Pianificazione territoriale
La corretta pianificazione urbanistica non può prescindere dalla presenza di questi vincoli se intende svolgere appieno la propria funzione di strumento di regolazione e di distribuzione sul territorio delle attività e dei servizi di una Comunità.
I VINCOLI IDROGEOLOGICI NEI PRG
di Raffaele Rocco
Coordinatore del Dipartimento difesa del suolo e risorse idriche.
  
La Legge regionale 6 aprile 1998, n. 11, “Normativa urbanistica e di pianificazione territoriale della Valle d’Aosta” stabilisce che i Comuni devono individuare le aree a rischio di inondazioni, frane e va­langhe, delimitandone il perimetro in apposite cartografie (le cosiddette cartografie degli ambiti inedificabili), che costituiscono parte integrante del piano regolatore.
La Valle d’Aosta aveva, già da tem­po, una norma che prevedeva l’inedi­ficabilità delle aree sedi di frane o di inondazioni, ma la legge regionale n. 11/1998 amplia le aree da perimetra­re, richiedendo che siano delimitate non solo le aree già oggetto di feno­meni di dissesto, ma anche quelle per le quali esiste una propensione a tali condizioni.
Le aree sono quindi classificate se­condo tre livelli di pericolosità (ele­vata, media e bassa) e per ciascuno di essi, in relazione al fenomeno idro­geologico che ne determina il livello di pericolo, sono individuati vinco­li specifici all’edificazione. Si tratta di vincoli tali per cui alcune attività edilizie sono assolutamente vietate e altre sono ammesse con particolari condizioni.
Queste novità, comportando che l’in­tero territorio regionale sia classifica­to dal punto di vista della pericolosità idrogeologica, hanno posto il proble­ma di come la pianificazione urba­nistica dei Comuni dovesse recepire questa indicazione, non essendo ipo­tizzabile l’imposizione di un generico vincolo di inedificabilità, come acca­deva con la normativa precedente.
Con l’approvazione delle cartografie degli ambiti, i vincoli all’edificazione diventano subito cogenti limitando così le possibilità edificatorie previste invece dal piano regolatore comuna­le, rendendo inedificabili aree per le quali, invece, il piano regolatore pre­vede una destinazione diversa.
Con la necessità di adeguare i piani re­golatori comunali al Piano territoriale e paesistico, come stabilito dalla legge regionale n. 11/1998, si è quindi posta la questione di come le destinazioni urbanistiche delle diverse sotto zone dovessero indicare le attività ammes­se o vietate laddove si sovrapponeva­no agli ambiti cosiddetti inedificabili.
La pianificazione urbanistica, così come intesa dalla legge regionale n. 11/98, richiede, infatti, che siano defi­nite con precisione le sottozone e che per ciascuna di esse siano individuati gli interventi urbanistici ammissibili al loro interno.
Questa precisione e puntualità dello strumento urbanistico si scontra con la possibilità che alcuni interventi edilizi, normalmente non ammissibili in applicazione dei vincoli in aree a diversa pericolosità, possano essere resi ammissibili a determinate condi­zioni. Gli ambiti edificabili, così come previsti dalla normativa urbanistica, non sono d’altra parte uno strumento realizzato una volta per sempre, ma sono il frutto di un’attività di studio e di ricerca in continua evoluzione.
Gli ambiti inedificabili sono uno stru­mento dinamico, modificabile in re­lazione a nuovi eventi o alla possibi­lità di adottare modelli di studio del territorio più evoluti, che si contrap­pone allo strumento urbanistico, che invece nasce e si sviluppa per dare indicazioni sull’attività edilizia in un arco di tempo almeno decennale. Esi­ste d’altra parte l’esigenza che lo stru­mento urbanistico rappresenti fedel­mente e puntualmente le possibilità edificatorie di ogni area in modo tale che il singolo cittadino sappia e cono­sca a priori quelle che sono le possibi­lità edilizie del proprio terreno.
Se da un lato, quindi, non sarebbe opportuno che l’individuazione delle destinazioni urbanistiche fosse stret­tamente dipendente dal livello di pericolosità, così come rappresentato dalle fotografie degli ambiti, bisogna però anche che questi ambiti introdu­cano dei forti vincoli sull’attività edi­lizia nelle diverse sottozone.
Dinamicità delle cartografie degli ambiti inedificabili, esigenza di asso­luta chiarezza con le possibilità edifi­catoria di ciascun terreno e necessità di dettare le norme di edificazione che non siano limitate ad ambiti tem­porali brevi hanno quindi richiesto che si trovasse un punto di equilibrio tra le diverse esigenze.
Viene quindi richiesto al professio­nista incaricato della redazione del piano regolatore di valutare nei di­versi ambiti ad elevata e media peri­colosità le destinazioni urbanistiche assolutamente vietate ai sensi della normativa e di indicare per tutti i ter­reni non ancora edificati al momento della predisposizione del piano rego­latore un vincolo assoluto e definitivo di inedificabilità. Per tutti gli altri casi viene fatto presente che le possibilità edificatorie trovano un loro limite di esplicitazione nei vincoli della nor­mativa degli ambiti inedificabili.
La valutazione, però, delle attività edilizie ammissibili richiede anche che, specie nelle zone ad elevata peri­colosità, sia fatta particolare attenzio­ne sulle tipologie edilizie ammissibi­li, in particolare per quanto riguarda gli ampliamenti di immobili esistenti, i cambiamenti di destinazione d’uso, gli interventi di ristrutturazione per­ché questi interventi devono tener conto del fatto che si sviluppano pur sempre in aree ad elevata pericolosi­tà. In questi casi si richiede sia al pro­fessionista sia all’amministrazione comunale di valutare con attenzione l’assoluta necessità di alcune attività edilizie nelle aree a maggioreTorrente du Bois (Champorcher). perico­losità e di cercare di escludere il più possibile la necessità di procedure di deroga. La normativa prevede, in­fatti, che per la salvaguardia di rile­vanti interessi economico sociali sia­no comunque ammissibili interventi edilizi, altrimenti vietati, nelle aree a maggiore e media pericolosità idro­geologica attraverso una procedura specifica di deroga.
Uno degli scopi della pianificazione urbanistica, in relazione alle limita­zioni derivanti dalla presenza di po­tenziali dissesti idrogeologici, non è quindi di acquisire in modo passivo il vincolo, bensì di valutare anche le attività ammissibili, o comunque che potrebbero esserlo a seguito di dero­ga, e la loro corretta localizzazione in relazione al vincolo presente di inedificabilità.
L’insediamento di attività all’interno delle aree ad elevata o media perico­losità, comporta infatti un aggrava­mento delle esigenze di protezione civile in capo al Comune, perché que­ste stesse attività vanno poi gestite quando si verifica un evento calami­toso.
Ecco quindi che il piano regolatore diventa lo strumento principale attra­verso il quale il Comune può anche migliorare la situazione sul proprio territorio andando a modificare, lad­dove possibile, attività e insediamen­ti in modo, da garantire non solo una maggiore sicurezza dei cittadini, ma anche minori incombenze in caso di emergenza.
I piani regolatori fino ad ora esamina­ti dimostrano che il collegamento tra la conoscenza geologica rappresenta­ta dalle cartografie degli ambiti e la pianificazione del territorio è limita­to. In alcuni casi si è assistito ad una pianificazione urbanistica del tutto slegata dai vincoli derivanti dalla pe­ricolosità idrogeologica, in altri casi sono stati evidenziati rapporti del tutto estemporanei, che denotavano chiaramente una sovrapposizione dell’attività vincolistica all’attività di pianificazione urbanistica.
La corretta pianificazione urbanistica non può prescindere dalla presenza di questi vincoli se intende svolgere appieno la propria funzione di stru­mento di regolazione e di distribu­zione sul territorio delle attività e dei servizi di una Comunità.
La cartografia degli ambiti non inse­risce un semplice vincolo positivo o negativo rispetto all’attività edilizia, ma costituisce uno degli strumenti attraverso il quale valutare lo svilup­po storico delle Comunità e delineare quello futuro secondo i principi di maggiore sostenibilità e integrazione con l’ambiente montano.
   
Pagina a cura dell'Assessorato territorio, ambiente e opere pubbliche © 2024 Regione Autonoma Valle d'Aosta
Condizioni di utilizzo | Crediti | Contatti | Segnala un errore