ACQUA E PAESAGGIO
Ridare all'acqua lo spazio che le appartiene è una necessità che oltre alla sicurezza contribuisce alla manutenzione del paesaggio.
VERSO UN RESTAURO DEL PAESAGGIO
di Paolo Ropele
Pollein: vasche di deposito sullo sbocco del Comboé.Le aree in quota dei bacini imbriferi sono formate dalle gole montane, dove il torrente che le attraversa si dispiega unendosi ad altri corsi d'acqua minori per confluire nel fondovalle del fiume principale. I torrenti, ingrossandosi, diventano rapidamente in grado di mobilitare il materiale detritico di varia pezzatura, dai grossi blocchi alla sabbia, ed in presenza di aree pianeggianti, con la possibilità di divagare, formano depositi di tipo alluvionale (isole, rami,…). Queste sono le caratteristiche principali di un corso d'acqua montano che, indisturbato nella sua inesorabile discesa verso valle, modella il territorio e alimenta le falde sotterranee permettendo lo sviluppo della vegetazione ripariale.
Pollein: vasche di deposito sullo sbocco del Comboé.Le condizioni di equilibrio a cui tende il sistema naturale, costituito dal bacino e dal reticolo idrografico superficiale, possono essere mutate e perturbate da fenomeni idrologici di tipo straordinario. Sono infatti le precipitazioni intense che, provocando un aumento improvviso delle portate dei corsi d'acqua, favoriscono la fuoriuscita dei torrenti dal loro letto ordinario (esondazione), dilavando ed erodendo i terreni circostanti ed incrementando così la capacità di trasporto del materiale litoide.
I fenomeni di piena e la rapidità con cui essi si manifestano possono quindi modificare la morfologia di un paesaggio rimasto immutato per parecchi anni: nuovi varchi si aprono all'interno di aree boscate, antichi rami secondari dei corsi d'acqua si riattivano, colate e debris-flow (vere e proprie colate torrentizie di pietre e materiali incoerenti) vanno ad interessare prati e pascoli. Il torrente lasciato a se stesso divaga, abbandona un greto sassoso per crearne un altro e, col passare del tempo, la vegetazione ricopre e maschera le erosioni più antiche.
Pollein: vasche di deposito sullo sbocco del Comboé.Tutto questo accade in ambienti alpini incontaminati, dove rara è la presenza dell'uomo, e in assenza di opere in grado di contrastare la forza delle acque.
Condizioni assai diverse si verificano in corrispondenza delle aree antropizzate dove i manufatti si pongono come vincolo sul territorio: abitazioni, strade ed infrastrutture, inserite in un contesto naturale, tendono ad alterare l'assetto del reticolo idrografico superficiale e possono essere causa di restrizioni dei corsi d'acqua, pregiudicando così gli equilibri statici e idrodinamici.
Analizzando, ad esempio, il caso delle infrastrutture viarie, nelle fasi di studio del tracciato di una strada particolare attenzione va posta proprio alle eventuali interazioni tra l'opera da costruire e i corsi d'acqua, soprattutto quelli a carattere stagionale che presentano una variabilità delle portate molto elevata. Il dimensionamento degli attraversamenti, in corrispondenza degli impluvi, deve quindi essere verificato con un margine di sicurezza adeguato, al fine di impedire l'ostruzione della luce dei ponti con la conseguente deviazione incontrollata delle acque. Infatti, una regimazione delle acque errata può causare danni imprevedibili ed aumentare la pericolosità per inondazione dei tratti immediatamente a valle. Non a caso l'alluvione, tanto da noi che in Piemonte, ha riportato in luce arcate dei ponti antichi che il materiale e la vegetazione avevano negli anni ricoperto e la memoria dell'uomo aveva ormai dimenticato: oltre a valutare i momenti di piena, nel costruire un ponte si cercava per lo più di lasciare al fiume la possibilità di altri varchi, per evitare una eccessiva pressione sulle spalle dei ponti stessi e per consentire all'acqua una limitata variabilità di percorso.
Chambave: il torrente che solca il vallone di Ponton.Se le infrastrutture a rete, che rappresentano "tagli" del territorio, devono essere attentamente valutate e adeguate al contesto ambientale in cui vanno ad inserirsi, effetti negativi sul deflusso delle acque superficiali si riscontrano anche nella costruzione delle opere puntuali. Per la realizzazione di manufatti quali abitazioni civili, parcheggi o attraversamenti di corsi d'acqua, spesso vengono movimentate delle quantità ingenti di materiale e, in alcuni casi, si sottraggono al torrente le aree di espansione naturale. Una semplice indagine delle modifiche apportate nel corso degli anni sul territorio può essere condotta attraverso l'analisi delle mappe catastali e della loro evoluzione nel tempo. Nei terreni limitrofi ai corsi d'acqua le particelle catastali mostrano l'avanzare delle proprietà in ambiti di pertinenza fluviale: rami secondari dei corsi d'acqua e alcune ampie anse dei fiumi sono stati, nel tempo, occupati a causa della pressione antropica.
Il Torrente Saint-Marcel il giorno dopo l'alluvione del 2000. (Foto concorso di Roger Artaz)Anche lo studio degli ambiti inedificabili per rischi naturali quali valanghe, frane ed inondazioni permette di fare una riflessione sulla dislocazione nel territorio delle aree abitate: villaggi e insediamenti più antichi sono quasi sempre collocati in aree a bassa pericolosità mentre i fondovalle, utilizzati un tempo per soli scopi agricoli, sono ora diventati zone pregiate dal punto di vista edilizio.
Alla luce dello scenario appena descritto, le strategie da intraprendere al fine di garantire una sicurezza idraulica del territorio nell'ottica di uno sviluppo eco-sostenibile si riconducono a semplici principi: in primo luogo è necessario assecondare quelle che sono le caratteristiche naturali e le tendenze evolutive dei corsi d'acqua ed in secondo luogo è opportuno proteggere i centri abitati e le infrastrutture, intervenendo mediante una opportuna manutenzione del territorio.
Quando si parla di intervento sul territorio si pensa subito alla realizzazione di opere e si ignora l'esistenza della tipologia di interventi definiti "non strutturali". Rifacendosi al dopo alluvione del 2000, una prima azione adottata dalla Giunta regionale con deliberazione n. 4268/2000, che rientra nell'ambito degli interventi non strutturali, ha attribuito alle aree interessate dell'evento alluvionale il vincolo urbanistico dell'inedificabilità. È stato questo il punto di partenza ottimale per poter effettuare una pianificazione degli interventi (strutturali) per la difesa del territorio che si è successivamente concretizzata con il piano degli interventi urgenti ai sensi dell'ordinanza n. 3090/2000 del Ministro dell'Interno.
Se quindi nella fase post-alluvionale si è provveduto in primo luogo a mettere in sicurezza i centri abitati, mediante la realizzazione di opere puntuali (arginature e difese spondali), sono stati altresì portati avanti gli studi su porzioni di territorio più ampie per poter preliminarmente definire al meglio le tipologie di opere da realizzare. La filosofia di approccio al problema è stata, ove possibile, quella di permettere ai corsi d'acqua di divagare e di espandersi nelle aree adiacenti al loro letto di magra con lo scopo di evitare la realizzazione di canalizzazioni artificiali.
In un'ottica generale di bacino la creazione di aree potenzialmente allagabili nel caso di eventi di piena assume estrema importanza in quanto limita o riduce gli effetti delle piene nelle aree di valle. Laminare una piena significa contenere, al transito di portate che non possono essere smaltite nel normale letto del fiume, volumi d'acqua nelle zone circostanti alle sponde. Nelle zone di pianura per salvaguardare centri abitati e città dalle inondazioni si realizzano delle casse di espansione, cioè si destinano intere aree, che in condizioni normali sono utilizzate per attività prevalentemente di tipo agricolo, all'allagamento controllato da opportune opere idrauliche che si attivano al superamento di determinate portate di riferimento.
Il principio di funzionamento delle casse di espansione, difficilmente realizzabili in un territorio montano come quello valdostano, deve comunque essere applicato ovunque sia possibile: in un'ottica di sistema, un insieme di aree di espansione, seppur di modesta entità, non può che giovare in termini di riduzione del rischio.
Altro aspetto, che non deve essere sottovalutato nelle considerazioni di tipo idraulico sui torrenti montani, è quello legato al trasporto di materiale solido. Come si è già accennato in precedenza, il materiale proveniente dai versanti e trasportato dalla corrente è causa di fenomeni di sovralluvionamento che si verificano in corrispondenza dei tratti dell'asta torrentizia a minor pendenza. Le aree pianeggianti di espansione del corso d'acqua, oltre che permettere la laminazione delle piene, possono quindi anche essere utilizzate come zone di deposito del materiale litoide in cui, attraverso opportuni piani di manutenzione, è più agevole intervenire mediante operazioni di disalveo, cioè di pulizia e ricostituzione dell'alveo del corso d'acqua.
La sistemazione idraulica che verrà presto realizzata nel Comune di Gressoney-Saint-Jean nella piana a monte del capoluogo è stata studiata seguendo i criteri sopra esposti. Il torrente Lys, durante l'alluvione del 2000, ha interessato pesantemente le abitazioni della piana (loc. Dresal), invadendo l'intero fondovalle. Essendo comunque l'area della piana un'importante area di espansione, in quanto è posta immediatamente a monte del centro abitato di Gressoney, in cui il torrente Lys scorre canalizzato e pensile (cioè posto ad una quota superiore rispetto alla abitazioni), si è prevista la realizzazione di opere di difesa delle case della piana stessa permettendo comunque la laminazione della piena mediante l'esondazione controllata delle acque. Una serie di dune in pietrame e calcestruzzo, ricoperte poi in terra e completamente inerbite, proteggeranno le abitazioni in caso di fuoriuscita del torrente: verranno invece mantenute inalterate le sponde del torrente che potrà, in caso di alluvione, occupare le aree destinate a pascolo senza invadere le zone abitate.
Questo è uno degli esempi di sistemazione idraulica che non si attua mediante una semplice realizzazione di muri d'argine continui sul torrente, ma tiene conto dell'intero sistema fluviale, costituito dal letto di magra e dalle sue golene (aree di espansione naturale).
Altri interventi similari sono stati realizzati a Cogne sul torrente Urthier, dove l'area dell'ex pattinaggio è stata resa esondabile, o a monte di Aosta sul torrente Buthier, dove il torrente è stato lasciato libero di divagare nella sua piana alluvionale, e comunque in tutti i tratti delle aste laterali principali in cui l'assenza di aree antropizzate permette una certa libertà nella destinazione d'uso del suolo.
L'esigenza di chi si occupa oggi di sistemazioni idrauliche coincide perciò con le stesse preoccupazioni dei pianificatori e dei paesaggisti, ed è quella di far recuperare ai torrenti i loro spazi naturali, senza tuttavia lasciarli liberi di fare completamente ciò che vogliono. Ciò implica la necessità di scegliere le parti del territorio da proteggere in modo totale: gli abitati in primo luogo, ma anche le infrastrutture e le attrezzature di ogni tipo. Ogni distruzione per eventi catastrofici è infatti da considerare una perdita economica, e come tale deve essere quanto più possibile minimizzata. La conseguenza di questa nuova impostazione è la ricostruzione di un paesaggio nuovo, in quanto non si tratta di un paesaggio totalmente naturale, ma progettato nella logica di tener conto e assecondare ciò che la natura da sola tenderebbe a fare, contrapponendosi solo ad evitare ciò che potrebbe creare danno alle persone e alle cose di maggior valore sociale ed economico.
La nuova ricerca in ambito di sistemazioni di corsi d'acqua si orienta quindi sempre più sullo sviluppo delle tecniche dell'ingegneria naturalistica, che non devono essere viste semplicemente come l'utilizzo di metodi per mascherare e mitigare la presenza di opere di forte impatto sull'ambiente. Le tecniche naturalistiche offrono, invece, ottime soluzioni per proteggere dall'erosione e dal dilavamento sponde e versanti instabili mediante l'inserimento di specie vegetali in strutture realizzate con l'impiego di materiali come il legno e la pietra. La funzione determinante di protezione è assicurata dalle piante che crescendo vanno a sostituire le strutture lignee e consolidano la sponda o il versante instabile, drenando l'acqua di falda. Non tutte le sistemazioni di sponda possono però essere realizzate mediante l'impiego di tali tecniche ed è compito del professionista scegliere le tipologie di opere che meglio si adattano ad una determinata situazione. Sia che si utilizzino tecniche di tipo naturalistico o tecniche più tradizionali, l'obiettivo che si deve perseguire è comunque quello di conservare, per quanto possibile, l'aspetto naturale dei corsi d'acqua, favorendo la continuità ecologica all'interno dell'ecosistema fluviale.

   
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