Il sistema delle Conferenze

Il processo di progressivo decentramento amministrativo e politico-istituzionale che ha avuto luogo in Italia negli ultimi decenni e concretatosi prima nell’attribuzione di compiti e funzioni alle Regioni (e agli Enti locali: Comuni e Province) e poi nel riconoscimento, in capo a tutte le Regioni italiane, di una significativa condivisione con lo Stato del potere legislativo, ha implicato la necessità di strumenti e forme di raccordo tra i soggetti istituzionali cui compete l’esercizio di funzioni in relazione a medesimi ambiti.

La risposta a tale esigenza è stata graduale e si è sviluppata di pari passo rispetto all’evolversi del decentramento dei poteri pubblici. A seguito dell’effettiva entrata in funzione delle Regioni a statuto ordinario, nella seconda metà degli anni settanta (DPR 24 luglio 1977, n. 616, attuativo della delega di cui alla legge 22 luglio 1975, n. 382, recante “Norme sull’ordinamento regionale e sull’organizzazione della pubblica amministrazione”), le medesime hanno sentito il bisogno di coordinarsi, anche al fine di conseguire un’interlocuzione unitaria con lo Stato, mediante la costituzione, i 15 e 16 gennaio del 1981, della Conferenza permanente dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome.

Con DPCM 12 ottobre 1983, veniva costituita, sulla scorta delle indicazioni emerse dall’indagine conoscitiva della Commissione parlamentare per le questioni regionali (il cui documento conclusivo è stato approvato il 12 febbraio 1980), la Conferenza permanente per i Rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano. Peraltro, già all’indomani della costituzione delle Regioni a statuto ordinario, si era dato luogo a strumenti di collaborazione, sebbene settoriali, quali la commissione interregionale presso il Ministero del bilancio e della programmazione economica di cui al DM 6 luglio 1972, emanato ai sensi dell’art. 13 della legge 16 maggio 1970, n. 281 (“Provvedimenti finanziari per l’attuazione delle Regioni a statuto ordinario”).

La primigenia Conferenza Stato-Regioni del 1983 operava prevalentemente a livello amministrativo ed era chiamata ad assolvere compiti di informazione, studio e raccordo su problemi di interesse comune tra Stato, Regioni e Province autonome, consistendo pertanto in un organismo di consulenza inserito nell’ambito di procedimenti amministrativi statali.

Con tale strumento, veniva quindi dato avvio ad un processo di concentrazione delle relazioni tra Stato e Regioni, consentendo a quest’ultime di rivolgere le proprie istanze ad un unico interlocutore, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, anziché ai singoli dicasteri di volta in volta interessati, e in una sede almeno formalmente paritetica.

La stabilizzazione e la sistematizzazione della Conferenza avveniva, per via legislativa, ad opera dell’art. 12 della legge 23 agosto 1988, n. 400 (“Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri”), attuata successivamente con il Dlgs 16 dicembre 1989, n. 418 (“Riordinamento delle funzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano e degli organismi a composizione mista Stato-Regioni”) e giungeva a compimento con la legge delega 15 marzo 1997, n. 59 (“Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa”, c.d. Bassanini 1), attuata con il Dlgs 28 agosto 1997, n. 281 (“Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato - città ed autonomie locali”), che provvedeva altresì ad unificare, per i compiti di interesse comune, la Conferenza Stato-Regioni e la neo-istituita (con DPCM 2 luglio 1996) Conferenza Stato-Città e autonomie locali, dando luogo ad una terza sede denominata “Conferenza Unificata”.

Al termine di tale evoluzione normativa, la Conferenza Stato-Regioni, oltre alla conferma delle funzioni consultive che ne venivano ampliate e rafforzate, acquisiva anche funzioni decisorie.

Con l’entrata in vigore della riforma del Titolo V della Costituzione, operata dalla legge Costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (“Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione”), e con l’accresciuto ruolo delle Regioni, soprattutto in relazione alla potestà legislativa, sia concorrente che esclusiva, si produceva, nella prassi, un’ulteriore evoluzione del c.d. “sistema delle Conferenze”, risultando tale modulo organizzativo e procedurale delle relazioni tra Stato ed enti territoriali sempre più centrale ed indispensabile nella formazione delle linee di politica generale della Repubblica e ottenendo peraltro una sempre più frequente e compiuta sanzione da parte della giurisprudenza costituzionale (vedansi, tra le altre, le sentenze nn. 206/200188/2003162/2005,242/2005 sull’incostituzionalità, per violazione del principio di leale collaborazione, di provvedimenti per i quali la Conferenza non era stata adeguatamente coinvolta).

Alla luce di quest’ultima fase, sono emersi via via profili di criticità con riguardo al coordinamento e alla compatibilità con il sistema delle Conferenze del tradizionale rapporto bilaterale tra Regioni a Statuto speciale e Stato, anche in considerazione della tendenza della legislazione statale e della giurisprudenza costituzionale a far confluire indistintamente tutte le relazioni tra Stato e Regioni (sia a Statuto ordinario che a Statuto speciale) nell’ambito delle Conferenze.

La partecipazione e l’intervento attivo delle Regioni a Statuto speciale al sistema delle Conferenze si sono quindi intensificati a partire dal 2002, in considerazione sia dell’incremento qualitativo e quantitativo degli argomenti trattati che dell'esigenza di tutelare le proprie prerogative ordinamentali di merito (con riferimento alla salvezza di diversi o maggiori poteri riconosciuti loro rispetto alle Regioni ordinarie) e procedurali (al fine di sancire la riserva di disciplina a favore di norme di attuazione statutaria elaborate dalla Commissione paritetica di cui all’art. 48-bis dello Statuto speciale).

 



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