Norme di attuazione

TITOLO III NORME PER SETTORI

Art. 20 - Trasporti
Art. 21 - Progettazione ed esecuzione delle strade e degli impianti a fune
Art. 22 - Infrastrutture
Art. 23 - Servizi
Art. 24 - Abitazioni
Art. 25 - Industria e artigianato
Art. 26 - Aree ed insediamenti agricoli
Art. 27 - Stazioni e località turistiche
Art. 28 - Mete e circuiti turistici
Art. 29 - Attrezzature e servizi per il turismo
Art. 30 - Tutela del paesaggio sensibile
Art. 31 - Pascoli
Art. 32 - Boschi e foreste
Art. 33 - Difesa del suolo
Art. 34 - Attività estrattive
Art. 35 - Fasce fluviali e risorse idriche
Art. 36 - Agglomerati di interesse storico, artistico, documentario o ambientale
Art. 37 - Beni culturali isolati
Art. 38 - Siti di specifico interesse naturalistico
Art. 39 - Parchi, riserve e aree di valorizzazione naturalistica
Art. 40 - Aree di specifico interesse paesaggistico, storico, culturale o documentario e archeologico

Articolo 20: Trasporti

1. I piani di settore e gli strumenti urbanistici assicurano, nell’ambito delle rispettive competenze:

a) il potenziamento della ferrovia anche per usi di tipo metropolitano;

b) la razionalizzazione dell’autostrada con miglioramento delle connessioni con i dotti principali della viabilità ordinaria;

c) il completamento dell’autostrada, da definire in base alle scelte autostradali e ferroviarie internazionali ed all’esigenza di ridurre al minimo gli impatti ambientali;

d) la sperimentazione di sistemi innovativi di trasporto pubblico nelle aree a bassa densità insediativa;

e) la realizzazione di impianti speciali per l’accessibilità ad aree naturali che presentano elevata sensibilità e frequentazione, nonché per l’integrazione di aree che presentano risorse fra loro complementari;

f) la razionalizzazione della viabilità ordinaria, con aumento delle connessioni tra le reti;

g) la realizzazione di percorsi nell’adret e nell’envers della valle centrale, con finalità di servizio alla mobilità locale e turistica;

h) la riqualificazione dei percorsi stradali di adduzione ai valichi internazionali;

i) l’attuazione di sistemi di monitoraggio e di limitazioni, permanenti o temporanee, degli afflussi turistici nelle aree maggiormente frequentate;

l) la riqualificazione e il potenziamento delle interrelazioni tra l’autostrada, la ferrovia e la viabilità ordinaria;

m) gli interventi nei punti critici della rete stradale volti a ridurre o eliminare i fattori di rischio o di congestione, e migliorare le condizioni di sicurezza;

n) la riconversione dell’autoporto della Valle d’Aosta sulla base dei progetti già definiti;

o) il potenziamento dell’aeroporto Corrado Gex, sulla base di analisi di fattibilità.

2. I piani di sviluppo delle comunità montane assumono contenuti coerenti con gli obiettivi di cui al comma 1.

3. I piani di settore e gli strumenti urbanistici, nell’ambito delle rispettive competenze, perseguono il potenziamento del trasporto ferroviario mediante, in particolare:

a) l’ammodernamento della linea ferroviaria, con l’installazione di più avanzate tecnologie, con particolare riferimento ai sistemi di trazione e di sicurezza, quali l’elettrificazione e l’introduzione del controllo centralizzato del traffico;

b) il miglioramento dell’integrazione tra ferrovia e altre modalità di trasporto, con la realizzazione dei nodi di interscambio di cui al comma 6, anche con eventuali nuove stazioni e/o fermate ferroviarie;

c) la riorganizzazione delle stazioni esistenti, anche in funzione della loro massima integrazione con gli insediamenti urbani;

d) il completamento della progettazione del nuovo itinerario internazionale Aosta Martigny, curando un suo corretto inserimento nel sistema territoriale e ambientale della Regione.

4. La Regione promuove, anche d’intesa con gli altri enti competenti, interventi diretti alla razionalizzazione dell’autostrada, al fine di orientare i flussi turistici nei giorni di massima frequentazione; agevolare lo smaltimento dei flussi di traffico nelle ore di punta; migliorare l’interconnessione tra l’autostrada e la strada regionale della valle di Valtournenche; migliorare il servizio agli utenti e ridurre l’impatto ambientale; tali obiettivi sono perseguiti, in particolare, attraverso:

a) all’istituzione di sistemi di monitoraggio con azione preventiva riferita alle grandi stazioni turistiche;

b) al potenziamento delle corsie di accelerazione e di decelerazione relative ai caselli di Pont-Saint-Martin, Verrès, Châtillon;

c) alla realizzazione di aree di servizio a Pont-Saint-Martin;

d) ad interventi per la mitigazione dell’inquinamento acustico, da definire con appositi studi, in particolare relativi alle località di Donnas, Hône, Verrès, bourg di Montjovet, Pontey;

e) alla ridefinizione delle caratteristiche strutturali e funzionali della tratta compresa fra la barriera in essere e lo svincolo di Aymavilles, al fine di conferirle il ruolo di tangenziale urbana.

5. La Regione promuove, anche d’intesa con gli altri enti competenti, interventi diretti alla razionalizzazione e alla riqualificazione della viabilità ordinaria, anche in relazione al completamento dell’autostrada, quali:

a) la riqualificazione delle fasce urbane attraversate, nei tratti espressamente indicati nelle tavole di piano;

b) le modifiche del tracciato nelle tratte indicate nelle tavole di piano;

c) le misure volte ad evitare nuove immissioni dirette;

d) gli interventi sui punti critici, in base ad un programma organico fondato sull’analisi delle cause di incidenti;

e) le migliorie funzionali agli incroci per l’accesso alle valli laterali e ai centri abitati;

f) la realizzazione di spazi attrezzati di parcheggio a servizio della strada e degli abitati e per la fruizione del paesaggio e di beni culturali e naturali, con recupero delle tratte dismesse;

g) l’omogeneizzazione delle opere di protezione e di sostegno con la riqualificazione dei paramassi e dei paravalanghe;

h) la strutturazione di marciapiedi nell’attraversamento degli abitati e nelle altre tratte frequentate da pedoni;

i) il miglioramento delle connessioni della strada statale n. 27 con la strada di Roisan, con particolare attenzione all’adduzione da nord all’aggregato urbano di Aosta, per il collegamento locale tra i due versanti del Buthier;

l) la riqualificazione della strada statale n. 26, nella tratta compresa tra il centro di Pont-Serrand, in comune di La Thuile, e il Col du Petit-Saint-Bernard, al fine di: consolidare le interrelazioni estive tra la Val d’Isère e la Valdigne; sviluppare il turismo automobilistico estivo circuitante attorno al Mont-Blanc tramite i colli del Petit-Saint-Bernard e del Grand-Saint-Bernard; rilanciare un percorso automobilistico turistico estivo, alternativo al tunnel du Mont-Blanc;

m) la riqualificazione della strada statale n. 27, nella tratta compresa tra il centro di Saint-Rhémy, in comune di Saint-Rhémy-en-Bosses, e il Col du Grand-Saint-Bernard, al fine di: consolidare le interrelazioni estive tra il vallon d’Entremont e la valle del torrent Buthier; sviluppare il turismo automobilistico estivo attorno al Mont-Blanc tramite i colli del Petit-Saint-Bernard e del Grand-Saint-Bernard;

n) la razionalizzazione delle strade statali 26 e 26dir nelle tratte comprese fra lo svincolo autostradale di Morgex e il piazzale antistante al traforo del Mont-Blanc, nonché in corrispondenza del centro di La Thuile, con criteri progettuali o esecutivi volti a eliminare situazioni particolarmente critiche, quali quelle che si verificano in corrispondenza del centro di Pré-Saint-Didier e nei tornanti immediatamente soprastanti, e a contenere l’inquinamento acustico e il degrado ambientale nella conca di Courmayeur.

6. Al fine di favorire l’interscambio di persone e di merci tra le diverse modalità di trasporto, la Regione promuove la realizzazione di nodi di interscambio ad Aosta, Pont-Saint-Martin, Verrès, Châtillon Saint-Vincent, Villeneuve, Morgex con i seguenti principali interventi:

a) nodo di Aosta, ricercando l’interconnessione tra l’autostrada, la rete della viabilità locale, le stazioni della ferrovia e delle autolinee e l’impianto di trasporto a fune verso Pilaz (in comune di Gressan) e Cogne, e con la riqualificazione della stazione ferroviaria;

b) nodo di Pont-Saint-Martin, con interventi infrastrutturali coordinati finalizzati a favorire l’insediamento di attività e servizi di livello regionale; a qualificare gli accessi al centro stesso;

c) nodo di Verrès, con interventi infrastrutturali coordinati finalizzati a favorire l’insediamento di attività e servizi di livello regionale; contenere il traffico di attraversamento nel centro di Verrès da e per la valle di Ayas; qualificare gli accessi al centro stesso;

d) nodo di Châtillon Saint-Vincent, con interventi infrastrutturali coordinati finalizzati a favorire il potenziamento e la riqualificazione di attività e servizi di livello regionale; a migliorare l’interconnessione tra l’autostrada e la strada regionale della Valtournenche; ad eliminare dai centri di Châtillon e Saint-Vincent il traffico di attraversamento da e per la Valtournenche e il Col de Joux; a qualificare gli accessi ai centri;

e) nodo di Villeneuve, con interventi per la interconnessione tra la strada statale n. 26, le strade regionali n. 23 della Valsavarenche e n. 24 di Rhêmes, la strada dell’envers e la stazione ferroviaria, al fine di favorire l’insediamento di attività e servizi di livello regionale; di potenziare e riqualificare le interrelazioni tra i servizi sovracomunali localizzati nei centri di Villeneuve e di SaintPierre e tra i centri medesimi e il territorio gravitante su di essi; di eliminare dal centro storico di Villeneuve il traffico di attraversamento da e per la Valsavarenche e la valle di Rhêmes;

f) nodo di Morgex, con interventi infrastrutturali coordinati finalizzati a rafforzare e qualificare l’attestazione dei servizi per la Valdigne facenti capo al centro di Morgex; a diversificare, tramite il Col SaintCharles, l’accesso alla conca di La Thuile; a contenere l’accesso alla conca di Courmayeur con mezzi di trasporto individuali.

7. La Regione promuove, con appositi programmi o progetti, la riqualificazione e la realizzazione di percorsi stradali panoramici per la fruizione del paesaggio e dei beni ambientali ed in particolare:

a) la riqualificazione della strada dell’envers tra Lévérogne e Châtillon e tra Montjovet e Hône, con circoscritte correzioni di tracciato per gli attraversamenti che presentano impatti inaccettabili sui centri abitati; caratterizzazione strutturale delle singole tratte in funzione esclusivamente dei flussi di traffico locale e delle oggettive differenziazioni paesistiche ed ambientali, col massimo contenimento degli impatti ambientali e, in particolare, della sezione utile necessaria; conservazione dei manufatti aventi valore storico, ambientale o architettonico; realizzazione di spazi attrezzati di sosta e di parcheggio per la fruizione del paesaggio, di beni culturali e ambientali e di arroccamento ai centri serviti;

b) la riqualificazione della strada di balconata dell’adret con interventi di completamento e riqualificazione dei percorsi indicati nelle tavole di piano; di riduzione degli impatti ambientali determinati dalle tratte in esercizio, e di inserimento delle nuove opere con il massimo rispetto dei valori ambientali e con il recupero delle preesistenze; di realizzazione di spazi attrezzati di sosta e di parcheggi a servizio dei centri, per la fruizione del paesaggio, di beni naturali e culturali e per la partenza di percorsi pedonali escursionistici, nonché di aree attrezzate per sosta e soggiorni all’aperto lungo il percorso.

8. La Regione promuove, con appositi programmi, la realizzazione di sistemi integrati di trasporto collettivo; in particolare, promuove:

a) per la valle centrale: servizi di trasporto collettivo su gomma tali da assicurare organiche connessioni tra ciascun centro dell’organizzazione lineare della valle centrale e i parcheggi di attestamento ai centri medesimi; parcheggi di interscambio tra la ferrovia e la viabilità ordinaria; parcheggi di interscambio tra l’autostrada e la viabilità ordinaria; basi dei principali impianti di arroccamento;

b) per le valli laterali e le grandi stazioni turistiche: la riqualificazione delle interrelazioni tra i flussi turistici, i centri abitati, le basi degli impianti di arroccamento, le aree naturali ad elevata frequentazione; ciò al fine di eliminare, o quanto meno ridurre, il traffico di attraversamento dei centri intermedi di fondovalle; ridurre gli accessi individuali motorizzati alle testate turistiche; controllare i carichi turistici; ridurre e possibilmente eliminare, nei periodi di intensa frequentazione, il traffico automobilistico privato nei centri abitati; contenere gli impatti ambientali connessi alla costruzione di aree di parcheggio a cielo libero e agevolare, nel periodo invernale, le operazioni di sgombro della neve dagli spazi pubblici; ridurre le interferenze tra il traffico motorizzato e i principali flussi pedonali diretti alle basi degli impianti di arroccamento; diversificare le vie di accesso alle aree sciabili;

c) per le aree di insediamento sparso a bassa densità abitativa: sistemi innovativi di trasporto pubblico idonei a collegarle con i centri di servizio locale e con i nodi di interscambio nella valle centrale; ciò, in particolare, mediante nuovi servizi di trasporto collettivo a orario fisso ovvero a chiamata, su idonei circuiti viabili; interventi sulle tratte stradali carenti per la realizzazione dei circuiti suddetti e di slarghi distribuiti lungo i percorsi per la sosta e l’incrocio dei mezzi di trasporto.

9. L’intera rete viaria del comune di Chamois è preclusa ai mezzi a motore non elettrico eccezione fatta per quelli di soccorso, agricoli, per trasporto di merci, per sgombro neve e simili, la cui circolazione è disciplinata dal comune.

 

Articolo 21: Progettazione ed esecuzione delle strade e degli impianti a fune

1. Al fine di contenere e, ove possibile, eliminare gli impatti ambientali e paesistici in atto e scongiurare degradi futuri; allo scopo altresì di migliorare la percorribilità delle strade e la sicurezza degli utenti; per favorire inoltre la fruizione del territorio percorso da parte degli utenti e per ottenere imassimi benefici ambientali possibili, la progettazione e l’esecuzione delle strade devono rispettarele seguenti determinazioni:

a) i tracciati per la migliore integrazione delle opere nell’ambiente devono essere aderenti, o comunque adeguatamente correlati, alla morfologia dei territori percorsi, distinti dai tracciati principali della rete pedonale storica individuata nella cartografia del PTP e recepita dai PRGC, rispettosi dei corsi d’acqua naturali e delle loro divagazioni;

b) le sezioni trasversali della carreggiata devono essere congruenti con il volume di traffico atteso sulla base di corretti calcoli previsionali e, comunque, non superiori a metri 5,75 nei tronchi della rete stradale extraurbana, non appartenenti a strade statali e regionali, e a metri tre nei tronchi stradali per utenze speciali, quali le strade interpoderali, antincendio, quelle forestali o a servizio di attività estrattive, con dotazione, in questi ultimi casi, di piazzole utili per gli incroci tra automezzi, l’inversione del senso di marcia e il parcheggio; nei casi in cui il sedime di tronchi stradali costituisca parte dello sviluppo di piste per lo sci nordico, la sua larghezza può essere dimensionata per rispondere ai requisiti minimi di omologazione FISI;

c) devono essere inerbate le scarpate e, in relazione all’altitudine e alle caratteristiche dei terreni, messe a dimora specie legnose o arbustive locali; ove indispensabili per la stabilità delle opere e dei versanti, i muri di controripa e di sottoscarpa o di sostegno della piattaforma stradale devono presentare la minor altezza possibile, essere efficientemente drenati, e realizzati in pietra preferibilmente locale, o comunque con facciavista in pietra a spacco, senza copertine cementizie sommitali o con copertine di spessore massimo pari a centimetri venti e non aggettanti dal piano subverticale del paramento murario;

d) deve essere realizzata l’accurata ricostruzione del reticolo idrografico superficiale, la raccolta integrale delle acque piovane cadenti sulla piattaforma stradale e delle acque di drenaggio, il loro smaltimento con condutture in ricettori aventi capacità e struttura idonee allo scopo;

e) per le tratte della rete stradale ordinaria che debbono essere percorse da pedoni e comunque in corrispondenza di insediamenti, occorre prevedere, a cura delle autorità competenti, corsie pedonali adeguatamente dimensionate, strutturate e protette e, compatibilmente con le caratteristiche altimetriche, piste ciclabili;

f) ai margini delle strade comunali e, su richiesta dei comuni interessati, ai margini delle strade statali e regionali devono essere realizzati spazi per la sosta e il parcheggio, in sede separata dalla piattaforma stradale e da quest’ultima schermata, al servizio degli insediamenti limitrofi e di aree agricole specializzate la cui conduzione richiede periodiche presenze di pluralità di addetti, nonché in funzione di aree di belvedere e di beni culturali isolati ad elevata frequentazione o di cui si intende favorire la visitabilità;

g) deve essere rispettata ed eventualmente ricostituita la continuità dei sentieri e delle strade pedonali intersecati dalle nuove opere, con soluzioni coerenti alle caratteristiche strutturali dei sentieri e delle strade medesimi;

h) devono essere creati, ove del caso, attraversamenti protetti ad uso della fauna selvatica;

i) sono esclusi nuovi accessi privati diretti nelle tratte extraurbane delle strade indicate nella tavola in scala 1:20.000; sono fatti salvi gli accessi agricoli;

l) devono essere adeguatamente strutturati, in relazione alla geomorfologia dei luoghi e ai flussi previsti, gli incroci con le adduzioni agli insediamenti;

m) la conformazione e la tipologia delle sovrastrutture di protezione attiva e passiva devono, compatibilmente con le norme di sicurezza della circolazione, risultare coerenti con quelle preesistenti e comunque con i caratteri degli altri manufatti stradali e del contesto paesistico-ambientale;

n) devono essere smaltite le eccedenze dei materiali di scavo alle discariche autorizzate, ovvero utilizzate per il recupero ambientale di aree degradate o per sistemazioni di aree agricole. In questi ultimi casi il progetto della strada o dell’impianto deve indicare le aree da recuperare o da sistemare e contenere gli elaborati progettuali afferenti al recupero o alla sistemazione delle aree medesime, la documentazione comprovante la loro disponibilità e le necessarie autorizzazioni ai sensi di legge;

o) devono essere asportate le piante abbattute.

2. Esaurienti motivi tecnici, evidenziati nei progetti, possono consentire il discostarsi dalle limitazioni di cui al comma 1.

3. Gli impianti di trasporto a fune devono essere localizzati e realizzati in modo da ridurre al minimo, in fase di costruzione e di esercizio, gli impatti paesistici e ambientali; in particolare:

a) sono esclusi interventi che comportino alterazioni alla copertura forestale nei versanti molto acclivi, tali da determinare o aggravare rischi idrogeologici;

b) le strade di servizio permanenti devono rispondere alle determinazioni di cui al comma 1;

c) le strade di servizio provvisorie e le altre infrastrutture e alterazioni fisiche necessarie per la realizzazione degli impianti, nonché gli impianti e le altre opere di cui è prevista la sostituzione, devono essere oggetto di accurati progetti di demolizione e ripristino ambientale, da approvarsi contestualmente ai progetti degli impianti.

4. Negli interventi per la conservazione e la valorizzazione dei sentieri di cui all’art. 37, comma 5,

sono mantenuti in opera o reimpiegati materiali lapidei costituenti pavimentazioni, muri di sostegno e altre strutture attinenti ai sentieri medesimi.

 

Articolo22: Infrastrutture

1. Il PTP persegue la diversificazione delle fonti energetiche, nonché la riqualificazione funzionaleed il completamento delle reti di distribuzione dell’energia; la riorganizzazione e il potenziamento delle reti di approvvigionamento e distribuzione dell’acqua per consumi umani; la riorganizzazione, il potenziamento e il controllo delle reti degli scarichi idrici civili e assimilabili; la definizione di indirizzi e cautele per l’individuazione delle aree idonee all’insediamento di discariche controllate di rifiuti solidi urbani, speciali, tossici e nocivi, nonché per la localizzazione degli impianti di diffusione radio e televisiva; il PTP persegue altresì la razionalizzazione delle concessioni in atto.

2. La diversificazione delle fonti energetiche, e la riqualificazione funzionale e il completamento delle reti di distribuzione dell’energia comportano, in particolare:

a) la razionalizzazione dei grandi impianti idroelettrici esistenti e l’esclusione di nuovi grandi invasi e di nuove opere ad elevato impatto ambientale;

b) la diffusione della rete di distribuzione del gas naturale negli ambiti territoriali in cui sia verificata la compatibilità economica tra le spese di impianto e i fabbisogni termici annui aggregati;

c) la riattivazione, il potenziamento e la costruzione di piccoli e medi impianti idroelettrici e l’incentivazione dell’autoproduzione di energia idroelettrica; non è consentita la realizzazione di tali interventi nei siti in cui, in relazione ai caratteri tipologici delle centrali, possano verificarsi:

- consistenti modificazioni idrografiche per la derivazione di corsi d’acqua fermo restando in ogni caso il rispetto dei deflussi minimi vitali stabiliti da provvedimenti regionali;

- rumori e disturbi all’ambiente provocati da macchine idrauliche e elettriche;

- degrado del paesaggio per tralicci, cavi di alta tensione, condotte forzate;

- incrementi della temperatura dell’acqua con conseguenze negative per la flora e la fauna acquatica;

d) la razionalizzazione delle linee di trasporto di energia elettrica ad alta e media tensione; il progressivo interramento delle linee di distribuzione, nelle aree di specifico interesse naturalistico, paesaggistico, storico o archeologico nonché nelle aree, nei percorsi e nei punti panoramici, con priorità per gli agglomerati di interesse storico, artistico, documentario o ambientale; la sistemazione di dette linee, nelle aree urbane, in cunicoli ispezionabili; l’interramento delle cabine di trasformazione dell’energia elettrica o la loro rilocalizzazione in posizioni visivamente defilate;

e) determinazioni progettuali e modalità esecutive dirette ad assicurare il miglior inserimento dei manufatti nell’ambiente e la ricomposizione del suolo e del sovrassuolo alterati da opere e attività provvisionali.

3. Il PTP persegue altresì la riorganizzazione, anche gestionale, e il potenziamento delle reti di approvvigionamento e distribuzione dell’acqua per consumi umani, in particolare attraverso:

a) la realizzazione di impianti comunali e sovracomunali per la captazione di acque idonee per consumi umani con portata elevata e costante, per il loro accumulo e trasporto nelle aree di utilizzazione, abbandonando le captazioni delle sorgenti con portate limitate e incostanti;

b) la definizione, a cura dell’assessorato regionale competente per materia, di fasce di rispetto ai sensi delle norme di settore con riferimento alle specifiche condizioni idrologiche, idrogeologiche, ambientali proprie dei singoli punti di captazione;

c) la definizione, a cura dell’assessorato regionale competente per materia, di modelli o modalità per l’attuazione di interventi cautelativi, in relazione al verificarsi di inquinamenti localizzati nelle fasce di cui alla lettera b);

d) determinazioni progettuali e modalità esecutive dirette ad assicurare il migliore inserimento possibile delle opere di captazione, di accumulo e di carico idrico nell’ambiente direttamente interessato, nonché la ricomposizione del suolo e del sovrassuolo alterati da opere e attività provvisionali;

e) la ristrutturazione, razionalizzazione e integrazione delle reti di distribuzione, tenuto conto della popolazione residente e turistica, del bestiame e della sicurezza antincendio;

f) la valorizzazione degli abbeveratoi e dei fontanili tradizionali.

4. Il PTP persegue la riorganizzazione, anche gestionale, il potenziamento e il controllo delle reti degli scarichi idrici civili e assimilabili, in particolare mediante:

a) la riorganizzazione funzionale ed il completamento delle reti per la raccolta e l’adduzione a impianti di depurazione, delle acque nere;

b) la riorganizzazione ed il completamento delle reti per la raccolta, e l’adduzione nei corsi d’acqua naturali o nei canali irrigui, delle acque meteoriche cadenti sulle aree impermeabilizzate, nonché delle acque di drenaggio e dei fontanili;

c) la razionalizzazione e l’esecuzione degli impianti comunali e sovracomunali per la depurazione delle acque nere e il trattamento dei relativi fanghi, nel rispetto delle specifiche limitazioni disposte per la difesa del suolo e delle risorse primarie;

d) il controllo dell’efficacia intrinseca degli impianti di depurazione;

e) l’immissione dei reflui industriali nella rete fognaria delle acque nere civili previa depurazione e verifica di accettabilità ai sensi di legge;

f) la distribuzione degli impianti di depurazione in modo da tenere in conto le variazioni di carico in funzione di presenze turistiche saltuarie.

5. Il PTP persegue infine la razionalizzazione e il completamento del sistema di smaltimento e riciclo dei rifiuti, in particolare attraverso:

a) la ottimizzazione dei sistemi di conferimento e di raccolta a livello comunale dei rifiuti urbani e alla promozione ed attuazione della raccolta differenziata dei rifiuti valorizzabili;

b) il completamento della rete delle stazioni intermedie di trasferimento dei rifiuti urbani al fine di ottimizzare i trasporti dei medesimi e i relativi accessi al centro regionale di trattamento;

c) la realizzazione di un impianto per l’incenerimento dei rifiuti derivanti da attività sanitarie, dei rifiuti speciali da attività agricole, agroindustriali, industriali o artigianali, aventi base organica, ivi compresi gli animali e le parti di animali destinati alla distruzione;

d) la realizzazione di un impianto per il trattamento e il compostaggio dei fanghi proveniente dagli impianti di depurazione delle acque reflue civili, nonché del liquiletame prodotto dalle aziende zootecniche senza terra e comunque per quelle aziende per le quali sussistono condizioni disequilibranti tra carico di bestiame e superficie foraggiera aziendale;

e) la realizzazione di un impianto per lo smaltimento finale dei rifiuti speciali inorganici;

f) la realizzazione di impianti per il riciclaggio dei rifiuti derivanti da attività di demolizione, di costruzione o di scavo, nonché di centri per il conferimento, lo stoccaggio provvisorio e/o la rottamazione di veicoli a motore, rimorchi e simili, fuori uso, e di loro parti, da realizzare in siti dotati di adeguata urbanizzazione primaria.

6. In sede di formazione degli strumenti urbanistici e loro varianti, anche di adeguamento al PTP, i comuni, con riferimento alle previsioni di insediamenti (sia di recupero che di nuova costruzione), residenziali, turistici, produttivi, di servizio, quantificano i prevedibili fabbisogni di acqua per consumo umano; indicano le modalità attraverso le quali intendono provvedere al loro approvvigionamento e allo scarico dei reflui, in conformità alle previsioni del piano regionale di risanamento delle acque; definiscono i sistemi di smaltimento dei rifiuti solidi; individuano, con riferimento ai provvedimenti regionali in materia, i siti per discariche di inerti, privilegiando i luoghi già oggetto di escavazione o di trasformazione dell’assetto naturale o dell’assetto agricolo ed assicurando, comunque, la sicurezza idrogeologica e la minimizzazione dell’impatto ambientale.

7. L’individuazione delle aree idonee all’insediamento di impianti di trattamento e smaltimento di rifiuti solidi urbani, speciali, tossici e nocivi, fermo restando l’opportunità di privilegiare i sistemi di riciclaggio, presuppone, in particolare:

a) l’assenza di insediamenti umani nelle vicinanze;

b) la stabilità geologica e l’impermeabilità dei siti;

c) la regolazione del deflusso delle acque superficiali;

d) la tutela della qualità delle acque superficiali e sotterranee;

e) la salvaguardia dei suoli ad elevata fertilità e delle altre principali risorse naturali;

f) la salvaguardia dei valori paesaggistici;

g) l’opportunità di coniugare attività di discarica con azioni di recupero ambientale di aree degradate e abbandonate;

h) l’accessibilità con mezzi di grandi dimensioni o con impianti speciali di arroccamento.

8. Gli impianti di teletrasmissione devono essere localizzati in modo da non incidere negativamente:

a) sulle componenti strutturali del paesaggio di cui all’articolo 30, comma 2, delle presenti norme;

b) sui siti, beni e aree di specifico interesse naturalistico, paesaggistico, storico o archeologico di cui agli artt. 38, 39 e 40;

c) sulle aree naturali di protezione speciale.

9. Spetta ad appositi piani di settore di comunità montana l’individuazione, anche in deroga agli indirizzi di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 11 e dei commi 1 degli artt. 12, 13, 15 e di cui all’art. 30, comma 1, dei siti nei quali è indispensabile installare impianti di teletrasmissione, nonché dei corridoi necessari per il trasporto dell’energia.

10. Nei siti e nei corridoi di cui al comma 9, i relativi progetti e le valutazioni di impatto ambientale considerano con la massima attenzione sia i rischi per la salute di uomini e animali, determinati dai campi elettromagnetici, sia gli impatti visivi, individuando le opportunità di mitigarli, mediante concentrazione degli impianti stessi.

11. Gli impianti esistenti, qualora non situati nei siti e nei corridoi di cui al comma 9, e in coerenza con le verifiche di cui sopra, sono suscettibili al massimo di manutenzione straordinaria senza potenziamenti.

 

Articolo 23: Servizi

1. Il PTP delinea la riorganizzazione del sistema regionale dei servizi, mediante indirizzi localizzativi da seguire nei piani di settore e negli strumenti urbanistici, per i servizi di rilevanza regionale e, distintamente, per quelli di rilevanza locale.

2. Si considerano di rilevanza regionale i seguenti tipi di servizi, nonché quelli ad essi assimilabili:

a) per la sanità: presidi ospedalieri e poliambulatoriali, cliniche specializzate;

b) per l’istruzione scolastica: scuole medie superiori;

c) per l’istruzione superiore: sedi di corsi universitari o postuniversitari o di formazione specializzata, centri di ricerca;

d) per i trasporti: stazioni ferroviarie con nodi di interscambio, stazioni aeroportuali, interporto e servizi di Stato per il transito internazionale;

e) per l’amministrazione e i servizi finanziari, di gestione delle infrastrutture di base e per la comunicazione: uffici dello Stato e della Regione, uffici centrali di enti statali o regionali;

f) per il commercio: grande distribuzione ovvero centri commerciali integrati di cui alla vigente legislazione, supermercati e servizi per la distribuzione all’ingrosso;

g) per lo sport e il tempo libero: grandi stadi, teatri, grandi palazzetti per lo sport, grandi parchi per la ricreazione e gli sport tradizionali, grandi attrezzature per lo sport estivo all’aperto, casa da gioco;

h) i servizi prevalentemente rivolti alle imprese e alla produzione.

3. La localizzazione preferenziale delle attrezzature per servizi di rilevanza regionale è definita dallo schema seguente, nel quale le lettere corrispondono a quelle contenute nell’elenco di cui al comma 2:

Ambiti Tipi di servizi

Courmayeur, Morgex a, b, d, e, f, g, h

Villeneuve, Aymavilles, SaintPierre a, c, d, h

Aosta, SaintChristophe, Quart, Pollein, Gignod a, b, c, d, e, f, g, h

Nus, Fénis, Chambave g

Châtillon, Saint-Vincent a, b, d, e, f, g, h

Verrès, Arnad b, c, d, g, h

Bard, Donnas, Pont-Saint-Martin a, b, c, d, e, f, h

4. In sede di pianificazione del settore, o di definizione degli ambiti di integrazione di cui al comma 7, la Regione può individuare e localizzare nuovi tipi di attrezzature o modificare la localizzazione dei servizi di rilevanza regionale prevista dal PTP, per dimostrati vincoli tecnologici o dimensionali, relativi alla funzionalità interna o alle sinergie dell’intero settore di servizi, o per esigenze di riequilibrio territoriale, rispettando i requisiti di accessibilità e di funzionalità di cui ai commi seguenti.

5. Gli strumenti urbanistici dei comuni interessati devono riservare aree per i servizi di rilevanza regionale, tenuto conto dei tipi indicati al comma 2, delle localizzazioni indicate al comma 3 e delle eventuali diverse determinazioni della Regione ai sensi del comma 4, nonché dei seguenti indirizzi:

a) accessibilità veicolare adeguata ai flussi attesi, di regola con snodi appositamente attrezzati su strade statali o importanti arterie urbane;

b) accessibilità con mezzi pubblici adeguati ai flussi attesi, con percorsi pedonali di regola inferiori a metri cinquecento da nodi di interscambio o stazioni ferroviarie o serviti da adeguati servizi di trasporto collettivo;

c) previsione di spazi di parcheggi d’uso pubblico dimensionati in base al tipo di servizio; per i servizi di cui alla lettera f) del comma 2, indicativamente e in via preliminare per interventi effettuabili anche nelle more di adeguamento del PRGC al PTP, si ritiene adeguata una superficie di parcheggio non inferiore al centocinquanta per cento della superficie di vendita; per i servizi di cui alla lettera g) del comma 2, la necessità di parcheggio deve risultare da apposite stime dell’affluenza prevista;

d) minimizzazione degli impatti su aree di interesse storicoculturale e naturale;

e) integrazione agli insediamenti abitativi e agli altri servizi urbani, tale da favorire la formazione di mescolanze funzionali e da ridurre i fenomeni di specializzazione monofunzionali e di dipendenza dai flussi esterni;

f) previsione di adeguati spazi per impianti e servizi integrativi e, in ogni caso di verde pubblico.

6. I nuovi insediamenti, che comportino rilevanti incrementi dei carichi urbanistici o dei flussi veicolari, rispettano almeno i requisiti di cui alla lettera a) del comma 5, anche nelle more di adeguamento degli strumenti urbanistici comunali alle prescrizioni e agli indirizzi del PTP; deve essere assicurata una accessibilità veicolare adeguata ai flussi attesi, di regola con nodi appositamente attrezzati sulla viabilità principale o importanti arterie urbane.

7. Si considerano servizi locali le attrezzature e gli impianti per l’istruzione, la formazione e la cultura; per la sicurezza, la salute, l’assistenza; per le attività sociali, religiose, amministrative e di servizio pubblico; per i trasporti, il credito e le attività assimilabili; per lo sport, il gioco, la ricreazione, il verde effettivamente utilizzabile; per la sosta dei veicoli; restano esclusi i servizi di cui ai precedenti commi; i relativi ambiti sono definiti dalla Giunta regionale, d’intesa con i comuni.

8. Entro gli ambiti di integrazione di cui al comma 7, i comuni partecipanti, mediante opportuni accordi di programma, intese, concertazioni, forme associative e di cooperazione, programmano la realizzazione e la gestione del sistema dei servizi, perseguendo le seguenti finalità:

a) di integrare le prestazioni al fine di ottimizzare l’accessibilità e la fruibilità dei servizi esistenti e qualificare il ruolo dei centri sede dei servizi;

b) di localizzare le nuove attrezzature e definire le loro prestazioni al fine di rendere più completa e efficace la rete dei servizi già esistenti nell’ambito;

c) di definire le prestazioni del sistema dei trasporti collettivi per garantire agli utenti l’accessibilità ai servizi dell’intero ambito.

9. Gli strumenti urbanistici generali comunali riservano aree per i servizi locali, con riferimento a quanto stabilito dal PTP, e a quanto precisato nei programmi per ciascun ambito di integrazione, osservando la seguente articolazione:

a) istruzione, sino alle scuole dell’obbligo;

b) attrezzature di interesse locale comune, comprese quelle speciali previste dai programmi regionali per qualificare le aree a forte dispersione insediativa;

c) spazi a parco, per il gioco e lo sport di interesse locale;

d) spazi di parcheggio per la residenza o per gli altri usi urbani e produttivi.

10. Il dimensionamento e la dislocazione delle aree per i servizi, di cui al comma 9, sono definiti con riferimento alla popolazione complessivamente insediabile nell’ambito di integrazione, e tengono conto delle seguenti determinazioni:

a) per i servizi di cui alle lettere b), c), d) del comma 9, alla popolazione residente, esistente e prevista, va sommata la popolazione turistica fluttuante, stimata in base ai posti letto disponibili, esistenti e previsti;

b) per i servizi di nuovo impianto, le aree da prevedersi sono esclusivamente quelle afferenti al tipo di servizio localizzabile in ciascun centro ai sensi del PTP;

c) per i centri nei quali non sono previste localizzazioni di nuovi servizi, le aree da riservare ai servizi riguardano soltanto gli spazi per parcheggi e quelle necessarie per la riqualificazione dei servizi esistenti;

d) per gli insediamenti residenziali di nuovo impianto, si applicano le determinazioni del PTP in tema di abitazioni, salvo diversa indicazione nelle tavole di piano;

e) per gli interventi convenzionati, la cessione di aree di uso pubblico viene finalizzata alla realizzazione dei servizi previsti dal programma dell’ambito di integrazione; qualora il comune disponga delle aree necessarie per le finalità anzidette, è corrisposta al comune stesso una somma di denaro pari al valore di mercato delle aree stesse, da destinare alla realizzazione di opere infrastrutturali nel territorio comunale;

f) ai parchi urbani e agli altri servizi connessi alla fruizione del tempo libero all’aperto, si applicano i requisiti relativi alle analoghe attrezzature di rilevanza regionale.

11. Le aree a parcheggio richieste per i servizi di rilevanza regionale e quelle di servizio locale, specie se concentrate, sono realizzabili ovunque possibile, con idonea copertura vegetale.

 

Articolo 24 - Abitazioni

1. Il PRGC definisce l’organizzazione e la disciplina degli insediamenti abitativi in base:

a) alla definizione dei fabbisogni abitativi sulla base delle condizioni abitative in atto, delle dinamiche demografiche locali e delle aree contigue, della pendolarità stagionale per lavoro, delle tendenze e delle caratteristiche del mercato immobiliare;

b) alla determinazione della quota dei fabbisogni che può essere soddisfatta col recupero e il riuso del patrimonio edilizio esistente;

c) alla determinazione dei nuovi insediamenti da realizzare per soddisfare i fabbisogni restanti, tenuto conto degli indirizzi di cui ai commi seguenti.

2. Il PRGC, tenuto conto degli indirizzi espressi dal PTP per ogni sistema ambientale, definisce gli equilibri funzionali tra i nuovi insediamenti abitativi e gli interventi di recupero abitativo, nonché fra nuove abitazioni temporanee e strutture ricettive, adottando parametri e criteri coerenti con gli indirizzi soprarichiamati e, comunque, diretti a contenere efficacemente l’espansione delle residenze temporanee diverse da quelle connesse alle attività agro-silvo-pastorali.

3. Nel sistema insediativo tradizionale e nel sistema urbano, gli interventi ammessi in base agli articoli 15, 16, 17 e 18, volti a soddisfare la domanda abitativa, osservano le seguenti priorità:

a) interventi di riqualificazione (RQ) del patrimonio edilizio esistente;

b) interventi trasformativi (TR1) per il completamento delle aree compromesse;

c) ove non sia possibile il ricorso agli interventi di cui alle lettere a) e b) o tali interventi risultino insufficienti a soddisfare le esigenze abitative accertate dal PRGC, interventi di nuovo impianto (TR2) privilegiando le localizzazioni atte a favorire le interazioni con le stazioni ferroviarie e con i nodi di interscambio di cui all’articolo 20, comma 6, ed evitando edificazioni sparse.

4. Gli interventi tesi a soddisfare la domanda di nuove abitazioni temporanee per usi e attività di tipo U2, quale determinata dal programma di sviluppo turistico di cui all’articolo 27, comma 4, e/o definita dal PRGC sulla base di accertate dinamiche di sviluppo turistico e della consistenza ricettiva in atto, rispettano gli equilibri funzionali. In particolare tali equilibri sono stabiliti dai rispettivi PRGC, sulla base delle seguenti indicazioni:

a) nelle stazioni turistiche di cui all’articolo 27, comma 2, lettera a), e nella stazione atipica di Pré-Saint-Didier, due metri cubi di abitazioni temporanee per metro cubo di aziende alberghiere e/o di strutture ricettive di cui ai capi VI e VII della legge regionale 29 maggio 1996, n. 11;

b) nelle stazioni turistiche minori di cui all’articolo 27, comma 2, lettera b), e nella stazione atipica di Saint-Vincent Châtillon, tre metri cubi di abitazioni temporanee per metro cubo di aziende alberghiere e/o di strutture ricettive di cui ai capi VI e VII della legge regionale 29 maggio 1996, n. 11.

5. I programmi regionali promuovono il recupero urbano di base, con interventi coordinati sulle infrastrutture, gli spazi pubblici e l’arredo urbano, secondo le seguenti determinazioni:

a) sistemazione degli accessi e della viabilità interna con priorità per la viabilità storica pedonale e minimizzazione degli impatti per le opere stradali di recente realizzazione;

b) parcheggi adeguati al reale carico urbanistico permanente, siti a distanza pedonale e compatibili con la realtà ambientale e paesistica del luogo;

c) dotazione di reti per l’adduzione dell’acqua per i consumi umani e per lo smaltimento fognario, nonché per l’energia.

6. Per la manutenzione straordinaria, il restauro e il risanamento conservativo degli edifici interni ai nuclei storici si osservano gli indirizzi di cui all’articolo 36; per quelli esterni si osservano i seguenti indirizzi:

a) atteso che la manutenzione straordinaria è sempre ammessa, per il restauro e il risanamento conservativo, assicurare una sistemazione complessiva delle aree di pertinenza e riguardare interi edifici, o porzioni di edifici estesi dalle fondazioni al tetto, almeno per quanto attiene ai tetti e ai fronti sugli spazi pubblici o da questi visibili;

b) assicurare la testimonianza dell’uso originario degli edifici con la permanenza dei caratteri esterni distintivi della relativa tipologia chiaramente differenziati da quelli determinati dal nuovo utilizzo.

7. Per la ristrutturazione edilizia, gli interventi devono inoltre comportate l’eliminazione dei volumi superfetativi, con eventuale loro riedificazione entro nuove morfologie coerenti con le tipologie tradizionali e coi caratteri del contesto.

8. La ristrutturazione urbanistica, ove ammessa dal PRGC, è indirizzata alla riqualificazione del sistema infrastrutturale per l’accessibilità al centro e l’attestamento del traffico veicolare, al potenziamento delle località centrali e degli spazi urbani e al ripristino e alla valorizzazione degli assi rettori e delle altre testimonianze storiche di rilievo.

9. Il PTP indica nelle tavole in scala 1:20.000 le principali aree in cui effettuare interventi per la riqualificazione di fasce edificate lungo tratte stradali; tali aree sono precisate dal PRGC, che definisce, altresì, le modalità di intervento nel rispetto degli indirizzi seguenti:

a) dotazione di spazi pubblici tali da migliorare l’immagine del sito;

b) completamento delle dotazioni urbanizzative e miglioramento dell’accessibilità con modalità coerenti con i caratteri dell’area;

c) definizione degli usi e dell’aspetto delle cortine edilizie e degli spazi liberi pubblici e privati lungo strada al fine di migliorare la qualità residenziale e l’immagine complessiva.

10. La localizzazione degli insediamenti di nuovo impianto (TR2) di cui al comma 3, lettera c), è indicata nel PRGC e definita attraverso piani urbanistici di dettaglio, con il criterio di ottimizzare le connessioni pedonali con le stazioni e le fermate della ferrovia e delle altre linee di trasporto pubblico o con gli attestamenti di parcheggio e di dotare i nuovi insediamenti di accessibilità diretta a centri di servizi già esistenti o di costituirne di nuovi anche con riferimento agli insediamenti preesistenti circostanti.

11. Tutti gli insediamenti di nuovo impianto (TR2) devono rispettare i seguenti indirizzi:

a) la composizione deve essere compatta, con densità edilizia territoriale assimilabile a quella degli insediamenti tradizionali e comunque non inferiore di norma a quella media del comune;

b) il nuovo insediamento deve presentare articolazioni planivolumetriche simili a quelle dei nuclei aggregati (villes o bourgs) tradizionali; deve inoltre essere dotato di una fascia libera all’intorno, ampia quanto più possibile, in cui possono essere ricavati spazi non coperti di pertinenza delle abitazioni;

c) ove non diversamente indicato dal PTP, le aree da riservare ai servizi sono destinate prevalentemente a verde, da ricavare di preferenza nella fascia esterna all’insediamento;

d) le eventuali dotazioni di altri servizi devono essere inserite all’interno dell’insediamento in progetto;

e) le strade di accesso devono rispondere agli stessi requisiti delle strade per l’accesso ai nuclei storici, di cui all’articolo 21.

12. Gli insediamenti di nuovo impianto (TR2) posti in prossimità e in relazione visiva con agglomerati di interesse storicoculturale, di cui all’articolo 36, devono rispettare i seguenti ulteriori indirizzi:

a) edifici di dimensione rapportabile a quella media presente negli agglomerati vicini d’interesse storico-culturale;

b) posizionamento nel sito e sul terreno analogo a quello degli agglomerati vicini d’interesse storico culturale;

c) rispetto della morfologia del terreno e dei segni principali del paesaggio agrario;

d) salvaguardia dell’autonomia formale e della riconoscibilità della struttura storica costituita da insediamenti, percorsi, sistemazioni del suolo e segni del paesaggio agrario.

 

Articolo 25 - Industria e artigianato

1. Il PRGC delimita le aree, descritte al comma 2, in cui sono da concentrare gli interventi di trasformazione (TR) e riqualificazione (RQ) per l’insediamento di attività industriali e artigiane anche ai fini della creazione del patrimonio pubblico per insediamenti produttivi previsto dalla legge regionale 7 dicembre 1979, n. 73.

2. Gli strumenti urbanistici coordinano i seguenti interventi:

a) per l’area di Aosta:

1. razionalizzazione dell’attività siderurgica in atto e inserimento di altre attività produttive e di servizio a basso impatto ambientale;

2. realizzazione di nuove adeguate connessioni con la tangenziale autostradale, la viabilità ordinaria, lo scalo e la stazione ferroviari;

3. ristrutturazione delle connessioni interne e con la città;

4. eventuale localizzazione di attività e servizi di rilevanza regionale o interregionale, dotati di adeguate aree verdi, da connettersi organicamente alle aree verdi di cui al numero 5.;

5. realizzazione di parchi e di aree verdi lungo i corsi della Doire Baltée e del torrent Buthier, di superficie adeguata, anche ai fini della riqualificazione paesistica e ambientale;

b) per l’area di Pont-Saint-Martin - Donnas:

1. integrazione delle attività in esercizio con altre attività produttive a basso impatto ambientale;

2. riqualificazione delle connessioni con il contesto urbano;

3. realizzazione di aree verdi lungo i corsi della Doire Baltée e del torrent Lys;

4. potenziamento delle connessioni con la viabilità ordinaria, con l’autostrada e con la stazione ferroviaria;

5. inserimento di servizi a supporto delle nuove attività insediate;

c) per l’area di Verrès Champdepraz:

1. integrazione delle attività in esercizio con altre attività produttive a basso impatto ambientale;

2. realizzazione di aree pedonali attrezzate lungo il corso della Doire Baltée e del torrent Evançon;

3. potenziamento delle interconnessioni con la viabilità ordinaria, con l’autostrada e con la stazione ferroviaria;

4. riqualificazione delle connessioni viabili automobilistiche, ciclabili, pedonali con il contesto urbano;

5. inserimento di servizi a supporto delle attività insediate;

d) per l’area di Châtillon:

1. integrazione delle attività in esercizio con altre attività produttive a basso impatto ambientale;

2. razionalizzazione delle connessioni con la viabilità ordinaria, con l’autostrada e con la stazione ferroviaria;

3. riqualificazione delle connessioni con il contesto urbano;

4. inserimento di servizi a supporto delle nuove attività insediate;

e) per l’area di Morgex:

1. inserimento di attività produttive a basso impatto ambientale;

2. realizzazione di un percorso pedonale attrezzato lungo il corso della Doire Baltée interconnesso con l’area sportiva esistente;

3. razionalizzazione delle connessioni con la viabilità ordinaria, con l’autostrada e con la stazione ferroviaria;

4. riqualificazione delle connessioni con i centri limitrofi.

3. Oltre alle aree di cui al comma 2, i piani regolatori generali dei comuni possono individuare ulteriori aree attrezzate per insediamenti produttivi, da progettare e localizzare secondo gli indirizzi di cui ai commi 5 e 6.

4. Nelle aree destinate ad attività produttive, gli strumenti urbanistici devono definire gli equilibri funzionali tra gli usi industriali e artigianali e le dotazioni infrastrutturali, adottando parametri e criteri coerenti con gli indirizzi di cui al comma 5 e favorire:

a) il recupero di edifici e manufatti di particolare pregio, quali testimonianze di archeologia industriale, in particolare mediante interventi di conservazione e/o di rifunzionalizzazione per usi compatibili con le preesistenze;

b) la rilocalizzazione delle attività e degli impianti posti in situazioni di incompatibilità ambientale;

c) la riqualificazione delle attrezzature degli spazi pubblici e delle opere di urbanizzazione con gli indirizzi di cui al comma 6.

5. Gli interventi di nuovo impianto, o di ristrutturazione urbanistica come definiti dall’articolo 31 della legge statale n. 457 del 1978, devono rispettare i seguenti indirizzi:

a) accessibilità veicolare adeguata ai flussi attesi, munita per gli insediamenti generatori di intenso traffico pesante di adeguate derivazioni da strade statali;

b) parcheggi adeguati alle esigenze di stazionamento sia interne che esterne;

c) viabilità interna rapportata alle esigenze di movimentazione, con percorsi pedonali e ciclabili protetti per gli insediamenti generatori di intenso traffico pesante;

d) densità edilizia tale da non determinare significativi impatti ambientali e, comunque, non comportante rapporti di copertura superiori al cinquanta per cento della superficie fondiaria né densità fondiarie superiori a metri quadrati 0,75 di solaio per ogni metro quadrato di superficie fondiaria;

e) aree verdi alberate pari ad almeno un decimo della superficie territoriale;

f) spazi attrezzati e opportunamente schermati con alberature per lo stoccaggio all’aperto di prodotti o materie prime.

6. La quota di superficie territoriale da destinare a spazi pubblici o ad attività collettive, verde pubblico e parcheggio, ai sensi della disciplina sugli standard, dovrà essere non inferiore al venti per cento; nel caso in cui siano associati insediamenti industriali e/o artigianali ad insediamenti commerciali e, in genere, di tipo terziario, resta fermo l’obbligo di riservare agli insediamenti commerciali e, in genere, del terziario, la superficie a parcheggio per gli stessi specificatamente prescritta dall’articolo 23, comma 5.

7. L’approvazione di nuovi strumenti urbanistici di dettaglio che consentono la realizzazione di interventi di nuovo impianto o di ristrutturazione urbanistica tali da investire una superficie territoriale di almeno tre ettari o da comportare l’insediamento di un numero di addetti non inferiore a centocinquanta, è subordinata anche nelle more dell’adeguamento del PRGC al PTP all’osservanza delle determinazioni di cui alle lettere a) e b) del comma 5.

 

Articolo 26 - Aree ed insediamenti agricoli

1. Le aree agricole sono individuate e delimitate dagli strumenti urbanistici generali ai sensi del PTP, distinguendo le aree utilizzate e quelle potenzialmente agricole dagli incolti e da quelle abbandonate. Il rimboschimento e la trasformazione di aree agricole per altri usi previsti da strumenti urbanistici locali è ammessa nei limiti e nei termini stabiliti dalle presenti norme.

2. I programmi di settore prevedono appositi incentivi per il mantenimento delle attività agricole nelle aree di specifico interesse paesaggistico e storico e promuovono attività di sfalcio dei prati circostanti ai centri abitati e dirette al mantenimento delle vegetazioni erbacee di pregio, nonché il recupero a fini agricoli o forestali di aree agricole abbandonate.

3. Il PRGC deve:

a) definire gli equilibri funzionali a norma di legge, prefigurando le linee programmatiche del l’assetto territoriale locale, attraverso parametri e criteri coerenti con il contesto agricolo tradizionale e le sue prospettive evolutive;

b) individuare e delimitare le aree idonee ad assicurare la continuità delle attività agricole, destinandole a tale uso e riducendo al minimo indispensabile la sottrazione di suoli agricoli per usi urbanizzativi, salvaguardando comunque le aree di maggiore capacità d’uso o utilizzate per colture specializzate o considerate di pregio naturalistico, paesaggistico, storico o culturale o dotate di impianti e infrastrutture a supporto dell’attività agricola o comunque incluse nei piani di riordino fondiario o di sviluppo agricolo approvati;

c) individuare gli elementi significativi del paesaggio agrario tradizionale e disporre in merito allaloro tutela.

4. Ove preveda insediamenti di nuovo impianto o nuove infrastrutture che determinano significative sottrazioni di terreno agli usi agricoli tenendo conto anche degli effetti indotti, quali lo smembramento dei lotti coltivabili, l’interruzione dei percorsi e delle reti irrigue, la formazione di reliquati inutilizzabili il PRGC dimostra, attraverso allo studio di impatto ambientale:

a) l’effettiva necessità degli sviluppi urbanizzativi previsti, in relazione ai fabbisogni abitativi, produttivi, di servizi e di infrastrutture analiticamente documentati;

b) l’essere preferibile le soluzioni proposte rispetto alle possibili alternative, in particolare a quelle basate sul recupero di aree già edificate, tenuto conto dei costi e delle penalizzazioni inflitte all’agricoltura locale.

5. Il PRGC deve definire la destinazione d’uso delle aree agricole abbandonate con particolare riguardo al mantenimento degli equilibri idrogeologici, ambientali e paesaggistici.

6. Gli interventi agricoli interessanti una superficie superiore a cinque ettari, comportanti tecniche agrarie innovative e rilevanti trasformazioni del paesaggio agrario tradizionale, sono soggetti alla previa formazione di piani di miglioramento fondiario da approvarsi ad opera della struttura competente dell’assessorato regionale dell’agricoltura e risorse naturali.

7. La realizzazione di nuovi edifici rustici e abitativi in funzione della conduzione dei fondi è ammessa nelle zone agricole indicate dal PRGC sulla base dei seguenti indirizzi:

a) localizzazioni esterne agli insediamenti tradizionali indicati nelle tavole di piano, ai margini di complessi di fondi caratterizzati da colture omogenee e alle aree di specifico interesse paesaggistico, lontane da poggi e margini di terrazzi naturali;

b) sviluppi planimetrici e altimetrici coerenti con le dimensioni e la trama dell’ambiente in cui gli edifici sono inseriti;

c) articolazioni volumetriche che riflettano le specifiche destinazioni d’uso;

d) delimitazione e sistemazione degli spazi scoperti funzionali all’attività aziendale;

e) ricomposizione del suolo e del sovrassuolo immediatamente dopo la conclusione dei lavori edilizi;

f) sviluppi in elevazione non superiori a due piani fuori terra computati dal piano del terreno risistemato.

8. Le esigenze di superficie utile abitabile legate alla conduzione dell’azienda devono essere prioritariamente soddisfatte con l’utilizzazione o il recupero delle strutture edilizie esistenti. Qualora queste non consentano di soddisfare le esigenze aziendali e contribuire alla razionalizzazione del processo produttivo, i fabbricati residenziali, di nuova costruzione o soggetti ad ampliamento, connessi alla conduzione dell’azienda, che si rendano necessari, devono:

a) essere localizzati nel corpo della sede dell’azienda o nelle aree di pertinenza;

b) essere ragguagliati alla dimensione aziendale secondo l’indice di 0,01 metri quadrati di superficie utile abitabile per ogni metro quadrato di terreno coltivato dall’azienda, con il massimo di trecento metri quadrati di complessiva superficie utile abitabile.
Ai fini del presente comma, sono computati anche i volumi abitativi già esistenti nell’ambito dell’azienda, situati nelle zone agricole del PRGC a condizione che non risulti pregiudicata la funzionalità e l’efficienza aziendale nel suo complesso. La concessione edilizia a realizzare le opere di cui al presente comma è subordinata alla produzione e alla trascrizione di atto unilaterale di obbligo a mantenere l’immobile destinato al servizio dell’attività agricola per un minimo di anni quindici.

9. Sono sottoposti a specifica disciplina urbanistica, da definirsi in sede di PRGC:

a) i magazzini extraziendali per lo stoccaggio e la commercializzazione dei prodotti agricoli e gli impianti per la loro trasformazione;

b) gli edifici destinati al ricovero e all’allevamento del bestiame, nell’ambito di aziende zootecniche senza terra e comunque di quelle aziende per le quali il rapporto carico di bestiame e superficie foraggiera aziendale risulta in disequilibrio;

c) le serre aventi superficie coperta superiore a cinquanta metri quadrati.

10. I PRGC disciplinano l’ammissibilità di serre contenendone l’altezza fuori terra e l’entità della superficie coperta.

11. I canali irrigui, ad esclusione dei reticoli al servizio dei singoli appezzamenti, sono infrastrutture a servizio dell’attività agricola e in alcuni casi possono assolvere anche alla funzione di raccolta e scolo di acque di ruscellamento superficiale, favorendo così il mantenimento dell’equilibrio idrogeologico del territorio; ove possibile, le opere di manutenzione idraulica funzionalmente necessarie dovranno consentire, senza pregiudicare la funzione produttiva dell’intervento e la salvaguardia degli equilibri idrogeologici, un grado di percolazione delle acque atto a garantire il mantenimento dei biotopi dipendenti da tale fonte idrica. I principali rus sono tutelati e valorizzati nelle loro caratteristiche tradizionali e anche mediante la manutenzione di sentieri pedonali e ciclabili lungo il loro percorso, oltre che con una adeguata segnaletica.

12. Le strutture utilizzate per attività agrituristiche, ivi compresi gli alloggi agrituristici, sono disciplinate dalla vigente legislazione regionale; si applicano, inoltre, gli indirizzi di cui al comma 7.

 

Articolo 27 - Stazioni e località turistiche

1 . Ai fini del PTP sono considerate stazioni e località turistiche gli insediamenti dotati di ricettività, servizi e attrezzature ricreative, sportive e culturali, e funzionalmente interconnessi con risorse naturali attrezzate e disponibili per fruizioni turistiche. Il PTP esprime indirizzi differenziati per le stazioni turistiche e per le località turistiche.

2. Le stazioni turistiche sono rappresentate nella tavola di piano in scala 1:50.000 e distinte in:

a) grandi stazioni;

b) stazioni minori;

c) stazioni atipiche.

3. Le località turistiche sono costituite dagli insediamenti di cui al comma 1 non ricompresi tra le stazioni turistiche.

4. I comuni, singoli o associati, definiscono programmi di sviluppo turistico estesi a un’intera stazione o località turistica o a un circuito turistico di cui all’articolo 28. I programmi di sviluppo turistico hanno per contenuto l’insieme coordinato degli interventi previsti per un periodo di tempoc non inferiore a un triennio; tali programmi riguardano le qualificazioni o gli incrementi dell’offerta e delle attrezzature pubbliche e private per i centri e le mete, nonché gli interventi sul sistema della viabilità e dei trasporti e sul sistema dei servizi e per la tutela e la valorizzazione dell’ambiente nelle unità locali coinvolte dalle attività turistiche della stazione o della località turistica.

5. I programmi di sviluppo turistico devono dimensionare le attrezzature in relazione alle capacità di carico delle risorse e alle strutture insediative locali. Gli interventi previsti dai programmi di sviluppo turistico, che danno luogo a trasformazioni urbanistiche o edilizie, devono essere conformi al piano regolatore generale.

6. I programmi di sviluppo turistico approvati dai comuni sono comunicati alle strutture regionali competenti in materia di turismo e di urbanistica, nonché alla comunità montana competente per territorio. I programmi di sviluppo turistico sono tenuti in conto dalla comunità montana ai fini della propria programmazione.

7. I programmi di sviluppo delle stazioni turistiche devono incentivare forme di turismo che valorizzino i caratteri e le risorse specifiche locali, ed in particolare promuovere:

a) la riqualificazione delle aree naturali e del patrimonio storico-culturale (nuclei, paesaggi agrari, percorsi storici);

b) l’adeguamento delle attrezzature e dei servizi ricettivi, con interventi che comportino prevalentemente il riuso delle risorse esistenti salvaguardando le aree agricole;

c) la valorizzazione delle tradizionali attività locali agricole, di allevamento, di produzione artigianale;

d) l’innovazione nella gestione dei servizi, dei circuiti turistici guidati e dei trasporti collettivi (quali, ad esempio, navette per le mete più frequentate e servizi di rientro per l’escursionismo di lungo percorso);

e) lo sviluppo di servizi per il turismo complementari a quelli di altre stazioni o località turistiche vicine, in modo da formare reti di servizi specializzati (sportivi, sanitari, per la ricreazione, ecc.);

f) il potenziamento dei trasporti collettivi per migliorare le connessioni tra i centri di servizio e con le mete escursionistiche di cui all’articolo 28, in modo da ampliare la gamma delle opportunità offerte, riducendo al minimo l’esigenza[1] di interventi sulle infrastrutture viarie esistenti.

8. I programmi di sviluppo turistico delle grandi stazioni devono altresì comprendere l’indicazione di misure specifiche atte:

a) a valorizzare gli ambienti naturali con la riqualificazione delle aree degradate e la regolazione della loro fruizione sia estiva sia invernale;

b) a migliorare l’accessibilità con interventi per l’attestamento veicolare, la formazione di zone pedonali e la realizzazione di trasporti pubblici idonei a ridurre i flussi motorizzati;

c) a potenziare e diversificare la dotazione di servizi e di attrezzature per la ricettività alberghiera, sia con interventi di riqualificazione delle preesistenze, sia attraverso a interventi di trasformazione;

d) ad adeguare la dotazione di servizi per lo sport all’aperto e al coperto e per la ricreazione;

e) a razionalizzare gli impianti e le aree per lo sci alpino e a riqualificare le aree degradate.

9. I programmi di sviluppo delle stazioni atipiche sono orientati a valorizzare le specifiche risorse locali integrandole in più ampie reti di fruizione, per consolidare e arricchire l’immagine e l’offerta turistica, incentivando in particolare:

a) a PréSaintDidier, il rilancio delle terme e la loro integrazione con la piscina coperta e la valorizzazione delle acque minerali di Courmayeur per la promozione di una offerta turistica autonoma e complementare a quella delle stazioni di Courmayeur e La Thuile;

b) a Saint-Vincent - Châtillon, il rilancio delle terme e la loro integrazione con strutture per la cura del corpo, il centro congressi, la casa da gioco e un campo di golf localizzato a Fénis, per il rafforzamento di una offerta turistica di rilievo interregionale appoggiata sulle attività termali, congressuali, della ricreazione e del divertimento;

c) ad Aosta, la realizzazione del parco archeologico di Saint-Martin-de-Corléans, il completamento del centro Saint-Bénin e del museo archeologico, la creazione di strutture per spettacoli culturali e sportivi, il recupero e la valorizzazione del centro storico, dei monumenti e dei beni archeologici nell’ambito di un sistema integrato di beni culturali esteso a quelli esistenti nei centri di SaintPierre, Villeneuve, Aymavilles e Fénis, per il consolidamento di una offerta turistica complessiva di rilievo internazionale.

10. I programmi di sviluppo delle località turistiche devono promuovere l’inserimento funzionale delle località medesime in sistemi o itinerari di fruizione turistica regionali o subregionali, prevedendo in particolare:

a) l’adeguamento delle attrezzature e dei servizi ricettivi, privilegiando le iniziative di riuso anche di interi nuclei e la complementarità rispetto alle località vicine;

b) la promozione di itinerari e mete alternative a quelle più frequentate;

c) il potenziamento dei trasporti collettivi per migliorare le connessioni tra i centri di servizio e con le mete escursionistiche, in modo da ampliare la gamma delle opportunità offerte minimizzando l’esigenza di interventi sulle infrastrutture viarie esistenti.

 

Articolo 28 - Mete e circuiti turistici

1. I progetti o programmi integrati, di cui all’articolo 5, i programmi di sviluppo turistico di cui all’articolo 27, e i piani dei parchi, che prevedano interventi per il miglioramento della fruizione delle mete turistiche, devono affrontare contestualmente la riqualificazione (RQ), il ripristino (RE) o il mantenimento (MA) dell’intorno ambientale.

2. I progetti di valorizzazione di mete turistiche caratterizzate da alta pressione fruitiva devono prevedere attrezzature per l’accessibilità, comprensive di parcheggi adeguati e di connessioni pedonali con le aree di sosta; gli eventuali servizi commerciali e la ricettività ordinaria (ristorazione, alberghi, ecc.) vanno localizzati preferibilmente presso le stazioni turistiche o i centri urbani più vicini; nel caso di necessità di parcheggi e di attrezzature superiori alle disponibilità del sito o incompatibili con le esigenze di tutela, il progetto di valorizzazione deve riguardare anche i servizi di trasporto collettivo da aree di parcheggio dislocate, preferibilmente, presso i più vicini centri di interscambio o, comunque, presso centri serviti da ferrovia e tramvia regionali.

3. Per le mete del turismo culturale, costituite da aree o edifici attualmente o potenzialmente fruibili al loro interno, ivi comprese le aree di interesse archeologico, i progetti di valorizzazione devono assicurare, insieme al recupero funzionale per le utilizzazioni più opportune, anche la visitabilità delle parti aventi interesse storico o culturale maggiore e la valorizzazione dei percorsi d’accesso, nonché l’eliminazione dei fattori di degrado.

4. La fruizione delle mete escursionistiche deve essere promossa in tutte le forme che comportano pressioni antropiche compatibili con la conservazione delle risorse, fatti salvi gli specifici interventi previsti da progetti integrati per garantire l’accessibilità a persone con limitate capacità motorie, che non ichiedano nuove edificazioni.

5. I progetti di valorizzazione delle mete escursionistiche devono comprendere anche le attrezzatue per la loro fruibilità e accessibilità e le aree di pertinenza da tutelare, nonché i percorsi, attrezzati e non, per raggiungere le mete stesse, i posti tappa e le basi di attestamento veicolari.

6. La fruizione delle mete alpinistiche è promossa e disciplinata da piani e provvedimenti specifici riguardanti la valorizzazione e la gestione delle strutture di base e delle relative vie di accesso, in particolare con:

a) la riqualificazione delle aree degradate e delle aree intensamente frequentate, mediante misure ed interventi diretti alla eliminazione degli impatti e degli inquinamenti in atto, all’apprestamento di mezzi e di modalità gestionali per lo smaltimento nelle discariche pubbliche dei rifiuti e alla regolazione degli afflussi alle mete più frequentate;

b) la riqualificazione di attrezzature esistenti, con aumenti della ricettività, ove possibile in relazione alle condizioni ambientali e di affluenza;

c) la realizzazione di nuove attrezzature strettamente funzionali alle esigenze ancora insoddisfatte.

7. Le strutture ricettive lungo gli itinerari che adducono alle mete più affollate nei massicci del Mont-Blanc, del Monte Rosa e del MontGrandParadis e del Mont-Cervin possono essere fatte oggetto di interventi di riqualificazione, ove necessario accompagnati da limitati potenziamenti della ricettività e da contenuti ampliamenti.

 

Articolo 29 - Attrezzature e servizi per il turismo

1. Il PTP prevede il potenziamento e la riqualificazione delle aziende alberghiere come definite dalla normativa regionale ai fini dello sviluppo e dell’adeguamento dell’offerta turistica; il dimensionamento e la tipologia dell’attrezzatura alberghiera complessiva della stazione o località turistica interessata, in rapporto alle indicazioni del PTP, sono definiti nell’ambito del rispettivo programma di sviluppo di cui all’articolo 27, comma 4, delle presenti norme.

2. Nei sistemi insediativi, la domanda per usi e attività U2, limitatamente alle aziende alberghiere, è assolta:

a) prioritariamente mediante la riqualificazione (RQ) con eventuale ampliamento, a norma del comma 3, delle strutture edilizie esistenti;

b) mediante la saturazione, tramite nuovi insediamenti di completamento (TR1), delle aree compromesse;

c) ove non sia possibile o sufficiente il ricorso agli interventi di cui alle precedenti lettere a) e b), con insediamenti di nuovo impianto (TR2).

3. I PRGC attuano gli indirizzi di cui al comma 1 agevolando, a fini alberghieri, il recupero e il riuso complessivo di edifici esistenti, anche con incrementi volumetrici, in coerenza con le caratteristiche storico-ambientali del contesto.

4. Sono consentite nuove strutture ricettive diverse dalle aziende alberghiere, sulla base dei seguenti indirizzi:

a) case per ferie, ostelli per la gioventù, esercizi di affittacamere, di cui alla normativa regionale, sulla base delle determinazioni del PRGC e, nelle stazioni turistiche, in base alle prospettive individuate dai programmi di sviluppo turistico di cui all’articolo 27 e recepite nel PRGC;

b) i parchi di campeggio e i villaggi turistici, di cui alla normativa regionale, solo in quanto previsti da programmi di sviluppo turistico approvati.

Sono fatte salve le strutture ricettive anzidette specificatamente previste dai PRGC approvati prima dell’adozione del PTP e, nelle more dell’approvazione dei programmi di sviluppo turistico, quelle realizzate mediante il recupero di strutture edilizie preesistenti.

5. I PRGC disciplinano le nuove strutture ricettive di cui al comma 4, in conformità delle specifiche disposizioni delle leggi richiamate nel comma medesimo e in subordine ai seguenti indirizzi:

a) riuso prioritario delle preesistenze disponibili e utilizzabili a tal fine;

b) localizzazione, per interventi di nuovo impianto con edifici isolati, in aree a ciò destinate, che risultino compatibili con le prescrizioni del PTP.

6. Per le strutture ricettive realizzate con finanziamenti pubblici o premi di volumetria, in cui cessi l’attività, non sono ammessi riusi diversi da quelli ricettivi, nei venti anni successivi alla dichiarazione di abitabilità delle opere; i programmi di sviluppo turistico favoriscono la rifunzionalizzazione delle strutture ricettive, la cui utilizzazione sia cessata, per destinazioni pubbliche o a favore di aziende alberghiere ai sensi della normativa regionale.

7. I nuovi parchi di campeggio e quelli mobili in tenda, nonché gli eventuali ampliamenti, rispettano i seguenti indirizzi:

a) localizzazione in aree, preferibilmente, non visibili da strade ad alta frequenza o di accesso a stazioni o mete turistiche e comunque non coinvolgenti aree interessate da beni culturali o naturali, ivi comprese quelle boscate, o di mete turistiche o visuali panoramiche, purché collegabili ad acquedotti e fognature;

b) limitazione del volume degli edifici per servizi;

c) introduzione, ove possibile, di alberature per la mitigazione visiva dell’impianto.

8. Nei PRGC sono specificamente considerate le aree sciabili; le piste per lo sci alpino esistenti con le eventuali proposte di sviluppo; i relativi impianti, distinguendo, in particolare, le piste in cui è consentito realizzare interventi di modellazione del terreno e impianti di innevamento programmato, anche per assicurare i requisiti di omologazione FISI per attività agonistiche internazionali, da quelle in cui non sono consentite opere permanenti e interventi di modellazione del terreno, se non finalizzati alla restituzione ambientale e alla sicurezza degli utenti.

9. Il PRGC disciplina gli interventi sulle aree sciabili, sulle piste e sui relativi impianti di risalita, compresi quelli esistenti, secondo i seguenti indirizzi:

a) gli interventi sulle aree sciabili, sulle piste e sui relativi impianti, sulle attrezzature o vie di accesso alle aree attrezzate per lo sci alpino devono assicurare la riduzione degli impatti in essere e l’aumento della compatibilità con gli usi agropastorali e naturalistici;

b) le strutture per l’arroccamento o di base e gli impianti a monte possono essere razionalizzati e potenziati purché ciò comporti, oltre al miglioramento degli standard di sicurezza, la completa utilizzazione degli impianti posti a monte, la riduzione dei tempi di attesa complessivi per la fruizione delle aree sciabili e per il rientro a valle, e purché vengano adottate misure gestionali atte ad evitare sovraccarichi ed effetti di congestione;

c) la capacità dei parcheggi di attestamento veicolare a servizio degli impianti di arroccamento, tenuto conto della portata veicolare oraria della strada di accesso, deve essere idoneamente relazionata alla capacità del bacino sciabile e alle altre prevedibili e contemporanee utenze turistiche;

d) quando i parcheggi di attestamento non siano realizzabili in stretta connessione con le basi degli impianti di arroccamento, devono essere prioritariamente previste integrazioni con parcheggi a valle degli insediamenti e attrezzature “navetta” per il trasbordo, preferibilmente su sede propria e comunque con mezzi a basso impatto;

e) le piste di servizio permanenti sono oggetto di interventi per la riqualificazione ambientale o, quanto meno, la riduzione delle alterazioni alla modellazione del suolo, alla copertura vegetale e al reticolo idrografico;

f) gli interventi sugli impianti a fune devono risultare coerenti con il relativo programma regionale.

10. Gli interventi orientati ad aumentare significativamente la potenzialità degli impianti e delle piste di un’area sciabile per lo sci alpino devono essere accompagnati da iniziative dirette alla razionalizzazione del comprensorio sciistico e previsti dal programma di sviluppo turistico. Fatti salvi nuovi tracciati sostitutivi per il miglioramento ambientale ai sensi dei commi 8 e 9, nonché i piccoli impianti con funzione essenzialmente ricreativa, non sono ammessi:

a) la realizzazione di impianti di risalita a servizio di aree attualmente non dotate di piste e non collegabili naturalmente al sistema delle piste già esistenti;

b) interventi volti alla formazione di piste su aree non utilizzate a questo scopo prima della data di approvazione del PTP, salvo il completamento di aree sciabili esistenti ai fini di migliorarne l’offerta e garantirne l’equilibrata gestione economica.

11. Il PRGC può individuare nuove aree sciabili per lo sci alpino, e relativi impianti e/o prevedere l’ampliamento delle aree e degli impianti esistenti, anche in deroga agli indirizzi di cui al comma 10, purché essi siano coerenti con il programma di sviluppo turistico e con la programmazione regionale. Tali interventi devono rispondere a precise esigenze di carattere socioeconomico e a corretti studi di dimensionamento tecnico, gestionale ed economico, con priorità per quegli interventi che prevedono collegamenti tra loro di aree sciabili esistenti o nuove, al fine di creare più ampi circuiti e distribuire in più punti del territorio gli accessi ed i carichi veicolari.

12. Le piste di sci nordico esistenti sono oggetto di interventi per la riqualificazione ambientale o, quanto meno, la riduzione delle alterazioni alla modellazione del suolo, alla copertura vegetale e al reticolo idrografico. Sono ammesse, compatibilmente con le norme del PTP e degli strumenti urbanistici, le attrezzature e le nuove piste di sci nordico che non comportino opere né modellamenti del terreno tali da non consentire il completo ripristino del manto vegetale; le nuove piste anzidette possono essere dotate di edifici per servizi, il cui volume non superi, di norma, cinquecento metri cubi fuori terra. Interventi più incisivi sono ammessi nelle stazioni turistiche a specifica vocazione per lo sci nordico, in base ai programmi di sviluppo turistico locali o per rispondere ai requisiti di omologazione FISI per le attività agonistiche, atti a consentire:

a) la sciabilità delle piste in condizioni di basso innevamento;

b) la pratica sportiva a livello agonistico;

c) gli attraversamenti stradali o di altri ostacoli naturali e artificiali.

In ogni caso:

d) le attrezzature per ospitare spettatori o servizi per gli atleti, di dimensione superiore a metri cubi cinquecento, devono essere previste nel PRGC entro le aree urbanizzate o, se poste in località esterne, con caratteristiche tali da poter essere utilizzate per altri usi di interesse generale;

e) i percorsi su sede propria devono essere attrezzati per essere fruibili almeno pedonalmente nel periodo estivo;

f) al di sopra della quota altimetrica a cui arriva la vegetazione forestale non è consentita l’esecuzione di opere, neppure intese alla modellazione del terreno, per realizzare piste in sede propria.

13. Per le altre attività ricreative e sportive in ambiente naturale, fatte salve diverse, motivate indicazioni espresse dai programmi di sviluppo turistico, sono da osservare i seguenti indirizzi:

a) le attrezzature e i servizi per il rafting, la canoa e le altre attività connesse alla fascia fluviale devono essere previsti nel PRGC o in appositi piani riguardanti l’utilizzo complessivo della fascia fluviale stessa;

b) le attrezzature e i servizi per equitazione e mountainbike devono essere previsti nel PRGC, contenendo al minimo le interferenze con i percorsi dell’escursionismo a piedi nei periodi di alta affluenza, e favorendo attrezzature proprie, su strade interpoderali o su altri tracciati di sufficiente sezione;

c) la pratica del motocross e l’impiego della motoslitta sono vietati; eccezioni a tale regola potranno essere contemplate dal PRGC solo in apposite piste permanenti, il cui studio di impatto ambientale sia esteso a tutto l’ambito potenzialmente influenzato dai livelli di attività previsti; la pratica dell’eliski rimane disciplinata dalla legge 4 marzo 1988, n. 15;

d) per la navigazione aerea senza motore non è consentito l’atterraggio in centri abitati o sulle piste di sci, eccezion fatta per gli appositi siti attrezzati individuati dai programmi di sviluppo o dai PRGC;

e) per il free climbing e l’arrampicata sportiva in zone particolarmente frequentate devono essere attrezzati i punti di accesso con servizi e parcheggi dimensionati per un’utenza pari a circa un posto auto per ogni itinerario di arrampicata; tali attrezzature sono da ricavarsi principalmente presso gli abitati più vicini, quando disponibili a meno di trenta minuti di marcia o in apposite, piccole aree attrezzate ai margini della sede stradale e da questa schermate;

f) gli impianti per il salto con gli sci, il bob e le altre discipline sportive invernali sono assimilati alle attrezzature per l’esercizio dello sport;

g) gli impianti per lo svolgimento della disciplina sportiva del golf devono assicurare, nella massima misura possibile, la conservazione dei segni del sistema agricolo tradizionale e evitare effetti di inquinamento connessi alle tecniche di mantenimento del tappeto erboso; le strutture di servizio, ove non localizzabili negli abitati vicini, devono essere ubicati e dimensionati in modo da contenere l’impatto sul paesaggio;

h) gli impianti per lo sci estivo devono essere previsti nel PRGC, valutati sulla base di uno studio di impatto ambientale esteso a tutto l’ambito potenzialmente interessato dall’attività prevista e disciplinati da apposita regolamentazione regionale.

 

Articolo 30 - Tutela del paesaggio sensibile

1. Ai fini della tutela del paesaggio sensibile, i piani di settore che direttamente o indirettamente incidono sul paesaggio medesimo e gli strumenti urbanistici applicano i seguenti indirizzi:

a) assicurano la visibilità e la riconoscibilità delle componenti strutturali del paesaggio, escludendo le azioni trasformative che possano pregiudicarle e favorendo invece quelle che possono consolidarle e migliorarle;

b) disciplinano gli usi e gli interventi nelle aree e sulle risorse di particolare sensibilità, in modo da rispettarne i peculiari equilibri ecosistemici e da promuoverne la riqualificazione diffusa, con particolare riguardo alle attività agricole e forestali;

c) tutelano e valorizzano i sistemi di relazioni visive che caratterizzano le singole unità di paesaggio, con riferimento a quanto indicato dalle schede delle unità locali.

2. Sono da considerare componenti strutturali meritevoli di tutela, di cui al comma 1, lettera a), in particolare:

a) i ghiacciai e i circhi glaciali, i cordoni morenici delle pulsazioni glaciali recenti, le creste, le guglie, i picchi isolati, le selle, i conoidi, le grandi pareti rocciose, le grandi rocce montonate, le forre, i bordi di terrazzo e gli elementi essenziali della struttura tettonica, i torrenti, i laghi, le cascate e gli altri elementi principali del sistema idrografico;

b) i boschi, le praterie alpine, i pascoli con i relativi sistemi di percorsi e infrastrutture;

c) i vigneti, i frutteti, i versanti terrazzati, i sistemi dell’appoderamento agricolo tradizionale, di coerente e consolidato impianto, nonché gli alberi monumentali e le macchie arboree di eccezionale rilevanza paesistica, indicati nelle schede delle unità locali;

d) gli agglomerati di interesse storico, artistico, documentario o ambientale, con le relative infrastrutture, nonché i beni culturali isolati costituenti emergenze o fulcri essenziali di riferimento visivo.

3. Sono da considerare aree o risorse di particolare sensibilità ai fini del comma 1, lettera b) e da disciplinare ai sensi delle presenti norme:

a) i pascoli di cui all’articolo 31;

b) le aree boscate di cui all’articolo 32;

c) le aree di alta e media pericolosità geologica di cui alle disposizioni di legge regionale in tema di terreni sedi di frane in atto o potenziali;

d) le fasce fluviali di cui all’articolo 35;

e) gli agglomerati di interesse storico, artistico, documentario o ambientale di cui all’articolo 36;

f) i beni culturali isolati di cui all’articolo 37;

g) le aree di specifico interesse naturalistico di cui all’articolo 38;

h) le aree di specifico interesse paesaggistico, storico, culturale o documentario e archeologico di cui all’art. 40.

 

Articolo 31 - Pascoli

1. I piani di settore devono tendere al mantenimento, alla riqualificazione e al recupero dei pascoli, tenendo conto della loro funzione economicosociale e paesisticoambientale, favorendo in particolare:

a) la conservazione del pascolo turnato giornaliero con un carico ottimale di bestiame valutato in funzione delle capacità produttive del pascolo in relazione alla vegetazione, al fine di mantenere una cotica erbosa densa ed equilibrata;

b) l’incremento delle unità foraggiere;

c) il contenimento e la riduzione dei processi di degrado dei suoli e la modificazione delle pratiche inerenti alla conduzione degli alpeggi ove abbiano concorso all’innesco di processi di degrado riguardanti l’acidificazione dei suoli, l’affermazione di infestanti, l’erosione del suolo;

d) il divieto dell’uso di diserbanti;

e) l’utilizzazione razionale dei concimi organici aziendali e la definizione dei casi in cui possono essere impiegati concimi chimici;

f) l’adeguamento delle strutture destinate all’abitazione, alla lavorazione del latte, al ricovero degli animali;

g) la razionalizzazione dell’accessibilità, al fine di ottimizzare la relazione tra infrastrutture e territorio servito e di minimizzare il rapporto tra costi ambientali e redditività aziendale.

2. I comuni, d’intesa con la competente struttura regionale, individuano e delimitano, indipendentemente dal sistema ambientale nel quale ricadono, i pascoli da riqualificare (RQ) col mantenimento o il potenziamento delle infrastrutture d’accesso e delle strutture edilizie, in base al loro interesse economico-produttivo ed ambientale; non sono individuabili come tali i pascoli di modesta dimensione, non collegati ad altri pascoli o ad aree agricole.

3. Gli strumenti urbanistici, tenuto conto degli eventuali piani e programmi di settore, definiscono le misure più appropriate di intervento per i pascoli da riqualificare, mirando in particolare:

a) alla riorganizzazione delle connessioni funzionali tra l’attività zootecnica negli alpeggi e le attività agricole nei fondovalle;

b) alla razionalizzazione degli accessi carrabili in modo da collegare gli alpeggi appartenenti a uno stesso sistema pascolivo, evitando il più possibile la costruzione di nuove strade;

c) all’adeguamento delle strutture edilizie esistenti, con materiali e tecniche costruttive coerenti con le preesistenze, con eventuali completamenti e incrementi rigorosamente proporzionati alle esigenze ricettive delle persone e degli animali, in relazione alla dimensione dei pascoli e tenuto conto dei tramuti.

4. Nei pascoli non compresi fra quelli da riqualificare, gli strumenti urbanistici generali specificano gli interventi attuabili, all’interno delle modalità di azione e di intervento di conservazione, mantenimento e restituzione.

 

Articolo 32 - Boschi e foreste

1. I piani e i programmi di settore perseguono la conservazione della copertura boschiva, il miglioramento della sua stabilità e della produzione legnosa, adottando trattamenti gestionali delle aree boscate finalizzati:

a) all’evoluzione dei boschi verso strutture paraclimax in equilibrio biologico con l’ambiente;

b) al rafforzamento della resistenza delle piante alle malattie parassitarie e alle avversità atmosferiche;

c) al mantenimento e al miglioramento della fertilità e della stabilità del suolo.

2. Gli obiettivi di cui al comma 1 sono perseguibili in particolare attraverso:

a) a interventi esclusivamente fitosanitari in tutte le formazioni boschive con prevalente funzione di protezione idrogeologica e nei boschi di latifoglie igrofile;

b) a interventi, articolati in fasi successive, diretti all’avviamento del bosco verso una struttura paraclimax in tutte le fustaie con attitudine produttiva attuale o potenziale;

c) al divieto, temporaneo o permanente, di accesso e/o di raccolta dei prodotti secondari del bosco nelle aree boscate che presentano elevato degrado del suolo, al divieto di attraversamento con sci nelle aree interessate dal rinnovamento spontaneo e ad altre limitazioni consimili;

d) al divieto di interventi che comportino ripetute interruzioni della continuità del manto boschivo, quali strade con tornanti sovrapposti; in particolare, al divieto di ampliamento o di nuove realizzazioni di piste di sci che comportino significativi abbattimenti di piante o modificazioni del suolo e/o del reticolo idrografico;

e) a reti di monitoraggio ambientale destinate al controllo fitosanitario;

f) al completamento della rete di infrastrutture destinate alla gestione silvocolturale, alla prevenzione e all’estinzione degli incendi boschivi.

3. Nei programmi di settore è prevista inoltre la riqualificazione dei nuclei di castagno da frutto quali risorse economiche, culturali e paesaggistiche, in particolare mediante:

a) incentivi per il risanamento e la rinnovazione degli impianti e per il miglioramento della qualità dei frutti;

b) l’istituzione di una struttura tecnico-sanitaria e per la promozione della raccolta, della conservazione, della trasformazione e della commercializzazione dei prodotti.

4. La gestione selvicolturale è differenziata in funzione delle caratteristiche, dello stato evolutivo e della vulnerabilità dei diversi complessi boscati nonché della loro collocazione rispetto ai sistemi ambientali individuati dal piano, mediante i piani di assestamento forestale ed i relativi provvedimenti della competente struttura regionale, tenuto conto di tutte le implicazioni idrogeologiche, ecologiche, paesistiche ed ambientali.

5. La delimitazione dei boschi e delle foreste, operata dal PTP nella tavola in scala 1:50.000, ha carattere indicativo; essa è verificata e precisata dai comuni e approvata dalla Regione, in sede di ottemperanza alle disposizioni di legge regionale in materia.

6. All’interno dei boschi e delle foreste di cui al comma 5 restando esclusi i margini del bosco valgono, oltre alle disposizioni di cui alla normativa regionale in tema di aree boscate, i seguenti divieti:

a) di ogni nuova edificazione, anche a scopo agricolo; sono consentiti gli interventi di recupero e quelli di ampliamento, in misura non superiore al venti per cento, e comunque nella misura necessaria a consentire l’adeguamento igienico-sanitario, degli edifici esistenti;

b) di interventi infrastrutturali che comportino alterazioni alla copertura forestale, rischio di incendio o di inquinamento, con le sole eccezioni degli interventi funzionali alla gestione forestale e alla conduzione degli alpeggi o alla realizzazione delle aree attrezzate di cui al comma 3 dell’articolo 13, o degli interventi pubblici o di interesse pubblico di cui non siano individuabili alternative di tracciato che presentino minori impatti ambientali e di quelli direttamente attinenti al soddisfacimento di interessi generali.

7. Le infrastrutture stradali strettamente funzionali alla gestione forestale, tali espressamente considerate dai piani e dai programmi di settore, devono rispettare le determinazioni di cui all’articolo 21, nonché le limitazioni derivanti dalle specifiche condizioni ambientali, valutate, se del caso, in sede di studio o relazione di impatto ambientale.

 

Articolo 33 - Difesa del suolo

1. Fatte salve più specifiche prescrizioni delle presenti norme e del PRGC, è vietato in tutto il territorio regionale:

a) eseguire intagli artificiali non protetti, con fronti subverticali di altezza non compatibile con la struttura dei terreni interessati;

b) costruire muri di sostegno senza drenaggio efficiente del lato controripa, in particolare senza tubi drenanti e dreno ghiaioso artificiale o altra idonea tecnologia;

c) demolire edifici e strutture che esplichino, direttamente o indirettamente, funzione di sostegno senza la loro sostituzione con opere migliorative della stabilità;

d) modificare il regime idrologico dei rivi montani, e di norma restringere gli alvei con muri di sponda e con opere di copertura; modificare l’assetto del letto mediante discariche; alterare la direzione di deflusso delle acque; deviare il percorso dei rivi se non esistono motivazioni di protezione idrogeologica;

e) addurre alla superficie del suolo le acque della falda freatica intercettata in occasione di scavi, sbancamenti o perforazioni senza regimentarne il conseguente deflusso;

f) effettuare deversamenti delle acque di uso domestico sul suolo e disperdere nel sottosuolo acque di ogni provenienza;

g) impermeabilizzare aree di qualsiasi genere senza la previsione di opere che assicurino corretta raccolta e adeguato smaltimento delle acque piovane.

2. Nell’esecuzione di opere di urbanizzazione e di edificazione, al fine di preservare l’equilibrio idrogeologico, la stabilità dei versanti e la conseguente sicurezza delle costruzioni ed opere, sia dirette che indirette, devono essere seguiti i seguenti indirizzi:

a) le superfici di terreno denudato vanno tutte rinverdite dovunque è possibile, anche mediante piantagione di alberi e/o arbusti; va pure favorito l’inerbimento delle superfici non edificate, ivi comprese le piste di sci, mediante specie perenni locali, a radici profonde e molto umificanti;

b) l’impermeabilizzazione dei suoli deve essere ridotta al minimo strettamente indispensabile;

c) per diminuire la velocità del deflusso superficiale delle acque, il ruscellamento sulle strade asfaltate va contenuto con sistemi di smaltimento frequenti e ben collocati;

d) per contenere la predisposizione all’erosione, gli interventi e gli accorgimenti sopraindicati devono risultare più attenti e intensi nei luoghi ove la ripidità dei pendii e la natura del suolo rappresentano fattori di maggiore vulnerabilità a fenomeni erosivi.

3. Ai terreni sedi di frane e ai terreni a rischio di valanghe o di slavine, si applicano le disposizioni di legge regionale relative alla materia.

4. Ai sensi del D.M. 11 marzo 1988, i progetti delle opere pubbliche e private devono contenere, nei casi indicati dal decreto stesso, la relazione geologica e la relazione geotecnica; nel caso di interventi di modesta incidenza sulla stabilità dell’insieme opera/terreno, che ricadano in zone già note, le indagini di laboratorio possono essere ridotte od omesse, sempre che sia possibile procedere alla caratterizzazione geotecnica dei terreni sulla base di dati e notizie, documentati e prodotti precedentemente per aree adiacenti e per terreni dello stesso tipo.

5. È comunque sempre consentita la realizzazione di interventi pubblici per la messa in sicurezza di insediamenti e di importanti infrastrutture, anche quando non sia possibile l’osservanza delle disposizioni di cui al comma 1; la realizzazione deve in ogni caso impiegare le soluzioni di minore impatto ambientale possibile.

 

Articolo 34 - Attività estrattive

1. La disciplina dell’attività estrattiva in cava è definita dal piano regionale delle attività estrattive formato ai sensi di legge, e dai provvedimenti della Giunta regionale per il recupero o il riuso delle cave dismesse, sulla base dei seguenti indirizzi, riguardanti sia l’ampliamento di cave in atto, sia l’apertura di nuove cave, sia il riuso delle cave dismesse:

a) l’attività estrattiva deve essere anzitutto in grado di soddisfare le esigenze di ricostruzione paesaggistica e di recupero ecologico;

b) le quantità da estrarre devono configurare attendibili bilanci tra l’offerta di risorse disponibili sull’intero territorio e la domanda realisticamente prevedibile per la realizzazione delle opere o interventi di competenza dello Stato, della Regione, dei comuni e di ogni altro ente pubblico anche economico, nonché per l’attività costruttiva di competenza dei privati, tenendo conto non soltanto dei costi di produzione e di trasporto, ma anche dei costi sociali e ambientali connessi;

c) la dislocazione e l’organizzazione delle attività estrattive devono essere orientate al più razionale e multiplo sfruttamento dei giacimenti col minimo consumo di suolo, compatibilmente con le cautele necessarie per ridurre il rischio di inquinamento delle falde profonde, per facilitare il recupero dei terreni interessati a usi agricoli produttivi e per contenere gli effetti di alterazione delle condizioni morfologiche; a tal fine, deve essere previsto l’utilizzo totale dei materiali estratti, nonché l’accantonamento ed il recupero della coltre di suolo, evitando la proliferazione delle cave fuori degli ambiti già compromessi.

2. In ordine alla compatibilità idrogeologica ed ambientale dell’attività estrattiva, devono essere osservati i seguenti indirizzi:

a) le attività di cava e di miniera a cielo aperto, sia nel caso di nuovo impianto sia per gli interventi che comportino una rilevante modificazione della situazione in atto, sono da evitare nel le parti di territorio costituite da:

1. frane attive, frane antiche e recenti, riguardanti il substrato, prevalentemente per scoscendimento o scivolamento, in condizioni di quiescenza, ma potenzialmente riattivabili, talora, sull’intero corpo di frana;

2. alvei dei corsi d’acqua, fatte salve le operazioni di pulizia idraulica e le estrazioni finalizzate alla rinaturalizzazione dei siti dismessi e da dismettere, al recupero di significative zone umide progettate e realizzate sotto il diretto controllo dei competenti servizi regionali, nonché ad eventuali sistemazioni idrauliche che comportino anche l’arretramento dei bordi di terrazzi erosi alla base dalle divagazioni storiche della Doire Baltée;

3. aree di tutela dei corpi idrici sotterranei, di cui al comma 8 dell’articolo 35;

b) nelle altre parti di territorio, la definizione progettuale degli impianti estrattivi deve verificare la loro compatibilità con il contesto territoriale in cui si collocano (adottando particolari attenzioni qualora le attività estrattive dovessero interferire con il livello di massima escursione della falda freatica o con la circolazione delle acque superficiali o profonde), in modo da determinare sicurezza e produttività dell’impianto, minor danno possibile al paesaggio e all’ambiente, fissazione di modalità e fasi di esecuzione che assicurino il progressivo recupero di una soddisfacente qualità ambientale;

c) è comunque da evitare l’apertura o l’ampliamento di cave, miniere e in genere impianti estrattivi nelle seguenti parti del territorio:

1. nelle aree di specifico interesse naturalistico e archeologico;

2. nelle aree boscate, nonché in quelle in cui il patrimonio boschivo è andato

distrutto per cause dolose, colpose o accidentali;

3. nelle zone umide;

4. a distanza minore di metri cento dalle zone urbanizzate per la residenza.

3. Le attività estrattive sono ammesse solo in quanto previste da piani o programmi di iniziativa regionale, con le eccezioni di cui alla normativa regionale in materia; per le cave in atto che non rispettino tali condizioni, le relative autorizzazioni non sono prorogabili se non per l’attuazione di un programma di cessazione dell’attività estrattiva e di ricomposizione ambientale, che deve concludersi entro un anno dalla data di rilascio del provvedimento di proroga.

4. Gli studi, le verifiche e le definizioni progettuali di cui ai commi 1, 2 e 3 devono essere condotti in modo da determinare, avuto anche riguardo alle esigenze di funzionalità, sicurezza e produttività dell’impianto, il minor danno possibile nei confronti del paesaggio e dell’ambiente; a tali fini presentano particolare rilevanza la scelta di tecniche di coltivazione che consentano di pervenire a una configurazione delle aree di cava che assicuri il loro adeguato inserimento nel contesto paesaggistico e la fissazione di modalità e fasi di esecuzione che garantiscano il progressivo recupero di una soddisfacente qualità ambientale. La documentazione progettuale deve riguardare l’insieme delle opere previste, ivi compresi gli impianti e le infrastrutture provvisorie di cantiere, le strade di accesso, le eventuali discariche e rilevati.

5. Le aree interessate da pregresse attività di cava, non ancora rinaturate e che non presentino problemi di sicurezza di tipo idrogeologico, devono essere assoggettate a interventi di ricomposizione ambientale e paesistica e ai fini della sicurezza pubblica; qualora il titolare dell’autorizzazione richieda di espandere l’attività estrattiva in aree immediatamente contigue a quelle già autorizzate e risulti legittimato alla loro coltivazione in base a titolo in data anteriore a quella dell’entrata in vigore del PTP, le profondità di scavo, le quantità e le modalità estrattive saranno definite in sede autorizzativa tenendo conto delle determinazioni recate dalle presenti norme.

 

Articolo 35 - Fasce fluviali e risorse idriche

1. I terreni a rischio di inondazione di cui alle relative disposizioni di legge regionale, si identificano con le fasce fluviali delimitate dal Piano stralcio delle fasce fluviali dell’Autorità di bacino del fiume Po (PSFF) e con quelle delimitate dai comuni ai sensi del provvedimento della Giunta regionale in coerenza con il PSFF, precisamente:

a) le fasce di deflusso;

b) le fasce di esondazione;

c) le aree di inondazione per piena catastrofica.

2. Nelle fasce fluviali, di cui alle lettere a) e b) del comma 1, si applica la disciplina prevista

dal PSFF o dal provvedimento della Giunta regionale, di cui al comma 1, con le ulteriori limitazioni e specificazioni recate dai PRGC, in base agli indirizzi di cui alle presenti norme.

3. Nelle aree di cui alla lettera c) del comma 1, la Regione, mediante appositi programmi di previsione e prevenzione, tenuto conto delle ipotesi di rischio derivanti dalle indicazioni del PSFF e investendo per quanto necessario anche le attigue aree di cui alle lettere a) e b) del comma 1, assicura il miglioramento delle condizioni di sicurezza per la popolazione e delle condizioni ecologiche e paesistiche complessive delle fasce fluviali.

4. Ferme restando le competenze regionali, la disciplina delle aree di cui alla lettera c) del comma 1 è definita dai PRGC secondo gli indirizzi generali stabiliti dall’articolo 14 delle presenti norme, con le seguenti specificazioni:

a) gli interventi di trasformazione (TR1 e TR2) possono essere previsti dai PRGC, nei limiti indicati dall’articolo 14, solo se compatibili con le condizioni di sicurezza in atto o previste dai programmi di cui al comma 3;

b) compete ai comuni, mediante la disciplina urbanistica ed eventuali altre misure regolamentari, nel rispetto dei piani di settore regionali, evitare l’insediamento o la permanenza di attività atte a determinare la dispersione di sostanze nocive, la discarica di rifiuti o il loro incenerimento, il deposito o il riporto di materiali edilizi, di scarti e di rottami, l’accumulo di merci che possano produrre deversamenti inquinanti, l’alterazione del sistema idraulico superficiale con interramenti o deviazioni dei corsi d’acqua superficiali e della falda sotterranea (fatta salva la trivellazione dei pozzi);

c) compete ai comuni, promuovere il ripristino degli equilibri naturali alterati e la riqualificazione degli habitat vegetazionali, eliminando ovunque possibile i fattori di degrado e le interferenze antropiche non compatibili;

d) la realizzazione di nuove strade veicolari deve essere limitata ai casi di effettiva necessità a servizio degli insediamenti esistenti o prevedibili nei limiti delle presenti norme, curandone l’inserimento ambientale ed in particolare con la copertura vegetale delle scarpate.

5. Nelle parti del sistema ambientale fluviale, individuato dal PTP, interessate dalle fasce fluviali la cui delimitazione è di competenza dei comuni, si applica, fino a quando i comuni non abbiano provveduto alla delimitazione delle fasce stesse, la disciplina definita dal provvedimento della Giunta regionale, di cui al comma 1 o, in assenza di tale provvedimento, la disciplina definita dal PSFF per le aree di cui alla lettera b) del comma 1.

6. Fatte salve le determinazioni del PSFF, ai fini della tutela paesistica e ambientale, le sistemazioni idrauliche devono ispirarsi ai seguenti indirizzi:

a) limitare le nuove opere ai punti di effettivo rischio, solo a protezione degli insediamenti esistenti e degli insediamenti attuabili ai sensi dei commi 1 e 2 dell’articolo 14 o di infrastrutture di rilevante interesse pubblico, evitando di consolidare situazioni che contrastino con le determinazioni di cui al comma 3 dell’articolo 14;

b) evitare forme di canalizzazione dell’alveo, ed in particolare di quello di magra, con misure artificiali, che possano ostacolare la spontanea divagazione delle acque, fatte salve le esigenze di sicurezza di cui alla lettera a);

c) evitare interventi che possano determinare o aggravare l’impermeabilizzazione dell’alveo e delle sponde;

d) assicurare il mantenimento ed, ove possibile, il ripristino e l’aumento delle aree naturali di espansione del fiume e delle aree golenali;

e) salvaguardare con adeguate opere di manutenzione controllata delle sponde, la varietà e la molteplicità delle specie vegetali di ripa, nel quadro delle periodiche operazioni di pulizia dell’alveo, con la necessità di garantire il regolare deflusso delle acque in condizioni di piena e di evitare danni a valle delle aree di intervento;

f) utilizzare ovunque possibile metodi e tecniche di ingegneria naturalistica coerenti con le finalità di tutela e riqualificazione paesisticoambientali, assicurando la massima rinaturalizzazione delle sponde con adeguata e continua copertura vegetale, evitando la crescita di vegetazione in alveo, conservando o ricreando i biotopi acquatici.

7. L’attraversamento degli alvei e degli impluvi naturali con strade e altre infrastrutture dovrà avvenire in modo da ridurre al minimo il rischio di ostruzione dell’alveo o dell’impluvio a causa di materiali trasportati dalle acque. Negli impluvi naturali possono essere eseguite briglie in muratura o in pietrame a secco solo quando occorra evitare erosioni del fondo o delle sponde, per documentate ragioni idrauliche o per la sicurezza di vitali interessi pubblici.

8. Le zone di tutela dei corpi idrici sotterranei comprendono le aree a più elevata permeabilità e quelle di protezione a salvaguardia delle acque destinate al consumo umano; è vietato ogni intervento di trasformazione che metta in pericolo la qualità delle acque superficiali con immediati riflessi su quelle sotterranee; le aree di salvaguardia circostanti i pozzi, i punti di presa e le sorgenti meritevoli di tutela devono essere delimitate in sede di pianificazione, nel rispetto della normativa in materia.

9. Per ogni pozzo, punto di presa e sorgente di acque destinate al consumo umano, devono essere individuate tre aree di salvaguardia, di cui solo la prima immediatamente definita, dovendo le altre due formare oggetto di successive determinazioni sulla base di indagini idrogeologiche estese alle aree circostanti, volte a individuare il bacino idrogeologico della falda, a valutare i percorsi e la caratterizzazione della falda e a rilevare le attività e le destinazioni d’uso che interessano il punto di prelievo, in relazione alle condizioni di vulnerabilità e di rischio:

a) prima area: di tutela assoluta recintata, estesa per un raggio non inferiore a metri 10 intorno all’opera di captazione, in cui è vietata qualsiasi attività e qualsiasi intervento che non sia esclusivamente riferito alle opere di presa;

b) seconda area: di rispetto, estesa per un raggio non inferiore a metri 200 attorno al punto di captazione. Tale estensione può essere ridotta in base alla situazione locale di vulnerabilità e rischio della risorsa; all’interno di tale zona, trovano applicazione le disposizioni di legge relative alle aree di cui alla presente lettera b);

c) terza area: di protezione, estesa al bacino idrografico ed alle aree di ricarica, in cui dovranno essere regolamentate e controllate tutte le attività da cui possono derivare inquinamenti.

10. Nei conoidi attivi, in quanto a pericolosità geologica molto alta, si applicano le disposizioni di legge regionale in tema di aree dissestate di grande estensione, ferma restando l’opportunità di eseguire opere di sistemazione idraulica, di disalveo e di rimodellamento, in armonia con le esigenze poste dagli enti e organi competenti interessati alla sicurezza idrogeologica del territorio e alla realizzazione di opere di difesa.

11 . Nei conoidi potenzialmente attivi, devono essere salvaguardate le presenze antropiche significative, anche tramite opere di difesa, evitando nuove opere infrastrutturali e investimenti di particolare entità, tali da sollecitare ulteriori interventi di difesa; devono essere favoriti gli interventi che abbiano il duplice scopo di reperire materiali inerti e costituire opera di sistemazione idraulica, di disalveo e di rimodellamento.

 

Articolo 36 - Agglomerati di interesse storico, artistico, documentario o ambientale

1. Ai fini del PTP, costituiscono agglomerati di interesse storico, artistico, documentario o ambientale, tutte le strutture insediative aggregate, di varia complessità e antichità, che presentano un interesse culturale legato ai processi storici che le hanno generate o alla qualità intrinseca dei manufatti e delle forme strutturali o al loro significato testimoniale e documentario o al loro ruolo paesistico e ambientale: esse sono individuate e classificate, in prima approssimazione, nelle tavole di piano con simbologie differenziate.

2. Le individuazioni di cui al comma 1 devono essere verificate e specificate, ed eventualmente integrate, in sede di pianificazione locale; la delimitazione degli agglomerati di cui al comma 1 è operata dai comuni in sede di adeguamento del PRGC al PTP, ove occorra mediante la ridefinizione delle zone A, sulla base di idonei studi aggiornati, anche in relazione alle ricerche condotte o promosse dalle strutture regionali competenti nelle materie urbanistica e dei beni culturali.

3. La delimitazione degli agglomerati di cui al comma 1 tiene conto di tutti gli elementi rilevanti per il loro interesse culturale (storico, archeologico, architettonico, urbanistico, paesaggistico, ecc.) ed include, oltre agli elementi di specifico interesse, anche quelli complementari o integrativi, legati ai primi da rapporti funzionali, fisici, formali o ambientali, imprescindibili ai fini della tutela e della valorizzazione, quali sono:

a) gli edifici e le aree edificate inglobate o periferiche, anche di recente sistemazione o impianto, facenti parte integrante delle strutture di cui al comma 1;

b) gli orti cintati, i vergers, i pergolati, le strade e gli accessi, le piazze, e gli altri spazi liberi di stretta pertinenza dei nuclei insediativi;

c) i manufatti, i canali, i rus, i terreni sistemati con muri di sostegno o terrazzamenti e le altre opere a vario titolo concorrenti alla configurazione complessiva dei nuclei insediativi;

d) gli elementi naturali inglobati o di bordo, quali torrenti, rocce, masse arboree, che formano parte integrante della struttura fisica o dell’immagine dei nuclei stessi.

4. La disciplina degli interventi negli agglomerati così delimitati è definita nei piani regolatori generali comunali con riferimento ai tipi e ai caratteri delle singole unità edilizie costitutive degli aggregati e dei diversi spazi liberi; tale disciplina individua i casi e i tipi d’intervento per i quali è necessaria la preventiva formazione di piani urbanistici di dettaglio, o di apposita normativa di attuazione, o di comparti edificatori, nonché gli ambiti o le unità minime per i quali occorrono progetti unitari, coi relativi approfondimenti analitici e valutativi; la disciplina posta in essere dai piani regolatori generali o dai piani di dettaglio o dall’apposita normativa di attuazione segue gli indirizzi di cui alle presenti norme e si basa su analisi multidisciplinari (in ordine ad aspetti storici, archeologici, geografici, urbanistici, architettonici, tecnologici, economici e sociologici), nonché su rilievi accurati, certificati da professionista abilitato e accompagnati da adeguata documentazione fotografica, che devono, in particolare, evidenziare:

a) gli elementi costitutivi dell’impianto storico (connotati geomorfologici e elementi naturali singolari, percorsi storici, vie di transito e assi rettori dell’assetto urbano, orientamenti dei tetti dominanti, fulcri e polarità naturali o progettate, assetto agricolo-produttivo del contesto, ecc.);

b) gli elementi costitutivi degli aggregati edilizi, con l’individuazione delle unità edilizie elementari e della parcellizzazione del suolo, la definizione dei tipi ricorrenti e degli edifici singolari e l’individuazione dei ruderi, con i relativi attributi (stato di conservazione, caratteri tipizzanti, qualità intrinseche, coerenze, ecc.);

c) gli elementi costitutivi degli spazi di socializzazione o d’uso comune sia sotto il profilo economico funzionale (quali servizi, attività centrali e luoghi d’incontro), sia sotto il profilo fisico formale (quali strade, piazze e slarghi, aree verdi pubbliche, fontane, forni, lavatoi, pavimentazioni, arredo urbano);

d) gli elementi integrativi dell’assetto insediativo, quali canali, rus, vergers, orti, giardini;

e) gli elementi di bordo e di raccordo col contesto, quali aree coltivate limitrofe, elementi naturali delimitanti, cinte daziarie, strade e percorsi di connessione con gli insediamenti produttivi o abitativi legati al nucleo, linee e punti di accesso, punti panoramici, aree di pertinenza visiva.

5. La pianificazione locale deve assicurare il rigoroso restauro di tutti gli elementi di specifico intrinseco valore ed evitare ogni alterazione degli elementi contestuali che ne possano pregiudicare la leggibilità o il significato; deve pertanto escludere, anche negli edifici e manufatti privi di intrinseco valore ma in diretto rapporto visuale con tali elementi, le contraffazioni tipologiche o stilistiche, l’introduzione di elementi e materiali estranei alle specifiche tradizioni e regole architettoniche locali (quali ad esempio, i rivestimenti in legno o in pietra, le grondaie o i pluviali in acciaio inossidabile), gli interventi mimetici e i camuffamenti (quali i finti rascard), l’arredo urbano con materiali e prodotti estranei alle tradizioni e alle regole locali ed incoerenti con l’ambiente storico; deve inoltre precisare la definizione di ristrutturazione edilizia legislativamente data e garantire che gli edifici soggetti a ristrutturazione edilizia e posti nelle espansioni del nucleo storico debbano avere caratteri edilizi coerenti con quelli dell’adiacente nucleo.

6. L’individuazione degli elementi di intrinseco valore da operarsi in sede di pianificazione locale ai sensi dei commi 2 e 3, tiene conto dei vincoli stabiliti ai sensi della legge n. 1089 del 1939, e concorre alla formazione dei relativi elenchi di beni tutelati.

7. La specificazione della disciplina di cui alle presenti norme in sede di pianificazione locale deve tenere conto dei caratteri e delle qualità intrinseche degli agglomerati quali emergono dalle valutazioni operate in sede di formazione del PTP nonché dagli studi specifici della struttura regionale competente in materia di beni culturali, e da eventuali altre ricerche in particolare relative:

a) alla peculiarità della giacitura orografica (di cresta, di vetta, di mezza costa, di piana, ecc.);

b) alla originalità, chiarezza, antichità, complessità e rappresentatività (storica e/o tipologica) dell’impianto storico;

c) alla omogeneità, coerenza, unitarietà dell’edificato (in termini di struttura, di tipologie edilizie, di caratteri stilistici e di materiali);

d) alla presenza di edifici e manufatti di intrinseco valore storico, artistico, documentario o di tradizione (torri, castelli, caseforti, chiese, cappelle, oratori, ospizi, alberghi, forni, mulini, rascard, canali, rus, ecc.);

e) alla presenza di edifici e manufatti tipologicamente coerenti e rappresentativi di un’epoca, di una valle o di un evento storico;

f) all’interesse, significatività e rappresentatività degli spazi pubblici (strade, piazze, luoghi d’incontroe d’attività collettive);

g) allo stato di conservazione, di leggibilità e di fruibilità dei nuclei in complesso e di singole parti caratterizzate;

h) all’assenza o scarsa incidenza di elementi alteranti, fattori di degrado o di detrazione visiva.

8. La specificazione della disciplina di cui alle presenti norme in sede di pianificazione locale deve altresì tenere conto dei caratteri e delle dinamiche dei rispettivi contesti socioeconomici, territoriali e paesistici, anche alla luce delle determinazioni per i sistemi ambientali e nel rispetto degli elementi relazionali; in particolare, nel sistema delle aree naturali, nel sistema dei pascoli, nel sistema boschivo, nel sistema fluviale salvo motivate eccezioni deve essere escluso ogni intervento di completamento, ampliamento o espansione degli agglomerati e dei nuclei esistenti, che non riguardi fabbricati e manufatti di servizio strettamente necessari per le attività inerenti all’uso e alla conduzione degli alpeggi o per le attività forestali, da realizzarsi con tipologie, materiali e dimensioni coerenti con quelle in atto; gli interventi di adeguamento funzionale anche, ove previsto dal PTP, per le esigenze inerenti alle attività di tipo naturalistico possono peraltro prevedere modesti incrementi volumetrici e di altezza, purché su edifici o strutture privi di intrinseco interesse.

9. Per la leggibilità e la riconoscibilità degli agglomerati, deve essere escluso ogni intervento che comporti alterazioni dei margini edificati evidenziati nelle schede delle unità locali e riconosciuti di rilevante interesse paesistico in sede di pianificazione locale; ovvero edificazioni o significative trasformazioni eccezion fatta per gli interventi di ripristino o di riqualificazione con riduzione di volumi o ingombri esistenti nelle aree di pertinenza visiva circostanti gli agglomerati, individuate negli strumenti urbanistici.

10. Con riferimento ai caratteri storici strutturali, gli agglomerati sono distinti nelle seguenti classi di decrescente complessità che, ad eccezione delle strutture di cui alla lettera f), sono evidenziate nelle tavole del PTP:

a) centro storico di Aosta: è l’area contenuta dalla “città romana” e dalle aree edificate e non, formanti, con la prima, compagine urbana coerente e unitaria, comprese le parti di recente trasformazione, secondo quanto definito dal PRGC;

b) bourg: è il nucleo dotato di una struttura edilizia e urbanistica densa e pianificata, appoggiata su un asse viario principale e dotata, nel medioevo, di un sistema di chiusura e di difesa (cinta muraria, porte, torri, castello o casaforte) e di una zona franca periferica;

c) ville: è il nucleo di concentrazione della popolazione nel medioevo, spesso caratterizzato da una struttura parcellare ordinata, centro principale di una residenza signorile o di una comunità particolarmente rilevante;

d) village: è il nucleo di concentrazione della popolazione, con almeno una decina di costruzioni alla fine del XIX secolo, caratterizzato dalla presenza di edifici comunitari e da una struttura parcellare non ordinata, eccetto che nel caso di impianto su una importante via di comunicazione;

e) hameau: è il nucleo di minor dimensione, con struttura parcellare più o meno agglomerata, di formazione familiare o relativo ad utilizzazioni stagionali o marginali del territorio;

f) altre strutture insediative aggregate: quartieri operai, villaggi minerari, aree edificate d’interesse storico-culturale, prive di carattere di centralità.

11. Per il centro storico di Aosta, l’indirizzo stabilito dal PTP richiede in particolare:

a) azioni a scala regionale e urbana che consentano da un lato di ridefinire il ruolo simbolico-culturale del capoluogo, ridistribuendo parte delle funzioni regionali negli altri nodi urbani, dall’altro di:

1. riorganizzare i rapporti del centro col contesto urbano mediante opportune trasformazioni delle aree strategiche di bordo (stadio, macello, caserme, area Cogne);

2. riconnettere il centro con la fascia della Doire Baltée mediante fasce verdi, lungo il torrent Buthier e a ovest della cinta muraria;

3. riorganizzare il traffico, i trasporti e la mobilità in modo da alleggerire in misura consistente il traffico veicolare che attraversa o lambisce il centro, dando vita a un sistema articolato di aree pedonali;

4. controllare i processi di trasformazione funzionale del centro in modo da evitare che lo stesso perda per ragioni turistiche la sua individualità; in modo da evitare altresì la conversione ad usi terziari del patrimonio abitativo e da favorire, invece, il recupero abitativo e la riqualificazione diffusa del tessuto edilizio;

b) azioni pubbliche diffuse sulle trame di base, quali strade, piazze e passaggi comuni, vergers, rus, al fine di realizzare una rete connettiva più articolata e complessa, e di valorizzare i sistemi di preesistenze storico-culturali snodati alle spalle dei due assi principali;

c) azioni di controllo e disciplina delle trasformazioni edilizie e funzionali in tutto il centro, volte ad assicurare la conservazione e la valorizzazione delle specificità culturali e ambientali delle diverse parti e delle singole unità edilizie, anche mediante la promozione e l’organizzazione di comparti edificatori; tale disciplina non potrà salvo motivate eccezioni prevedere interventi di trasformazione se non in ambiti circoscritti, privi di elementi di intrinseco interesse e nel quadro di piani urbanistici di dettaglio e di progetti unitari che abbraccino almeno le intere unità edilizie interessate e non comportino incrementi di superficie utile e significative riduzioni degli usi abitativi;

d) azioni mirate ad affrontare particolari situazioni di degrado o di rilevante interesse pubblico, anche col ricorso ai programmi integrati, a programmi di riqualificazione o recupero, ad accordi di programma, ad intese o concertazioni previste dalla legge; gli strumenti urbanistici e gli atti urbanistico-edilizi che ammettono modalità di azione e di intervento di trasformazione, dovranno considerare in modo correlato tutte le categorie di azioni di cui al presente comma.

12. Per i bourgs, l’indirizzo stabilito dal PTP richiede in particolare:

a) azioni a scala territoriale che consentano di rivalutare il ruolo storico dei centri quali nodi di centralità urbana e di riqualificarne gli assi rettori, riducendo o eliminando i flussi veicolari d’attraversamento;

b) azioni pubbliche a scala urbana, volte a migliorare il sistema degli accessi e degli attestamenti veicolari, a riqualificare gli assi rettori e le trame storiche di riferimento, compresi spazi pubblici e elementi d’uso collettivo, arredo urbano storico e pavimentazioni da ripristinare, rus, canali, percorsi e vergers da mantenere o riqualificare;

c) una disciplina di tutto il centro anche differenziata nelle varie sue parti, che dovrà di regola prevedere la conservazione e il restauro delle cortine edilizie prospettanti gli assi rettori, coi relativi imbocchi e passaggi laterali, negozi e servizi a piano terra, e la possibilità di trasformazione, senza incrementi di altezze e di volume, se non preordinati in strumenti attuativi pubblici, delle parti riconosciute dallo strumento attuativo come prive di intrinseco valore storico, artistico o documentario, con interventi articolati per comparti o con progetti unitari estesi almeno alle intere unità edilizie interessate; limitati interventi di completamento, a fini essenzialmente riqualificativi, potranno essere previsti, sempre nell’ambito di progetti unitari, per le aree di bordo non interessate da rapporti significativi, funzionali o visivi, col contesto.

13. Per le villes, oltre alle azioni volte a ristabilirne equilibrati rapporti col contesto rurale, l’indirizzo stabilito dal PTP richiede in particolare:

a) interventi sulle trame di riferimento, quali strade e percorsi, canali, rus, reti tecnologiche, con particolare attenzione per le connessioni coi villages e gli hameaux storicamente connessi;

b) una disciplina organica di tutto il centro, articolata secondo la varietà dei tipi edilizi, delle qualità intrinseche e dello stato di conservazione; tale disciplina non potrà salvo motivate eccezioni prevedere interventi di ristrutturazione urbanistica quali definiti dall’articolo 31 della legge n. 457 del 1978, se non in ambiti privi di intrinseco interesse, nel quadro di piani urbanistici di dettaglio; limitati interventi di completamento potranno tuttavia essere previsti nelle aree di bordo o periferiche non rilevanti dal punto di vista paesistico o funzionale per i rapporti col contesto.

14. Ai villages e agli hameaux si applicano gli indirizzi di cui al comma 13; particolare attenzione deve peraltro essere rivolta, in sede di pianificazione locale, al rapporto col contesto agricolo e naturale (accessi e sentieri, orti e prati falciati, bordi di terrazzo, ruscelli, ecc.) e all’unitarietà dei nuclei, data la loro dimensione generalmente modesta (orientamento dei fabbricati e dei tetti, materiali, tipologie edilizie, ecc.); i piani urbanistici locali, generali o di dettaglio, dovranno pertanto escludere salvo motivate eccezioni interventi trasformativi che implichino nuove edificazioni, se non per completamenti e limitate espansioni nelle aree di bordo, rigorosamente coerenti con le regole organizzative, tipologiche e costruttive delle unità edilizie caratterizzanti.

15. Per le altre strutture aggregate, l’indirizzo del PTP a scala locale e a scala urbana e territoriale è volto al recupero dell’impianto originario e alla valorizzazione della peculiarità storico-funzionale; la disciplina degli interventi deve pertanto escludere alterazioni della trama viaria storica, dei caratteri essenziali tipologici e funzionali, fatte salve più specifiche cautele relative agli edifici o ai manufatti d’intrinseco valore.

16. In assenza della disciplina urbanistica di cui al comma 4, degli strumenti urbanistici di dettaglio, dell’apposita normativa di attuazione per le zone A, di idonei programmi, intese o concertazioni, dei progetti operativi o dei comparti edificatori ove imposti, negli agglomerati di cui al presente articolo, individuati dal PTP e delimitati quali zone di tipo A ai sensi di legge, sono consentiti soltanto gli interventi edilizi di manutenzione, restauro e risanamento conservativo, nonché di ristrutturazione edilizia, che non alterino gli elementi di pregio architettonico degli edifici; è consentito altresì l’ampliamento in elevazione, ove compatibile con i caratteri architettonici delle strutture edilizie esistenti, indispensabile per dotare ciascun piano del fabbricato dell’altezza minima libera interna imposta dalle norme in materia; sono parimenti consentite le modeste demolizioni funzionali agli interventi ammessi dalle disposizioni che precedono e quelle necessarie per eseguire opere che migliorano la funzionalità di infrastrutture pubbliche.

 

Articolo 37 - Beni culturali isolati

1. La pianificazione locale individua i beni culturali isolati, verificando ed eventualmente estendendo l’individuazione del PTP, sulla base di appositi censimenti dei beni culturali che tengano conto delle ricerche attuate dalla struttura regionale competente in materia di beni culturali e da altri enti; tale individuazione concorre alla formazione degli elenchi dei beni tutelati ai sensi della legge n.1089 del 1939; i censimenti dei beni culturali sono coordinati dalla competente struttura regionale, con metodi e procedimenti unificati d’archiviazione, anche agli effetti dell’applicazione delle leggi n. 1089 del 1939 e n. 1497 del 1939.

2. La pianificazione locale specifica gli indirizzi di tutela dei beni culturali stabiliti dal PTP, definendo d’intesa con la competente struttura regionale gli interventi e le utilizzazioni più appropriate in relazione ai caratteri, alle qualità intrinseche e allo stato di conservazione dei beni e al loro rapporto col contesto territoriale e paesaggistico.

3. Ogni intervento edilizio su beni culturali, eccedente la manutenzione ordinaria, devefondarsi su adeguate ricerche storiche, documentarie, architettoniche e tecnologiche e surilievi critici accurati delle preesistenze (di regola in scala non inferiore a 1:50, con la rilevazione dei diversi tipi di materiali, di orizzontamenti e di strutture per gli edifici d’interesse storico-artistico, comprese le parti non meritevoli di conservazione o da eliminare), estesi agli intorni in diretto rapporto visivo, fisico o funzionale coi beni stessi e alle connessioni col territorio circostante.

4. Gli interventi di restauro devono tendere a eliminare gli usi impropri o degradanti e a favorire forme di utilizzazione e fruizione coerenti con la natura e il significato originario dei beni, che riducano al minimo le esigenze di modificazioni fisiche delle strutture e dei relativi intorni (ivi comprese le aree di sosta e le vie d’accesso) e da migliorarne la fruibilità sociale e la leggibilità nell’ambito del contesto; sono pertanto da escludere, di regola, usi commerciali, produttivi, ricettivi, ricreativi o che comunque possano determinare afflussi rilevanti di utenti, nonché abitazioni private o altri usi che sottraggano i beni alla pubblica fruizione, se non per parti limitate dei beni stessi.

5. Il PTP richiede la conservazione e la valorizzazione dei percorsi storici, delle strade e dei sentieri che costituiscono le trame connettive dell’insediamento rurale e dell’acculturazione storica della montagna, individuate nella tavola in scala 1:20.000 e da individuarsi e specificarsi ulteriormente in sede di pianificazione locale, distinti in:

a) percorsi coincidenti con strade carrabili;

b) altri percorsi strutturanti il sistema insediativo tradizionale, il sistema urbano e il sistema fluviale;

c) altri percorsi di collegamento tra i sistemi di cui alla lettera b) e gli altri sistemi ambientali.

6. Ogni azione di trasformazione che possa interferire con le reti dei percorsi di cui al comma 5 o minacciarne la conservazione o la fruibilità deve essere preceduta da accurati rilievi storici e topografici estesi agli interi ambiti interessati; deve comunque essere evitato ogni intervento che possa determinare interruzioni o significative modificazioni avuto anche riguardo alle pavimentazioni originarie dei percorsi di collegamento tra castelli, torri, bourgs e villes, dei sentieri principali d’accesso ai villages e agli hameaux (in particolare sui conoidi, nei boschi dell’envers, nei vigneti), dei principali percorsi dei tramuti, delle strade reali di caccia, delle grandi vie storiche di valico, nonché dei percorsi e circuiti che svolgono un ruolo essenziale di connessione per insiemi di beni culturali e di luoghi rilevanti per le culture locali.

 

Articolo 38 - Siti di specifico interesse naturalistico

1. Sono oggetto di conservazione i siti d’interesse naturalistico comunitario o nazionale indicati dal PTP.

2. Sono altresì oggetto di conservazione le strutture geologiche, i siti d’interesse mineralogico, petrografico, geomorfologico, le sorgenti minerali, le stazioni floristiche, gli ambiti vegetazionali e le zone umide, indicati dal PTP. Gli strumenti urbanistici possono integrare tali beni naturalistici nonché i siti di cui al comma 1.

3. Sono parimenti oggetto di conservazione, ancorché non esplicitamente indicati dal PTP, ma oggettivamente riconoscibili sul terreno, i ghiacciai, i depositi morenici delle pulsazioni glaciali, le cascate permanenti e le grotte.

4. Nelle aree interessate dai beni naturalistici di cui ai commi 1, 2 e 3, è vietata ogni nuova edificazione ed ogni trasformazione del territorio, comprese quelle comportanti rimodellamenti del suolo, alterazioni del reticolo idrografico, depositi anche transitori di materiali, discariche o impianti depuratori. Sono consentiti gli interventi necessari alla conservazione e al recupero delle aree di cui al presente comma, nonché al miglioramento della fruibilità degli elementi costitutivi dello specifico interesse delle aree medesime. Sono altresì consentiti, con provvedimento adeguatamente motivato, gli interventi necessari per garantire la sicurezza idrogeologica degli insediamenti e delle infrastrutture; le piste forestali indispensabili alla gestione dei boschi; le opere infrastrutturali di interesse generale; gli interventi rivolti alla manutenzione ed adeguamento delle infrastrutture ed attività eventualmente in atto, limitatamente all’escursionismo, alpinismo e sci alpino e nordico.

5. I comuni, d’intesa con i competenti servizi regionali, assicurano mediante gli strumenti urbanistici, o con altri provvedimenti forme differenziate di tutela delle aree interessate dai beni di cui ai commi 1, 2, 3, a fini scientifici, didattici, educativi e di pubblico godimento; per i beni di cui al comma 2, i comuni nella sede anzidetta sulla base di adeguati approfondimenti tecnici e scientifici e nel rispetto dell’interesse prioritario segnalato dal PTP, precisano le delimitazioni formulate dal PTP e delimitano le aree interessate dai beni che il PTP individua simbolicamente. I comuni assicurano, altresì, forme appropriate di tutela ad altri beni e ambiti di valore ambientale, quali le stazioni pioniere a carattere erbaceo, arbustivo o arboreo, gli ambiti faunistici, ivi compresi le aree di nidificazione di uccelli rapaci, i corridoi di transito degli ungulati, particolari zone di svernamento e riproduzione della fauna selvatica, individuati da specifici studi.

6. Le prescrizioni di cui al comma 4 si applicano a decorrere dalla data in cui assume efficacia l’approvazione del PTP.

 

Articolo 39 - Parchi, riserve e aree di valorizzazione naturalistica

1. Il sistema regionale delle aree naturali protette è composto da:

a) Parco nazionale Gran Paradiso;

b) Parco regionale MontAvic;

c) riserva naturale Marais, nei comuni di La Salle e Morgex;

d) riserva naturale Lac de Villa[2], in comune di Challand-Saint-Victor;

e) riserva naturale Tzatelet, nei comuni di Aosta e Saint-Christophe;

f) riserva naturale Côte de Gargantua, in comune di Gressan;

g) riserva naturale Stagno di Holay[3], in comune di Pont-Saint-Martin;

h) riserva naturale MontMars, in comune di Fontainemore;

i) riserva naturale Lolair[4], in comune di Arvier;

l) riserva naturale Lago di Lozon[5], in comune di Verrayes;

m) riserva naturale Les Iles, nei comuni di Brissogne, Nus, Quart e Saint-Marcel.

2. Il sistema regionale delle aree naturali protette può essere ulteriormente ampliato con le procedure di cui alla legislazione regionale in materia.

3. Nelle linee programmatiche sono segnalate “aree di valorizzazione naturalistica” per le quali i comuni e le comunità montane assicurano forme appropriate di tutela e di utilizzazione dell’ambiente naturale.

4. I comuni e le comunità montane possono individuare zone di particolare interesse naturalistico e/o storicoculturale prevedendo forme di gestione partecipative.

Articolo 40 - Aree di specifico interesse paesaggistico, storico, culturale o documentario e archeologico

1 . Le aree di specifico interesse paesaggistico, storico, culturale o documentario e archeologico sono individuate nelle tavole del PTP; la loro delimitazione è precisata a seguito di specifica valutazione e motivazione in sede di adeguamento del PRGC al PTP; essa concorre alla formazione degli elenchi di cui alle leggi n. 1089 e 1497 del 1939. Ogni intervento su tali aree richiede la preventiva acquisizione dei pareri favorevoli o favorevoli condizionati delle strutture regionali competenti in materia di tutela del paesaggio e di tutela dei beni culturali, a seconda che si tratti degli elenchi di cui alla legge n. 1497 del 1939 o della legge n. 1089 del 1939.

2. Nelle aree di cui al comma 1, fatte salve le determinazioni del comma 3:

a) non sono consentite edificazioni né realizzazioni di infrastrutture, salvo quelle inerenti alle attività agricole (comprese le ricomposizioni fondiarie che non comportino radicali modificazioni del suolo o delle masse arboree esistenti) e quelle indispensabili per ripristinare, riqualificare, recuperare o razionalizzare gli usi e attività in atto o per eliminare elementi o fattori degradanti o per migliorare la fruibilità degli elementi costitutivi dello specifico interesse delle aree;

b) devono essere conservati, mantenuti e, ove possibile, ripristinati gli elementi costitutivi del sistema insediativo tradizionale, compresi i segni del paesaggio agrario e le trame infrastrutturali (sentieri, percorsi, rus, filari, vergers, ecc.), escludendo ogni intervento che possa comprometterne la complessiva leggibilità o fruibilità; nelle aree a vigneto devono essere mantenuti, altresì, i terrazzamenti artificiali, i manufatti antichi (quali le colonne in pietra) e gli elementi naturali (quali roccioni) che ne fanno parte integrante, i segni della parcellizzazione fondiaria e ogni altro elemento concorrente alla definizione del loro disegno complessivo;

c) agli agglomerati di interesse storico, artistico, documentario o ambientale, presenti in tali aree, si applicano le determinazioni dell’articolo 36;

d) ai beni culturali isolati, presenti in tali aree, si applicano le determinazioni dell’articolo 37.

3. Nelle aree di specifico interesse archeologico individuate nelle tavole del PTP o che saranno individuate in sede di pianificazione locale o dalla competente struttura regionale, sino alle determinazioni della struttura medesima, conseguenti ad adeguate prospezioni archeologiche, sono ammessi soltanto interventi riqualificativi delle costruzioni esistenti; ogni scavo o lavorazione non superficiale deve essere autorizzato dalla struttura predetta; si applicano inoltre le disposizioni di legge in materia.

4. I PRGC in sede di adeguamento al PTP, precisano e articolano ulteriormente le prescrizioni di cui ai commi 2 e 3 in base a indicazioni di dettaglio e rilevazioni delle situazioni locali delle aree di specifico interesse individuate nel PTP.

5. Le prescrizioni di cui al comma 2 si applicano a decorrere dalla data in cui assume efficacia l’approvazione del PTP.

 

 

NOTE

1. In effetti il testo approvato dal Consiglio regionale recita erroneamente “… riducendo al minimo dell’esigenza di interventi …”.

2. In effetti il testo approvato dal Consiglio regionale recita erroneamente “… Lac de Ville …”.

3. In effetti il testo approvato dal Consivaglio regionale recita erroneamente “… Stagno d’Olay …”.

4. In effetti il testo approvato dal Consiglio regionale recita erroneamente “… Lac de Lo Lair …”.

5. In effetti il testo approvato dal Consiglio regionale recita erroneamente “… Lac de Loson …”.

 



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