Aoste, le 29 février 2004
Allocution du Président du Conseil de la Vallée M. Ego Perron
Monsieur le Président des collectivités locales,
Monsieur le Président Valeri,
Monsieur le Président de la Région,
Autorités civiles, militaires et religieuses,
Mesdames et Messieurs,
Vous ne m’en voudrez pas de vous prendre les quelques minutes nécessaires pour remercier tous ceux qui, participant ce soir à la célébration du Statut spécial valdôtain, ont la possibilité de partager ce processus complexe, à la fois historique et politique, qui, loin d’être achevé, a pourtant abouti à un modèle positif d’autonomie.
Je tiens à remercier tout particulièrement le Président du Conseil National de la Principauté de Monaco, M. Stéphane Valeri, un ami personnel et de la Vallée d’Aoste, qui nous a fait l’honneur de prendre part à un événement d’importance primaire pour la Communauté valdôtaine : cet anniversaire de l’Autonomie et du Statut spécial qui assume pour nous Valdôtains une valeur profonde, une raison d’être enracinée dans l’essence de notre identité.
Mon sentiment est, qu’en dépit des différences réelles, il existe néanmoins des parallélismes incontestables entre les deux réalités dont nous avons l’honneur, cher Président, de diriger les respectives Assemblées législatives; deux réalités transfrontalières, géographiquement et numériquement petites vis-à-vis de la France et de l’Italie, mais qui ont su bâtir, pivotant sur une forte tradition d’autonomie, un modèle de gouvernement très attentif aux exigences et aux valeurs de leur population, notamment pour ce qui est des spécificités ethnolinguistiques.
Deux entités économiquement solides qui, malgré une forte immigration, ont bien su intégrer les valeurs d’ailleurs et maintenir leur identité francophone, grâce aussi à la participation active aux organismes internationaux à l’instar de l’Assemblée parlementaire de la francophonie.
L’autonomie valdôtaine, je disais, est au centre de cette célébration. Il me paraît donc judicieux de dédier quelques minutes à un bref excursus historique. Car aujourd’hui notre espoir, notre objectif est celui de ne pas trahir les efforts et les sacrifices des pères fondateurs de la moderne Petite Patrie.
Je me réfère notamment à Emile Chanoux, duquel recourt le 60ème anniversaire de l’assassinat par les nazifascistes, un des précurseurs, même au niveau européen, d’une conception moderne du fédéralisme solidaire, c’est-à-dire orientée vers les exigences locales et liée au principe d’une subsidiarité ante-litteram. Son opuscule sur le fédéralisme et l’autonomie, publié en 1944 après sa mort, tout comme son chemin de vie, constituent encore aujourd’hui un pilier du sentiment identitaire du peuple valdôtain.
Je me réfère aussi à des personnages de grande envergure tels que Federico Chabod et Severino Caveri, deux hommes qui, quoi que partant de points de vue différents, ont su trouver une solution concrète et consolider l’autonomie en Vallée d’Aoste. Un exemple actuel qui démontre de quelle façon deux différentes âmes autonomistes peuvent dialoguer et trouver un compromis en raison d’un objectif capital : la défense efficace de l’identité valdôtaine réalisable, c’est mon sentiment, seulement à travers l’autonomie. C’est ainsi que, grâce notamment à une politique réaliste face au nouvel Etat italien qui venait de naître, une bonne partie des espoirs et des sacrifices de la lutte des patriotes valdôtains se sont concrétisés.
Revenant à l’actualité, je pense qu’aujourd’hui nous vivons une période de forts et profonds changements : pour mieux élucider la question, à l’heure actuelle on est en train de redéfinir et réadapter à une réalité valdôtaine, profondément transformée, ces principes et ces valeurs qui, à partir de 1948, nous ont permis de trouver un essor remarquable après la tragédie de la deuxième guerre mondiale.
Je pense qu’aujourd’hui plus que jamais les Valdôtains doivent se préparer a vivre une période de changements radicaux qui auront des retombées sur l’importance même de l’autonomie. En effet, après les six décennies d’autogouvernement effectif, caractérisées par des résultats positifs indéniables obtenus malgré des contrastes parfois forts entre l’Etat et la Région, nous pouvons assister à un renouvellement du cadre législatif dans lequel – je tiens à le souligner – la Vallée d’Aoste a agi en respectant ses propres compétences et l’intérêt national.
En particulier, je me réfère à l’approbation imminente d’une Constitution européenne et, à l’échelon national, à la réforme fédérale qui aboutira, entre autres, à l’institution d’un Sénat des Régions. Deux documents d’une grande envergure, en partie déjà bien définis, qui ne nous semblent pas à même de sauvegarder la capacité décisionnelle des Régions, spécialement de celles à Statut spécial.
E tutto ciò in palese contraddizione a quel principio di sussidiarietà, tanto sbandierato, che vorrebbe la delega dei poteri il più possibile ai governi locali. E indubbio, a esempio, che la tutela delle nostre specificità abbia giovato all’intera nazione poiché riaffermando la necessità di una politica transfrontaliera, ha costituito uno dei primi tentativi davvero concreti di quella che sarebbe stata l’Unione europea.
Saper, quindi, conciliare in maniera positiva, allo stesso tempo, la propria identità regionale con quella nazionale ed Europea, senza cadere nel particolarismo. Questa è, riassumendo, la lezione che hanno imparato e possono trasmettere le realtà come le nostre. E qui mi riferisco all’idea di un Europa dei popoli, delle diversità identità che, come le tessere di un mosaico, dovrebbero costituire un unico progetto condiviso.
Ebbene negli ultimi mesi si è verificata una significativa accelerazione del cammino delle riforme, siano esse nazionali che europee.
Per quanto riguarda il progetto di una Costituzione europea, non posso esimermi dal mettere in discussione alcuni punti critici o mal proposti presenti, tutt’ora, nel testo. Incoerenze che bisognerebbe risolvere, è il mio auspicio, prima delle elezioni di giugno.
Ritengo che in questo progetto costituzionale si possa riscontrare una certa disparità nel ruolo attribuito ai cosìdetti ‘poteri forti’ rispetto a quelli più deboli nei quali, sfortunatamente, sono stati collocati i governi regionali. Se da una parte, infatti, bisogna riconoscere lo sforzo dei redattori per una migliore ripartizione delle competenze tra Unione e Stati membri, è necessario affermare, altrettanto chiaramente, che l’emarginazione dei Parlamenti regionali nel progetto di una Costituzione europea è un dato acquisito, un fatto concreto. La Convenzione non riconosce o, quanto meno, sottostima fortemente il ruolo istituzionale delle regioni dell’Unione Europea che continuano ad essere prigioniere di un eterogeneo Comitato delle Regioni, ridotto a semplice organo di consultazione. Se aggiungiamo a ciò la constatazione che non è stato nemmeno riconosciuto il particolarismo del territorio montano, legato a un discorso di sviluppo sostenibile, ebbene ecco che per realtà come la nostra i conti, non solo economici, non tornano.
E tuttavia le Regioni sono, oggi, una realtà imprescindibile nell’ambito organizzativo dell’Unione europea. Rappresentano, infatti, altrettanti “attori istituzionali” che risultano sempre più coinvolti nel meccanismo legislativo europeo.
Possiamo concludere che se questo processo di Costituzione estende le possibilità di partecipazione ai parlamenti nazionali, lascia quelli regionali al margine. Bisogna sapere che questi ultimi godono di una considerazione minore perfino delle associazioni rappresentative alle quali si riconosce esplicitamente la possibilità di esprimere i propri punti di vista su tutti gli ambiti di intervento dell’Unione.
Per quanto riguarda, invece, il disegno di legge che vuole introdurre, a livello nazionale, una riforma in senso federalista, posso affermare che l’istituzione di un Senato federale ben si inserisce in un processo di maggiore rappresentatività delle realtà locali.
Il problema è, semmai, capire come si stia concretizzando tale riforma. I segnali che ci giungono, copiosi, anche in questi giorni sono, come minimo, contradditori. In poche parole non è ancora chiaro se il disegno di legge federalista porterà a un nuovo ordinamento realmente federale, con un Senato che meglio garantisca l’autonomia delle Regioni e delle autonomie locali, oppure se siamo in presenza di una riforma che vuole essere un paravento di interessi identificabili e utili esclusivamente al Governo nazionale.
Tanti segnali, riscontrabili in più livelli di potere, che ci sembra siano tutti quanti figli di un unico pensiero: quello di voler imporre una sorta di tutela alla nostra autonomia, mortificando, così, cinquant’anni di esperienza in cui la Regione Valle d’Aosta ha dimostrato nei fatti di saper trovare un equilibrio costruttivo tra le identità valdostana, italiana ed europea.
Questo breve excursus, seppur incompleto, è, a mio parere, sufficiente per comprendere l’importanza di questo momento storico.
Ebbene oggi è necessario mettere mano alla revisione dello Statuto. Dobbiamo lavorare per riaffermare il nostro grado di autonomia, per conservare le conquiste ottenute con grande sacrificio e per cercare nuovi spazi d’autonomia, capaci di migliorare la nostra forma di autogoverno. E dobbiamo farlo con la consapevolezza che le modifiche spettano, prima di tutto, a noi. Ciò che auspico è una revisione attenta e moderna dello Statuto speciale che possa rispondere alle esigenze di una realtà locale, nazionale ed europea in rapido e continuo divenire.
Un processo di revisione necessario, dunque, che richiede l’apporto costruttivo di tutte le componenti, dalle forze politiche alle associazioni e ai valdostani stessi. E l’ora dell’azione, dunque, dell’unione degli intenti e delle menti di chi veramente crede nel progetto regionalista e vuole non solo salvare ma persino promuovere quell’irripetibile nicchia culturale che è ancora oggi la Valle d’Aosta.
E il momento di lavorare per contrastare, con la forza del dialogo e della ragione, chi vede nel nostro Statuto solo un insieme di privilegi ingiustificati. E il momento per la società valdostana, e mi rivolgo, in particolare, alla sua componente più giovane, di riappropriarsi del grande valore dell’autonomia, quell’albero secolare con solide radici nel nostro passato che è ancora l’asse portante, il valore imprescindibile, del nostro avvenire.
In modo particolare ai giovani, quindi, va spiegato che l’autonomia non è patrimonio esclusivo di pochi ma una ricchezza di tutti, un valore fondante della nostra comunità, un fattore di crescita sociale, di sviluppo economico e di integrazione che deve essere preservato.
L’autonomia non è un concetto astratto. Al contrario, l’autogoverno si traduce ogni giorno in fatti concreti i cui destinatari sono i valdostani. E, qui concludo, se vogliamo un futuro importante per la nostra ragione, ebbene questo passa indubbiamente attraverso l’educazione e la responsabilizzazione all’autogoverno delle generazioni che saranno chiamate a sostenere il peso economico e politico della nostra comunità.
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