IL SUOLO
Umidità e temperatura sono le componenti climatiche che influenzano in maniera determinate la velocità dei fenomeni chimici, fisici e biologici nella pedogenesi.
IL SUOLO E IL CLIMA
di Michele Freppaz
Il clima e la formazione del suolo
Il termine pedogenesi indica tutti i fenomeni e processi che sono alla base della formazione e dello sviluppo del sistema suolo con le sue caratteristiche morfologiche, mineralogiche, chimiche, fisiche e biologiche che lo rendono l'habitat naturale dei vegetali. Mentre sono i processi di pedogenesi a definire la formazione del suolo, sono i fattori di stato a condizionarne lo sviluppo e a determinarne le proprietà. I fattori della pedogenesi sono stati individuati dalla scuola russa tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo (Dokuchaev e altri) e poi studiati a fondo anche da altre scuole, in particolare da quella americana con Jenny nel periodo che va dal 1930 al 1950. Nel 1941 Jenny, nel suo libro "Factors of Soil Formation", formulò l'ipotesi che il suolo fosse il risultato dell'interazione di fattori pedogenetici rappresentati da:
· clima
· roccia madre
· organismi viventi
· topografia e geomorfologia
· tempo.
Fra quelli elencati il clima è probabilmente il fattore che esercita la maggiore influenza sulle proprietà del suolo. Le componenti climatiche che intervengono al momento della nascita del corpo suolo sono l'umidità e la temperatura: esse iniziano immediatamente a controllare la velocità dei fenomeni chimici, fisici e biologici della pedogenesi, soprattutto i processi di alterazione della roccia madre e di lisciviazione.
L'umidità agisce in funzione dell'intensità e della distribuzione annua delle precipitazioni, dell'evaporazione (inizialmente dal suolo e successivamente anche come traspirazione dei vegetali) e della possibilità dell'acqua di scorrere sulla superficie o penetrare nel suolo secondo la morfologia e la permeabilità della roccia.
La temperatura influenza in vario modo il processo di pedogenesi, controlla la velocità delle reazioni chimiche e biologiche ed è fattore essenziale della vita del suolo. Definisce l'entità dell'evapotrasiprazione e regola, quindi, la presenza dell'acqua e dell'aria. Agisce sullo sviluppo radicale delle piante superiori, influisce sul tipo e sulla quantità di vegetazione che si insedia sul suolo e, quindi, sul tipo e la quantità di residui organici che arrivano al suolo. La distribuzione in profondità del calore nel suolo varia con il ciclo giornaliero e stagionale. Si ha passaggio di calore verso gli strati più profondi del suolo durante le ore di insolazione e allontanamento di calore dal suolo durante le ore notturne. Alla profondità di circa 20 metri nel suolo il livello termico resta però pressoché stazionario nel corso dell'anno. Le quantità di radiazioni solari che pervengono al suolo variano con la latitudine; con l'aumentare della distanza dall'equatore è minore l'energia termica che giunge sulla superficie terrestre.
In linea generale al diminuire della temperatura ed all'aumentare del contenuto idrico i colori del suolo tendono al grigio, con sfumature bluastre e verdastre, ed il contenuto di sostanza organica diventa più importante. L'eccesso d'acqua e le basse temperature infatti rallentano l'alterazione della sostanza organica che così può accumularsi in grande quantità mentre il colore grigio deriva dalla presenza di ferro non ossidato. All'aumentare della temperatura il colore del suolo, definito con l'ausilio di apposite Tavole (nota 1), tende ad essere meno grigio e più rossastro. Questo è dovuto al fatto che il processo di alterazione con conseguente accumulo in superficie di ossidi di ferro è molto spinto, così come la decomposizione della sostanza organica. Ogni incremento termico di 10 gradi centigradi nel suolo determina infatti un aumento di 2 - 2.5 volte della velocità delle reazioni biochimiche, dovuto all'incremento di attività microbica del suolo, che si traduce in una più rapida decomposizione della sostanza organica.
Il maggior tasso di mineralizzazione della sostanza organica si osserva a temperature comprese tra 30°C e 40°C. Quando si supera tale intervallo di temperatura massima la velocità delle reazioni decresce sensibilmente a causa di processi degradativi a carico della biomassa microbica del suolo. Le maggiori controversie riguardano però le temperature minime alle quali si può osservare attività dei microrganismi nel suolo. Recenti ricerche hanno evidenziato come i microrganismi del suolo siano vitali fino a temperature prossime a -7°C. Vi sono batteri, definiti criofili, perfettamente adattati alla vita nel suolo a basse temperature. Questo gruppo di microrganismi è in grado di sopravvivere per migliaia di anni nel permafrost (il termine permafrost indica un qualsiasi terreno che rimane al di sotto della temperatura di 0°C per più di due anni) e nelle superfici ghiacciate, come evidenziato da recenti studi nei ghiacciai dell'Artico e dell'Antartide. Lo studio di queste forme di vita (microrganismi estremofili) è di fondamentale importanza nel campo dell' astrobiologia, in quanto si ipotizza la loro presenza anche su altri Pianeti, come ad esempio sulle superfici ghiacciate di Marte (http://science.nasa.gov/newhome/headlines/ast27may99_1.htm).
Le basse temperature influenzano quindi fortemente l'attività biologica del suolo ma sono responsabili anche di importanti fenomeni fisici. I principali fenomeni di disgregazione fisica delle rocce sono legati agli effetti del gelo e disgelo o crioclastismo. L'acqua negli interstizi allo stato di ghiaccio aumenta di volume ed esercita pressioni tali da fratturare la roccia. In genere il massimo di efficacia si verifica entro 50 cm di profondità, ad eccezione delle regioni periglaciali che possono essere gelate anche per decine di metri (permafrost) e sulle rocce permeabili.
Un tipico esempio dell'azione delle basse temperature sulle caratteristiche fisiche del suolo è rappresentata dai suoli poligonali. Si tratta di fenomeni crionivali, associati ai cicli di gelo e disgelo dello strato superficiale di suolo, che alle nostre latitudini caratterizzano gli ambienti d'alta quota, ma che sono stati evidenziati anche in questo caso sulla superficie di Marte (http://www.spaceref.com/news/viewnews.html?id=494).
L'alternanza di gelo e disgelo nel suolo può inoltre essere responsabile della redistribuzione delle rocce alle quote più elevate, con la formazione di particolari figure (cerchi, strisce) che sembrerebbero essere opera dell'uomo ma che invece sono una mirabile espressione della natura.

Il suolo e i cambiamenti climatici
Il clima esercita quindi una sensibile influenza sulla vita del suolo, generalmente in equilibrio con le condizioni climatiche che hanno portato alla sua formazione.
I cambiamenti climatici (nota 2) in atto possono mettere in crisi tale equilibrio, esercitando una sensibile influenza sulle proprietà del suolo.
Il suolo stesso, d'altra parte, può giocare un ruolo fondamentale nel mitigare o rendere ancora più critica la tendenza all'aumento di concentrazione nell'atmosfera di alcuni gas (anidride carbonica, protossido d'azoto e metano) responsabili del cosiddetto effetto serra (nota 3). Infatti il suolo può funzionare da trappola o fonte per l'anidride carbonica ed il metano. Trappola molto efficace se si pensa che la quantità di carbonio immagazzinata nel suolo è considerevole e può variare ad esempio da 30 tonnellate ad ettaro nel caso di un lariceto pascolato a 580 tonnellate ad ettaro se si considera un suolo organico su permafrost.
Il suolo può però diventare una fonte di carbonio per l'atmosfera. Infatti l'aumento di temperatura atmosferica può incrementare l'attività dei microrganismi del suolo e quindi la mineralizzazione della sostanza organica intrappolata, con maggiore produzione di anidride carbonica e quindi con un ulteriore aumento di temperatura dell'atmosfera. Altri processi possono però contrastare la diminuzione del contenuto di sostanza organica del suolo provocato dall'aumento di temperatura. Infatti l'incremento della concentrazione di anidride carbonica nell'atmosfera può influire positivamente sulla velocità del processo fotosintetico con una maggiore produzione del mondo vegetale e quindi con un maggior apporto di residui organici (ad es. foglie, aghi) al suolo. Se la velocità di accumulo della sostanza organica è superiore alla velocità di degradazione aumenta il contenuto di carbonio nel suolo, a scapito del carbonio dell'atmosfera. Se la velocità di accumulo è inferiore alla velocità di mineralizzazione, il contenuto di carbonio nel suolo diminuisce ed il suolo agisce come un'ulteriore fonte di CO2 per l'atmosfera. Si tratta di equilibri molto complessi, oggetto di numerose ricerche in tutto il Mondo, come quelle che si stanno effettuando nelle aree umide della Central Forest, una riserva biosferica a circa 300 km da Mosca, nella Taiga meridionale.
Numerosi sono quindi gli studi condotti sui cambiamenti climatici globali che hanno preso in considerazione gli effetti diretti sulla struttura e la funzione degli ecosistemi, cercando di comprendere come questi possono reagire alle variazioni climatiche in atto. Alcune delle più sensibili conseguenze possono però essere il risultato di effetti indiretti, quali ad esempio la frequenza degli incendi boschivi e l'accumulo delle precipitazioni nevose.
Se si considera l'ambiente alpino negli ultimi decenni si è osservata la tendenza ad una diminuzione della permanenza del manto nevoso al suolo alle quote inferiori e si ritiene, ad esempio, che nei prossimi 25-50 anni la quota alla quale vi sarà sufficiente neve per l'attività sciistica passerà dagli attuali 1200 m s.l.m. ai 1500 m s.l.m., con importanti conseguenze sulla qualità del suolo e delle coperture forestali che caratterizzano questa fascia altitudinale. Lo spessore ed il periodo di accumulo del manto nevoso esercitano infatti una notevole influenza sulla temperatura del suolo. La neve è un mezzo poroso ed i cristalli di neve imprigionano l'aria che, in relazione alla sua bassa conducibilità termica, è in grado di isolare il suolo dall'ambiente esterno. In particolare è stato evidenziato come un manto nevoso di almeno 40 cm di spessore, accumulatosi presto nella stagione invernale, sia in grado di isolare il suolo dall'ambiente circostante, mantenendone la temperatura prossima a 0°C. Per il flusso continuo di calore emanato dalla Terra, la neve che si trova a contatto con il suolo è riscaldata fino al suo punto di fusione o almeno molto vicino a questo limite. La neve al suolo si comporta quindi come una sorta di cappotto o di coperta, ed i nivologi utilizzano comunemente il termine manto nevoso (manteau neigeux in francese, schneedecke in tedesco, snowcover per gli anglosassoni, capa de nieve in spagnolo che letteralmente significa coperta di neve).
Il ritardo nell'accumulo nevoso tardo autunnale o addirittura l'assenza di manto nevoso, come si è verificato negli ultimi anni lungo l'arco alpino italiano, determinano invece un minor effetto isolante, con una conseguente riduzione della temperatura del suolo ed un aumento dei cicli gelo/disgelo. La basse temperature che si registrano nel suolo possono inibire l'attività dei microrganismi e conseguentemente le velocità dei processi di trasformazione dei nutrienti presenti nel suolo. I meccanismi che entrano in gioco sono molto complessi ma possiamo comunque affermare che in questo modo il suolo riduce la sua capacità di rifornire di elementi nutritivi le specie vegetali, gia sotto stress a causa dell'azione del gelo sull'apparato radicale. La riduzione delle precipitazioni nevose, ad esempio, sembra essere responsabile della moria dell'Acero saccarino (Acer saccharinum) in Canada ed alcuni ricercatori hanno evidenziato come sul lungo periodo la resistenza agli stress da congelamento potrà rivestire un ruolo fondamentale nel condizionare la composizione specifica dei popolamenti forestali nelle regioni temperate.
"Colder soils in a warmer climate", cioè suoli più freddi in un mondo più caldo, è questo l'efficace slogan coniato da alcuni ricercatori statunitensi per definire questo fenomeno che conferma come i cambiamenti climatici possano avere una sensibile influenza sul funzionamento degli ecosistemi, anche se con effetti spesso non cosi vistosi, come ad esempio il ritiro dei ghiacciai, ma non per questo meno importanti.

NOTE
1
Inizialmente il colore del suolo era attribuito in modo molto soggettivo usando nomi come bruno, rosso ecc., senza che vi fosse una convenzione per l'uso di questi termini. Attualmente tutti i colori del suolo sono determinati per confronto con le Munsell Soil Color Charts (Tavole Munsell). Queste consentono di esprimere in termini oggettivi e numerici il colore del suolo attraverso la comparazione con un elevatissimo numero di piastrine di colori standard. Il Sistema Munsell è basato su tre elementi:
· tinta (hue): indica il colore primario del suolo ed è espresso con lettere (esempio: R per il rosso, Y per il giallo);
· valore (value): indica la luminosità del colore. I colori più chiari sono espressi con numeri cha vanno da 10 a 5 mentre i colori più scuri da 5 a 0;
· croma (chroma): è l'indice della purezza del colore. La scala va da 0 per colori neutri a 8 per colori fortemente espressi.

2
La Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sul Cambiamento Climatico (1996) definisce il cambiamento climatico come "un cambiamento del clima attribuibile direttamente od indirettamente all'attività dell'uomo che altera la composizione globale dell'atmosfera e che si aggiunge alla naturale variabilità del clima".

3
Si tratta di un processo che consiste nel riscaldamento della Terra per effetto dell'azione dei cosiddetti gas serra, composti naturalmente presenti nell'aria a concentrazione relativamente bassa (anidride carbonica, metano, protossido d'azoto, ecc.). I gas serra permettono alle radiazioni solari di passare attraverso l'atmosfera mentre ostacolano il passaggio verso lo spazio di parte delle radiazioni infrarosse provenienti dalla superficie della Terra; in pratica si comportano come i vetri di una serra e favoriscono la regolazione ed il mantenimento della temperatura terrestre. L'effetto serra è dunque un fenomeno naturale. Senza di esso la Terra sarebbe un posto molto più freddo di quello attuale, nel quale la vita si sarebbe difficilmente evoluta. La potenza della sola radiazione solare, infatti, non sarebbe sufficiente a sostenere la vita.

   
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