ITINERARIO
Nei dintorni di Saint-Vincent un breve itinerario per scoprire gli eventi passati all'origine dell'attuale aspetto della Valle d'Aosta.
ALLA RICERCA DEL LAGO PERDUTO
di Francesco Prinetti
MONTI E FRANE

Antichi depositi lacustri di Chambave.Dolce, dolcissima è la forza che ci solleva senza scosse, da milioni di anni, noi e le nostre montagne. Benedetta ancora una volta la natura valdostana, che rifugge dai terremoti, pur manovrando in un contesto geologicamente attivo.
Titanica è la lotta dei torrenti, costretti a scavare senza sosta per rimanere allo stesso livello, mentre tutto si alza. Più le montagne si sollevano, più i torrenti incidono il fondovalle, più i versanti si allungano, raggiungendo il limite di resistenza della roccia.
E poi crollano a valle. Nei pochi millenni che ci separano dalle glaciazioni, questo processo morfologico in Valle d'Aosta ha ormai sbiadito le principali testimonianze glaciali. Lungo la valle principale, apporti detritici hanno colmato il solco centrale, crolli e cedimenti vari hanno rimodellato i fianchi vallivi. Solo la tenace roccia della bassa valle registra diffusamente, sulla sua superficie levigata, il passaggio dei ghiacci quaternari sovrapposto all'erosione più antica.
Questo è il quadro generale di lungo periodo relativo alla stabilità dei nostri suoli. Intervengono poi altri fattori come il clima ed il comportamento umano, di cui si parla in altre pagine. Vale però la pena di accennare qui ad una "specialità" tutta valdostana nella creazione del paesaggio e in particolare delle frane.

LA CULLA DELLA VALLE D'AOSTA

Benché il soggetto sia ancora poco studiato, molti addetti ai lavori pensano che un ruolo importante sull'evoluzione passata e presente del rilievo in Valle d'Aosta sia giocato da quel complesso di tensioni della crosta terrestre che va sotto il nome di Faglia Aosta Ranzola. Si tratta di un solco che separerebbe dal resto delle Alpi un piastrone comprendente tutta la regione valdostana a nord della Dora, culminante con il Monte Rosa, facendolo muovere impercettibilmente in modo autonomo. La nostra faglia è comunque un fenomeno anomalo in quanto ha forte impatto sulla morfologia regionale ma scarsi indicatori meccanici classici sulla massa rocciosa. La profondità della roccia in posto sotto il fondo alluvionale della media Valle d'Aosta raggiunge quasi i 400 metri: una voragine che ha sicuramente avuto un ruolo nel determinare un reticolo idrografico così "intramontano" per la Dora.
Ma il piccolo capolavoro di cui si sospetta responsabile la faglia è la Deformazione Gravitativa Profonda che interessa il versante tra la Croce di Fana, il castello di Quart e la necropoli di Vollein. Il terreno è venuto a mancare sotto i piedi del fianco vallivo che qualche millennio fa è violentemente sceso di un centinaio di metri fratturandosi in blocchi ricomposti alla meglio fra solchi, cavità e vaste pareti di nuda roccia. Non c'è da stupirsi che popolazioni primitive abbiano eletto domicilio in questo dedalo di caverne e di rupi inespugnabili.
La grande faglia, che sviluppa i suoi effetti tendenzialmente verso nord, è ritenuta complice anche di un certo numero di dissesti lungo la media valle della Dora, sotto lo Zerbion e sui due versanti della Val d'Ayas, fin oltre il colle della Ranzola; un campo d'azione collegato al precedente sembra delinearsi tra la Becca France e La Salle attraverso il vallone di Vertosan.

LA REGINA DELLE PALEOFRANE

Torgnon.Abbiamo la fortuna di poter comodamente osservare in tutti i dettagli una grande, bellissima frana caduta dopo il ritiro del ghiacciaio bàlteo, diecimila anni fa. Ormai abbastanza famosa, si trova all'interno della gola di Montjovet ma non ha ancora trovato un nome soddisfacente, a causa di ripetuti errori di toponomastica dei suoi studiosi. Il nome di Mont Avi con cui viene a volte indicata è da evitare poiché tale toponimo designa il corpo di un'altra frana, posteriore e più piccola, sul versante adiacente ad ovest. Noi proponiamo "la Frana di Rhodo" dal nome del suggestivo villaggio vicino al suo punto di distacco.
Nelle giornate limpide, un istruttivo quadro d'insieme della frana e delle sue conseguenze si può avere da Salirod, frazione di Saint-Vincent nota per le sue antenne, sulla strada per il Col du Joux. Un incontro più ravvicinato viene qui descritto lungo un vecchio sentiero che sta per essere attrezzato a cura del Comune in faccia alla frana, in una sorta di parco archeologico rupestre fra le frazioni di Cillan e Feilley.

DAL PONTE ROMANO ALLE RUPI CELTICHE

Accesso: salendo dalla Statale 26 in località Fera deviazione a destra per Saint-Vincent, parcheggio immediato a sinistra di fronte al Ponte Romano. Percorso: larga mulattiera, breve tratto sterrato, sentiero.
Quota massima: 680 m s.l.m.
Dislivello: 116 m
Lunghezza: 1 km Periodo consigliato: tutto l'anno.

Il Ponte Romano sul torrente Cillan ha avuto il tempo di essere documentato tutto intero nelle stampe ottocentesche prima di crollare e subire quindi oblio e maltrattamenti. L'anno 2000 sarà l'inizio di una sua piccola resurrezione culturale.
La larga mulattiera lastricata passa a lato del ponte, si lascia a sinistra il ripido sentiero per la palestra di arrampicata, e sale a fianco delle vigne e degli orti racchiusi fra due dorsali rocciose. Oltre la metà del valloncello un sentiero si stacca ad angolo retto verso destra, traversa le vigne e risale il versante opposto divenuto accessibile. Lasciati i frutteti per il bosco, si sbuca su una pista sterrata che dopo pochi metri dà accesso al primo punto panoramico.
Il Belvedere Basso
L'ampia spianata rocciosa consente di gustare una delle più caratteristiche forme glaciali residue, il verde deposito morenico a grondaia sotto il roccione stesso, che si stende fino a risalire in contropendenza sul Mont des Fourches. Si tratta di un ramo esterno sospeso dell'antico ghiacciaio, chiamato in gergo "scaricatore laterale in roccia".
All'estrema destra del piazzale, un piccolo risalto roccioso richiama l'attenzione degli archeologi. È formato dal tipico materiale affiorante nella zona, una roccia dal cuore verde ma esternamente rossastra, rugosa, foliata e contorta, levigata dal passaggio degli antichi ghiacciai. È attraversato da una lenticella di roccia argentea e tenera, la celebre "pietra ollare", sulla quale mani misteriose hanno scolpito miriadi di coppelle. Da qui la vista sulla media valle della Dora è perfetta fino ad Aosta. Colpiscono, elevati sul vicino fondovalle, residui accumuli piatti, congiunti o separati dai versanti: il ripiano del cimitero di Saint-Vincent, il campo di tsan di Châtillon attraversato dalle gallerie dell'autostrada, il monticello di San Valentino oltre la ferrovia. Ne capiremo il significato morfologico dal sentiero più in alto.
Il Sentiero a Chiocciola
Ripreso il cammino sulla pista sterrata, ci si inoltra nel bosco di castagni, tradizionale risorsa montanara dei tempi in cui mancavano i frigoriferi. Tenendosi sempre sulla destra, si imbocca un sentierino che sale aereo dalla strada di Feilley contornando il monticello roccioso.
Ritornati, a una quota più alta, nella posizione panoramica verso la grande valle, vale la pena di fermarsi col naso in su. Di fronte, sullo scuro versante destro della Dora, si disegna un enorme, inquietante triangolo concavo mal colonizzato da eroici ciuffi di roverella, mentre il lato basso del triangolo è occupato da un soffice panettone tondo uniformemente coperto dal bosco che si stende nel profondo della gola rocciosa. È' il più perfetto esempio valdostano di paleofrana o frana antica stabilizzata, con il materiale crollato dalla concavità triangolare ordinatamente disposto a riempire il fondovalle.
Il Lago di Saint-Vincent
Le conseguenze di questa frana furono spettacolari: la Dora bloccata riempì tutta la media valle formando un lago stretto e profondo fin oltre Aosta, con il pelo dell'acqua a quota 530 m circa. Carica di detriti, la Dora ben presto colmò di sabbia e depositi argillosi il fondo del lago. Anche i torrenti laterali riversarono su questo fondo lacustre i ciottoli delle loro piene, formando sott'acqua i lunghi declivi piatti ("deltaconoidi") che vedevamo dal Belvedere Basso. La diga della frana a poco a poco cedette nel mezzo, lasciandosi incidere fino in fondo. Il corpo di frana ora si trova così diviso in due, addossato sia al natio versante destro, perforato dai tunnel autostradali, che all'opposto versante sinistro, ove forma il cocuzzolo di Champériou con la strada e la tomba romane. Vuotato il lago, il materiale sabbioso accumulato sul fondo non resistette a lungo alle piene della Dora, salvo alcuni punti venuti alla luce sui versanti grazie alle inondazioni del settembre 1993.
La Croce Grigia
Fra i prati ricchi in primavera di anemoni ed orchidee, lungo i muretti variopinti di tutte le rocce valdostane depositate dal ghiacciaio, si sale alla croce in pietra della sommità, datata 1932 e da alcuni collegata al sacrificio dei fratelli Marc-Grivaz. A dispetto della quota modesta, il vasto panorama sui castelli e sui villaggi, nonché l'articolata morfologia dei roccioni sommitali lisci ed accoglienti rendono gradevole e solenne l'arrivo in vetta.

   
Pagina a cura dell'Assessorato territorio, ambiente e opere pubbliche © 2024 Regione Autonoma Valle d'Aosta
Condizioni di utilizzo | Crediti | Contatti | Segnala un errore