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I DISSESTI AMBIENTALI NELL'ANTICHITÀ
Di Rosanna Mollo
Conca di Aosta: Alluvionamenti e rete fluviale tra la tarda romanità e il XII° secoloI tristi eventi recentemente occorsi ci inducono a riflettere su una tematica di grande rilievo, funzionale e direttamente connessa allo sviluppo delle società umane antiche e moderne.
Sin dalla prima occupazione del territorio della Valle d'Aosta l'uomo ha tentato di modificare l'ambiente naturale a seconda delle proprie opzioni insediative e delle esigenze di disboscamento o di terrazzamento e messa a coltura dei pendii collinari.
A partire dal tardo neolitico le scelte insediative corrispondono, per ovvie ragioni geomorfologiche ed idrografiche, ad una situazione di "alto topografico", cioè di insediamento collinare o pedecollinare. L'impianto urbano della città romana opta per una scelta di fondovalle in posizione topografica rilevata: il torrente Buthier risulta scorrere parzialmente incassato mentre l'alveo di piena della Dora Baltea appare lambire solo marginalmente le estreme propaggini extraurbane a meridione della città; a settentrione, invece, era posta a sufficiente distanza dai ripidi versanti montani soggetti a dilavamenti e a movimenti.
Scavo ex caserma Challant. Depositi alluvionali tardo-romani e alto medievaliMalgrado l'occupazione stabile della conca di Aosta risalga soltanto a qualche millennio, l'analisi stratigrafica si mostra uno strumento significativo per ricostruire la genesi del sito e il rapporto con le modificazioni ambientali succedutesi nel corso dei secoli.
Le stratificazioni alluvionali - limose o ghiaioso-ciottolose - di maggior spessore si sono formate durante le fasi pre-romana e alto-medievale, periodi nei quali il controllo dei fattori ambientali era assai scarso.
Soltanto durante il periodo romano si rileva una generalizzata stabilità del sito urbano: i complessi deposizionali più considerevoli sono imputabili ad interventi artificiali di grande impegno tecnico, più che a problemi di dissesto.
A Saint-Martin-de-Corléans le testimonianze di attività agricole che si sono succedute e sovrapposte nel corso dell'età del Bronzo Medio e Recente (Strati 3C - 4 A - 4B), intercalate da episodi esondativi e di colluvio delle propaggini collinari, documentano uno sfruttamento intensivo dell'areale dettato da necessità di approvvigionamento primario di un insediamento pedecollinare o di un aggregato abitativo non ancora individuato. Tracce di un dissesto idrogeologico con divagazioni dei corsi d'acqua, evidenziate da spesse coltri alluvionali e depositi grossolani (Strato 5), connessi ad un mutato equilibrio antropico-ambientale, segnano verso la fine del X secolo a.C., all'inizio dell'Età del Ferro, l'abbandono del sito nell'ambito di un più generalizzato fenomeno di deterioramento climatico. (paragrafo da rapportare a illustrazione stratigrafia)
I vari interventi archeologici eseguiti in questi ultimi anni hanno permesso di accertare che all' interno della cinta muraria di età augustea i depositi successivi alle prime stratificazioni romane si debbono ascrivere soprattutto a rimaneggiamenti o accumuli di materiali preesistenti o di apporto alloctono piuttosto che derivare da processi naturali di deposizione da esondazione.
Area megalitica di Saint-Martin de Corléans (cantiere nord), campione stratigraficoUna serie di modifiche indirizzate ad un costante controllo territoriale vennero apportate alla superficie del conoide interessato dallo sviluppo della città romana. Innanzitutto si deve segnalare il taglio di un canale artificiale di scolamento idrico a percorrenza esterna, a settentrione e a occidente della delimitazione urbana, la costruzione della rete fognaria e di una rete minore di drenaggio artificiale legata alla suddivisione agrimensoria del territorio extraurbano.
In questo contesto rientra anche la costruzione del ponte sul Buthier, dalla caratteristica struttura ad arco ribassato e dal risalto plastico dei pilastri contraffortati da poderosi rincalzi nei punti di maggior sollecitazione della corrente verso il fondovalle.
Più in generale, per quanto riguarda la via publica romana, il pericolo delle alluvioni della Dora Baltea fu senz'altro la principale preoccupazione dei costruttori, fondata sulla premessa che in alcun caso il fiume avrebbe dovuto rappresentare una minaccia incombente o un remoto pericolo.
Un'altra preoccupazione costante è sempre stata quella di gettare su viva roccia le spalle dei numerosi ponti sui torrenti che sboccano dalle valli laterali, ad evitare che rovinose alluvioni potessero minimamente danneggiarli. Il tracciato stradale evita poi, per quanto possibile, il breve piano di fondovalle per mantenersi in costa ad una quota minima tale da garantirsi in ogni caso dal pericolo di alluvioni. Ciò ha comportato inizialmente la necessità di opere viarie imponenti, che hanno permesso alla strada, in prospettiva, di assolvere a lungo e senza interruzioni al proprio compito.
Nell'ambito dell'organizzazione ambientale del territorio anche la strada secondaria sulla destra orografica della Dora, in direzione Gressan-Aymavilles sembra attestarsi, almeno nel tratto evidenziato, al bancone conglomeratico che si configura come arginatura e difesa spondale del fiume.
Anche nell'antichità, tuttavia, la stabilità ambientale appare talora interrotta da eventi disastrosi connessi sia a mutamenti climatici che al contesto culturale e sociale.
Nel corso del V secolo, in una mutata situazione economica e politica, l'assetto urbanistico della città sembra ormai avviato verso il parziale degrado a causa di un diminuito controllo sulla politica di mantenimento dell'efficienza della infrastrutture primarie.
Verso la fine del secolo è attestata la completa ricolmatura del canale artificiale e la perdita del controllo sulle captazioni idriche che erano state attivate a partire dal torrente Buthier.
Nel corso del VI-VII secolo, all'interno della città, compaiono i primi episodi di alluvionamento areale, ancora controllati dalla barriera operata dalla cinta muraria, esito di un più generale processo di deterioramento climatico e di dissesti idrogeologici che investono la conca di Aosta attestati anche per la pianura padana tra il V e il VII secolo d.C.
Le fonti storiche locali, in particolare la Vita Beati Ursi (un manoscritto del IX e X secolo), narrano di eventi alluvionali disastrosi, che interessano il settore orientale del suburbio e giungono etiam ad muros civitatis.
A partire da questo momento, e per tutto l'altomedioevo, l'evidenza archeologica e stratigrafica (scavo ex Caserma Challant, scavo Ospedale Regionale, scavo via Guido Rey) ha permesso di accertare immediatamente a ridosso delle mura processi di degrado e di abbandono e la presenza di coltri esondative ciottoloso-sabbiose intervallate da interventi antropici, quali piccole canalizzazioni, piattaforme di ciottolame e modeste arginature.
L'antico solco di scorrimento del torrente Buthier viene sovralluvionato, l'arco del ponte romano rimane completamente occluso e vengono ricolmati anche i canali di drenaggio aperti lungo le mura, nella parte meridionale della città.
Intensi fenomeni alluvionali causeranno anche lo spostamento del torrente Buthier: il pons Arcus è attestato a partire dal XII secolo.
La ripresa verso l'XI-XII secolo di un regime idro-climatico normalizzato per la Valle d'Aosta consentirà il riintrinceramento dell'asta del torrente Buthier e il riassestamento della antiche reti di drenaggio - i rus e les rives - in gran parte conservati nel tessuto urbanistico moderno.

   
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