TERRITORIO IN OFFERTA
Il mercato immobiliare si è ormai separato in due grandi categorie – quella residenziale e quella turistica – senza però che a livello normativo si possa oggi fare distinzione tra i due tipi di utilizzo.
LA DOMANDA RESIDENZIALE
di Marilina Amorfini
Se guardiamo i dati Istat sulla popolazione e sugli alloggi, dovremmo dire che in Valle d’Aosta il problema della casa non esiste: 120.000 abitanti, suddivisi in più di 53.000 nuclei familiari, a fronte di un patrimonio immobiliare costituito da oltre 100.000 abitazioni. L’offerta residenziale dovrebbe quindi essere elevata e, di conseguenza, anche a buon prezzo, stante l’abbondanza dello stock abitativo.
Sappiamo tutti che non è così: le giovani coppie o gli immigrati faticano notevolmente a trovare una casa, e questo genera una spinta verso la soluzione più ovvia – mancano alloggi, bisogna costruire nuove case. Ma, considerato che i numeri ci dicono il contrario, dobbiamo forse approfondire un po’ che cosa contengono in realtà questi dati così discordanti da quanto apparentemente sotto gli occhi di tutti.
Innanzi tutto, ci meravigliamo a pensare che ci sia ancora carenza di abitazioni, visto che la popolazione valdostana non è molto aumentata nel tempo e che oggi sono stati recuperati ad uso residenziale anche la maggior parte dei volumi un tempo agricoli come le stalle, i fienili, i sottotetti. Dobbiamo allora analizzare due diversi aspetti del problema: da un lato le dinamiche sociali, dall’altro la composizione e dislocazione del patrimonio immobiliare.
Sul primo aspetto c’è da rilevare che la struttura della popolazione valdostana si presenta particolarmente disgregata, nel senso che i nuclei familiari hanno una composizione media di 2,2 persone, mentre il 34% delle persone cioè un terzo della popolazione, vivono da sole. Molte di queste persone sono anziani (il 20% circa della popolazione ha più di 65 anni). Il rapporto tra anziani e bambini è di 3,5 a 1 (più di tre anziani per ogni bambino): un indice di invecchiamento altissimo, che spiega anche la necessità di attrarre dall’esterno persone in età lavorativa. Infatti, risultano residenti in Valle 5.534 stranieri, pari al 4,4% sul totale della popolazione. Un altro fenomeno di rilievo è costituito dalle coppie separate, che danno luogo da un lato a famiglie mononucleari e dall’altro a nuclei di due persone costituiti da madre/figlio o, in misura minore, padre/figlio (circa 4000 nuclei sono composti da donne con un figlio e circa 800 composti da uomini con un figlio, per un totale pari al 4% della popolazione valdostana). Si tratta quindi di una domanda per così dire sbriciolata, che richiede molte unità abitative di piccolo taglio, quando invece il mercato locale è per la maggior parte costituito da unità di medio taglio, pensate su una realtà familiare media di 4-5 persone, tanto per quanto riguarda gli alloggi in condominio quanto, e spesso ancor più, nelle case unifamiliari o bifamiliari della cintura.
Un primo dato da rilevare è quindi la non corrispondenza dell’offerta di mercato alla realtà sociale emergente, caratterizzata dall’invecchiamento della popolazione e dalla ridotta dimensione numerica dei nuclei familiari. Ma c’è un altro problema: dove sono dislocate le oltre 46.000 unità abitative che evidentemente non entrano sul mercato? Se prendiamo i dati statistici dell’inizio del secolo scorso, il 20% della popolazione valdostana era insediato sul fondovalle, mentre l’80% risiedeva nelle valli laterali. Oggi questo rapporto si è rovesciato: l’80% dei valdostani risiede nel fondovalle e solo il 20% nelle valli laterali. È logico quindi che nelle valli si possano trovare edifici vuoti o sottoutilizzati, e che manchino abitazioni nel fondovalle. Va anche detto però che negli ultimi cinquant’anni i volumi edificati nella valle centrale sono ben più che raddoppiati, e che l’edificato esistente è stato quasi completamente recuperato; come si spiega allora questa cronica mancanza di alloggi?
Il problema nasce dalla competizione tra mercato residenziale e mercato turistico. Non è un fenomeno nuovo: i proprietari di appartamenti preferiscono affittare solo la stagione, o in qualche caso anche per tutto l’anno, al turista piuttosto che al residente: per non crearsi vincoli di contratto nel caso di necessità di variazioni d’uso o per meglio seguire i prezzi di mercato. Affittare al turista è quindi di massima più conveniente. Inoltre, il fenomeno del mercato cosiddetto in nero sfugge a qualsiasi rilevazione, anche indiretta. Ma c’è anche un altro motivo fondamentale: gran parte del patrimonio immobiliare, soprattutto nelle località turistiche, è di proprietà di persone esterne alla regione, che lo tengono a loro disposizione per le vacanze e non hanno interesse a immetterlo sul mercato, sia perché questo costituisce un impegno, sia perché richiede una presenza sul posto che non possono garantire. Dobbiamo tener conto che la nostra Regione si trova a una distanza privilegiata dalle grandi zone urbane del Nord-Ovest, e coloro che acquistano una seconda casa in montagna intendono mantenersi la possibilità di fruirne nei fine settimana. In molte località succede così di vedere la maggior parte delle case con le finestre chiuse per la gran parte dell’anno o almeno nei giorni infrasettimanali, mentre d’altro canto i lavoratori stagionali provenienti dall’esterno non riescono a trovare un buco di alloggio. Gli alberghi delle località più frequentate hanno ormai difficoltà a trovare personale, se non garantiscono anche alloggio: il lavoratore infatti non potrebbe permettersi di affittare ai prezzi dell’offerta turistica.
Il mercato immobiliare si è ormai separato in due grandi categorie – quella residenziale e quella turistica – senza però che a livello normativo si possa oggi fare distinzione tra i due tipi di utilizzo; è un problema che dovrebbe essere al più presto affrontato, e che ha spinto in questi anni i residenti a una vera corsa all’acquisto di abitazioni, per mettersi al riparo dal costante rigonfiamento dei prezzi di locazione. Circa il 77% dei valdostani possiede almeno una casa in proprietà – acquistata, costruita o ereditata; questo dato fa spesso sottovalutare il problema di quella parte di popolazione che, non avendone la disponibilità, si trova nella necessità di ricorrere al mercato dell’affitto.
Dal punto di vista territoriale, sappiamo che non è possibile comunque continuare a costruire senza aggravare ulteriormente i problemi di congestione di cui già soffre il canale centrale della Valle; d’altra parte non possiamo ignorare le necessità di quel 23% che rappresenta il ricambio fisiologico, la quota variabile di popolazione dovuta alle variazioni del mercato occupazionale. Da qui le politiche che la Regione, insieme all’ARER, sta conducendo.
   
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