Evançon
In passato la Val d’Ayas è stata un importante polo estrattivo. Le miniere d’oro di Brusson sono tra le più conosciute dell’arco alpino occidentale.
BRUSSON E LA FEBBRE DELL’ORO
di RENATO STEVANON
Funzionario Servizio cave, miniere e sorgenti

Il territorio della Regione Autonoma Valle d’Aosta, caratterizzato dalla presenza di numerosissime mineralizzazioni, è stato, nel tempo, oggetto di numerose attività minerarie riguardanti minerali strategici e di pregio (ferro, carbone, rame, manganese, oro, argento, ecc.). L’attività di coltivazione di questi minerali, con tecniche antiche o artigianali, si presume possa risalire all’epoca preromana, ma, negli ultimi secoli (dal 1850 al 1970 circa), imprese a livello nazionale ed estere si sono insediate nella Valle, sfruttando i giacimenti minerari con tecniche “minerario/industriali” lasciando i segni di questa attività non solo nell’ambiente ma anche nel tessuto socio-economico valdostano (cultura, tradizioni ed arti).
Il territorio regionale valdostano è indiscutibilmente caratterizzato da bellezze paesaggistiche ed ambientali inestimabili. In questo contesto l’Amministrazione regionale ha iniziato da alcuni anni un’attività intesa a salvaguardare e tutelare i valori presenti nel territorio tra cui i segni dell'archeologia industriale/mineraria e di conseguenza anche il pregresso patrimonio minerario.
A tale scopo l’Amministrazione regionale si è dotata, per prima in Italia, di innovativi strumenti giuridici quali la legge regionale 18 aprile 2008, n. 12 - “Parco Minerario”, concernente “Disposizioni per la valorizzazione dei siti minerari dismessi” e nel contempo ha promosso, in questa prima fase, la realizzazione di specifici interventi di riconversione. Le miniere in Valle d’Aosta, ad eccezione di quella di Cogne, risultano abbandonate da alcuni decenni. Le pertinenze minerarie delle stesse hanno subito, oltre ad un fisiologico e progressivo degrado dovuto al tempo, parziali o totali smantellamenti (fabbricati, macchinari, impianti e vie di comunicazione).
La valorizzazione delle aree minerarie da parte della Regione interessa l'intero territorio, con l'obiettivo finale di creare una rete di siti minerari, corredati delle relative pertinenze ancora recuperabili, che, per il loro particolare pregio storico e culturale, possano essere, dopo un’accurata analisi, messi in sicurezza e riconvertiti ai fini della loro valorizzazione socio-culturale, scientifica ed ambientale ampliando, di fatto, la già ricca offerta turistica e culturale della Regione.
In quest’ottica si inseriscono le prime azioni intraprese dalla Giunta valdostana, ed in particolare il recupero dei siti minerari di Brusson (quarzo aurifero nella Valle d'Ayas) di cui si racconta in questo articolo e del sito minerario di Saint-Marcel che ha per oggetto le miniere di ferro-rame e zolfo in località Servette.
Questi progetti sono finanziati nell’ambito del Programma operativo Competitività regionale 2007/13, cofinanziato dal Fondo europeo di sviluppo regionale, gestito dalla Direzione programmi per lo sviluppo regionale della Presidenza della Regione. Il costo programmato per il sito di Brusson è di 1,14 milioni di euro (di cui 460.000 provenienti dall'Unione Europea, 480.000 dallo Stato e 204.000 dalla Regione) e per il sito di Saint-Marcel di 1,99 milioni di euro (di cui 800.000 provenienti dall'Unione Europea, 840.000 dallo Stato e 350.000 dalla Regione).
Per quanto riguarda Brusson, l'intervento è finalizzato alla realizzazione di percorsi di visita, sia all'esterno che in sotterraneo, nel distretto aurifero della valle d’Ayas ed in particolare nelle miniere della rupe di Chamousira.
In una prima fase sarà eseguita la messa in sicurezza degli accessi ai siti minerari e delle gallerie oggetto dell'intervento. È prevista, inoltre, la realizzazione di un centro di documentazione in spazi di proprietà comunale per l'allestimento di un museo minerario locale.
I principali interventi ipotizzati , in sintesi, riguardano:
a) collegamento dal villaggio La Croix (quota 1700 m circa) al sito minerario Livello 7 Fénillaz (quota 1550 m circa) mediante recupero e messa in sicurezza del percorso;
b) messa in sicurezza degli antichi percorsi delle miniere di Fenillaz con allestimento itinerario guidato;
c) realizzazione di un percorso di visita in galleria individuato in base a facilità di accesso, stato di conservazione e ambiti di interesse con contestuale chiusura, ai fini della sicurezza degli altri imbocchi;
d) recupero e/o restauro conservativo dei fabbricati acquisibili con possibile riutilizzo funzionale degli stessi.
e) realizzazione di un centro di documentazione quale museo minerario locale ed eventuale punto vendita di articoli legati all’attività mineraria. Il Soggetto attuatore dell’intervento è l’Amministrazione comunale di Brusson che, nel dicembre 2010 ha indetto la gara di appalto per l’assegnazione della progettazione preliminare,definitiva ed esecutiva e che provvederà all’aggiudicazione definitiva dell’incarico comprensivo della direzione dei lavori, nell’estate del corrente anno mentre la fruibilità del sito minerario è prevista per l’anno 2015.
A livello mondiale, l'oro è distribuito principalmente nelle aree dove affiorano le rocce più antiche (precambriano, > 500 milioni di anni). Ulteriori giacimenti primari, meno ricchi, sono presenti nelle rocce del Paleozoico (540–250 Ma) e del Mesozoico (250-65 Ma).
I filoni di quarzo e pirite auriferi della bassa valle d’Ayas, di origine idrotermale, si sono formati in epoca terziaria (50-30 Ma) per intrusione in rocce preesistenti (gneis granitici della cupola di Arcesaz –Brusson e pietre verdi della Zona Piemontese). Analoghe mineralizzazioni, in filoni idrotermali di quarzo aurifero, si riscontrano in una vasta porzione dell’arco alpino occidentale comprendente oltre alla Valle d’Ayas, Alagna Valsesia, la Valle Anzasca, Vogogna in Val d’Ossola, fino a Crodo in Val Formazza.
In particolare in questo distretto minerario affiorano un centinaio di filoni di quarzo aurifero, con tenori medi in oro di 12 g/t, nei filoni del “tipo Fenillaz” (filoni a quarzo e oro nativo con pochi solfuri) che sono per dimensioni e ricchezza i più importanti del distretto.
Secondo Richard, nella sua tesi di dottorato “Le district aurifère de Challant” (1981), la quantità d’oro estratta nel passato nell’intero distretto minerario ammonterebbe a 1,2 tonnellate e la stima è di 1 t di riserve probabili e 5 t di riserve possibili.
L’oro - numero atomico 79, simbolo Au (dal latino "aurum") - è un elemento nativo e si trova, in genere in particelle invisibili ad occhio nudo, più raramente in pagliuzze, grani, fili e in pepite. È un metallo di colore giallo tra i più pesanti in quanto ha una densità (“peso specifico”) di circa 19 kg/dm3 ma molto tenero (durezza ca. 2,5 - 3,0 della scala Mhos). È molto duttile (la duttilità è la capacità di un materiale ad essere ridotto in fili sottili) tanto che da un grammo d'oro si può ottenere un filo lungo circa 3500 metri. L’oro è, inoltre, molto malleabile (dal latino "malleum" - martello) per cui può essere deformato in strati sottilissimi, (da circa 30 grammi d'oro è possibile ottenere un foglio di circa 16 m2 di superficie). Risulta inattaccabile dalla maggior parte dei composti chimici, viene attaccato (disciolto) in pratica solo da una miscela di acido cloridrico e acido nitrico (scoperta intorno al 1700) a cui venne attribuito il suggestivo e meritato nome di "acqua regia” (acqua regale).
Può formare con il mercurio un’amalgama (tale caratteristica è stata sfruttata nell’attività di estrazione dell’oro (arricchimento del minerale) con conseguenze, purtroppo, negative per l’ambiente in relazione alla tossicità del mercurio;
Allo stato puro è troppo tenero per essere utilizzato nella produzione di oggetti di valore (gioielli, monete ecc.), pertanto, lo stesso, deve essere associato ad altri metalli formando leghe (principalmente con rame e argento) che ne garantiscono sia una maggiore durezza che una maggiore resistenza all’usura del tempo.
Il valore che da sempre è stato attribuito all’oro lo ha portato ad essere usato come base per le valute di molti Stati (sistema aureo o Gold standard). Infine una piccola curiosità: è stato stimato che se tutto l'oro raffinato del mondo venisse fuso in un solo pezzo, formerebbe un cubo di circa 20 metri di lato.
L'oro è un metallo che ha rivestito da sempre un ruolo primario nella storia del genere umano. Grazie alla sua duttilità, alla sua malleabilità ed al suo particolare effetto cromatico (colore e lucentezza) fu motivo di attrazione sin dalla preistoria più remota (pare che addirittura gli Australopithecus provavassero attrazione per gli oggetti chiari e luccicanti come l’oro) e proprio per questo motivi è stato utilizzato fin dal “neolitico” per creare gioielli preziosi e pertanto può essere considerato il primo metallo conosciuto ed utilizzato dalla specie umana.
L'oro è sempre stato sinonimo di potenza e ricchezza ed è per questo che su di esso sono imperniate moltissime vicende umane tali da dare origine a miti e leggende, da provocare guerre, da influenzare l’arte e le religioni nonché, da sviluppare scienze filosofiche ed esoteriche come l’alchimia antenata della chimica moderna.
Per l'umanità, ha rappresentato, da sempre, una vera e propria ossessione ed il suo fascino non si basava solo sulle sue caratteristiche meccanico- estetiche ma anche sulla sua quasi divina “incorruttibilità” da parte di elementi che invece potevano facilmente “corrompere" gli altri metalli conosciuti.
Gli esseri umani di qualsiasi tempo, latitudine, cultura e religione hanno individuato nell’oro non solo un metallo esteticamente apprezzabile, di facile lavorazione ed “incorruttibile” ma nell’immaginario collettivo, lo stesso, è stato associato a valori o disvalori mistici etici ed economici.
L’oro ed i simboli, con lo stesso realizzati, hanno rappresentato nei vari contesti: la regalità divina (l'oro fu uno dei doni portati dai Re Magi al Bambino Gesù), i principi divini, il regno del sole, la gloria terrena e celeste, la verità, l’illuminazione, l’armonia cosmica, la forza mentale, l'immortalità, la fede, la saggezza, la longevità, la libertà, la verità, la giustizia, la bellezza, la prosperità, il potere, l’idolatria, la cupidigia (il mito di Re Mida è, da tutti, conosciuto) la forza distruttiva, la paura, il dolore, l’invidia ecc.
Le corse all'oro individuano un periodo di febbrile migrazione di lavoratori in aree nelle quali si verificò la scoperta di notevoli quantità d’oro sfruttabili commercialmente, soprattutto negli Stati Uniti nel XIX° secolo. Diversi furono i fattori (miglioramento delle reti dei trasporti, i mezzi di comunicazione nonché forme di malcontento sociale ecc.) che portarono migliaia di persone, delle quali solo poche fecero fortuna, a viaggiare verso le miniere d'oro.
Tra le zone del mondo dove si svolsero le più frenetiche corse all'oro troviamo alcune aree degli Stati Uniti, del Canada, dell’Australia, della Nuova Zelanda e del Sudafrica. Nomi come Transvaal e Klondike, evocano in tutti l’immediata associazione all’epopea della febbre dell’oro.
Anche l'Italia ebbe la sua corsa all'oro tra il 1848 e il 1915, le aree aurifere oggetto di ricerche e concessioni minerarie erano localizzate nel settore nord occidentale dell’arco alpino in Lombardia Piemonte e Valle d’Aosta e proprio nella Valle d’Ayas, ai piedi del Monte Rosa, sono localizzate le miniere d’oro di Brusson.

Le miniere di Brusson

Numerosi ed approfonditi sono i testi e gli studi prodotti sul comprensorio aurifero di Clalland e Brusson per cui, di seguito, saranno riportati, in sintesi, gli elementi tecnici e storici più rilevanti del sito minerario oggetto dell’intervento di valorizzazione previsto dall’Amministrazione regionale. Le miniere coltivate nella rupe di Chamousira (Brusson) interessano sistema di vari filoni, formatisi, come già detto, tra 50 e 30 milioni di anni fa che affiorano sul versante occidentale della rupe. I filoni principali sono denominati: Fénillaz, Speranza e Gaebianche.
L’attività mineraria nel distretto minerario della valle dell’Evançon ha una storia molto lunga. Non si hanno, però, notizie certe di uno sfruttamento, da parte dei Salassi e dei Romani, dei giacimenti auriferi di queste zone. Dagli archivi degli Challant si hanno notizie che la nobile famiglia si interessò, fin dal XIII secolo, allo sfruttamento dei giacimenti minerari sui propri territori, tra i quali, quelli rappresentati dai diversi filoni auriferi della valle dell’Evançon.
Lo sfruttamento dei giacimenti (pirite ed oro) ha vissuto il suo periodo più florido a partire dal 1850 (periodo in cui era ampiamente utilizzata, nell’attività estrattiva, la polvere pirica – il ricorso a tale tecnologia risale già al dal XVII° secolo) fino alla prima decade del XX° secolo per poi lentamente affievolirsi.
In particolare, a partire dal 1900 (il filone “Fenillaz” è stato individuato presumibilmente alla fine del XIX° secolo), la coltivazione e la ricerca dell’oro diventa più organizzata (oltre a piani inclinati, magazzeni, cabina elettrica, nel 1903 è stata realizzata la teleferica per il trasporto del minerale a valle) grazie alle compagnie minerarie come: La Société des Mines d’or de l’Evancon, L’Evancon Gold Mining Company Limited, il Consorzio Agrario della provincia di Novara, la Società delle cave di San Vittore e la Società Rivetti.
Il 1905 e il 1906 sono gli anni di maggior sviluppo dell’attività estrattiva. Alla fine del 1906 il sotterraneo del filone Fénillaz si sviluppava sugli attuali sette livelli per una lunghezza complessiva di circa 1573 metri. I sette livelli sono distribuiti in circa 140 m di dislivello. Le gallerie sono comunicanti tra loro attraverso rimonte, discenderie e dai vuoti generati dalla coltivazione con inclinazione abbastanza regolare, corrispondente all’inclinazione del filone, da 30° a 45° circa.
Dal 1908 un lento declino dell’attività mineraria, legato alla decrescente economicità della stessa, ha portato all’abbandono dei lavori nel 1909 tanto che nel 1911, dopo aver imposto, un termine utile di 2 anni per la ripresa dei lavori di coltivazione, nel 1913 fu revocata alla società Evancon Gold Mining Company Limited la concessione mineraria, constatata l’inattività della miniera associata ad uno stato di generale degrado del sotterraneo.
Nel 1929 con decreto del Ministero per l’Economia Nazionale veniva rilasciata, a M. Axerio e C. Panisari, la concessione relativa alla miniera di Fénillaz per 50 anni. Lo sviluppo dei lavori fu così poco rilevante da provocare la decadenza del nuovo concessionario nell’agosto 1933.
Negli anni a seguire furono concessi esclusivamente permessi di ricerca (fino al 1982) che furono svolti mediante sporadiche ed artigianali attività minerarie. I modesti risultati ottenuti non hanno consentito il passaggio da permesso di ricerca a concessione mineraria.

Si ringraziano per la collaborazione Elisabetta Drigo (geologa) e Natale Tripodi (funzionario Servizio cave, miniere e sorgenti).


Bibliografia:

- Paolo Castello, Giancarlo Cesti. “Miniere della Valle d’Ayas”.
- Annick Richard. “Le district aurifère de Challant”, tesi di dottorato.
- Corrado Binel. Schede tecniche

   
Pagina a cura dell'Assessorato territorio, ambiente e opere pubbliche © 2024 Regione Autonoma Valle d'Aosta
Condizioni di utilizzo | Crediti | Contatti | Segnala un errore