RISCALDAMENTO GLOBALE
Anche se รจ solo da pochi decenni che si fanno osservazioni sistematiche ed affidabili, in una regione alpina come la nostra le oscillazioni climatiche sono ben evidenti osservando nel corso degli anni le avanzate o il ritiro delle masse glaciali.
SERIE STORICHE: TEMPERATURE E PRECIPITAZIONI
di Giulio Contri e Igor Torlai
L’Ufficio Meteorologico regionale, ubicato presso la Protezione Civile a Saint-Christophe, nasce operativamente nel 1973. Alla fine dello stesso anno iniziano le prime misurazioni di parametri meteorologici con la collocazione di una stazione presso l’Aeroporto regionale, a due passi dall’Ufficio Meteo stesso. L’attuale rete di telerilevamento regionale è composta da una novantina di stazioni, appartenenti, oltre che all’Ufficio Meteo, anche all’ARPA ed al Centro Funzionale regionale, collocate fra i 314 m di Donnas ed i 3460 m di Punta Helbronner, nel massiccio del Monte Bianco.
È importante sottolineare come la meteorologia e la climatologia, per quanto strettamente correlate, siano due discipline diverse fra loro: la meteorologia si occupa di descrivere o prevedere lo stato del tempo in un determinato luogo ed in un determinato momento, mentre la climatologia descrive quelli che sono i valori medi dei parametri meteorologici rilevati in un determinato luogo per un arco temporale sufficientemente lungo, almeno 30 anni.
In questi ultimi anni, in cui si è acquisita una maggiore sensibilità verso i problemi ambientali, i cambiamenti climatici sono uno degli argomenti più gettonati da parte dei media. Giornali e televisione spesso contribuiscono a diffondere l’idea che il clima stia cambiando solo per colpa dell’uomo (effetto antropico, con particolare riguardo all’emissione di gas serra), quasi dimenticando che in realtà il clima è sempre cambiato, alternando fasi fredde (ere glaciali) a fasi più calde.
Quando si parla del fatto che la temperatura media sulle Alpi, come in gran parte della Terra, dagli anni ’80 sta aumentando, bisogna tener presente che siamo da poco usciti dalla Piccola Età Glaciale - una fase fredda che ha seguito il Periodo Caldo Medievale, e durata dal 1550 al 1850 con culmine nel XVII e XVIII secolo - e che di conseguenza può essere “normale” assistere in questi anni ad un innalzamento della temperatura media. In generale, è da 10.000/15.000 anni (fine della glaciazione Wurmiana) che la temperatura media della Terra cresce, sia pure a fasi alterne. È quindi possibile, se non probabile, che anche l’attuale fase di riscaldamento sia dovuta a fattori almeno in parte naturali e non solo antropici.
Anche se è solo da pochi decenni che si fanno osservazioni sistematiche ed affidabili, in una regione alpina come la nostra le oscillazioni climatiche sono ben evidenti osservando nel corso degli anni le avanzate o il ritiro delle masse glaciali, derivanti principalmente dalla quantità di precipitazioni nevose che si verificano nella stagione invernale e dai valori delle temperature estive, responsabili della fusione della neve e del ghiaccio. Un particolare ruolo nella fusione glaciale sembrano poi giocarlo le precipitazioni liquide ad alta quota, che possono verificarsi occasionalmente nella stagione estiva. Le temperature elevate hanno inoltre un ruolo molto importante anche sull’evoluzione del permafrost, presente nel sottosuolo e nelle pareti rocciose delle nostre montagne ad alta quota: la sua fusione accelerata può contribuire ad instabilizzare i pendii, con fenomeni franosi che talvolta possono anche rendere temporaneamente impraticabili vie alpinistiche storiche, come è successo sul Cervino.
In questo studio si vogliono ricercare eventuali trend climatici relativi all’ultimo trentennio – periodo minimo per effettuare tali considerazioni – della nostra regione, con riferimento alle temperature ed alle precipitazioni, senza tuttavia voler esprimere un’opinione sulle cause di tali variazioni.
Prima di cominciare, si ricorda brevemente come il clima del fondovalle valdostano tra Villeneuve e Châtillon sia caratterizzato da xericità intralpina: la presenza, tutto intorno, di montagne molto alte sulle quali si scarica l’umidità, fa sì che nel fondovalle cadano mediamente meno di 500 mm/anno di precipitazioni. Al contrario, innalzandosi di quota o spostandosi verso i confini, gli apporti pluviometrici crescono rapidamente, e le precipitazioni medie annue sulla regione si aggirano intorno a 950 mm. Riguardo alla temperatura, la media annuale nella zona di Aosta è intorno a 10/11°C, e mostra un prevedibile calo con la quota, con l’isoterma di zero gradi intorno a 2500 m.
Per questo studio si considerano due stazioni per le quali sono disponibili una trentina d’anni di dati, ed in particolare una situata nel fondovalle (Saint-Christophe, 545 m, gestita dall’ARPA e dall’Ufficio Meteorologico della Protezione Civile) ed una in media montagna (Diga di Cignana, 2170 m, ex SIMN, ora gestita dal Centro Funzionale regionale, che si ringrazia per i dati forniti). Il periodo di analisi è compreso tra gennaio 1976 e dicembre 2006 per le temperature giornaliere medie, minime e massime, e tra gennaio 1976 e dicembre 2005 per quanto riguarda le precipitazioni giornaliere (la presenza di pluviometri riscaldati permette di rilevare anche le precipitazioni nevose). Si esclude dall’analisi l’anno 2007, perché i dati della Diga di Cignana raccolti manualmente non sono ancora stati digitalizzati. Purtroppo, gli anni 1996, 1998 e 1999, limitatamente alle precipitazioni registrate alla Diga di Cignana, risultano molto lacunosi, e pertanto si escludono dall’esame. Per questa stazione inoltre mancano i dati delle temperature minime e massime registrate negli anni 2002 – 2004. Un problema spesso ricorrente nell’analisi di dati storici è dato poi dal fatto che i sensori possono aver subito cambiamenti e/o riposizionamenti nel corso degli anni, rendendo non uniforme la serie di dati, oppure essere stati posizionati per qualche tempo in luoghi non idonei, per esempio esposizione a radiazione solare del sensore di temperatura, o localizzazione del pluviometro nei pressi di edifici.

Temperature
Analizzando i dati sull’andamento della media delle temperature minime e massime divise per stagione (vedi grafici in alto), in primo luogo si denota per entrambe le stazioni un periodo con inverni relativamente freddi a metà degli anni ‘80, caratterizzati da frequenti e forti irruzioni di aria fredda provenienti dalla Russia. Analogamente, sono ben visibili per Saint-Christophe – mancando i corrispondenti dati di Cignana – il caldo record dell’estate 2003, ed in misura minore dell’autunno 2006, che risulta il più caldo nei valori massimi, mentre come minime è superato abbastanza nettamente dal 2002. Si nota inoltre che Cignana presenta un’apparente discontinuità nella serie di dati intorno alla fine degli anni ’70, probabilmente spiegabile con una diversa collocazione del termometro. In generale si può comunque evidenziare un trend leggermente positivo, indice di una tendenza all’aumento delle temperature: fanno eccezione i valori autunnali e le massime estive a Cignana, ed in parte le minime invernali a Saint-Christophe, grazie anche ai freddi inverni del 2005 e 2006.
Per quanto concerne i valori estremi di temperatura registrati annualmente (grafico in alto a sinistra), si nota come a Saint-Christophe il 2005 e il 2006 abbiano fatto registrare rispettivamente la terza e la seconda minima assoluta a partire dal 1992, andando in controtendenza rispetto al trend dell’ultimo trentennio, che conferma una generale tendenza all’aumento anche per i valori estremi, sia massimi che minimi. Fanno eccezione i valori minimi assoluti di Cignana, per i quali la tendenza all’aumento è appena accennata. Spicca inoltre, per i massimi, il valore del 2003 di Saint-Christophe, che con 38.6°C registra il record assoluto, mentre sussistono dei dubbi sul valore di 28°C registrato a Cignana nel 1991: probabilmente il termometro era parzialmente esposto alla radiazione solare.
Una curiosità: proprio dopo la torrida estate del 2003, caratterizzata da valori di caldo record e dalle relative ripercussioni sulle popolazioni italiana ed europea, il Ministero della Sanità ha presentato delle linee guida in base alle quali le città italiane si sono dotate di piani di sorveglianza e risposta verso gli effetti sulla salute di ondate di calore anomalo. La Valle d’Aosta non ha fatto eccezione, e dall’estate 2004 è operativo un piano per fronteggiare l’Emergenza calore, attivato nel caso siano previste ondate di caldo per le successive 72 ore nel fondovalle al di sotto degli 800 m. In Valle d’Aosta in realtà l’effetto del caldo diurno, pur notevole, è sensibilmente mitigato dai valori generalmente bassi di umidità relativa, dalla brezza, ed anche dalle temperature notturne, che raramente si mantengono oltre i 20°C (le cosiddette tropical nights). A tale riguardo, il calcolo della frequenza annuale di tali eventi a Saint-Christophe, mostrato nel grafico in alto a destra, denota come si tratti di un fenomeno molto raro (21 casi in 30 anni), evidenziandone però nel contempo un aumento negli ultimi anni, dovuto essenzialmente all’estate del 2003, con sei superamenti della soglia di 20°C, e a quella successiva, con cinque eventi.
Per concludere con il discorso sulle temperature, l’analisi della frequenza dei giorni di gelo (FD, temperatura minima sotto lo zero) e di ghiaccio (ID, temperatura massima sotto lo zero) per Saint-Christophe (grafico nella pagina accanto, in basso a sinistra), fa emergere nuovamente il “periodo freddo” della metà degli anni ’80, mentre dalla fine dello stesso decennio si osserva una generale diminuzione sia per FD che per ID. Inoltre, si osserva curiosamente una certa periodicità nella frequenza di tali eventi, che appaiono presentare un massimo ogni 5-6 anni.

Precipitazioni
Il calcolo dei quantitativi annui di precipitazione per entrambe le stazioni, nei giorni che hanno fatto registrare valori superiori alla soglia convenzionale di 1 mm (grafico nella pagina accanto, in basso a destra), denota il forte trend negativo per Cignana, che da valori annui talvolta nettamente superiori ai 1000 mm tra la fine degli anni ’70 ed i primi anni ’80, passa a valori attuali dell’ordine dei 700 mm. Una spiegazione di tale evoluzione può essere, oltre che un effettivo calo delle precipitazioni, la sostituzione, nel 1980, del vecchio strumento manuale con un pluviografo, apportando possibili difformità nella misura delle precipitazioni. La serie di Saint-Christophe risulta più regolare, e mostra anch’essa un generale calo delle precipitazioni, ma molto meno marcato: si passa da 600 mm ai circa 550 mm dei giorni nostri.
Nel grafico in alto a sinistra sono rappresentati i massimi giorni consecutivi secchi (CDD, consecutive dry days), cioè con valori di precipitazioni inferiori a 1 mm, registrati ogni anno a Saint-Christophe e a Cignana. Si deduce in entrambe le località un trend positivo, dovuto più che altro ad alcuni anni anomali verificatisi nell’ultimo periodo, con particolare riferimento al 2003, quando la presenza per periodi prolungati di strutture anticicloniche sub-tropicali sull’Europa centro-occidentale ha inibito il verificarsi di precipitazioni. In particolare, per Saint-Christophe siamo passati da una trentina di giorni consecutivi senza precipitazioni ai quasi quaranta attuali.
Coerentemente, per quel che riguarda invece i giorni consecutivi con precipitazioni (CWD, consecutive wet days), rappresentati nel grafico in alto a destra, si osserva un trend leggermente negativo sia a Saint-Christophe che a Cignana, tale da far pensare ad un progressivo lieve calo della durata dei periodi con tempo perturbato associato a precipitazioni.

Considerazioni conclusive
L’impressione diffusa che in questi anni il clima si sia in parte modificato rispetto a pochi decenni fa appare confermata da questa breve analisi, che mostra per entrambe le stazioni - pur con tutte le cautele del caso per il dato pluviometrico di Cignana, probabilmente condizionato da una scarsa uniformità nella serie storica a nostra disposizione - una generale tendenza all’aumento delle temperature e ad un calo delle precipitazioni, quest’ultimo meno sensibile, almeno nel fondovalle.
In particolare, oltre ad essere evidente un aumento nel trend dei valori medi, sembra emergere un aumento nella frequenza di eventi estremi, ben evidenziato nell’estate 2003, caratterizzata da valori di caldo record e da prolungata siccità estiva. Il valore di temperatura massima assoluta mai registrato a Saint-Christophe risale appunto al 25 giugno di quell’anno, con 38.6°C, e solo nel corso di quell’estate si sono verificate poco meno di un terzo delle notti tropicali degli ultimi trent’anni.
   
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