BENI CULTURALI
In una mostra di respiro europeo, stele antropomorfe di 5000 anni fa provenienti da varie località italiane ed estere affiancano quelle rinvenute ad Aosta.
DEI DI PIETRA
di Gianfranco Zidda
Le stele antropomorfe sono state per lungo tempo argomento noto principalmente ad un gruppo ristretto di archeologi, specialisti della preistoria, e di storici dell'arte.
Di tali opere, sin dai primi ritrovamenti datati alla seconda metà del secolo scorso, l'aspetto più studiato fu quello artistico-estetico: esse vennero analizzate soprattutto nel loro valore scultoreo, come una prima espressione ancora incerta e naïve della grande statuaria antropomorfa.
L'odierna ricerca archeologica è invece fortemente orientata verso forme interpretative più articolate, basate su dati materiali corollari alle stele stesse, nel tentativo di sopperire alla mancanza di fonti scritte per le epoche più antiche: si cerca così di cogliere aspetti non tramandati, che permettano tuttavia di formulare sensate ipotesi circa il valore storico, religioso, sociale, economico, tecnologico delle stele antropomorfe.
Una nuova serie di ritrovamenti archeologici, avvenuti negli ultimi venti anni ha contribuito a fornire dati maggiori; è proprio grazie al rinvenimento dell'area megalitica di Aosta che oggi possiamo focalizzare in una più vasta prospettiva il fenomeno rappresentato dalle stele antropomorfe.
Gli scavi dell'area megalitica, condotti tra il 1969 e il 1991 dalla Soprintendenza per i Beni Culturali sotto la direzione di Franco Mezzena, nel mettere in luce un esteso luogo di culto e di sepoltura frequentato per quasi un millennio, hanno potuto evidenziare, in una delle fasi più antiche, l'impianto di due allineamenti di oltre 40 stele antropomorfe, costituenti una sorta di santuario all'aperto. E' ad Aosta dunque che per la prima volta si è potuto stabilire quale fosse il contesto originario delle stele; tale fatto ha risvegliato l'interesse per il fenomeno in generale, ancora misterioso sotto molteplici aspetti.
Ultimate le fasi di ricerca sul campo ed avviati gli studi analitici del sito nel suo complesso, la necessità di produrre una prima, certamente limitata, divulgazione dei risultati conseguiti, ha fatto sì che si scegliesse lo strumento della mostra per proporre al pubblico una prima conoscenza dell'oggetto considerato.
Perseguendo un obiettivo innovativo e, se si vuole, coraggioso per la Valle d'Aosta, si è ideata una mostra circoscritta entro un lasso temporale ben preciso, il III millennio avanti Cristo o Età del Rame: costituita da elementi di capitale importanza di provenienza locale - le stele antropomorfe - essa propone un confronto, anche fisico, con i ritrovamenti paralleli di tali sculture avvenuti in tutte le regioni europee, volto all'approfondimento della problematica generale.
La proposta ha trovato una grande adesione da parte dei vari istituti museali che conservano questo tipo di monumenti, per cui, insieme a nove opere aostane, si è potuta presentare una scelta di ventitré stele tra le più rappresentative dal punto di vista iconografico ed artistico, provenienti da tutto il territorio italiano (Trentino Alto Adige, Liguria, Toscana, Puglia) ed europeo (Spagna, Francia, Svizzera, Germania, Romania, Ungheria, Bulgaria, Ucraina). E la prima volta che un'esposizione riunisce stele di così differente e distante origine, presentando un panorama omogeneo ed esauriente, per quanto sintetico, di questo importante fenomeno religioso ed artistico insieme: esso è destinato a segnare un momento storico cruciale, che porta al passaggio dalla preistoria, legata ad una conoscenza tecnologica basata principalmente sull'uso della pietra ed ormai esaurita nelle sue forze innovative, all'affermazione della protostoria, dell'Età dei Metalli, quando le rinnovate conoscenze tecnologiche rivoluzioneranno gli equilibri che avevano sino allora retto la situazione storica, economica, religiosa, sociale della civiltà europea, portando a delle conseguenze tangibili persino ai nostri giorni.

   
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