NEVE
"Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre ma nell'avere nuovi occhi." Marcel Proust
GEOSITI: UN PATRIMONIO NON RINNOVABILE
di Mikaela Bois e Nadia Guindani
Lac Vert (Val Veny): lago di sbarramento morenico di recente formazione (1930 circa).Elementi del paesaggio che ci circondano quali sistemi calanchivi, forre torrentizie, morene, rock glacier, rocce montonate, marmitte dei giganti, ecc., si sono formati in migliaia, talvolta milioni, di anni. Sono tutte forme non rinnovabili, splendidi tasselli del nostro paesaggio che necessitano di essere preservate per poter essere ammirate ora e nel futuro.
Forme di particolare importanza per rarità e rappresentatività geologica, valore scientifico, fruibilità didattica, importanza paesaggistica, valore storico-culturale entrano nella categoria ambientale denominata a livello internazionale geositi definiti come "qualsiasi area in cui è possibile definire un interesse geologico-geomorfologico per la conservazione" (Wimbledon, 1995).
I geositi sono da tempo oggetto di particolare attenzione in vari stati europei.
Nel 1988 viene istituita la prima associazione europea per la promozione della geoconservazione (European Working Group for Earth Science Conservation) che diventa PROGEO nel 1993 e organizza conferenze internazionali sull'argomento (Digne, 1991 Roma, 1996).
Proprio in occasione della conferenza di Digne viene compilata la "Dichiarazione internazionale dei diritti della Memoria della Terra".
Nel 1995 lo IUGS (International Union of Geological Science) crea un gruppo di lavoro per fornire un supporto scientifico alle iniziative di geoconservazione. Nasce il progetto Geosites, un'iniziativa che ha come scopo la produzione di un inventario e di un database compilato ed aggiornato di continuo sui siti più significativi a livello mondiale ed europeo. Geosites diventa inoltre un'opportunità per gli studiosi di scienze della terra per contribuire all'identificazione e alla conservazione del patrimonio geologico in senso lato.
Se il concetto di bene geologico-geomorfologico è dunque un concetto relativamente recente, lo sviluppo di una coscienza per la protezione di forme non rinnovabili trova le sue origini già nel XIX secolo. Illustri scienziati, quali Bartolomeo Gastaldi, Federico Sacco, Antonio Stoppani si sono battuti per fermare la distruzione indiscriminata dei massi erratici della pianura ribaltandone il significato meramente commerciale di comode cave di pietra ed arrivando a considerarli vere e proprie testimonianze paleogeomorfologiche, fondamentali per la ricostruzione della storia della terra. Grazie al loro intervento molti massi erratici della pianura lombardo-piemontese si trovano ancora oggi dove li avevano abbandonati i grandi ghiacciai quaternari migliaia di anni fa!
Se però inizialmente la tendenza è di tipo scientifico-didattico con specifico riferimento alla protezione e alla tutela, nell'arco di circa un secolo subentra anche il concetto di valorizzazione con scopo turistico-divulgativo. Già nel 1975 il geografo Giuseppe Nangeroni propone segnaletiche, sentieri, cartelli di spiegazione.
Come per molti Paesi Europei, dove comunque l'attività di geoconservazione ha radici consolidate, anche in Italia non esiste una specifica normativa che disciplina i geositi: essa va infatti ricercata nell'ambito delle diverse fonti legislative. A partire dal 1939 si susseguono una serie di leggi (Legge 1° giugno 1939, n. 1089; Legge 29 giugno 1939, n. 1497; R .D. 3 giugno 1940, n. 1357; Legge 8 agosto 1985, n. 431 -legge Galasso-; Legge 394 del 6 dicembre 1991 -Legge quadro sulle aree protette) che pongono via via sempre più attenzione alla tematica ambientale all'interno della quale trovano spazio ampi riferimenti alla componente geologica-geomorfologica.
Il Santuario di Oropa, edificato su massi erratici.In ambito valdostano il PTP (Piano Territoriale Paesistico) approvato con la L.R. 10 aprile 1998, n. 13, riserva specifica attenzione alla "Tutela del paesaggio sensibile" (art. 30). Sono da considerare componenti strutturali meritevoli di tutela "i ghiacciai e i circhi glaciali, i cordoni morenici delle pulsazioni glaciali recenti, le creste, le guglie, i picchi isolati, le selle, i conoidi, le grandi pareti rocciose, le grandi rocce montonate, le forre, i bordi di terrazzo e gli elementi essenziali della struttura tettonica, i torrenti, i laghi e gli altri elementi principali del sistema idrografico". Ancora all'art. 38 (siti di specifico interesse naturalistico) sono "oggetto di conservazione le strutture geologiche, i siti di interesse mineralogico, petrografico, geomorfologico indicati dal PTP (…). Sono parimenti oggetto di conservazione, ancorché non esplicitamente indicati nel PTP, ma oggettivamente riconoscibili sul terreno, i ghiacciai, i depositi morenici delle pulsazioni glaciali, le cascate permanenti, le grotte".
Sulla base di queste considerazioni sono nate iniziative culturali quali quelle recentemente realizzate dalla Provincia di Modena, dalle Amministrazioni regionali dell'Emilia e del Lazio, dalla Provincia di Torino. Sono solo alcuni esempi di un'incoraggiante lista di iniziative che vogliono però evidenziare una sempre maggiore sensibilità in quest'ambito di ricerca e divulgazione. Anche la nostra regione sta attivando un progetto di valorizzazione dei geositi valdostani.
Le motivazioni che danno l'impulso a questo genere di studi sono scientifiche in primo luogo, ma a queste si aggiunge l'aspetto della divulgazione turistico-didattica.
Quest'ultimo aspetto diventa importante perché fa sì che anche il comune cittadino possa avere gli strumenti per prendere coscienza dell'esistenza di un patrimonio geologico-geomorfologico che necessita di tutela. A questa coscienza ambientale si aggiunge un altro aspetto non meno importante relativo all'educazione e consapevolezza della sicurezza in ambienti generalmente con notevole dinamicità geologica come, in particolare, quelli montani. La sicurezza totale di fronte ai rischi ambientali è ovviamente improponibile, ma la conoscenza della dinamica evolutiva di certi fenomeni può evitare spiacevoli episodi, anche alla luce della sempre maggior frequentazione dell'ambiente naturale.
Proprio il moltiplicarsi delle attività di escursionismo porta sempre più persone a contatto con la natura e in quest'ottica il geosito risulta essere uno stimolo ad osservare ciò che si incontra o si vede in lontananza e un'occasione per conoscere alcuni aspetti dell'affascinante storia della terra. Si pensi alle forme che ci hanno lasciato i grandi ghiacciai pleistocenici: enormi massi trasportati a chilometri di distanza dal luogo di provenienza, superfici rocciose lisciate e levigate o al contrario profondamente solcate, valli ad U, valli sospese ecc.; tutte queste forme appartengono alla morfogenesi glaciale e sono dunque i ghiacciai che hanno avuto tanta parte nel plasmare il paesaggio come lo vediamo noi oggi. Alcune di queste forme sono ben visibili nella nostra regione anche in inverno, come ad esempio le rocce montonate di Bard dove la neve non è mai molta o i massi erratici di Derby, ben visibili anche percorrendo la pista di fondo, quando l'innevamento lo consente.
Ma come si forma la sostanza che compone questo potente sistema dinamico in grado di incidere rocce e di modificare così profondamente in paesaggio? Come si forma il ghiaccio del ghiacciaio? Se noi mettiamo in frigorifero un recipiente con dell'acqua otteniamo del ghiaccio, quando fa molto freddo fiumi e laghi possono ghiacciare, ma i ghiacciai non si formano per congelamento dell'acqua; la loro formazione è dovuta all'accumulo e trasformazione della neve, un elemento che pare tutt'altro che capace di scavare, lisciare, trasportare e che in inverno rallegra l'animo, ovatta il paesaggio, soffoca i rumori. È infatti la neve che appena caduta forma una massa di soffici fiocchi, ma una volta al suolo invecchia per settimane e mesi, i cristalli si assestano e la massa nevosa si fa più compatta. Nuove nevicate vanno poi a seppellire la coltre nevosa ed il peso della massa soprastante trasforma la neve in un mosaico granulare e compatto di ghiaccio. Il processo di formazione dura normalmente 10-20 anni e la neve soprastante raggiunge uno spessore di parecchie decine di metri. La formazione di un ghiacciaio è completa quando lo spessore del ghiaccio, e quindi il suo peso, sono tali che il ghiaccio, sotto l'azione della pressione e della gravità, comincia a muoversi e a fluire verso il basso; e proprio questo fluire verso il basso di enormi masse di ghiaccio durante le grandi glaciazioni pleistoceniche ci ha regalato un paesaggio affascinante e vari geositi!
Il geosito verrebbe quindi ad essere una sorta di chiave di lettura del paesaggio, per far sì che lo scopo della frequentazione dell'ambiente naturale non sia soltanto il raggiungimento di una meta, ma anche un'occasione per ampliare il proprio bagaglio culturale e per poter apprezzare parti di paesaggio per i più altrimenti indifferenziato, con l'obiettivo di impedire che elementi geomorfologici vadano irrimediabilmente perduti soltanto perché non esistono gli strumenti per capirne il valore.
Nei prossimi numeri della rivista di quest'anno ci proponiamo perciò di illustrare più in dettaglio alcuni geositi valdostani degni di essere conosciuti.

L'Assessorato al Territorio propone quest'anno nelle attività ambientali alcuni esempi di valorizzazione dei siti di interesse geologico, sull'esempio di altri paesi europei.
   
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