di confine ortogonali a pendio delle parcelle o all'interno delle stesse. Nel caso in cui delimitavano due proprietà, era a carico del proprietario soprastante di occuparsi della manutenzione, togliendo l'erba cresciuta tra i massi, che avrebbe causato uno spanciamento del muro; questa operazione di manutenzione non costituiva solamente un onere ma anche un diritto, poichè quella minuscola manciata di fieno contribuiva ad aumentare il raccolto I grossi ammassi lineari di pietre, barrére, ci dicono che lì c'era un con fine. Si tratta di vere e proprie barriere che delimitavano lo spazio privato da spazi comuni o da altre pro prietà. Erano costruite lungo tutta la linea del confine e spartite a metà tra le due proprietà confinanti. Costituivano un impedimento al transito di uomini ed animali che dovevano raggiungere altri pascoli, al fine di non rovinare l'erba del prato e so prattutto perché non s'instaurasse col tempo una servitù di passaggio. A volte venivano innalzate barrére solo per fare dispetto al vicino; in tal caso si era obbligati a farle interamente sul proprio terreno.
Le tsarrére delimitavano i bordi di stretti sentieri tra i pascoli. Anch'essi ci dicono che li ci sono due confini. Questi muri di sassi costringevano il bestiame a transitare nel cammino senza sconfinare nei terreni limitrofi. Non sono presenti lungo tutti i sentieri ma solo dove si incontravano fasce di terreni pregiati che non dovevano essere calpestati.
Le pére drèite sono ancora una volta il segno di un limite. Lastre piatte, alte anche sessanta centimetri, di forma quasi rettangolare, venivano affondate nel suolo lungo tutto il confine: una sul proprio terreno, una su quello del vicino, in successione. Le pére drèite servivano da recinzione, occupavano meno superficie delle barrére e costavano poco rispetto ad una staccionata di legno. Le meurdzére, infine, erano coni irregolari di pietre impilate sparsi nei campi, nei vigneti, nei prati o nei pascoli di alta montagna. A queste raccolte di massi spesso erano addetti i giovani pastorelli, che li sistemava-no sulle rocce affioranti in mezzo ai prati o a mucchietti qua e là. A volte si sceglieva una bella e grossa pietra, a forma di pera, che si metteva sulla cima della meurdzére: un rito che ricorda quello della decorazione dei camini delle case valdostane. Era anche un modo per individuare da lontano un prato o un pascolo. Così la meurdzére era sia l'espressione di un bisogno di sfruttare al meglio il terreno, che un segnale visivo, un rituale ed un elemento di gioco ; le grosse pietre da lontano sembravano delle figure umane che traevano in inganno e divertivano passanti e pastori.
Champorcher.Non solo nella nostra regione troviamo questa abitudine di raccogliere le pietre per migliorare l'uso del territorio. Nella vicina Francia, negli altopiani della Provence, la stessa tradizione dava origine ai bories, piccole capanne di riparo. Il processo di esecuzione è basato sulla totale assenza di legante, sulla solidità dei basamenti che permetteva in ogni momento l'interruzione della costruzione, senza comprometteme la stabilità. Sicuramente sugli stessi principi di tecnica costruttiva si basavano i meur a péra sètse, le barrére, le meurdzére e le tsarrére. Non sono gesti casuali ma delle vere e proprie costruzioni solide, che dovevano fronteggiare le pendenze dei terreni, l'arrampicarsi delle caprette, le cornate delle mucche o il saltellare dei giovani pastori, che spesso seguivano le mandrie dall'alto delle tsarrére. I muri a secco erano fatti a regola d'arte: contenevano le pressanti spinte dei terre ni ed avevano piccole scalette di risalita ottenute da un ingegnoso alternarsi di pietre sporgenti.
La natura più il gesto ragionato del contadino hanno creato nei secoli il paesaggio della Valle d'Aosta, un paesaggio a misura d'uomo. Oggi le' tecniche di coltivazione si sono modificate. Per agevolare questa dura professione si utilizzano mezzi meccanici per i quali queste piccole opere d'arte costituiscono un ostacolo. Si ricorre quindi ad azioni di bonifica che ridisegnano una parcellizzazione più regolare dei terreni, ma che d'altra parte distruggono un linguaggio secolare di segni. Si viene a creare così un nuovo paesaggio, anch'esso nato dall'interazione della natura e del lavoro umano, un paesaggio a misura della macchina.
   
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