QUALITA' DELL' ABITARE
L'Anno Internazionale delle Montagne è un importante passo del processo a lungo termine iniziato nel 1992 con il Vertice sulla Terra a Rio de Janeiro.
2002 ANNO INTERNAZIONALE DELLE MONTAGNE
di Luciano Caveri
Il Monte Cervino riflesso nel Lago Blu.In qualunque paese della nostra Valle, apri la finestra e trovi di fronte a te una montagna. Questa nozione fisica e geografica si riflette sulla nostra economia, sulla nostra cultura, sul nostro modo di essere.
Nello stesso modo, ripetuto per tante volte e in luoghi diversi della Terra, si comportano altre popolazioni montane, che ricavano dall'ambiente naturale in cui sono inserite la loro impronta originale.
Se nessuna montagna è uguale ed identica ad un'altra, è vero tuttavia che il clima, l'ambiente, l'adattamento umano creano una rete logica di affinità, di possibili comparazioni, di problemi identici sotto diverse latitudini nei diversi continenti.
Le Nazioni Unite hanno proclamato il 2002 Anno Internazionale delle Montagne (AIM) per promuovere una maggiore presa di coscienza a livello internazionale dell'importanza globale degli ecosistemi di montagna. Alla FAO è stato assegnato il ruolo di agenzia leader in collaborazione con i Governi, le ONG e le altre organizzazioni del sistema delle Nazioni Unite.
L'Anno Internazionale delle Montagne rappresenta un importante passo del processo a lungo termine iniziato nel 1992 con il Vertice sulla Terra a Rio de Janeiro. Il più importante risultato di questa conferenza è l'Agenda 21, programma d'azione mondiale per lo sviluppo sostenibile nel ventunesimo secolo.
Il versante italiano delle Grandes Jorasses.Il Capitolo 13 dell'Agenda 21, intitolato "Gestione degli ecosistemi fragili: sviluppo sostenibile delle montagne", ha messo le montagne sullo stesso piano dei cambiamenti climatici, della deforestazione tropicale e della desertificazione, tutti problemi essenziali nel quadro dei dibattiti mondiali sull'ambiente e lo sviluppo.
Al Comitato Italiano, oltre ad una naturale evocazione europea, spetta una riflessione sull'Italia. Il punto di partenza di ogni discussione resta, in ogni caso, la difficoltà classificatoria, che pure ha il vantaggio in Italia, a parte le realtà insulari, di ripartizione secca: da un lato le Alpi e il loro naturale ruolo transfontaliero e dall'altra l'Appennino con le sue caratteristiche mediterranee. La montagna italiana, tuttavia, si allunga e si accorcia, pur restando fisicamente sempre quella, proprio a seconda delle scelte di inclusione ed esclusione che sono effettuate. Così, in effetti, vi sono criteri diversi e talvolta contraddittori che fanno del termine montagna una definizione generica, senza render conto di quell'immagine poliedrica e multiforme, variabile oltretutto nel tempo, che c'é dietro ad una sola parola.
Non c'è apparente difficoltà a fornire un primo dato: sui 30 milioni di superficie del territorio italiano, il 54% è superficie montana, oppure ricordare che in Italia su 8104 Comuni 3525 vengono considerati montani e altri 669 parzialmente montani per un totale, a questo punto maggioritario, di 4194 comuni. Tuttavia, a scavare nell'argomento, si scopre che questi dati possono essere variamente contestati e che vi sono, di conseguenza, alcune difficoltà se si cerca di comparare la montagna della statistica, quella derivante dalla legislazione statale e regionale o la montagna secondo l'interpretazione che ne danno studiosi e scienziati. Come dire che la montagna socio-economica, quella politica, quella geografica e persino quella così come viene autorappresentata nell'immaginario degli stessi montanari saranno, prima o poi, da riportare ad un ordine che consenta maggior chiarezza e forse le novità arriveranno dall'Europa.
Il Monte Cervino riflesso nel Lago Blu.In Europa questi anni 2000 saranno marcati profondamente dall'applicazione della Convenzione delle Alpi con la novità della Carta Europea delle Regioni di Montagna in discussione a livello comunitario, dal problema della montagna nel cuore della politica dell'Unione Europea, scindendola dall'attuale artificiale collegamento con le cosiddette aree svantaggiate. Infatti, con l'eccezione della Svizzera e con l'indeterminatezza dell'apertura dell'Unione all'est europeo, le principali montagne dell'Europa sono già nell'attuale configurazione istituzionale europea e la nostra impressione è che spetti ormai a Bruxelles e Strasburgo fissare alcuni elementi, tra i quali la classificazione e l'eccezione rispetto ai montanti di sostegni pubblici, che consentano di avere una politica europea per la montagna. E spettano anche all'Europa quelle scelte strategiche volte ad impedire che le zone di montagna diventino un luogo di eccessivo transito di mezzi pesanti che trasportano le merci, con una riflessione rispetto a questo ruolo di terra di transito anche per le direttrici ferroviarie.
Questa politica europea non potrà, ovviamente, essere chiusa in se stessa, ma dovrà essere inserita in un'Internazionale della montagna che inquadri con esattezza temi planetari quali la protezione dell'ambiente, la tutela della biodiversità, la cooperazione con i Paesi in via di sviluppo, una politica cioè che dia alle zone di montagna quel quadro di pace indispensabile per qualunque passo avanti. Decisivo è anche il privilegio di poter adoperare, oggi, in molte delle zone montane extraeuropee quel patrimonio di conoscenze -errori compresi- accumulato nell'esperienza delle Alpi.
La Valle d'Aosta è pronta ormai ad occupare un ruolo importante per l'Anno Internazionale e sono certo che i suoi mezzi di informazione potranno essere buoni testimoni di tutti gli eventi.
   
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