Speciale V.I.A.
PARTECIPAZIONE ED EVENTUALI CONFLITTI AMBIENTALI
di CAMILLA NAPOLI
Ricercatrice nel progetto di ricerca “I conflitti ambientali in Valle d’Aosta in eta’ moderna: genesi, sviluppo, gestione” presso l’Universita’ della Valle d’Aosta nell’anno 2010.
La partecipazione dei membri di una comunità alla gestione del territorio e dell’ambiente è uno dei più importanti processi in cui si afferma la consapevolezza di quanto uomo e natura siano inscindibili e connessi l’uno all’altra. Purtroppo, non sempre uomo e natura riescono a convivere in questo rapporto mantenendo l’equilibrio. Vista panoramica su Dente del Gigante e Grandes Jorasses.Questo è ben visibile nelle dinamiche della vita quotidiana e si riflette sulle scelte che la comunità stessa è chiamata a fare per garantire che lo sviluppo e il progresso insiti nei progetti di uso del territorio siano comunque sempre rispettosi dei vari ecosistemi e di chi li abita. Gli uomini entrano spesso in conflitto e si scontrano sulle decisioni che riguardano la gestione di un territorio, del suo patrimonio e delle potenzialità che esso contiene. Con la sua ricchezza unica, esso rappresenta il luogo di appartenenza per la popolazione che vi risiede e riveste per ogni singolo individuo un ruolo basilare. E questa sua essenza così necessaria viene percepita e apprezzata da ogni uomo sotto aspetti diversi. Quando all’interno di una comunità le credenze, i valori o le concezioni che gli individui hanno in relazione al controllo delle risorse naturali cominciano a divergere e diventano anche incompatibili, le componenti di quella determinata comunità si affrontano in uno scontro diretto. Si crea un disagio che sfocia da un lato nella difesa del luogo di appartenenza da parte di chi percepisce eventuali cambiamenti del territorio come una minaccia al proprio mondo (e al proprio sè identificato con quel mondo) e dall’altro emerge invece una promozione convinta delle modifiche da apportare al territorio (sottoposto così a valutazioni e cambiamento) che assumono una considerazione di primo piano rispetto ad esso. È a questo punto della storia di una comunità che la controversia si scatena in un confronto preciso che riguarda il mondo fisico che circonda l’uomo e in cui l’uomo esiste: nasce un conflitto ambientale. Conflitto ambientale e partecipazione al processo decisionale per la gestione del territorio sono due argomenti strettamente legati. Il primo non può intravedere soluzione se il secondo non è garantito e il secondo a volte determina l’inasprimento di controversie già esistenti o la nascita di nuove, laddove il ricercare un accordo fra le parti si dimostra più complicato. Attraverso il progetto di ricerca “I conflitti ambientali in Valle d’Aosta in età moderna: genesi, sviluppo, gestione” svolto presso l’Università della Valle d’Aosta nel 2010, ho analizzato in profondità tutti questi aspetti per proporre una chiave di lettura di questi particolari conflitti in un’area montana così circoscritta e particolare come quella della Valle d’Aosta. Tra i punti fondamentali è emerso il ruolo centrale dei processi di partecipazione del pubblico alla presa di decisioni riguardanti il territorio di cui, in questo caso specifico dei conflitti ambientali, un esempio è fornito dalle procedure della Valutazione di Impatto Ambientale proprio attraverso l’inclusione della popolazione e del pubblico in generale. Ma cosa sono i conflitti ambientali e come può la VIA essere una strada verso la loro risoluzione o comunque verso una loro attenuazione all’interno di una determinata società? I conflitti ambientali sono dispute che hanno per oggetto tematiche legate alla natura e all’ambiente e in cui la posta in gioco per le parti che si contrappongono è proprio quel territorio determinato in cui esse vivono. Non si tratta di un semplice concetto geografico, si va ben oltre! Soprattutto in questi contesti conflittuali, il luogo di appartenenza viene caricato, infatti, di specifici valori emotivi da parte di chi vi è nato, cresciuto o anche solo vissuto per un periodo di tempo poichè vi si rispecchia considerandoli come un suo punto di riferimento. La carica emozionale ed emotiva attribuita ad un territorio lo rende un “bene desiderabile” e quindi suscita molto spesso, in chi gli attribuisce tale importanza, un alto senso di protezione e tutela di fronte ai potenziali cambiamenti proposti da chi governa le istituzioni o dai vari committenti privati o pubblici che desiderano sfruttare le risorse naturali di determinate aree geografiche per progetti di uso o assetto nuovi. Si tratta di un conflitto sociale ma anche relazionale: c’è un’incompatibilità di obiettivi legati all’ambiente o al territorio e c’è anche uno squilibrio di potere e di forma tra chi propone la modifica e chi la avversa. Per questo motivo, ogni strumento di comunicazione, informazione e partecipazione disponibile, come ad esempio quello fornito dalle procedure della VIA, deve essere impiegato e sviluppato con metodologie efficaci durante tutto il processo in cui la disputa nasce, evolve, decade o si risolve. Ogni parte deve esigere una corretta distribuzione delle informazioni e una giusta veicolazione dei messaggi che riguardano tutti i progetti che potrebbero modificare sostanzialmente e per sempre un’area geografica. Le differenze apparenti di forma e gerarchia tra i soggetti devono essere superate e gli obiettivi condivisi. E per agire in modo unito e collaborativo servono strumenti definiti in modo puntuale e regolati da una normativa giuridica, così da garantire la possibilità di esprimersi a chiunque desideri intervenire per comprendere e contribuire con un ruolo attivo a questa presa di decisioni. Lo scopo è sicuramente quello di raggiungere il maggior beneficio per tutti e non quello di ottenere il minore danno possibile; sarebbe deleterio per qualsiasi comunità optare per altro e renderebbe vano ogni progetto volto al progresso e allo sviluppo umano in senso ampio. La Valutazione di Impatto Ambientale grazie alle leggi, promulgate e migliorate negli anni a partire dalla sua nascita nel 1991, fornisce il luogo e i momenti di incontro tra la popolazione e gli organi istituzionali preposti alla presa di decisioni in materie di carattere ambientale. La partecipazione del pubblico nel processo di VIA è un principio imprescindibile per la Legge italiana ed è sancito da tutte le normative regionali valdostane. Il suo valore emerge non solo come un fenomeno con un movimento dal basso ossia a partire dalla cittadinanza che vive l’ambiente quotidianamente e in modo sentito, ma anche dall’alto delle istituzioni e degli organi predisposti per la tutela e la disciplina giuridica di quella stessa vita quotidiana. Nello studio della realtà valdostana, la partecipazione del pubblico è aumentata con l’aumento della presa di coscienza nella popolazione della rilevanza del proprio ruolo all’interno delle dinamiche decisionali sull’uso del territorio e con la crescita dell’interesse verso le tematiche ambientali e verso la tutela dell’ambiente. Alcuni dei casi specifici analizzati hanno messo in risalto l’essenza del conflitto ambientale e come esso esploda proprio in quelle aree incontaminate e soggette a molti cambiamenti negli anni che sono le vallate e le zone di montagna caratteristiche di questa parte del territorio italiano. Nel dettaglio sono stati affrontati, nel lavoro di ricerca, due casi in particolare: quello relativo alla costruzione della pista trattorabile nel Vallone di Comboé nel Comune di Charvensod e quello legato alla costruzione della centralina idroelettrica in Località Arpettes nel Comune di La Thuile.Vigneti a Donnas. Le modifiche all’ambiente per progetti legati alla costruzioni e di piste poderali o di centraline idroelettriche sono tra i principali esempi di modifiche al territorio sottoposte alla Valutazione di Impatto Ambientale e quindi quelle che suscitano maggiormente scontento, perplessità, dibattito e opposizione. I collegamenti stradali e lo sfruttamento delle risorse idriche vengono infatti spesso considerati dalla popolazione locale come opere di deterioramento del valore paesaggistico e naturalistico di determinati siti, come in questi due esempi. Nel caso di Comboé, il dibattito è stato molto accesso: le due parti (proponente e oppositori) hanno difeso le proprie posizioni con valide motivazioni, però senza mai ottenere una comunicazione veramente cooperativa per il raggiungimento di una posizione comune o per il puro superamento della conflittualità nell’ottica di un apprendimento e di uno scambio per il presente e soprattutto per il futuro delle relazioni reciproche. Spesso la partecipazione del pubblico è attiva e propositiva e scaturisce da una richiesta di intervento fatta dalla comunità di cittadini stessa, ma purtroppo si tende a optare per un modello di comunicazione unidirezionale. Quasi sempre si tende ad affermare ciò in cui si crede senza completare lo scambio verso la controparte con un ascolto attento e una disposizione all’apertura verso visioni nuove. Le disfunzioni più comuni di questo processo di partecipazione democratica possono essere rappresentate dalla carenza di informazioni o dall’immissione di informazioni incomplete nell’interazione, dalla presentazione delle informazioni in modo ambiguo o strumentalizzato, da una presa di posizione accanita o da una comunicazione manipolata. Ogni individuo dovrebbe ricercare la comprensione reciproca e il raggiungimento di soluzioni condivise e vantaggiose per tutti. Il mosaico comportamentale nei conflitti ambientali è complicato e le sue tessere sono sempre in movimento: per comprendere al meglio la realtà che si osserva e si giudica all’interno di queste dispute sull’ambiente, è doveroso considerare ogni passaggio e ogni attore coinvolto. Anche il caso relativo alla creazione di un impianto idroelettrico nel Comune di La Thuile è stato emblematico: ha sottolineato il legame indissolubile tra uomo e acqua che richiede sempre più una gestione oculata, competente e lungimirante. In questo episodio, il conflitto è scaturito dal timore che la modifica prospettata avesse dure conseguenze sull’orografia e l’idrografia dell’area e danneggiasse le attività produttive e turistiche condotte nel Comune e in particolare nel Vallone di Verney. Nel processo comunicativo e di partecipazione che ha caratterizzato questa disputa, ci sono stati un forte desiderio di esprimersi e un forte rispetto dei tempi e dei contenuti presentati da entrambe le parti, attraverso un’interazione meno difficoltosa rispetto ad altre dispute simili. In entrambi i casi di conflitto, gli elementi alla base del contrasto hanno subito un’evoluzione e sono variati nel tempo proprio attraverso la partecipazione del pubblico alla VIA che è stata determinante per l’intero procedimento, almeno a livello della comunicazione. Ogni scontro in generale ha, infatti, un terreno su cui si alimenta e si modifica definito “arena di contesa”. Si tratta del campo su cui le parti si confrontano; è la prospettiva che definisce la contesa stessa e si fonda su valori precisi che possono essere ideologici, scientifici, politici, giuridici ed economici. Nel caso dei due esempi citati sopra, questi elementi si sono influenzati a vicenda creando una rete che ha legato le diverse poste in gioco (le cause di esplosione del conflitto e gli oggetti della contesa) in schemi nuovi, rendendo le controversie non solo ideologiche, ma anche scientifiche o politiche ad esempio. Questo testimonia come i conflitti ambientali siano dei processi vivi e non statici: hanno una loro essenza chiara che subisce comunque variazioni legate ai protagonisti e alle modalità con cui il conflitto stesso si configura e si trasforma nel tempo. Questa è un’altra ragione che spinge a ricercare una comunicazione più fluida tra le parti e la possibilità di scambiare informazioni e conoscenze, ad esempio proprio attraverso le procedure di VIA in cui vengono espresse osservazioni sui progetti presentati e offerti momenti di accesso a informazioni e documenti che consentono un maggior avvicinamento tra le parti e una conoscenza della realtà in cui si vive che altrimenti non avverrebbero o sarebbero molto più lenti. Questo non implica che la risoluzione dei conflitti ambientali attraverso la VIA avvenga in maniera più facilitata, ma sicuramente aiuta a comprendere come possa crearsi uno spazio di concertazione che è fondamentale per la vita di una comunità. La chiesa di Rhêmes-Notre-Dame con il classico sfondo della Granta Parei.La VIA rappresenta uno degli strumenti più preziosi di partecipazione pubblica e intervento alle decisioni che riguardano la collettività e il suo territorio ed è a disposizione di tutti. Grazie alla sua procedura stabilita e potenziata dalle nuove regole e norme, infatti, è la sede ideale per il confronto e la prevenzione (se non addirittura la risoluzione definitiva) di potenziali conflitti: ad esempio, nel caso valdostano, grazie alla nuova L.R. 12/2009 sono possibili ulteriori modifiche ai progetti che permettono un’evoluzione in positivo del conflitto verso un avvicinamento delle parti. Con questa nuova normativa, il proponente di un progetto può appunto chiedere la sospensione dell’istruttoria per ricevere maggiori informazioni o chiarimenti riguardo alle osservazioni formulate e trasmesse dalla Struttura regionale competente per la VIA. Questo permette di risolvere pareri intermedi negativi che in precedenza (con la vecchia normativa) creavano contradditori e spesso portavano ad un arenarsi della procedura o ad un’intensificazione dei conflitti perchè non venivano affrontati se non nelle fasi finali dell’istruttoria. È vero tuttavia, ed è visibile soprattutto in Italia, che nonostante questa possibilità di inclusione del pubblico e quest’apertura verso di esso anche attraverso la VIA, spesso i conflitti non vengano risolti a causa di incomprensioni che vanno al di là di documenti e pareri tecnici. Punto dolente e molto presente nei processi di gestione dei conflitti ambientali, è spesso proprio il non voler avvicinarsi alla controparte e quindi l’arroccarsi su posizioni che si ritengono inconciliabili con quelle della parte opposta. Si verifica purtroppo molto spesso che i soggetti coinvolti nella disputa non vogliano andare al di là di un confronto minimo, ma decidano che qualunque mediazione o momento di confronto sia fine a se stesso. Si comunica per imporsi, senza ascoltarsi e senza capirsi. Non si desidera comprendere fino in fondo la posizione di colui che siede di fronte e che anzi viene percepito come un temibile avversario, ma si sceglie il percorso più difficile che è quello della chiusura, forse a priori, verso soluzioni intermedie che possano essere di beneficio per ciascuno e soprattutto di beneficio per la comunità perchè ogni passo intrapreso per capire la controparte non dovrebbe che portare alla vittoria per tutti (a prescindere dagli obiettivi di sviluppo da un lato o di conservazione dall’altro). Il dissenso e l’antagonismo in un conflitto possono essere costruttivi, ma non devono portare all’estremizzazione e alla posizione radicata su una sola possibile visione. È la comunità che ne deve guadagnare a livello umano e sociale innanzitutto. Il torrente Grand Nomenon con la Grivola sullo sfondo.La popolazione (esperti e non) è chiamata a esprimersi non solo per un dovere civico o tecnico chiaramente, ma soprattutto in quanto principale interessata da questi cambiamenti del territorio. Anche se nel tempo i progressi sono stati molti grazie alle nuove normative e grazie anche all’accresciuta informazione sulle tematiche di tutela ambientale, della sostenibilità e di uno sviluppo maggiormente in equilibrio con le esigenze della natura e dell’uomo, la strada è ancora lunga. Tuttavia, è stato positivo osservare come, nei due casi analizzati, la popolazione abbia partecipato comunque energicamente (in particolare nel caso della pista trattorabile nel Vallone di Comboé per cui è stata firmata anche una petizione e sono state organizzate delle marce di protesta), fornendo agli organi competenti (il Servizio VIA in particolare) osservazioni (decisamente contrarie) che sono state supportate da motivazioni anche tecniche e strutturate, a testimonianza dell’attenzione e del costante e rapido apprendimento delle modalità di espressione nella vita sociale che riguardano processi così delicati e particolari come quelli legati alle controversie ambientali e alle procedure di VIA. La Valle d’Aosta in questo quadro potrebbe svolgere un ruolo importante di apripista, in quanto area montana dall’ecosistema unico e delicato. Molti studiosi, infatti, sostengono che sia necessaria la creazione di veri e propri sistemi di expertise: stabilire metodologie e strategie consolidate e basate sulla professionalità di figure competenti in campo scientifico e sociale deve essere uno degli obiettivi principali e deve svilupparsi in momenti di confronto sempre più frequenti e basandosi non solo sull’esperienza di proponenti e oppositori, ma soprattutto sull’azione di reti associative transalpine in particolare (con attenzione alle tematiche relative alle Alpi e i loro biosistemi). L’arco alpino racchiude habitat unici e fragili che richiedono una tutela e una salvaguardia immediate, ma sicuramente anche progetti di uso del territorio innovativi che promuovano lo sviluppo sociale. Il cuore della tematica è raggiungere l’equilibrio tra questi due elementi. All’interno di un territorio così particolare come quello valdostano per le sue caratteristiche morfologiche, fisiche e geografiche, esiste una forte possibilità di creare un modello di gestione dei conflitti ambientali basato sulla trasparenza delle informazioni e l’inclusione nelle scelte che possa diventare un esempio per le altre realtà. Le dimensioni ridotte dell’area regionale valdostana sono un’ottima base su cui costruire processi di condivisione delle informazioni riguardanti il territorio, non solo in un’ottica di governo democratico ma anche in un’ottica di vantaggio per la regione stessa a livello economico (risparmio in tempo e denaro nella prevenzione e risoluzione dei conflitti e promozione di un’immagine forte verso l’esterno anche a livello turistico). Il cuore della tematica è anche il creare e trasmettere un’identità consapevole fatta di obiettivi in equilibrio tra sviluppo/costruzione e conservazione/valorizzazione delle risorse ambientali e territoriali. E se ci sono strumenti che consentono di arrivare a questo scopo ed essere punto di riferimento per le popolazioni che abitano queste realtà così peculiari, allora è dovere e compito di queste stesse popolazioni applicarli e potenziarli, come nel caso della VIA che basa il suo essere su regole molto chiare che considerano la partecipazione della collettività come un momento essenziale della sua attività. Pertanto l’attività di VIA rimane e rimarrà certamente momento essenziale per la partecipazione del pubblico alla condivisione e allo scioglimento di potenziali conflitti ambientali sul suo territorio.
   
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