Walser
Quattro percorsi escursionistici alla portata di tutti che permettono di osservare da vicino l’aff ascinante universo Walser.
ITINERARI DELLA CULTURA
di GIOVANNI THUMIGER
Membro del gruppo di lavoro dell’Ecomuseo di Gressoney-La-Trinité.
Issime
Il vallone di San Grato
Il percorso parte dal capoluogo di Issime ed è costituito da due anelli: il primo va dal Duarf (il borgo) a San Grato, coprendo un dislivello di circa 500 metri, in salita accentuata ma non eccessiva, per ridiscendere da una mulattiera ripida e in gran parte scalinata che costeggia il torrente Walkhunbach. È percorribile comodamente in mezza giornata, anche se la bellezza dei luoghi e qualche eventuale digressione attorno consigliano di prendersi tutto il tempo a disposizione. È adatto a qualunque tipo di escursionista, anche bambini. È bene sapere che non esiste alcun luogo di ristoro e neppure una fontana pubblica – le fontane sono private e abitualmente chiuse, se non si ha la fortuna di trovare qualche persona in casa; conviene quindi metter nello zaino uno spuntino e una borraccia d’acqua. Il secondo anello prosegue da San Grato e percorre la zona dei pascoli alti, fino all’alpe di Münhi; pur se in quota diviene pianeggiante, aggiunge altri 500 metri di dislivello ed è piuttosto lungo; l’intero percorso è quindi adatto a buoni camminatori e va programmato su una giornata intera se si vuole godere l’ambiente. Il primo anello sale, passando dal piccolo santuario della Grotta, attraverso una pendice boscata con ricca vegetazione di sottobosco fino alla zona dei berga, cioè degli insediamenti di mezza montagna – fino alla metà dell’ottocento però stabilmente abitati. Lungo il percorso si possono notare diversi begli stoadla (costruzioni in tronchi denominate nella parlata francoprovenzale raccard), alcuni dei quali riferibili per le loro caratteristiche costruttive al XV-XVI secolo, oltre ad alcune case in muratura con belle finestre in pietra lavorata. Raggiunta la Cappella si gode una vista quasi a picco sul capoluogo di Issime. Guardando invece dalla cappella verso nord si trovano le belle case dell’abitato di Bühl; a monte del villaggio con un po’ di attenzione, allenando l’occhio a cogliere le linee di terrazzamento, si può riconoscere il segno di antichi campi, un tempo coltivati a segala e patate. Il rientro è invece piacevole soprattutto per le caratteristiche naturali dei luoghi (ancora bosco misto, di conifere e latifoglie, con ampie zone di sottobosco a mirtilli) e desta stupore l’opera stessa della mulattiera, completamente costruita a scalini, con murature in grossi massi, lungo la cresta di displuvio del torrente: un’opera ciclopica, se si pensa ai mezzi di allora. Il secondo anello tocca una serie di abitati che presentano strutture edilizie di grande interesse, in gran parte in legno e in cui è possibile reperire esempi di tipologie formali e costruttive modificatesi nel tempo. Nella parte alta, pascoliva, è presente anche una zona umida di torbiera, di interesse naturalistico. Vale la pena di salire poco al di sopra della cappella di Münhi, all’alpe di Stein: qui il fabbricato d’alpe è stato realizzato in epoca imprecisata costruendo un tetto tra due roccioni, ottenendo un ambiente molto suggestivo, a metà tra una capanna e una grotta. I luoghi del vallone sono densi di riferimenti a racconti e leggende – episodi documentati o storie fantastiche di fate, streghe e folletti, che popolano tutta la cultura di Issime.

Gaby
Niel e il Colle della Vecchia
Dall'alto verso il basso, il villaggio di Niel. Mulattiera nei pressi di Niel. Tipica architettura Walser. La caratteristica cappella di Tschaval.Anche a Gaby è stato descritto un percorso ad anello, diviso in due tronchi: dal capoluogo a Niel con ritorno per la stessa strada (facile e adatto ad escursionisti di qualunque livello; a Niel si trova anche un punto di ristoro e un rifugio di tappa dell’alta via), e da Niel all’alpe della Vecchia, a confine con la Valle del Cervo (itinerario piuttosto lungo e con una ripida salita a zig-zag sotto il colle), con rientro per la bella mulattiera fatta costruire dal senatore Rosazza nella seconda metà dell’ottocento per agevolare gli scambi tra le due valli. Era, infatti, uso che attraverso questo colle le giovani di Issime commerciassero il burro diretto verso la pianura, e che molte donne di Piedicavallo passassero di qui per andare a fare la fienagione nella valle di Gressoney; a Campiglia Cervo inoltre vi era una stimata scuola per muratori e capimastri, cui si recavano a studiare anche giovani di Issime, Gaby e Gressoney. La mulattiera dal capoluogo di Gaby a Niel si snoda per tutta la salita iniziale in un bosco misto e nel tratto basso non offre particolari attrattive se non la piacevolezza di un sentiero comodo e in ombra anche in piena estate; ma sbucati a Chanton il panorama si apre improvvisamente sulla zona pascoliva e sui piccoli ma caratteristici nuclei abitati di Niel e Grüba, di origine walser e nei quali nel secolo scorso si parlava ancora il titch come a Gressoney. (Una breve deviazione verso Chanton Desor permette anche un affaccio quasi in verticale su Gaby e su tutto il fondovalle). Poco prima dell’arrivo a Niel è possibile vedere sul versante opposto del vallone un tratto di bosco con le piante abbattute o divelte come fuscelli dal soffio della valanga, che spesso in inverno isolava il paese anche per lunghi periodi. I villaggi di Niel e di Grüba presentano molte costruzioni in pietra e legno, oggi in massima parte recuperate con molto rispetto per gli organismi originari, e offrono un ambiente piacevole e curato ma che ha conservato un sapore di autenticità. Da Grüba partono diversi sentieri, tra cui quello per il Colle della Vecchia; il percorso sale e ridiscende nel bosco passando per una serie di piccoli e primitivi ricoveri d’alpe in pietra, fino a sbucare nella zona dei pascoli alti. Tra giugno e luglio qui si può ammirare un’eccezionale distesa di rododendri in fiore, una chiazza rosso-rosa visibile fin da lontano che ingentilisce un paesaggio nudo, di pietre e di erba rasa. Una ripida salita porta al colle della Vecchia, dove si incontrano le curiose incisioni nelle rocce che commemorano la costruzione della mulattiera e che riportano i nomi dei finanziatori e degli operai che vi hanno lavorato. Il rientro a Gaby avviene sulla mulattiera Rosazza, toccando alcuni alpeggi e sbucando a sud del capoluogo in località Lihrla, dove si trovano i ruderi di un’antica casaforte.

Da Tschemenoal a Gressoney-La-Trinité
È una delle passeggiate classiche, un sentiero in lieve pendenza tutto in riva sinistra del Lys, lontano quindi dalla strada, da cui si gode una vista panoramica sul Monte Rosa e sugli abitati che si snodano lungo la valle. Attraversa prevalentemente zone prative, al limite del bosco che segna il brusco passaggio di pendenza del versante, ed attraversa gli abitati di Rong e di Ändre Ronc, di Eckò, di Abetscham, di Noversch e Léŝchélbalmò, per raggiungere La-Trinité ad Edelboden inferiore. Il sentiero non presenta alcuna difficoltà ed è percorribile in un’ora circa. Lungo l’itinerario si possono vedere – in massima parte a monte degli abitati – le tracce dei campi un tempo coltivati; lungo il sentiero si allineano alcuni alberi di grandiose dimensioni: aceri, larici, abeti e pini cembri. In corrispondenza di punti di particolare interesse sono collocati dei pannelli esplicativi degli aspetti della cultura walser. I nuclei insediativi presentano una bella serie di diversi tipi edilizi: dai tipici stadla rurali in tronchi di legno (di cui alcuni molto interessanti a Ändre Rong) alle case padronali dalle accurate finiture in pietra, come ad esempio ad Eckò o a Noversch, alle imponenti ville costruite nell’ottocento dai ricchi mercanti gressonari: quasi un catalogo delle architetture locali, compresa la graziosa cappella di Eckò dalle variopinte decorazioni settecentesche in facciata, realizzata secondo un modello tipico dell’epoca che si ritrova in diversi altri edifici religiosi. Anche nel paesaggio estivo, verde e ridente, si può cogliere il segno del rischio invernale di valanghe, immanente nelle pendici ripide dei versanti, denunciato dalle strisce di vegetazione arbustiva e dal modo in cui gli edifi ci si mettono al riparo di un dosso o di un masso; nel caso di Stòtz un vero e proprio paravalanghe in muratura è stato costruito a monte della casa. L’attitudine a convivere col rischio, connaturata alle difficoltà naturali dei luoghi, costituisce un dato fondamentale della cultura walser. Il sentiero, oltre alla sua facilità di percorrenza, presenta un emergente interesse paesistico, con la magnifica veduta sul Monte Rosa godibile dal dosso di Biela e la panoramica generale della riva destra del Lys, caratterizzata non solo dai suoi nuclei storici ma anche dalle due cave di marmo verde, una delle quali in particolare consente di leggere non senza meraviglia la struttura di nuda pietra del terreno, ricoperta solo da un sottile tessuto d’erba. Le note sul retro della cartina riportano inoltre il significato nel dialetto locale di alcuni toponimi, che come spesso accade danno un’indicazione sulla conformazione dei luoghi , sulla natura del terreno, sui rischi naturali, sulla vegetazione o sulle colture: un modo con cui la cultura tradizionale usava trasmettere la conoscenza puntuale del territorio e delle sue caratteristiche. Il sentiero attraversa l’ultimo abitato di Saint-Jean, Léŝchélbalmò, per raggiungere Edelboden inferiore, già nel territorio di Gressoney-La-Trinité.

Gressoney-La-Trinité
Da Edelboden inf. a Stafal
Da Edelboden Inferiore, caratterizzato dalla presenza di alcuni esempi delle belle case sei-settecentesche che caratterizzano in particolare il territorio di Gressoney-La-Trinité, l’itinerario porta al capoluogo di Tache. Qui, sulla piazza centrale, si affaccia la chiesa settecentesca dallo slanciato campanile con la caratteristica terminazione “a cipolla” in rame; all’interno si trova un bell’altare barocco; davanti alla chiesa un piccolo cimitero cintato. Sulla piazza prospettano anche il Municipio e due piccoli edifici adibiti a museo. Il primo edificio, la “puròhus” (casa contadina), presenta una ricostruzione degli ambienti della vita contadina, così come ancora praticata fino alla metà del secolo scorso, e una raccolta di attrezzi agricoli e di uso artigianale (l’attività artigianale era spesso affiancata a quella agricola, che non poteva essere praticata nei mesi invernali, qui particolarmente lunghi e freddi). Il secondo (Pòtzhus, casa del pozzo) presenta invece due aspetti fondanti l’identità locale: il costume femminile, ancora indossato con orgoglio nei giorni di festa e nei riti sociali come matrimoni, battesimi, funerali; e il Monte Rosa con la storia della sua conquista alpinistica, che tanta parte ha avuto nel determinare lo sviluppo turistico del comune. Dalla piazza il percorso si dirige verso nord per distaccarsi dalla strada verso monte e raggiungere la baita di Binò Alpélté: una suggestiva costruzione che sfrutta il riparo naturale di un roccione inclinato e che ben rende l’idea di un modo di vivere rimasto immutato per secoli nel tempo. Anch’essa è stata resa visitabile, e in alcune occasioni in estate vi viene fatta una dimostrazione di lavorazione del formaggio. Dall’alto del roccione inoltre si gode di una magnifi ca visuale sulla catena del Rosa. Attraversato il Lys si prosegue in riva sinistra fino al villaggio di Orsiò; vale la pena di ammirare le grandi e tipiche case a tetto espanso e contornate di balconate – che avevano la funzione di essiccatoi per i mannelli di segala e d’orzo, per assicurare che fossero ben asciutti prima della battitura. Sono anche interessanti le delimitazioni dei viottoli interni, realizzate con diverse tipologie, e un piccolo deposito per covoni in legno (stadel) rialzato sul basamento in pietra dai caratteristici pilastrini a forma di fungo, che servivano ad impedire l’accesso ai topi. Si riattraversa in riva destra per passare a Selbsteg e a Betta (da notare una bella casa in pietra con data incisa sull’architrave di una finestra 1654) e salire al cocuzzolo di Biel, con la bianca cappella emergente nel paesaggio e due belle case a tetto espanso e a funzioni concentrate, l’una seicentesca e l’altra dell’ottocento, che pur nella differenza formale mostrano la continuità del modello funzionale e organizzativo. Il sentiero si ricongiunge alla strada regionale, da cui si raggiunge l’ultimo tratto della valle fino a Tschaval e Stafal, (partenza degli impianti di risalita), per ridiscendere poi lungo un altro sentiero ritornando a Biel. Lungo tutta questa parte alta è facile riscontrare i segni degli eventi valanghivi: tracce scritte, come la lapide di Anton Squinobal, che aveva scolpito molte delle belle tombe ancora presenti nel cimitero de La-Trinité, morto sotto una valanga; tracce di memoria orale nelle leggende locali; tracce leggibili nei solchi nudi lungo le pendici.
 
   
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