EDUCAZIONE AMBIENTALE
Lezioni con piccoli animali per suscitare emozioni e fornire nozioni ormai fuori dalla portata di molti ragazzi, e non solo di quelli che vivono in città.
QUANDO LA NATURA ENTRA IN CLASSE
di Ronni Bessi
Salamandra che si muove liberamente sulle mani dei bambini.Per il bambino di oggi è molto difficile avere una conoscenza reale e diretta della natura e in particolare degli animali".
Questa constatazione potrebbe sembrare così ovvia da ritenersi superflua; gli effetti, o le conseguenze, di tale situazione (che probabilmente non ha precedenti nella storia della nostra specie) sono invece spesso sottovalutati. Le nuove generazioni si trovano ora (non per scelta loro) quasi sempre nella condizione di essere private di tutta quella serie di esperienze e contatti diretti e quotidiani, con le varie espressioni della Natura, che sono presupposto per un legame emozionale con la stessa. Legame emozionale certamente ambivalente ma non per questo meno importante nel suo concorrere alla formazione in ciascun individuo, di quel "qualcosa" chiamato personalità.
Ora, mentre crediamo sia indiscutibile la constatazione che la nostra sopravvivenza materiale dipenda proprio da quella globalità di elementi che definiamo Natura, solo di recente, e forse in modo frammentario, si prova a riconoscere alla stessa insostituibili funzioni e contributi al cosiddetto "benessere psichico" umano. Funzioni e contributi non direttamente quantificabili ma non per questo inesistenti. Una semplice, magari banale, conferma di questa affermazione è alla portata di tutti e può essere direttamente sperimentata in quegli ambienti che, per loro stesse caratteristiche, sono specificatamente innaturali: le grandi città, le moderne metropoli. E se abbiamo voluto definirle ambienti innaturali, cioè non naturali, dove quasi nessuna espressione della Natura può convivere in essi, e comunque mai senza l'accondiscendenza dei membri della nostra specie, aggiungiamo ora quanto questi stessi ambienti si presentino inumani, cioè non umani nel senso di non essere "adatti" nemmeno ai loro diretti fruitori. Diverse ricerche hanno infatti evidenziato l'aumentare del "disagio psichico" negli abitanti delle grandi città e la "fuga" dalle stesse desiderata e compiuta da un numero crescente di persone.
Quanto esposto ci è sembrato la necessaria premessa per comprendere come mai in questi ultimi decenni si sia iniziato a parlare di un nuovo "analfabetismo ambientale" sempre più preoccupante. Un'inchiesta condotta nei primi anni '90 su centinaia di piccoli scolari delle elementari rivelò che solo 3 bambini su 100 avevano visto brillare una lucciola nelle sere d'estate. Quasi nessuno degli intervistati (età dai 5 ai 10 anni) aveva mai osservato da vicino un riccio o un rospo. E alla domanda se avessero mai visto una rana, 68 bambini su 100 risposero: "sì, alla TV".
Giovane riccio salvato da una buca, osservato e liberato.Crediamo che non abbia senso stupirci di questi risultati. Queste nuove generazioni, private di "lezioni di realtà", non possono infatti concepire ed elaborare se non in forme distorte o virtuali quest'ultima. Emblematica e significativa, alle soglie di questo osannato 2000, diventa allora la risposta di un ragazzino romano di 8 anni: "un pollo ha sei cosce e quattro petti, non ha piume e viene allevato nei supermarket e nelle rosticcerie".
Ed eccoci allora alla domanda fondamentale: come può contribuire la scuola nell'evitare che la Natura, e in particolare gli animali si trasformino in alieni agli occhi dei bambini di oggi? E' possibile che essa diventi - anche - luogo di mediazione tra giovani studenti ed esseri viventi non umani? Potenzialmente sì, a patto che non ci si illuda di ricostruire la "relazione perduta" solo tramite libri di testo. Una ricerca condotta dal Reparto di Psicopedagogia dell'Istituto di Psicologia del CNR di Roma ha mostrato infatti come "una conoscenza diretta dell'animale (...) porti a superare stereotipi tipici dei bambini di città che conoscono gli animali solo attraverso la televisione, i libri ed eventualmente il giardino zoologico" Sperimentazioni in questo senso sono state condotte in varie scuole della Valle d'Aosta a partire dal 1989 tramite il progetto "l'école buissonnière" dell'Ufficio Educazione Ambientale dell'Amministrazione regionale ed hanno effettivamente prodotto risultati significativi. Questo perché si è riusciti a creare, di volta in volta, occasioni di incontro tra giovani studenti e piccola fauna, ponendo particolare cautela che queste non presentassero delle somiglianze, anche vaghe, con il classico spettacolo del circo o con esposizioni di impotenti animali imprigionati dietro sbarre o pareti di vetro.
Non a caso i ruoli erano apparentemente invertiti: l'ospite selvatico (ma anche domestico) di turno è sempre stato libero di muoversi e di agire spontaneamente mentre, per non condizionarlo o spaventarlo, i ragazzi coinvolti in queste esperienze, in genere disposti in circolo seduti per terra, rimanevano silenziosi ed immobili, "limitando" la loro partecipazione (in questa fase) ad un'attenta osservazione e ad un ascolto delle varie emozioni che si manifestavano in essi.
Verso questo tipo di situazioni possono (giustamente) essere mosse delle critiche o delle obiezioni. Di fatto è innegabile che si sottraggono al loro ambiente naturale, anche se per brevissimo tempo, piccoli animali selvatici, che comunque subiscono, limitatamente, l'impatto con la nostra specie. D'altronde questo rappresenta l'inevitabile costo o compromesso indispensabili per il raggiungimento di determinati, importanti obiettivi, tra i quali un generale cambiamento molto veloce di considerazione da parte degli studenti verso ormai poco note forme di vita. Divenendo queste familiari, non incutevano più paure infondate; necessario preludio, in occasione di successivi incontri, questa volta davvero dovuti al caso, di una osservazione rispettosa degli animali e di una sensibilizzazione (fondata sulla propria esperienza emozionale) estesa a genitori o amici da parte degli stessi ragazzi. Possiamo seriamente pensare che altrettanti risultati di questo tipo si potrebbero ottenere tramite (solo) lezioni teoriche, proiezioni e filmati? Tra l'altro, a differenza delle classiche spiegazioni asettiche, che generalmente rimangono in superficie, queste esperienze (incontri ravvicinati) scendono in profondità. Anche a distanza di anni i partecipanti le ricorderanno e ne ricorderanno i dettagli.
Concludendo ci permettiamo di evidenziare la necessità di un'accurata progettazione degli interventi sopradescritti.
E' sempre necessaria una buona conoscenza dell'etologia dell'animale che si porterà a scuola (anche per non fraintendere o umanizzare certi suoi comportamenti), un'attenta valutazione di possibili situazioni sulle quali si dovrà intervenire tempestivamente (giovani con esagerate reazioni di paura richiederanno approcci più diluiti e mai in situazioni di costrizione) e la fattibilità di far liberare l'ospite nel suo ambiente di origine direttamente dagli studenti che vi sono stati coinvolti.

   
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