Saint-Maxime di Challand-Saint-Victor

 

 

Pillole di storia

La cappella di Saint-Maxime di Challand-Saint-Victor vanta origini assai antiche: è infatti menzionata nelle fonti documentarie già all’inizio del XIII secolo. Nel corso della prima metà del Quattrocento essa è stata interamente ricostruita e nel 1713 un importante intervento di restauro ha modificato la facciata e in particolare la forma del portale d’ingresso, che in origine doveva seguire la modanatura ad arco del dipinto murale sovrastante. Quest’ultimo presenta al centro la figura della Vergine con il Bambino con ai lati san Michele, armato di spada e bilancia, sant’Antonio abate e un santo forse identificabile con san Bernardo d’Aosta. Una lacuna ha purtroppo cancellato l’iscrizione, posta sulla pedana del trono della Vergine, che tramandava il nome del committente.

All’interno della cappella, nel catino absidale, è raffigurato Cristo in mandorla circondato dal tetramorfo, costituito dai simboli dei quattro evangelisti (l’aquila, il bue, l’angelo e il leone). Sulla parete si susseguono invece le figure dei dodici apostoli con i santi Massimo e Sigismondo.

La decorazione della cappella viene eseguita nel 1441, come testimoniato da un’iscrizione dipinta all’interno, nel medesimo anno in cui Giacomino è attivo anche alla cappella di Marseiller di Verrayes.

 

 

Tecnica artistica ed esecutiva

Le caratteristiche tecnico-esecutive di questo ciclo pittorico rendono indubbia l’attribuzione al pittore Giacomino da Ivrea, il cui stile inconfondibile e pressoché immutato nel corso di tutta la sua carriera rende facile l’individuazione del suo corpus di opere.

Elementi tipici della sua produzione sono: le raffigurazioni frontali dei personaggi, segnati da espressioni essenziali, da contorni marcati e da panneggi rigidi e sommari; la suddivisione in scene incorniciate da fasce decorative di diversa colorazione; la mancanza di proporzione tra le figure e gli ambienti e le architetture; e l’uso esteso di decori a mascherina (tipo “stencil”) per l’ornamentazione degli sfondi e delle vesti.

Per quanto riguarda la tecnica pittorica Giacomino predilige la pittura a fresco, dipingendo rapidamente sull’intonaco ancora bagnato con pigmenti naturali come terre e ocre. Utilizza anche pigmenti minerali dai colori più brillanti, come il rosso cinabro e il giallorino, stesi a tempera con leganti minerali a calce, mentre l’azzurrite e il verde malachite sono messi in opera a secco, applicati sul muro asciutto mediante leganti organici (oleosi o proteici) o minerali (a base di calce).

 

 




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