QUALITA' DELL' ABITARE
In epoca romana, anche ad Aosta si trovavano le due tipologie abitative canoniche diffuse quasi ovunque, la domus e l'insula.
IN MONTAGNA NELL'ANTICHITÀ
di Rosanna Mollo
Aosta, Regione Consolata. Planimetria della villa suburbana.Anche nell'antichità, quella che oggi con terminologia moderna viene definita "qualità dell'abitare", era determinata da condizioni climatiche e ambientali atte a favorire uno sviluppo durevole, basato sullo sfruttamento delle risorse e sul controllo del territorio.
Per quanto riguarda l'età romana, Vitruvio che scriveva di urbanistica verso la fine del I secolo a.C., nel trattato De Architectura dettava norme di carattere funzionale sul tipo di pianificazione più adatta alle singole realtà territoriali e sulla disposizione degli edifici secondo le peculiarità planoaltimetriche del suolo e la varietà del clima in modo da poter ovviare, con accorgimenti tecnici, agli inconvenienti posti dalla natura. Non bisogna, inoltre, trascurare l'esistenza di un insieme di norme giuridiche di carattere igienico-ambientale e costruttivo volte a tutelare la qualità della vita.
Motivazioni di ordine igienico-ambientale erano dunque alla base delle pianificazioni urbanistiche: venivano valutate l'importanza dell'insolazione e dell'esposizione ai venti dominanti e lo sfruttamento dei pendii per lo scolo delle acque.
Abitare in montagna non significava pertanto rinunciare all'adozione di modelli di urbanizzazione ormai consolidati: occorreva invece adattare le tipologie abitative canoniche e le tecniche costruttive tradizionali alle condizioni climatiche locali e alle asperità del terreno.
Augusta Praetoria, sita in prossimità dei valichi alpini ("juxta geminas Alpium fores Graias atque Pœninas" - Plinio, Nat. Hist., III, 123 -) si collocava in posizione topografica rilevata (580 m s.l.m.) e si adattava alla situazione fisiografica della conca di Aosta. L'area urbana, orientata 22° circa in direzione nord-est/sud-ovest, era necessariamente condizionata da limiti naturali, costituiti a sud dalla Dora Baltea, ad est dal Buthier, a nord dal forte pendio della montagna; a settentrione la città era disposta a sufficiente distanza dai ripidi versanti montani mentre ad occidente si apriva verso una zona più pianeggiante, limitata dalle espansioni del conoide di Pont d'Avisod.
Al Genio protettore di Tito nostro e alla Giunone di Varena Severilla, sua figlia, Symphorus, loro liberto.Nell'ambito del programma di strutturazione urbanistica non era mancato, in ogni caso, il ricorso a sistemi di miglioramento delle capacità di portanza del suolo tramite interventi di bonifica idrogeologica e geotecnica tali da garantire un regolare sviluppo edilizio (canalizzazioni, bonifiche, drenaggi, vespai realizzati con cocciame).
Per quanto riguardava invece la gestione spaziale e funzionale del territorio strettamente connessa alla sistemazione della rete stradale, l'occupazione del suolo e lo sfruttamento agrario erano condizionati dalla diversa caratterizzazione morfologica dei luoghi e dalle altimetrie; si trattava in realtà di operare razionali scelte insediative atte a rendere possibile la vivibilità e a creare opportunità di sviluppo.
Nelle città di nuova fondazione l'area compresa entro il rettangolo delle mura (ha 41,76) non era pianeggiante ma in pendio verso sud-ovest con un dislivello massimo di diciassette metri. Tale disposizione favoriva l'immissione e lo scolo delle acque.
L'organizzazione dello spazio urbano ad assi ortogonali rivela un preciso e prestabilito piano regolatore in cui erano contemplati i tracciati viari principali e la destinazione delle aree pubbliche.
La dimensione maggiore degli isolati (mediamente di metri 75x57,50) corrispondeva alla direzione del decumanus maximus, il cui ruolo come prosecuzione della Via publica proveniente da Eporedia era preminente: i cardines incrociavano ortogonalmente i decumani e risalivano il pendio con orientamento nord/nord-ovest.
Nella definizione delle funzioni urbanistiche la specializzazione cultuale, politica e ricreativa degli spazi rispondeva a precise scelte programmatiche dettate dalla morfologia del terreno e dalla convergenza topografica delle principali direttrici viarie percorrenti il territorio.
Planimetria di Augusta Prætoria.L'edilizia residenziale privata, subordinata rispetto alla pianificazione pubblica, si disponeva razionalmente all'interno degli isolati, con criteri differenziati a seconda della qualificazione tipologica e della distribuzione sociale della popolazione.
Per quanto concerne il criterio distributivo è ancora difficile stabilire le linee programmatiche dell'assetto distributivo, che raramente consente di delineare con sufficiente chiarezza, allo stato attuale delle nostre conoscenze, la configurazione planimetrica delle costruzioni e la caratterizzazione funzionale dei vari ambienti.
Anche ad Aosta sono attestate le due tipologie abitative canoniche, la domus e l'insula. Alla casa unifamiliare, composta di atrio e peristilio (un giardino porticato) sul quale si aprivano ambienti di varia grandezza, quale si ritrova a Pompei, si contrapponeva l'insula, l'isolato a più piani con appartamenti (una sorta di casa condominiale dell'epoca) una tipologia ampiamente documentata ad Ostia a partire dal II secolo d.C.
Per quanto riguarda l'architettura residenziale, si può in via generale localizzare nella parte meridionale della città e nelle aree periferiche un'edilizia a carattere popolare, mentre le insulae prospicienti il Decumanus maximus e le aree monumentali, il foro in particolare, sembrano presentare tipologie costruttive tipiche della domus.
Resti di una domus a sviluppo orizzontale che rientrava nella tipologia tradizionale e si articolava intorno al peristilio sono stati messi in luce nell'insula 39 (via Promis).
La domus, di tipo signorile, occupava la metà orientale dell'isolato e apparteneva, come documenta l'erma del padrone di casa, a Titus Varenus.
Resti di un'altra domus a carattere estensivo e monumentale sono stati messi in luce nell'insula 35, ubicata a sud del foro. L'edificio che si articolava intorno ad un vasto peristilio colonnato ornato di un ninfeo, disimpegnava una serie di ambienti ed occupava l'intero isolato.
Visione prospettica ricostruttiva della casa romana situata sotto l’odierna Via Promis, appartenuta a Tito Vareno.L'incremento demografico che sembra verificarsi intorno alla metà del II secolo, portava allo sviluppo di case cittadine più compatte, a due piani, illuminate da ampi cortili: scale e corridoi disimpegnavano i singoli appartamenti che si aprivano verso l'esterno. Il pianterreno era spesso riservato alle botteghe, che si aprivano in molti casi su stretti porticati.
L'edilizia a carattere popolare e commerciale interessava numerosi quartieri urbani Questo particolare tipo di edilizia interessa un caseggiato, che occupava un intero isolato a nord-est della Porta Principalis Dextera; si tratta di un interessante esempio di quartiere a carattere commerciale, costituito da quattro nuclei distinti di abitazioni caratterizzate dalla presenza del cortile interno e di botteghe aperte sulla strada. (Insulae 51-59 - insulae del pozzo e del Mitreo a nord-est della Porta Principalis Dextera - insula 32).
Per quanto concerne le caratteristiche dimensionali degli impianti e la loro distribuzione rispetto agli isolati, accanto a case più modeste di 500/800 mq a stanze allineate, si collocavano dimore di grandezza notevolmente superiore (1080/2150 mq); le residenze signorili occupavano mediamente circa la metà dell'isolato. (Va tenuto presente che la familia non era ristretta al nucleo parentale ma comprendeva schiavi e liberti).
Per quanto riguardava le regioni settentrionali, climaticamente più fredde, le prescrizioni vitruviane (VI, II, 2) suggerivano di costruire impianti con copertura a volta (ædificia testudinata) ben chiusi e senza aperture (maxime conclusa), esposti verso il settore più caldo (conversas ad calidas partes).
Pertanto in territorio montuoso si poneva attenzione sia alla forma delle costruzioni sia allo sviluppo in altezza e all'orientamento degli edifici, secondo le indicazioni vitruviane; si gettavano robuste fondazioni, si limitavano le finestrature e durante la stagione invernale si tamponavano con assiti in legno le grandi aperture verso i cortili o tra i vani.
La necessità di coperture atte a sostenere il peso della neve richiedeva l'adozione di pesanti travature lignee a falde spioventi e di portici per pubblica utilità e per protezione delle abitazioni.
La frequenza di vani con suspensurae e parietes tubulati (un sistema di diffusione dell'aria calda attraverso pareti internamente vuote) era sicuramente in relazione con le necessità di riscaldamento in una regione particolarmente rigida come la Valle d'Aosta.
Nell'organizzazione dello spazio privato ragioni climatiche sconsigliavano l'adozione di planimetrie articolate e di ampi spazi aperti: frequente era invece la casa a stanze allineate, disimpegnate da corridoi, basata su criteri distributivi pratici, talora, di estrema semplicità.
   
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