Speciale V.I.A.
Gli interventi sugli impianti di risalita si svolgono in alta quota, pertanto risulta necessario un atteggiamento sensibile nei confronti dell’ambiente naturale.
IMPIANTI DI RISALITA E COMPRENSORI SCIISTICI
di PAOLO BAGNOD
Dirigente del Servizio valutazione ambientale.
Si tratta di una tipologia di interventi che possono verificarsi con una certa frequenza. Consistono nella realizzazione di impianti di risalita, nella creazione di nuovi tratti di piste da sci, ecc. Trattandosi di interventi che vengono a localizzarsi in ambienti di alta quota, aumenta la sensibilità dell’ambiente naturale all’intrusione umana. Come è noto la pratica dello sci rappresenta una delle principali risorse turistiche della nostra Regione, ed è quindi economicamente importante garantire un servizio alla clientela in grado di attirare gli sciatori, adeguarsi alla concorrenza degli altri paesi alpini, e, in un’ottica di economia comprensoriale, garantire l’indotto derivato dalla presenza dei turisti (hotel, ristoranti, noleggio e vendita sci, ecc.). La nuova funivia di Cime Bianche Laghi, nel comprensorio di Breuil-Cervinia.Esiste quindi una forte e condivisibile motivazione economica alla base di tali opere, che devono tuttavia garantire un adeguato inserimento nell’ambiente riducendo il più possibile gli eventuali impatti. Anche la Convenzione delle Alpi, nel Protocollo Turismo,dedica l’art. 12 agli impianti di risalita. Le parti contraenti (ricordo che il protocollo non ha ancora ricevuto una ratifica ufficiale) convengono di attuare,al di là delle esigenze economiche e di sicurezza, una politica che risponda alle esigenze ecologiche e paesaggistiche.Nuove autorizzazioni, cita sempre l’articolo,dovranno essere condizionate allo smontaggio e alla rimozione degli impianti di risalita fuori esercizio e alla rinaturalizzazione delle superfici inutilizzate con priorità alle specie vegetali di origine locale. Alle piste di sci è dedicato l’art.14, che impegna le parti contraenti affinchè la realizzazione, la manutenzionee l’esercizio delle piste da sci si integrino nel miglior modo possibile nel paesaggio,tenendo conto degli equilibri naturali e della sensibilità dei biotopi. Le modifiche del terreno vanno limitate il più possibilee, se le condizioni lo permettono, nelle aree modificate andrà ripristinata la vegetazione,dando priorità alle specie di origine locale.La legge regionale 12/2009 che norma la procedura di VIA in Valle d’Aosta prevede siano sottoposte a VIA le funivie bifune, funicolari ed impianti a fune ad ammorsamento automatico insistenti su nuovi tracciati (Allegato A, punto 25). Sono altresì sottoposte a verifica di assoggettabilità a VIA le piste di sci da discesa di lunghezza inclinata superiore a 500 metri, o che impegnano una superficie terrestre superiore a 1.5 ettari, nonché impianti a fune (funivie e funicolari terrestri),escluse le sciovie e le monofuni di collegamento permanente aventi lunghezza inclinata non superiore a 500 metri e con portata oraria non superiore a 1.800 persone.Obbligo di VIA per analoghe tipologie di interventi era sostanzialmente previsto anche dalle vecchie leggi regionali di VIA. Dal 1991 quindi la realizzazione di un impianto di risalita o di una pista di sci ha dovuto confrontarsi con una preventiva valutazione ambientale.Telecabine all’interno del comprensorio di Monterosaski.Pare tuttavia opportuno ricordare che i grandi interventi che hanno determinato,a volte in modo poco accorto alla tutela ambientale, la realizzazione degli attuali domaines skiables valdostani datano di parecchi anni prima dell’esistenza della VIA. Se da un lato ciò ha comportato indubbi danni ambientali (soprattutto in materia paesaggistica, ma anche da un punto di vista vegetazionale) in alcune aree, dall’altro hanno rappresentato un cattivo esempio sotto gli occhi di tutti, che indirettamente ha rafforzato la posizione di coloro che mirano alla protezione dell’ambiente, perché diventa facile realizzare quali possano essere le conseguenze a lungo terminedi lavori poco attenti al contesto ambientale. Pensiamo ad esempio ad interventi in alta quota, dove il terreno vegetale è estremamente fragile e limitato, e non può ricostituirsi autonomamente se non in tempi molto lunghi. Per questo motivo una delle prescrizioni imposte nel provvedimento autorizzativo di VIA è quella di un’attenta rimozione del terreno vegetale anteriore all’inizio lavori,terreno che al termine degli stessi potrà essere utilizzato per il recupero.I cambiamenti climatici e la necessità di essere competitivi a livello internazionale hanno poi determinato una localizzazione definitiva dei comprensori sciistici valdostani,identificata anche nei piani regolatori generali, e gli interventi sottoposti nel corso di questi 20 anni alla nostra attenzione ricadevano nella stragrande maggioranza dei casi in queste zone,a vocazione appunto sciistica. Com’è possibile comprendere dalla lettura del box dedicato alle norme di sicurezza e di esercizio degli impianti di risalita, esistono regole ufficiali, volte principalmente alla sicurezza degli utenti, che impongono la sostituzione degli impianti dopo una certa durata di vita. In linea di massima abbiamo assistito a numerose sostituzioni“migliorative”, da un punto di vista funzionale, di impianti esistenti, che consentivano di incrementare la portata oraria, di sostituire impianti di vecchia impostazione come gli skilift con seggiovie, riducendo l’occupazione delle piste, aumentando la facilità d’uso dell’impianto e la sua efficienza.In un momento economico di crisi,l’obiettivo dei gestori dei domaines skiables diventa, paradossalmente,più “sostenibile” di quanto non accadesse trenta anni fa. Si cerca, dovendo sostituire un impianto, di apportare le modifiche necessarie per consentire lo smantellamento non solo del corrispondente impianto “vecchio”,ma anche di altri paralleli che, grazie ad una maggiore portata dell’impianto soggetto a VIA, diventano inutili.Sono frequenti quindi misure di compensazione che comportano la rinaturalizzazione di corridoi nel bosco,precedentemente occupati da impianti smantellati, a tutto vantaggio del bosco e del paesaggio montano.Si parla raramente di nuove piste, perlopiù alla nostra attenzione vengono portate piccole modifiche alle piste esistenti, al fine di ottimizzare il flusso degli sciatori, o di incrementare la loro sicurezza.Nel complesso, quindi, si può affermare che, a fronte di un’opportuna valutazione di alternative, esista un compromesso tra il mantenimento di un’attività turistico-economica di rilievo ed il rispetto di un ambiente montano d’alta quota. Nel corso degli anni abbiamo visto comparire tecniche di ingegneria naturalistica (palificate, scarpate inerbite, ecc.) che, anche in assenza di neve, risultano molto più inserite nel contesto ambientale in cui si trovano. Le seggiovie ad ammorsamento automatico necessitano di uno spazio per immagazzinare le seggiole nella stagione estiva, il cui volume complessivo può essere rilevante.Abbiamo spesso assistito a sforzi progettuali per mascherare tale volume,interrandolo ove possibile, in accordo con la competente struttura deputata alla tutela del paesaggio. Le nuove piante messe a dimora vengono scelte tra quelle tipiche della zona, evitando fenomeni di “intrusione” di specie non autoctone. Si è quindi creata, sia tra i progettisti, sia tra i gestori dei comprensori sciistici, una maggiore coscienza degli effetti ambientali indotti dalle loro attività, e una crescente volontà di mantenere l’ambiente alpino più naturale possibile. In un mondo sempre più globalizzato, infatti,anche la coscienza ambientale è condivisa da una larga fetta di popolazione,e uno dei fattori che possono far scegliere una destinazione sciistica invece di un’altra può essere appunto rappresentato dal contesto naturale in cui l’attività sportiva si svolge.
 
 

LE SCADENZE MINISTERIALI DEGLI IMPIANTI A FUNE
Attualmente il settore degli impianti a fune adibiti a servizio di pubblico trasporto è regolamentato da una rigorosa normativa statale in fatto di scadenze. Infatti, il Decreto Ministeriale 2 gennaio 1985 “Norme regolamentari in materia di varianti costruttive, di adeguamenti tecnici e di revisioni periodiche per i servizi di pubblico trasporto effettuati con impianti funicolari aerei e terrestri”, definisce per ciascuna tipologia di impianto funicolare aereo o terrestre una scadenza di vita tecnica che può essere di 30, 40 o 60 anni. Tale termine indica un periodo di tempo all’interno del quale la sicurezza e regolarità del servizio possono ritenersi garantite rispettando le medesime condizioni realizzate all’atto della prima apertura dell’impianto al pubblico esercizio. Oltre tale scadenza di vita tecnica gli impianti devono dunque essere sostituiti con altri di nuova realizzazione o sottoposti ad importanti operazioni di ammodernamento. Indicativamente il rinnovo tecnologico alla scadenza di vita tecnica costa, in percentuale, all’incirca un 60-70% dell’impianto nuovo. In linea di principio si effettuano di conseguenza i rinnovi in quei casi in cui l’impianto, per diverse ragioni, ha già subito, precedentemente, interventi di sostituzione e miglioria durante la sua vita tecnica. Le parti già sostituite possono essere quindi mantenute sull’impianto e di conseguenza la percentuale di spesa diminuisce notevolmente rispetto ad un impianto nuovo e diventa economicamente conveniente. Vi sono poi motivazioni legate al marketing che fanno propendere per la sostituzione: l’impianto nuovo rappresenta un impatto pubblicitario decisamente superiore al rinnovo.
Fonte Struttura organizzativa infrastrutture funiviarie
Assessorato turismo, sport, commercio e trasporti

   
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