ACQUA E PAESAGGIO
Gli esseri viventi ci fanno da guida per riconoscere lo stato dei corsi d'acqua e ci forniscono indicazioni per la buona manutenzione delle acque e delle rive.
L'ECOSISTEMA FLUVIALE
di Karen Bonora e Raffaele Rocco
Foglie sul Rû de Jayer. (Foto concorso di Roger Artaz)Il sistema ambientale è caratterizzato da un'estrema eterogeneità e frammentarietà e le diverse componenti che lo costituiscono interagiscono in vario modo tra loro in un continuo susseguirsi di stati di equilibrio differenti e temporanei in continua evoluzione.
Tale dinamismo interno al sistema ambientale è provocato da cause sia naturali, sia antropiche e diventa particolarmente interessante nelle aree di contatto tra ambienti diversi detti ecotoni.
Un corretto approccio di studio del sistema ambientale richiede quindi di rivolgere la massima attenzione ai suoi dinamismi, al continuo divenire del sistema stesso ed alle interrelazioni che si instaurano tra le sue componenti.
Ciò vale a maggior ragione per gli ecosistemi fluviali, caratterizzati naturalmente da perenni mutazioni del loro equilibrio idrologico-morfologico che si riverberano più in generale su quello ecologico.
La reimmissione dell'acqua in Dora dalla centrale di Chavonne.La divagazione degli alvei con le continue erosioni o accrescimento delle sponde, le piene annuali o con ricorrenze temporali lunghe, l'abbandono dell'alveo con la creazione di nuovi letti, sono tutte mutazioni naturali degli ecosistemi fluviali che influenzano in modo più o meno marcato anche gli equilibri consolidati della flora e della fauna instaurate lungo le sponde e nelle aree limitrofe.
Il regime idrico dei corsi d'acqua regionali e la loro conformazione geomorfologica hanno subìto inoltre nel tempo numerosi interventi antropici, alcuni di entità rilevante, quali le arginature e le derivazioni d'acqua ad uso irriguo e idroelettrico, con la conseguente alterazione dell'ambiente fluviale naturale.
Tra le principali attività che hanno indotto la trasformazione - e in alcuni casi il degrado -dell'ecosistema fluviale, figurano:
- l'edificazione all'interno delle aree di espansione dei corsi d'acqua, in particolare della Dora Baltea;
- la riduzione progressiva della vegetazione ripariale, per convertire i terreni a un'agricoltura più intensiva;
- l'estrazione di inerti (ghiaia e sabbia) dall'alveo;
- la derivazione di quantitativi significativi di acqua.
Tali modificazioni trovano un immediato riscontro nelle mutazioni paesaggistiche dei luoghi, la cui percezione non è fissa e immutabile, ma varia nel tempo secondo i modelli culturali adottati in quel momento.
Maggiormente pericolose per la vita, perché più invisibili, sono le mutazioni introdotte nelle caratteristiche qualitative degli elementi dell'ecosistema fluviale, in termini non solo di qualità delle acque, ma anche di mantenimento di equilibrati flussi di nutrienti e di sedimenti.
Definizione dell'ecosistema gravitante attorno alla qualità dell'acqua (tratto da "Depurazione biologica" di R. Vismara, ed. Hoepli 1998).Un corso d'acqua in buone condizioni può ospitare una ricca varietà di organismi animali e vegetali in grado di utilizzare le risorse a disposizione (luce, nutrimento, umidità...), in un assetto in equilibrio.
La vegetazione ripariale, oltre a costituire ambienti di rilevante valore naturalistico, condiziona i corsi d'acqua regolando i nutrienti e la struttura dei sistemi acquatici, compresa la luce necessaria alla produzione primaria nelle acque.
Le foglie che cadono in acqua o che vi sono trasportate dal vento condizionano le catene di detritivori (organismi che si nutrono, distruggendoli, di rifiuti). Inoltre la presenza di radici e l'accumulo di tronchi condizionano in vario modo il deflusso delle acque.
Le specie che compongono i popolamenti animali e vegetali sono diversamente sensibili alla variazione dei fattori ambientali: i cambiamenti possono essere di tipo stagionale, quando sono legati a fattori climatici ricorrenti, oppure strutturali, quando sono legati ad un processo di inquinamento in atto o di trasformazione rilevante del territorio.
Quando l'ecosistema fluviale è perturbato si assiste, infatti, alla riduzione o alla scomparsa delle specie sensibili e alla dominanza di quelle più resistenti agli inquinanti, con una conseguente diminuzione di complessità dell'ecosistema, cioè una perdita di biodiversità.
Nel corso degli ultimi cinquant'anni i corsi d'acqua sono stati valutati con metodi di indagine che spesso erano lo specchio del panorama culturale ed economico di quel contesto sociale. La legge contro l'inquinamento delle acque nel 1976 ha per prima introdotto dei parametri di misurazione di una sola componente ambientale, l'acqua.
Ci si è resi subito conto, però, che non aveva senso combattere solo l'inquinamento delle acque, ma che si doveva puntare a conservare o ripristinare la qualità dell'ecosistema fluviale.
Non bisogna infatti dimenticare che è in forte aumento, accanto alla domanda di acqua per gli usi classici (civile, irrigazione, industria, energia), quella per usi ambientali e ricreativi (soggiorno turistico, pesca, canoa) che richiede l'adozione di iniziative per il mantenimento della qualità dell'acqua, per la salvaguardia e la valorizzazione del paesaggio, la conservazione degli ecosistemi e della biodiversità.
Da qui l'evidenza che i metodi chimici e batteriologici, importanti per il controllo dell'inquinamento dei corsi d'acqua, debbano essere affiancati da metodi in grado di rilevare anche altre tipologie di deterioramento degli ambienti fluviali.
È stato quindi introdotto un metodo di indagine basato sulla rilevazione della presenza o assenza di determinati organismi viventi in un ecosistema, cioè basato sulla definizione di "indicatori biologici".
Alcuni organismi infatti, per la loro sensibilità, reagiscono in maniera rapida al variare dei fattori ambientali, quali la presenza di micro-habitat, il regime idraulico, la diversità ambientale, la vegetazione acquatica.
In genere l'indicatore è un numero che riassume in sé un insieme complesso di informazioni, ma esso viene di solito associato ad un colore, per fornire un'immediata percezione anche ai non tecnici dello stato che si vuole rappresentare.
Una prima applicazione di questo tipo di approccio si è avuta in seguito all'utilizzo in Italia dell'Indice Biotico Esteso (IBE), dove la presenza di specifici organismi consente di esprimere un giudizio sulla qualità delle condizioni ambientali di un corso d'acqua.
Oggi poi si sta passando dalla semplice rilevazione dello stato ambientale di un corso d'acqua con l'IBE, alla necessità di assumere informazioni sulle cause del deterioramento e sulle possibili azioni positive.
La risposta migliore a queste richieste appare essere oggi l'Indice della Funzionalità Fluviale (IFF), poiché si presta bene sia come indice di stato dell'ambiente, sia come strumento di cambiamento.
Questo metodo, infatti, non si limita a dare valutazioni sintetiche sulla funzionalità fluviale e preziose informazioni sulle cause del suo deterioramento, ma fornisce anche indicazioni precise per orientare gli interventi di riqualificazione e stimarne preventivamente l'efficacia. Per la sua applicazione l'IFF non richiede strumenti particolari o sofisticati: esso ha la forma apparente di un banale questionario, ma rappresenta una guida ad una vera e propria indagine ecologica, nella quale il requisito primario è costituito dalla competenza degli operatori addetti alle rilevazioni. L'ARPA Valle d'Aosta ha iniziato sperimentalmente ad utilizzare questo metodo sulla Dora di Ferret: i risultati ottenuti sollevano alcune perplessità e pongono diversi interrogativi circa la reale rappresentatività dell'indicatore in un ambiente prettamente di montagna.
È intenzione però dell'Amministrazione regionale proseguire nel suo utilizzo, estendendolo anche agli altri corsi d'acqua e valutando i risultati ottenuti, paragonandoli tra loro.
La pianificazione di un territorio caratterizzato da un corso d'acqua richiede, perciò, particolare attenzione perché la comprensione dei meccanismi che ne regolano i processi è complessa e in parte ancora in via di consolidamento.
La sicurezza idraulica rappresenta l'esigenza più immediata e sentita nella pianificazione di un corso d'acqua.
Essa consiste non tanto in una rigida irregimentazione delle acque in un alveo artificiale, ma piuttosto nel lasciare al fiume le proprie aree di espansione; non implica la distruzione totale della vegetazione arborea, quanto il suo costante controllo secondo criteri distributivi e strutturali compatibili con il buon deflusso delle acque nei periodi di piena; non vuol dire necessariamente cementificazione delle sponde, ma utilizzo della vegetazione ai fini del consolidamento dei terreni e della difesa delle rive stesse.
Il Piano degli interventi straordinari a seguito dell'evento alluvionale dell'ottobre del 2000, recependo gli indirizzi di pianificazione del Piano dell'assetto idrogeologico dell'Autorità di bacino del fiume Po e del Progetto di Piano regionale delle acque (approvato dalla giunta regionale il 3 febbraio u.s.) hanno fissato le seguenti linee guida per definire gli interventi in risposta all'esigenza della sicurezza idraulica e per la riqualificazione dei corsi d'acqua:
a) individuare la fascia di pertinenza fluviale - di un'area, cioè, che va lasciata libera affinché vi si possano svolgere tre funzioni essenziali del fiume: l'espansione idrologica che possa contenere e stoccare le acque di piena, la divagazione geomorfologica e i processi di autodepurazione;
b) garantire il minimo deflusso vitale - cioè la quantità d'acqua indispensabile al mantenimento dell'equilibrio ecologico;
c) rinaturalizzare e riqualificare le sponde e gli alvei;
d) assicurare la qualità delle acque.

Accanto a tali obiettivi strategici, la cui realizzazione richiede tempi medio-lunghi, è però necessario attivare subito specifici accorgimenti per limitare i danni provocati da attività localizzate che si svolgono nell'alveo dei corsi d'acqua.
Gli interventi di sistemazione idraulica non possono essere evitati perché la pressione antropica in alcune zone è tale per cui l'esigenza di garantire sicurezza agli abitanti diventa impellente.
Ma almeno alcune delle strutture di difesa possono essere realizzate in modo tale da risultare, oltre che efficaci, anche paesaggisticamente invisibili.
È il caso delle soglie, cioè delle strutture rigide trasversali destinate a impedire fenomeni di erosione del fondo alveo: sul torrente Savara, in Comune di Valsavarenche, all'interno del Parco Nazionale del Gran Paradiso, sono state realizzate alcune soglie che pur svolgendo la loro funzione di consolidamento del fondo alveo (come dimostrato durante l'alluvione dell'ottobre 2000 e lo scorso giugno), risultano in condizioni normali del tutto invisibili.
La realizzazione dei numerosi interventi in alveo a seguito dell'evento alluvionale dell'ottobre del 2000 - ed in particolare quelli di disalveo - ha posto in primo piano i possibili danni che essi possono arrecare alla fauna ittica e il deterioramento della qualità delle acque.
Nel riconoscere allora l'utilità che tali interventi siano realizzati per garantire sezioni di deflusso delle acque e, quindi, salvaguardare i beni e le popolazioni presenti lungo le sponde dei corsi d'acqua in caso di piena, è però necessario adottare misure perché siano minimizzati gli effetti negativi sull'ecosistema acquatico.
Perciò, nell'ambito di una politica di salvaguardia e di valorizzazione dei corsi d'acqua regionali, l'Amministrazione e le sue strutture tecniche hanno ritenuto particolarmente importante, in questo anno dedicato all'acqua, operare attraverso misure concrete di tutela degli ecosistemi fluviali, incidendo su attività che potenzialmente possono creare danni, con l'approvazione di due specifici protocolli con il Consorzio regionale per la tutela, l'incremento e l'esercizio della pesca, la Compagnia valdostana delle acque (CVA) e l'Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente (ARPA).
Con il primo protocollo, nel riconoscere al Consorzio regionale per la tutela, l'incremento e l'esercizio della pesca un ruolo importante nella tutela dei corsi d'acqua, in quanto principale strumento per la salvaguardia dell'ittiofauna, sono state definite le modalità e i tempi di realizzazione degli interventi, e in particolare dei disalvei, affinché essi comportino il minore danneggiamento possibile dell'ecosistema fluviale.
La presenza di invasi e di sbarramenti lungo i corsi d'acqua regionali rappresenta poi l'aspetto più appariscente della produzione di energia idroelettrica, una tra le più importanti attività produttive della Regione.
La gestione degli invasi rappresenta però una possibile fonte di danni per la qualità delle acque in quanto con l'apertura degli scarichi possono essere riversati nel corso d'acqua i sedimenti che in essi normalmente si accumulano, con intorbidimento delle acque e possibili danni ai pesci e alla flora fluviale.
In via sperimentale è stato pertanto concordato con la CVA, il Consorzio regionale per la tutela, l'incremento e l'esercizio della pesca e l'ARPA, di avviare un progetto di gestione per definire le modalità di effettuazione delle operazioni di sfangamento dei bacini, in modo da limitare al minimo i danni arrecati al corso d'acqua.
Tale sperimentazione permetterà di acquisire le informazioni utili per estendere ai principali bacini regionali della CVA modalità di gestione idonee a salvaguardare la qualità delle acque a valle degli sbarramenti.
   
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