ISLAM:CROCE IN TRICOLORE;ITALIANI ALL'ESTERO DICONO NO /ANSA

UN APPELLO, PIU' LAICITA' E DIALOGO TRA DIVERSI
17:56 - 30/11/2009 


(di Loredana Colace) (ANSA) - ROMA, 30 NOV - Nessun favorevole, tutti contrari: la proposta del vice ministro per le Infrastrutture, Roberto Castelli, non riscuote grande favore tra i rappresentanti dei circa 30 milioni di Italiani che vivono all'estero, e membri del Consiglio generale degli italiani all'estero (Cgie); anzi in alcuni casi provoca reazioni risentite e preoccupate. A Roma per la terza assemblea plenaria della conferenza permanente Stato-regioni e province autonome-Cgie tra un intervento e l'altro molti dei 94 rappresentanti del Cgie non si sottraggono al commento; sono soprattutto i giovani ad essere "indignati" e a respingere qualsiasi iniziativa che faccia "fare passi indietro all'Italia". Proprio oggi il presidente della Luiss, Pierluigi Celli, dalle pagine di Repubblica lancia un accorato appello al figlio laureando perché lasci l'Italia: "il tuo Paese, non è più un posto in cui sia possibile stare con orgoglio".

I rappresentanti degli Italiani nel Mondo non si limitano a criticare quella che definiscono "l'ennesima provocazione della Lega per ottenere più visibilità e tenere in ostaggio l'intero governo", indicano una strada che è quella del dialogo e della tolleranza, l'unica in grado di sconfiggere l'ignoranza che porta alla discriminazione. "Il Canada, dove oggi vivono più di un milione di italiani - dice Domenico Marozzi, di origine abruzzese, residente ad Edmonton nello Stato di Alberta - sulla bandiera ha messo la foglia di acero che rappresenta tutte le etnie; ma non scherziamo, questa proposta della Lega è incommentabile, è una proposta assurda anche per un cattolico come me. Le diversità non vanno accentuate perché si ottiene il risultato opposto, servono politiche attive di integrazione e dialogo". "Preferisco non pensarci", liquida la questione Riccardo Pinna, residente a Jhoannesburg e rappresentante nel Cgie del sud Africa - il governo italiano invece di dire queste stupidaggini dovrebbe pensare ai nostri giovani che vengono discriminati nelle università e nel lavoro in sud Africa, dovrebbe sapere che l'Italia è praticamente l'unica nazione che non riconosce le lauree conseguite all'estero, nonostante in sud Africa mantengano un livello molto alto". Il rappresentante di Svezia, Danimarca e Norvegia, Oscar Giuseppe Cecconi, (30 mila i naturalizzati), dice :"il tricolore sta bene così com'e; questa proposta è ridicola." E ricorda che oggi in Svezia su 9 milioni di abitanti 3-4 milioni sono stranieri: "la Svezia è progredita grazie a loro". Dalla Svezia agli Stati Uniti e al Messico: per Maria Luisa Bello (Washington), originaria di Catania, rappresentante dei giovani italiani all'estero, "cresciuta nella convinzione che religione e politica debbano restare rigorosamente separate", il tricolore non è solo il simbolo di un Paese, ma rappresenta tutti quelli che ci vivono e "se tutti non sono cattolici la bandiera con la croce finirebbe per non fare il suo dovere. E' semplice". Barbara Origlio, residente a Città del Messico e rappresentante anche dei giovani del Guatemala, Costarica e Repubblica Dominicana è lapidaria: "Come componente del Cgie non posso che difendere la pluralità e la proposta della Lega é discriminatoria e insostenibile. L'Italia è il Paese che costituzionalmente difende la libertà di parola, di religione non si possono fare passi indietro. Partendo dal fatto che la sua storia ha basi cattoliche, l'Italia oggi deve trovare spazi per dialogare sulle differenze e individuare punti di incontro tra culture che permettano la convivenza. Io sono ebrea ma mi sento al 100 per cento italiana, non vorrei dovervi rinunciare". Dalla Francia, due dichiarazione di fuoco: Bruno Capaldi, residente a Nizza, sostiene che in Francia una dichiarazione del genere avrebbe scatenato la rivoluzione; mentre per Luigi Delia che vive a Lione e rappresenta i giovani, sono "sparate imbarazzanti e demagogiche; in Francia il crocifisso non c'é neanche nelle scuole private". Per Mauro Montanari, residente a Francoforte, "il crocifisso non è una bandiera; si usano argomenti seri per fare mercato". Per Dino Nardi, rappresentante degli italiani che vivono in Svizzera, che non condivide la scelta di quel paese di non costruire più minareti, questa proposta "é molto grave, rischia di estremizzare le diversità; prima si raccontavano le barzellette sugli austriaci, ora sugli italiani". E Infine per Francesco Dominoni (Inghilterra e Irlanda) bisogna distinguere tra Stato e Chiesa, "non sono la stessa cosa", e per Norberto Lombardi che nel Cgie rappresenta l'Italia, la proposta di Castelli è "grossolana e strumentale, scimmiotta battaglie identitarie". "C'é voluta una guerra per levare dalla nostra bandiera lo stemma reale, che cosa si vuol fare ora, ricominciare?". (ANSA).


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