ARIA DI MONTAGNA
L’impianto di riscaldamento costituisce sicuramente un tassello determinante per la climatizzazione degli edifici. Ma non bisogna dimenticare l’importanza dell’isolamento.
RISCALDAMENTO
di Lorenzo Frassy
Figura 6, valori di conduttanza U (W/m2K) per Clima Casa.Se chiedessimo ad un automobilista le caratteristiche di consumo della sua autovettura, ci sono delle buone probabilità che questi le conosca in modo sufficiente per poter effettuare sia delle valutazioni che dei confronti; infatti ci risponderà che il suo veicolo percorre un ben determinato numero di km con un litro di carburante.
Se invece rivolgiamo la medesima domanda in merito ai consumi dell’abitazione difficilmente il nostro interlocutore saprà esprimere sia un valore che un’unità di misura. Questa ignoranza potrebbe condurci a pensare che i consumi energetici delle case siano trascurabili rispetto a quelli, ad esempio dei trasporti. Purtroppo non è così: a partire dal livello europeo dove il settore domestico-residenziale incide sul bilancio energetico per il 40% dei fabbisogni energetici complessivi si scende a livello nazionale ad una incidenza del 30% dei consumi per risalire al 38% nel caso del bilancio energetico regionale (fonte PEAR 2003).

Figura 5, consumi energetici.La situazione valdostana è particolarmente caratteristica in quanto i consumi del settore dei trasporti e di quello legato alla climatizzazione degli edifici si attestano su valori molto simili, con consumi annui per ogni settore intorno ai 1800 GWh. Se consideriamo che la produzione annua di tutti gli impianti idroelettrici presenti in valle ammonta a circa 3000 GWh, ci si accorge di quanto siano elevati i consumi in questi settori; si impone inoltre un’altra considerazione: anche destinando l’intera produzione idroelettrica ai fabbisogni regionali non si riuscirebbe a svincolarsi dalla dipendenza delle fonti fossili!

A questa situazione si aggiunge la considerazione che il sistema edificio ha subito in modo trascurabile l’evoluzione tecnologica: se siamo da un lato abituati a vedere le prestazioni di computer e telefonini evolvere rapidamente, per le nostre case i materiali impiegati e le tecniche costruttive non si sono modificati sostanzialmente nel corso degli anni.

Tabella 1, potere calorifico dei diversi combustibili.Fino al secondo dopoguerra (anni ’50 del secolo scorso) gli edifici presentavano un fabbisogno energetico molto ridotto: il riscaldamento era limitato ad alcuni locali, ottenuto per lo più tramite stufe ed apparecchi similari, l’energia elettrica era impiegata per un’illuminazione circoscritta a pochi ambienti. A partire dagli anni del boom economico, si assiste ad una progressiva crescita dei consumi, favorita anche dalla disponibilità di prodotti energetici a basso costo, conseguente alla richiesta di un sempre maggiore comfort abitativo. Si diffondono in questo periodo i sistemi di riscaldamento estesi a tutto lo spazio abitato, con l’installazione di generatori di calore alimentati con combustibili derivati dal petrolio, prevalentemente gasolio e nafta.
Con il 1973 giunge, inaspettata, la prima di una serie di crisi energetiche che metteranno in luce il problema energetico: risalgono a quest’epoca i primi impianti alimentati a fonti rinnovabili, i primi provvedimenti e le normative volte al risparmio di energia, come le domeniche a piedi e le norme sulla coibentazione degli edifici. Progressivamente ci si rese conto che l’energia sarebbe stata disponibile in quantità limitata ed a costi sempre più elevati; parallelamente le normative per la riduzione dei consumi divenivano sempre più stringenti.
Figura 4, fabbisogno energetico e fonti rinnovabili.Negli ultimi anni, infine, a seguito di un aggravamento della qualità dell’aria nelle grandi città, la riduzione delle emissioni inquinanti da parte degli impianti di riscaldamento ha costretto sia ad un ulteriore contrazione dei consumi sia ad una diffusione di combustibili più puliti.
Da questo breve excursus storico parrebbe derivare la considerazione che gli edifici odierni presentino dei livelli di fabbisogno energetico molto ridotti. Se in senso relativo questo è vero, un edificio moderno consuma circa la metà di un edificio degli anni ’60, in valore assoluto il consumo è ancora molto elevato, se comparato con il livello che potrebbe essere raggiunto. Per quanto le norme divenissero via via sempre più severe, non si è mai spinto veramente il livello minimo previsto dalla normativa verso quelle possibilità che le conoscenze e le tecnologie consentivano. Anche la recente norma sul rendimento energetico nell’edilizia (D.Lgs. 192/05) ha previsto dei livelli di prestazione degli edifici molto ridotti in confronto alle normative di altri paesi europei come Austria o Germania. Infine valutando i consumi complessivi del settore si deve considerare la percentuale significativa degli edifici meno performanti sull’intero patrimonio edilizio. Tale situazione è ancor più evidente in Valle dove la maggiore espansione urbanistica che ha dato origine alla formazione dei principali complessi immobiliari si è avuta negli anni ‘60 - ’70.

Figura 3, consumi energetici valdostani.Il consumo energetico di un’abitazione è causato dalle dispersioni di calore attraverso l’involucro (la pelle della casa), dalla ventilazione dei locali (i ricambi di aria), dalla produzione dell’acqua calda sanitaria, dall’illuminazione e, in misura ridotta per la Valle d’Aosta, dal raffrescamento. Questo fabbisogno è soddisfatto mediante apparecchiature ed impianti diversi, ognuno dedicato ad una particolare funzione: gli impianti termici sono deputati a soddisfare il fabbisogno di energia determinato dalle dispersioni causate dall’involucro e dalla ventilazione, ed in alcuni casi alla produzione dell’acqua calda. Trascurando quest’ultimo fabbisogno, il fabbisogno complessivo è pertanto dovuto alla combinazione di due componenti: uno dovuto alla richiesta di energia (caratteristiche termiche dell’involucro edilizio, sistemi di ventilazione), l’altro legato alle prestazioni dell’impianto di riscaldamento (generatori di calore, impianto di distribuzione). Risulta evidente che un intervento razionale deve riguardare entrambi gli aspetti, evitando di concentrare l’attenzione sul componente più evidente, il generatore di calore, legato direttamente al momento doloroso del pagamento delle bollette. Risulta altrettanto evidente che cercare di ridurre i costi di esercizio installando impianti che utilizzano le fonti rinnovabili è altrettanto poco efficiente e notevolmente dispendioso. Come si può osservare dalla figura 4 su un edificio poco isolato anche l’installazione di un impianto solare di notevoli dimensioni porta a risultati marginali; soltanto intervenendo in modo deciso ed accurato nella riduzione delle dispersioni dell’involucro edilizio si riesce a raggiungere un risultato soddisfacente anche per il portafoglio.
È evidente che risulta molto importante definire con precisione le caratteristiche del fabbisogno dell’edificio e definire dei livelli di consumo specifico che possano servire da riferimento. L’unità di misura che normalmente viene impiegata dai tecnici (il kWh/m2anno) risulta un po’ astrusa per i più: il consumo specifico di un edificio è sicuramente più palpabile quando viene espressa come quantità di combustibile necessario.

Figura 2, consumi energetici italiani.Considerando che 1 litro di gasolio equivale a circa 10 kWh diventa facile convertire i valori; se quindi un vecchio edificio presenta un fabbisogno di 200 kWh/m2anno , risulta più evidente dire che consuma annualmente 20 litri di gasolio per ogni m2, ed è immediato il confronto con una casa recente che consuma solo 12 litri, e crea sorpresa ed un certo nervosismo sapere di nuove costruzioni i cui fabbisogni sono di 3-4 litri.

Talvolta si cercano delle giustificazioni reputando che per ottenere i massimi risultati le case debbano presentare una linea troppo moderna, ma guardando l’edificio che ha vinto il premio come migliore Casa Clima dell’anno 2005 nella categoria Energy Plus forse c’è da ricredersi (l’edificio presenta un consumo specifico inferiore ad 1 litro di gasolio e grazie ad un impianto solare termico ed uno fotovoltaico produce più energia di quanta ne consumi).
Lo standard Casa Clima è stato messo a punto in Alto Adige per la valutazione delle prestazioni degli edifici; nato inizialmente come strumento volontario, dallo scorso anno, in base ad una legge provinciale, i nuovi edifici non possono presentare un consumo superiore a 70 kWh/m2anno (classe C).

Per ottenere risultati così importanti la strada è molto semplice: ridurre le dispersioni dell’involucro edilizio. Questo si ottiene curando la costruzione evitando i ponti termici ed installando un impianto di ventilazione con recupero del calore dell’aria espulsa dagli ambienti, ma soprattutto utilizzando materiali isolanti in quantità elevate. Lo standard Casa Clima prevede per le pareti di una casa di classe A un valore massimo di 0.2 W/m2K; questo valore corrisponde ad uno spessore di polistirolo espanso di 20 cm. Confrontando questo valore con i consueti 5-6 cm utilizzati nelle normali costruzioni risulta evidente la differenza. A seconda delle diverse tipologie costruttive si possono impiegare diversi tipi di materiali isolanti, per arrivare nel caso di costruzioni realizzate secondo i principi della bioarchitettura all’impiego unicamente di materiali naturali come la cellulosa, la canapa, la lana. Ovviamente anche i serramenti devono presentare elevati standard qualitativi, sia per quanto riguarda la resistenza termica che per la tenuta all’aria. Quello che però è forse altrettanto importante e talvolta manca nelle nostre costruzioni è la visione d’insieme e della cura al limite del maniacale per i particolari: ad esempio gli spifferi costituiscono degli incredibili punti di dispersione; una posa non accurata delle travature del tetto (selle di posa non intonacate, assenza di giunti di tenuta) può causare la formazione di fessure che possono anche annullare completamente i benefici di una buona realizzazione complessiva. Nella figura 6 sono riportati i valori indicativi massimi della conduttanza dei vari componenti di un edificio unifamiliare per le varie classi di consumo dello standard Casa Clima; la conduttanza rappresenta la “capacità” di un materiale di trasmettere il calore: più il valore è basso, migliore è l’isolamento termico (un muro in pietra da 80 cm presenta una conduttanza di 2.87 W/m2K).

Figura 1, consumi energetici europei.L’impianto di riscaldamento costituisce il secondo ed altrettanto importante tassello per la climatizzazione degli edifici. Frequentemente l’oggetto delle nostre attenzioni è soltanto il generatore di calore (la caldaia), al quale vengono addebitate tutte le possibili nefandezze: consuma, sporca, puzza… Ma molte volte la colpa di un impianto di riscaldamento poco efficiente non è da ricercare unicamente nella caldaia, ma sistemi di distribuzione obsoleti, corpi scaldanti (i radiatori) mal dimensionati, sistemi di regolazione inefficienti contribuiscono a peggiorare la situazione. Succede anche che il proprietario di un edificio si vanti che la propria caldaia abbia 15 o 20 anni. Al di là di considerazioni sulla valida costruzione dell’apparecchio ci si potrà interrogare sulle reali prestazioni di un apparecchio così datato: chi si vanterebbe di avere un computer con dieci anni di vita?
Esiste poi un fenomeno tutto nostrano relativo alla proliferazione degli impianti unifamiliari: in nome di una presunta autonomia gestionale l’impianto di riscaldamento autonomo viene visto come un elemento qualificante dell’edificio. Purtroppo questa configurazione impiantistica nel caso di edificio plurifamiliari non è assolutamente la più efficiente, né la più sicura. Ridotti rendimenti degli apparecchi, limitati fattori di utilizzo, assenza di manutenzione vengono mascherati dal ridotto consumo per effetto dell’impiego molto più limitato dell’impianto. Soprattutto nelle trasformazioni degli impianti centralizzati si passa da un estremo all’altro. Dall’impianto condominiale si pretendono i termosifoni bollenti, per poi magari spalancare le finestre e lamentarsi in seguito degli elevati consumi, mentre effettuata la trasformazione la caldaietta unifamiliare viene impiegata per riscaldare a 18 °C soltanto alcune parti dell’alloggio, rimarcando i ridotti consumi, ma magari sorprendendosi per la presenza di muffe e macchie in alcuni angoli... Ci si dimentica che l’aumento di un solo grado della temperatura ambiente comporta un aumento dei consumi di circa il 7%!
Il sistema più efficiente, negli edifici condominiali, è la produzione centralizzata del calore, mediante una centrale termica efficiente, gestita e mantenuta da personale qualificato, ubicata in un luogo protetto, che alimenti un sistema di distribuzione che consente ad ogni condomino di gestirsi in completa autonomia sia i livelli di temperatura che i relativi periodi di funzionamento, imputando ad ogni utilizzatore una spesa in relazione ai consumi.
   
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