Monografia Pietra
Il difficile compito di conciliare le attività di estrazione tradizionalmente praticate in valle con la tutela dell'ambiente in una regione a spiccata vocazione turistica.
L'ATTIVITÀ ESTRATTIVA IN VALLE D'AOSTA
di Raffaele Rocco
Anche oggi, nell'era moderna, la richiesta di pietre, sabbia, ghiaia, marmi e pietre ornamentali è molto elevata. Nella nostra regione il loro utilizzo è particolarmente diffuso non solo per il confezionamento dei calcestruzzi, ma anche per le applicazioni in edilizia quali materie grezze e per il mantenimento delle caratteristiche dell'architettura tradizionale. Come molte altre azioni antropiche, l'attività estrattiva induce variazioni negli ecosistemi, nei paesaggi, negli insediamenti umani; trasformando quindi l'ambiente ed il territorio. L'entità del condizionamento dipende in larga misura dalle modalità operative tecnico-gestionali, dall'ubicazione e non ultimo da fattori contingenti, quali l'importanza economica e strategica delle risorse, ed anche dalle spinte culturali e psicologiche. D'altra parte l'estrazione di minerali e rocce ha contribuito, anche in modo determinante a promuovere lo sviluppo sociale, culturale ed economico. Tale rapporto continua ad essere così stretto che appare quantomeno impensabile attribuire a quest'attività il ruolo di nemica dell'uomo e dell'ambiente in cui esso vive; perciò non è proponibile un futuro senza l'approvvigionamento e la valorizzazione delle materie minerali primarie e secondarie.
La cava di Morge-Raffort in comune di Saint-Denis.Si pone pertanto l'esigenza di garantire un flusso adeguato di tali materiali di origine locale, anche se lo sfruttamento dei giacimenti si pone sempre più in contrasto con i possibili altri utilizzi del territorio, oltre che con il depauperamento della risorsa stessa. Bisogna quindi rendere compatibile l'attività estrattiva con le esigenze di tutela dell'ambiente, aspetto questo ancora più importante data la vocazione turistica della regione, di fruizione degli ambiti naturali interessati e di vivibilità delle aree urbanizzate.
L'attività estrattiva presuppone una profonda cultura mineraria, intesa non solo come preparazione tecnica, ma soprattutto come capacità di gestione della risorsa in un quadro ambientale integrato; se tale presupposto è soddisfatto, perde ogni significato l'equazione estrazione di risorse minerarie uguale danno ecologico-ambientale.
Se un tempo l'approvvigionamento locale era sinonimo di economicità, in quanto i costi del trasporto erano infinitamente maggiori di quelli di estrazione, assistiamo oggi al fenomeno inverso: la globalizzazione dei mercati rende obsoleta la vecchia equazione materiale locale uguale prezzo inferiore. Le pietre ci arrivano ormai dalla Cina o dal Portogallo ad un prezzo inferiore a quelle locali nonostante i costi di trasporto. Certo su questo giocano una parte non indifferente le maggiori esigenze di sicurezza sul lavoro e di rispetto ambientale che la nostra società impone nell'esercizio delle cave. Quest'industria deve porre la massima attenzione ai problemi della salvaguardia dell'ambiente ed alla tutela del territorio, se non vuole autodistruggersi. Infatti, la sua peculiarità è che essa è limitata nel tempo, poiché vive fino all'esaurimento del giacimento; se l'estrazione è condotta secondo un'oculata gestione della risorsa nel tempo, si può ottenere un duplice risultato: un sostegno del prezzo, dovuto alle limitate quantità immesse sul mercato, e una migliore compatibilità con il sistema ambientale. Non è detto poi che le cave siano da intendersi soltanto come un elemento detrattore: oltre a presentare un interesse di tipo geologico, una cava, a sfruttamento ultimato, può anche essere reinserita armonicamente in un contesto ambientale o territoriale.
La cava di Prala, in Comune di Verrayes.La localizzazione dell'attività estrattiva è inoltre condizionata dall'ubicazione delle risorse che per loro natura hanno tenori variabili, si estendono con discontinuità e sono disomogenee per forma e dimensioni, poiché ognuna di esse è legata ad un particolare evento geologico che ne ha determinato la genesi in punti specifici.
La selezione delle aree deve quindi seguire un percorso logico che, partendo da tutto il territorio regionale, porti alla classificazione delle risorse minerarie presenti e quindi all'individuazione dei giacimenti.
La disponibilità di ambiti passibili di sfruttamento rispetto a quella di effettiva utilizzabilità si riduce in seguito alle necessarie valutazioni in merito alla economicità dell'intervento ed alla commercializzazione del materiale.
Le aree estrattive potenzialmente utilizzabili dal punto di vista economico devono essere valutate anche rispetto ai vincoli paesistici ed ambientali previsti dalle norme vigenti, oltre che dagli indirizzi di pianificazione generale esistenti. Tali indirizzi di pianificazione non sempre sono espressi, ma spesso si tratta di raccomandazioni di carattere generale, connesse allo specifico ambito territoriale esaminato, che devono comunque essere valutate.
Se gli aspetti sopra richiamati permettono di selezionare un numero di aree potenzialmente utilizzabili secondo procedure "automatiche", è comunque compito della pianificazione definire le linee di intervento per la gestione del settore, fissando le modalità con le quali deve svilupparsi sul territorio l'attività estrattiva.
È necessario pertanto garantire la produzione di una determinata quantità di prodotto per sopperire alle esigenze connesse alla realizzazione delle opere ed interventi previsti sul territorio, salvaguardando nel contempo l'assetto ambientale e le necessità delle generazioni future: poichè si tratta comunque di materie prime non rinnovabili.
La legge regionale 11 luglio 1996, n. 15, concernente le norme per la coltivazione di cave e torbiere, per il reperimento dei materiali di cava e per il riassetto delle cave abbandonate, stabilisce tra l'altro che la Regione invidui le aree ove insistono i giacimenti dei materiali di cava ai fini di sopperire alle esigenze connesse alla realizzazione delle opere ed interventi di competenza dello Stato, della Regione, dei Comuni, di ogni altro ente e dei privati ed alla valorizzazione dell'attività produttiva del marmo e delle pietre affini ad uso ornamentale, nonché per contemperare tali esigenze con quelle di tutela del territorio.
Il piano delle attività estrattive deve, secondo quanto indicato dalla legge regionale 11 luglio 1996, n. 15, perseguire l'obiettivo di rendere compatibili le esigenze di carattere produttivo con quelle di salvaguardia ambientale.
Il conseguimento di tali obiettivi richiede che sia effettuata una valutazione dei fabbisogni, per un arco di tempo decennale, l'individuazione delle risorse disponibili e di fonti di approvvigionamento alternative sulle quali orientare il soddisfacimento della domanda, una valutazione degli effetti sul territorio, sulla viabilità e sugli strumenti urbanistici (tutela delle acque superficiali e sotterranee, tutela dall'inquinamento da polveri, tutela del paesaggio collegando le nuove previsioni di approvvigionamento con il ripristino o la riconversione dei siti già compromessi, tutela dell'ambiente naturale), che sia garantito il razionale sfruttamento delle risorse disponibili, la razionale distribuzione dei siti di estrazione favorendo il riutilizzo delle aree già interessate da attività estrattive, in atto o abbandonate.
In questo modo sono definiti i limiti di utilizzazione compatibili con le finalità di tutela degli elementi fisici, sia strutturali sia funzionali, del territorio regionale in rapporto all'attività estrattiva nell'ottica di uno sviluppo sostenibile della stessa.
Un'importanza fondamentale nella formazione del piano e nella sua successiva attuazione è costituita dalla conoscenza dei bisogni che i soggetti imprenditoriali esprimono attraverso le loro organizzazioni o rappresentanze, anche non istituzionali, da confrontarsi con le aspettative degli altri soggetti sociali rispetto alla gestione del territorio. Occorre cioè cogliere l'immagine con la quale viene generalmente colto l'ambiente naturale in cui si vive, le risorse che esso offre e i problemi che si presentano nel loro sfruttamento e individuare la scala di valori assegnati all'ambiente e alle possibilità di utilizzazione delle sue risorse.
Tali determinazioni sono già state assunte per le sabbie e le ghiaie (deliberazione del Consiglio regionale 2 giugno 1994, n. 727/X), per il pietrame (deliberazione del Consiglio regionale 14 giugno 1995, n. 1396/X) e per il marmo e le pietre affini ad uso ornamentale (deliberazione del Consiglio regionale del 25.06.1997 n. 2662). Attualmente sono in atto le procedure per l'aggiornamento coordinato e contestuale dei tre strumenti di pianificazione secondo le indicazioni sopra esposte.
Lo stato dell'attività estrattiva regionale, la localizzazione delle aree, la disponibilità, sono indicate nella tabella e nella cartina di pagina 10.

 

L'EVOLUZIONE NORMATIVA
In attuazione degli artt. 3 e 11 della Legge Costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4, e dell'art. 135, lettere a, b, c, d) del Decreto del Presidente della Repubblica 22.02.1982, n. 182, sono attribuite alla Regione le funzioni amministrative in materia di cave e di torbiere stabilite dalle diverse normative statali in materia.
La legge di riferimento per le attività nel settore estrattivo è costituita dalla Legge Regionale 11 luglio 1996, n. 15, concernente le norme per la coltivazione di cave e torbiere, per il reperimento dei materiali di cava e per il riassetto delle cave abbandonate.
Tale norma si pone a valle di un processo normativo iniziato con la Legge Regionale del 22.12.1987 n. 108 recante: "Norme per il recupero dei materiali inerti naturali ai fini delle opere pubbliche e per il riassetto delle escavazioni abbandonate" che stabiliva che la Regione doveva determinare biennalmente i quantitativi e le qualità di materiali inerti naturali e degli altri materiali utilizzabili e individuare le zone ove insistono o possono insistere i giacimenti dei materiali, compatibilmente con gli usi attuali del suolo.
Successivamente con la L.R. 19.10.1989 n. 67 recante: "Norme per la coltivazione di cave e torbiere e relativa Polizia Mineraria" veniva regolamentata la procedura autorizzativa per la coltivazione delle cave e torbiere.
Con L.R. 26.05.1993 n. 61, recante: "Integrazioni e modifiche alla Legge Regionale 22 dicembre 1987 n. 108, concernente norme per il recupero dei materiali inerti naturali ai fini delle opere pubbliche e per il riassetto delle escavazioni abbandonate, alla Legge 19 ottobre 1989 n. 67, concernente coltivazione di cave e torbiere e relativa Polizia Mineraria nonché norme particolari in materia di marmi e pietre affini ad uso ornamentale", veniva esteso il principio della pianificazione regionale anche per il marmo e le pietre affini ad uso ornamentale, tenuto conto dei dati e degli elementi storico produttivi contenuti in un catasto (art. 21 L.R. 61/93) regionale dei marmi e delle pietre affini ad uso ornamentale e considerate la esclusività e tipicità della produzione e la rilevanza per l'economia regionale della coltivazione di tali minerali.
Con la Legge Regionale 11.07.1996 n. 15 sono state unificate in un corpus normativo unico, abrogando tutte le norme precedenti, le disposizioni regionali in materia di attività estrattiva e di polizia mineraria, introducendo nuovi indirizzi per la predisposizione della pianificazione regionale in campo estrattivo, nuovi criteri per le richieste di autorizzazione alla coltivazione e per il riassetto delle cave abbandonate.
 

   
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