Tumori: pancreas, nel Nord ci si ammala di più

E una delle ragioni è nelle diverse abitudini alimentari
12:41 - 13/11/2015 


(ANSA) - MILANO, 13 NOV - Nel Nord Italia ci si ammala di più di tumore del pancreas rispetto al Sud. Quest'anno i nuovi casi riscontrati nel Mezzogiorno rispetto al Settentrione sono il 21% in meno tra gli uomini e il 24% tra le donne, mentre anche al Centro le neoplasie registrate sono inferiori del 15%. Sono dati presentati oggi a Milano dall'Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), nell'ambito della 2/a Giornata Mondiale sul Tumore del Pancreas che si celebra oggi in tutto il mondo.

Uno dei motivi di queste differenze, sostengono gli esperti, è da ricercare nelle diverse abitudini alimentari. Il maggior consumo di frutta e verdura, tipico della dieta mediterranea, protegge dal rischio di insorgenza della neoplasia. "E' una patologia particolarmente insidiosa - afferma Giordano Beretta segretario nazionale AIOM -. Sotto accusa sono soprattutto gli stili di vita non adeguati: il fumo provoca il 30% dei casi nei maschi e il 10% nelle femmine. L'obesità aumenta il rischio del 12%, i diabetici hanno il doppio delle probabilità di ammalarsi".

L'AIOM ha promosso 'Pancrea', che prevede l'organizzazione di incontri per "richiamare l'attenzione su una malattia di cui si parla poco - precisa Beretta - e sull'importanza di conoscere i fattori di rischio e identificare i sintomi nella fase iniziale".

Il logo della Giornata è un aquilone color ametista, che simboleggia la speranza e la voglia di lottare. Per l'occasione oggi dalle 16 fino a mezzanotte il Castello Sforzesco di Milano sarà illuminato con questa tonalità. E nelle vie vicine verrà distribuito materiale informativo sulla patologia.

Oggi il carcinoma pancreatico riceve meno del 2% di tutti i finanziamenti per lo studio del cancro in Europa dove rappresenta la 4/a causa di morte per tumore ed entro il 2020 potrebbe essere addirittura la seconda. Nel 2015 ha colpito 12.500 italiani. "E' una delle malattie oncologiche a prognosi più sfavorevole - aggiunge Michele Reni, del San Raffaele di Milano -. Solo il 10-15% dei nuovi casi viene individuato allo stadio iniziale e può essere operato, ma oggi anche grazie alle nuove cure l'8% dei pazienti è vivo a cinque anni dalla diagnosi, un risultato impensabile fino a poco tempo fa". (ANSA).


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