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Il convegno - organizzato dall'Istituto e dall'Associazione di Studi e Ricerche di Psicologia Giuridica di Torino, in collaborazione con la Presidenza della Regione Autonoma Valle d'Aosta e rivolto, nell'ottica costruttiva di un effettivo scambio di conoscenze ed esperienze, sia ad un pubblico tecnicamente qualificato, sia a tutte le persone che a qualunque titolo sono interessate a questi argomenti - si propone di mettere a confronto su questi temi l'esperienza di magistrati, psicologi e operatori a vari livelli che si occupano o si sono occupati di reati familiari, con la significativa presenza di esponenti del mondo politico-istituzionale del settore.
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Scheda di presentazione
La violenza nella famiglia, punto di riferimento delle nostre sicurezze più profonde, "luogo" in cui si apprendono i comportamenti affettivi, emotivi e intellettivi con cui si dovrà confrontare per tutta la vita, ci sconvolge e ci addolora a tal punto che preferiamo non vederla, giustificarla in vario modo o vederla il meno possibile.
Viviamo un'epoca di profonde trasformazioni socioeconomiche e culturali in cui la maggiore libertà nel vivere i rapporti interpersonali e familiari, la pluralità degli stili di vita e la più estesa esigenza di autorealizzazione personale, possono presentare aspetti problematici.
Dovremmo aver raggiunto una maggiore consapevolezza del valore e del rispetto della persona umana, ma non troppo spesso i fatti smentiscono drammaticamente questa convinzione.
Il diritto si occupa della realtà familiare in momenti diversi: da quelli assai delicati della separazione e del divorzio (trattati dal Giudice Civile), a quelli in cui la disfunzione è evidente per il disagio o gravi problemi del minore (Tribunale per i Minorenni), a quelli trattati dal magistrato penale dopo la commissione di fatti delittuosi quali maltrattamenti, violenze sessuali e omicidio (Procura della Repubblica presso il Tribunale e Giudice Penale).
Il diritto è costituito da norme che pongono regole ai comportamenti umani, ne dirimono i conflitti e ne reprimono gli aspetti nocivi, ma la dimensione personale e psicologica rimane l'aspetto fondamentale, sia per applicare correttamente l'astratto schema normativo alla concreta realtà dei fatti, che prima di essere giudicati vanno compresi nelle loro complesse dinamiche ed interazioni, sia per realizzare un intervento che ponendosi anche come strumento di natura riequilibrativa, rieducativa e preventiva possa promuovere un reale cambiamento positivo, scopo ultimo sia del diritto che delle scienze umane.
In quest'ottica appare indispensabile una formazione psicologica del magistrato e sarebbe altresì auspicabile, oltre ad un unico "organo" che si occupasse di tutta la materia familiare, elaborare per l'aiuto alle famiglie un tipo di "formazione condivisa" o comunque rendere trasparenti le scelte teoriche e culturali di operatori sociali e psicologi.
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