IL SUOLO
Come tutti gli esseri viventi, anche il suolo compie il suo naturale ciclo dalla nascita fino alla morte e può essere influenzato da innumerevoli fattori esterni.
LA GENESI DEL SUOLO
di Eleonora Bonifacio
In una visione decisamente antropocentrica, si può dire che il suolo nasce, vive e, purtroppo, muore. Possiede alla nascita alcuni caratteri che, quantomeno nei primi stadi del suo sviluppo, influenzano fortemente le sue proprietà, ma sui caratteri impressi da quello che definiremo materiale parentale agiscono fattori esterni che determinano il prevalere di alcune tendenze evolutive piuttosto che di altre. Dall'azione combinata del materiale parentale (cioè il materiale da cui si origina il suolo) e dei fattori esterni derivano le proprietà del suolo, quindi il suo comportamento nei confronti degli altri soggetti dell'ecosistema: sono queste caratteristiche che rendono il suolo più o meno adatto a svolgere il ruolo che gli compete. L'analogia con gli esseri viventi può proseguire poiché, durante il suo ciclo vitale, il suolo può anche andare incontro a patologie che ne minano la funzionalità: patologie congenite, quando da un certo tipo di materiale parentale non può che svilupparsi un suolo patologico, oppure legate ai fattori che determinano il suo sviluppo. Sovente le patologie più gravi, quelle che impediscono al suolo di svolgere i suoi compiti, sono causate dal fattore esterno maggiormente aleatorio: l'uomo.
Se accettiamo questa visione antropocentrica, capiamo quanto sia importante conoscere come il suolo può svilupparsi per prevederne gli eventuali stati patologici e per utilizzare al meglio questa risorsa, rispettandone e valorizzandone le caratteristiche. Purtroppo gli stadi di sviluppo del suolo sono lentissimi e il rinnovo della risorsa non avviene in tempi umanamente apprezzabili.
Ma quanto tempo è necessario affinché un suolo si sviluppi? Questa è una domanda a cui la scienza del suolo - la pedologia in particolare - si è sforzata a lungo di dare una riposta. Studi specifici sono stati svolti ed alcune risposte sono state fornite; purtroppo però la variabilità è talmente alta che, a fini pratici, queste risposte sono di scarsa utilità. Infatti un centimetro di suolo, a seconda dell'ambiente in cui si forma, si può sviluppare in poco più di un anno o in un lasso di tempo che supera il secolo. E poi, qual è il punto di partenza? Quando, dal materiale parentale, inizia lo sviluppo del suolo? È evidente che il momento iniziale è chiaramente definibile solo quando è identificabile il momento in cui la roccia viene esposta alla superficie terrestre, come avviene nelle eruzioni vulcaniche; nella maggior parte dei casi trovare il momento di inizio è assai problematico. Già parlare di materiale parentale e non di roccia, implica che il suolo si possa formare anche su depositi più o meno coerenti, come le alluvioni di fondovalle, tanto importanti per le regioni montane; ma in tal caso, i clasti - cioè i frammenti di roccia - che costituiscono il deposito possono aver subìto un inizio di sviluppo in luoghi diversi da quello in cui si trovano al momento dell'osservazione; e allora qual è l'età di un suolo? Non c'è modo semplice di saperlo, anche se tecniche analitiche avanzate ci permettono di datare alcuni dei componenti del suolo, primo tra tutti il carbonio. L'unico modo che abbiamo per studiare lo sviluppo del suolo è quello di confrontare lo stadio evolutivo cui è giunto con quello di altri individui che differiscono solo per uno dei fattori determinanti, quei fattori esterni di cui abbiamo parlato prima, oppure per il materiale parentale. Vediamo quindi con un maggiore dettaglio quali sono questi fattori determinanti e come da una roccia madre si origina un suolo.

Quando la roccia è esposta all'azione degli agenti meteorici in ambiente atmosferico (diverso quindi da quello in cui essa si è formata), essa subisce processi di disgregazione fisica, dovuti ad esempio ai cicli gelo-disgelo che frantumando il materiale determinano un aumento dell'area esposta. Essa è pertanto più disposta ad essere attaccata da agenti come l'acqua che, (tramite reazioni di idrolisi), spezza i legami chimici interni al minerale e trasporta in soluzione i costituenti elementari della roccia. Tutti i legami chimici sono caratterizzati da un'energia di legame: tanto più questa energia è alta, tanto più difficile sarà scindere il legame. Considerando gli elementi maggiormente rappresentati nei minerali delle rocce, il legame tra atomi di ossigeno e silicio è quello più energetico, seguito dal legame alluminio-ossigeno, mentre i legami tra metalli alcalini o alcalino-terrosi e ossigeno sono quelli più facili da spezzare. Quando poi i minerali della roccia non sono silicati, ma ad esempio carbonati, i calcari ampiamente diffusi nelle Alpi, la rottura dei legami è enormemente facilitata, anche perché l'acqua che altera la roccia è acida. Sempre. Anche nei luoghi più lontani dalle fonti di inquinamento, il pH dell'acqua piovana non è neutro: si aggira attorno a 5.5, ben lontano quindi dalla neutralità. Per tutti i minerali la reazione di alterazione è molto più spinta in ambiente acido di quanto non avvenga in presenza di acqua pura.
Se il sistema suolo fosse un sistema chiuso, dopo un certo tempo verrebbe raggiunto un equilibrio chimico in cui la velocità di alterazione della roccia sarebbe pari a quella della reazione inversa; ma fortunatamente per lo sviluppo del suolo si tratta di un sistema aperto da cui gli elementi liberati possono essere rimossi, ad esempio da parte dell'acqua che li trasporta in profondità, o possono ricombinarsi ed essere depositati sotto forma di sali diversi da quelli d'origine. La reazione chimica può quindi continuare, liberando altri elementi dalla roccia.
Ecco quindi che si chiarisce quale sia uno dei fattori determinanti: il clima. Se ipotizziamo di avere la stessa identica roccia in un clima arido e in uno piovoso, l'alterazione che si avrà dopo un uguale periodo di tempo sarà minore dove la piovosità è minore: di conseguenza si avrà anche un minore sviluppo del suolo. D'altra parte la pioggia non è l'unico elemento del clima determinante nella genesi del suolo: l'esposizione di un versante influenza l'escursione termica e quindi i cicli freddo-caldo che favoriscono la disgregazione della roccia. Anche la temperatura ha un effetto sulla velocità con cui avvengono le reazioni chimiche. A livello mondiale, i climi caldo-umidi dell'ambiente equatoriale sono quelli in cui si trovano i suoli più evoluti, quelli in cui le trasformazioni della fase minerale sono più spinte.
Nell'alterazione della roccia non bisogna poi dimenticare l'effetto che hanno gli organismi, da quelli più semplici come i batteri, ai vegetali superiori: le radici dei vegetali sono in grado di penetrare nelle fessure delle rocce ed esercitare spinte che contribuiscono alla sua frantumazione; ma soprattutto liberano nella rizosfera, cioè nella porzione di suolo a contatto con le radici, composti acidi e quindi dotati di notevole capacità alterante. Non solo, gli organismi sono in grado di esercitare un'azione alterante, seppur indiretta, sulla roccia, per il solo fatto che essi esistono: la loro respirazione libera infatti anidride carbonica che, disciolta in acqua, ne aumenta l'acidità e di conseguenza l'effetto corrosivo. Gli organismi viventi quindi sono un altro fattore in grado di influenzare lo sviluppo del suolo a partire dalla roccia madre. Ma anche all'interno degli organismi viventi la loro capacità alterante è ben diversa: se potessimo trovare due situazioni omogenee dal punto di vista delle rocce e del clima, l'una con presenza di conifere e l'altra di vegetazione erbacea, potremmo valutare il diverso grado di sviluppo del suolo in funzione della vegetazione. Immediatamente però si pone un problema: clima e vegetazione sono strettamente collegati; in un sistema reale non potremmo valutare l'effetto alterante dell'abete rosso rispetto a quello del leccio, poiché i campi di esistenza e di diffusione delle specie costituiscono una barriera insormontabile. Ci si deve quindi limitare a paragoni tra simili oppure considerare variazioni di più di un fattore.
La spiegazione può diventare più chiara, ma la situazione più complessa, se riprendiamo un concetto già visto parlando dell'alterazione della roccia: il drenaggio. In un sistema ben drenato i prodotti dell'alterazione possono essere allontanati e la reazione può procedere. Ma da che cosa dipende il drenaggio? La forma delle superfici su cui si sviluppa il suolo influisce sui processi di modellamento ad opera degli agenti meteorici; è noto a tutti che l'erosione si manifesta in situazioni di pendio e non in piano. Possiamo quindi distinguere, lungo un versante, posizioni più stabili da posizioni instabili. Nelle posizioni instabili, il suolo viene costantemente ringiovanito dai fenomeni di ruscellamento superficiale che asportano il materiale più fine originatosi dall'alterazione della roccia e lo ridepositano a valle lungo il pendio dove, incontrando posizioni più stabili, non verrà rimosso. Ecco quindi che possiamo in linea di massima prevedere che nelle zone pianeggianti colluviali, a parità di tutti gli altri fattori, il suolo avrà uno sviluppo superiore rispetto a situazioni di pendio; qui l'apporto di materiale fine dalle posizioni sovrastanti si sommerà alla produzione di materiale fine dalla roccia in situ. I suoli di pendio, per la minore presenza di particelle fini, avranno un drenaggio migliore, quelli in posizione pianeggiante peggiore. Quanto abbiamo appena descritto è una semplificazione dell'effetto di un altro fattore che influenza lo sviluppo del suolo: la morfologia della superficie, ma, malgrado le semplificazioni, non è stato possibile non includere nuovamente il clima; l'erosione ed il ruscellamento superficiale sono processi che dipendono dall'entità delle precipitazioni, dal tipo (nevoso o piovoso) e dalla loro intensità e distribuzione durante l'anno. Non solo: la vegetazione ha un effetto protettivo nei confronti di questi processi e pertanto, nella ricerca di una situazione in cui poter valutare l'effetto della superficie, dovremo considerare anche le concomitanti variazioni di clima e vegetazione. Ed ancora, parlando di ringiovanimento del suolo, di asporto di materiale neoformato, abbiamo richiamato il concetto di età del suolo.
Sembra quindi impossibile, parlando di suolo, valutare l'effetto del materiale parentale e degli altri fattori presi singolarmente: anche semplificando il sistema, dobbiamo continuamente fare riferimento ad altro rispetto al fattore preso in considerazione. Scientificamente, questa considerazione si traduce nel dire che il suolo è un sistema multivariato e che le variabili sono interdipendenti. Un problema matematico irrisolvibile, che pure è stato espresso sotto forma di funzione con l'equazione di stato di Jenny (1941). Una qualunque proprietà del suolo, o il suolo stesso, è funzione dell'azione combinata del clima, degli organismi, della roccia madre, della topografia e del tempo. I fattori che noi abbiamo chiamato determinanti prendono il nome scientifico di fattori di formazione del suolo. Non potendo però risolvere l'equazione, si studia l'effetto dei fattori di formazione facendone variare uno alla volta, con tutti i problemi cui abbiamo precedentemente accennato. Ecco quindi che si possono studiare le cronosequenze, sequenze di suoli in cui solo l'età varia: ampiamente documentate sono le sequenze di suoli sviluppate su terrazzi alluvionali di età diversa o su depositi glaciali appartenenti a glaciazioni successive. Ecco le climosequenze, le biosequenze, le toposequenze e le litosequenze. Studi raffinati che ci forniscono, con tutti i limiti insiti nello studio di sistemi naturali, informazioni fondamentali ma non immediatamente trasferibili a situazioni diverse da quelle in cui lo studio è stato condotto; basta una modesta variazione di uno dei fattori di formazione per ottenere un suolo con proprietà diverse. L'esperienza e la conoscenza degli studi svolti da altri colleghi aiutano il pedologo a prevedere alcune delle proprietà di un suolo, a capire come su quell'individuo suolo abbiano agito i diversi fattori, a conoscere quindi il contesto in cui il suo sviluppo è avvenuto, a prevedere quale sarà l'evoluzione futura del suolo e, soprattutto, a diagnosticare le eventuali carenze che un suolo ha nello svolgere il suo ruolo nell'ecosistema. Si può quindi prevedere quale sarà l'effetto di una variazione modesta oppure dello stravolgimento di uno dei fattori di formazione. Fatti che, indotti da cause naturali o dall'uomo, avvengono tutti i giorni.
   
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