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Relazioni in gioco

Al convitto “Federico Chabod” gli educatori riflettono con i ragazzi sulle relazioni che si instaurano nella quotidianità.

Il Convitto regionale “Federico Chabod” è un’istituzione educativa che accoglie, come semiconvittori, gli alunni della scuola primaria e secondaria di primo grado dell'istituzione scolastica “Aosta 1” e studenti di vari istituti secondari di secondo grado residenti in Aosta, e, come convittori, ragazzi e ragazze che frequentano le scuole superiori ad Aosta, ma che risiedono lontano dal capoluogo.


Il Convitto è quindi una comunità educante presente sul territorio che sostiene i ragazzi nelle attività scolastiche e li segue nella gestione delle relazioni interpersonali nella quotidianità della convivenza collegiale. L'attività educativa è svolta dagli educatori in collaborazione con le famiglie e le scuole; laddove si renda necessario, si richiede anche la partecipazione degli operatori sociali. La paideia, nella sua accezione classica di sviluppo integrale della persona, rappresenta il filo conduttore di ogni percorso, perché il giovane possa sperimentare e sperimentarsi, in un'ottica di sapere, saper fare, saper essere.
Diversamente da quanto previsto nell'ambito dell'ordinamento dei Convitti nazionali, il Convitto “Federico Chabod” accoglie anche utenti in situazione di particolare disagio sociale e familiare, soprattutto della scuola primaria e della scuola secondaria di primo grado, e ragazzi disabili, in genere delle scuole secondarie di secondo grado.

Promuovere abilità sociali con il Cooperative Learning

Durante il corso di formazione per l'anno di prova, tra le tecniche per promuovere abilità sociali presentateci dal professor Stefano Cacciamani, il Cooperative learning ci è sembrato particolarmente funzionale al nostro ruolo di educatori.
Con alcune nostre convittrici abbiamo pensato di sperimentare un training adatto a “saper risolvere i conflitti in maniera costruttiva”.
Molte sono, infatti, le difficoltà di relazione incontrate da ragazze adolescenti costrette ad una convivenza quotidiana con compagne non scelte.
L’attività ha coinvolto undici delle quindici ragazze del gruppo e si è svolta di sera per non interferire con i momenti abituali di studio.

Tabella 1 - Il progetto
Fasi di lavoro Strumenti Tempi
Prima fase
Individuazione del significato di conflitto Brainstorming 5 minuti
Individuazione dei comportamenti verbali e non verbali attraverso cui l'abilità si esprime Circle time per elaborare la "Carta T" (quali aspetti servono per raggiungere un punto d'incontro) 15 minuti
Seconda fase
Racconto di tre situazioni conflittuali tipo Schematizzazione su lavagna 15 minuti
Scelta di un'esperienza Griglia di osservazione delle modalità decisionali (tipo di leadership) 10 minuti
Terza fase
Suddivisione in due gruppi (attori/osservatori a turno): l'uno cerca di trovare un punto d'incontro, l'altro rimane fermo sulle proprie posizioni Gioco di ruolo 15 minuti
Osservazione Libera per le ragazze oservatrici; griglia di osservazione per gli educatori (aspetti verbali e non verbali, Carta T). Cartellone per rilevare le dinamiche emerse nei due contesti 15 minuti
Discussione libera   15 minuti

 

Il conflitto

La prima fase della sperimentazione del progetto è consistita nell’individuazione del significato di conflitto e dei comportamenti verbali e non verbali attraverso cui l’abilità studiata si esprime (Carta T).
Abbiamo invitato le ragazze a riflettere sul significato di conflitto.
Le parole emerse dal brainstorming sono riportate nella tabella 2.

Tabella 2 - Cos'è il conflitto?
discussione* guerra illusione cattiveria perdono*
sfogo dibattito* pazienza* conoscenza* paura
gelosia vicinanza* tradimento riflessione* crescita*
discordanza distacco rabbia sofferenza incomprensione
* le parole con asterisco sono quelle che ammettono una valenza positiva/propositiva del termine "conflitto" e quindi utili ai fini del lavoro.

 

In base a quanto emerso nel brainstorming, abbiamo chiesto alle ragazze di riflettere sulle abilità necessarie, verbali e non verbali, per risolvere un conflitto in modo propositivo, richiamando la loro attenzione sulla valenza positiva che ogni divergenza può assumere, così come emerso da alcune risposte.
Per facilitare questa attività, abbiamo esemplificato come si possa intervenire in un conflitto con toni neutri utilizzando espressioni come: “Non mi sono spiegato bene” o “Non ci siamo capiti” anziché “Sei scemo” o “Non capisci niente” e abbiamo proposto alcuni atteggiamenti non aggressivi.
La sintesi delle riflessioni è riportata nella tabella 3.

Tabella 3 - Atteggiamenti verbali e non verbali
per risolvere un conflitto in modo costruttivo
Aspetti verbali
Aspetti non verbali

Chiedere scusa

Chiedere spiegazioni

Chiarirsi

Trovare un punto d'incontro

Esprimere ciò che si pensa

Ascoltare le opinioni altrui

Ammettere gli errori

Pentirsi

Abbracciarsi

Piangere

Guardarsi

Sorridersi

Prendersi la mano

Stare in silenzio

Stare lontani

 

 


Tre situazioni conflittuali di gioco

La seconda fase del progetto è stata dedicata al racconto di tre situazioni conflittuali tipo e alla scelta di una situazione da simulare.
Sono state quindi presentate alle ragazze tre di queste situazioni.
1. Due amiche inseparabili partecipano ad una cena. L'una si presenta col ragazzo che scherza e ride solo con l'altra. Il ragazzo riaccompagna prima la sua fidanzata e, rimasto solo, la tradisce con l'amica. La ragazza racconta tutto all'amica.
2. Al rientro da una lunga vacanza, una ragazza racconta ogni dettaglio a tutti tranne che alla sua migliore amica.
3. Compito in classe. Una ragazza non riesce a risolverlo e chiede aiuto all'amica che, però, dice di essere in crisi. L'una prende l'insufficienza, l'altra un bel voto.
L’abilità da potenziare era “sapersi confrontare in modo costruttivo in un conflitto”, per cui abbiamo pensato che sarebbe stato interessante mettere subito alla prova le ragazze, in un contesto libero, osservando quali modalità mettevano in campo per scegliere la situazione da simulare. A tal fine abbiamo elaborato una griglia strutturata, per annotare il tipo di leadership che si realizza durante il processo decisionale: centrato sul compito (raggiungere la consegna) o sulla relazione (porre attenzione alle dinamiche relazionali per creare un clima positivo). Dopo una breve consultazione, le ragazze hanno votato e scelto la prima situazione. La leadership centrata sulla relazione è stata assunta dalle poche che già nella vita convittuale ricoprono ruoli decisionali, hanno notevoli abilità comunicative e di mediazione, intervengono per “calmare le acque”, cercano di coinvolgere tutti. La maggior parte delle ragazze ha partecipato attivamente per trovare un accordo, ponendosi quale unico obiettivo l'arrivare ad una scelta; le altre hanno partecipato solo nella fase finale della votazione, secondo un copione che ricalca l'organizzazione quotidiana del gruppo.

Il gioco di ruolo

Per la terza fase, le ragazze stesse hanno formato due gruppi sulla base di amicizie e simpatie consolidate. Noi, educatori, invece, abbiamo assegnato i ruoli stimolando le ragazze ad immedesimarsi in parti lontane dal loro modo d'essere. A turno, sono state attrici e osservatrici.
Durante il gioco di ruolo, abbiamo chiesto ad un gruppo di tentare il confronto positivo, all'altro di restare fermo sulle proprie posizioni. Le ragazze spettatrici hanno osservato quanto accadeva. Noi educatori siamo rimasti ai margini delle due scene, per rilevare le dinamiche in gioco e le abilità sperimentate, attraverso una griglia strutturata di osservazione che faceva riferimento alla “Carta T”.
Su di un cartellone abbiamo poi raccolto gli interventi delle ragazze sulle difficoltà emerse nel ricoprire i vari ruoli, sulle emozioni e gli stati d'animo provati, sul benessere o il malessere indotti dall'una o dall'altra modalità risolutiva.

La discussione strutturata

La verifica e valutazione del progetto hanno anche previsto un momento di discussione strutturata, per consentire la rielaborazione di quanto emerso nella discussione libera.
La discussione strutturata ha preso spunto dal cartellone sul quale avevamo raccolto gli interventi e le emozioni delle ragazze. In particolare abbiamo richiamato l'attenzione sul clima emerso nelle due modalità di rappresentazione del conflitto (collaborativa/non collaborativa).
Nel complesso il gruppo ha colto le differenze sia in termini di benessere/malessere individuale sia in termini di risultato finale.
Le difficoltà di ruolo sono risultate essere legate all'imbarazzo di impersonare la tradita o la traditrice e nel doversi comportare in un modo lontano dalla propria personalità. Il ruolo di osservatrici è stato vissuto come complesso sia perché inusuale sia perché in contrasto col desiderio di prendere parte attivamente alla scena: gli spunti emersi dalle ragazze osservatrici sono quindi pochi. Le difficoltà dell'osservare hanno fornito l'occasione per alcune riflessioni generali sull'abilità del saper osservare (oggettività/soggettività, stereotipi e pregiudizi). Abbiamo poi esposto alle ragazze le nostre annotazioni, evidenziando le abilità messe in gioco, la loro pertinenza ai fini della consegna e delle riflessioni emerse.

L’imbarazzo della comunicazione ed il timore del giudizio

Il ricorso al gioco di ruolo e alla drammatizzazione ha risposto appieno alla necessità degli adolescenti di vivere problematiche reali o possibili in situazioni protette e strutturate, in cui la finzione e la presenza discreta di una figura adulta di riferimento permettono di superare l'imbarazzo della comunicazione ed il timore del giudizio. La richiesta delle ragazze di ripetere l'esperienza con i convittori maschi testimonia la buona riuscita dell'intervento ed il desiderio di confrontarsi, in modo costruttivo, con portatori di altri punti di vista. La poca dimestichezza con il ruolo di osservatore ha creato, anche a noi educatori, alcune difficoltà nello strutturare e compilare le griglie di osservazione (in particolare quella delle modalità decisionali). Difficile è stato poi far rispettare alle ragazze i ruoli previsti dal gioco: troppo forte era il loro coinvolgimento.
Per concludere, l'obiettivo del progetto è stato nel complesso raggiunto e l'attivismo delle ragazze è stato uno degli atout fondamentali per il buon esito dell'intervento. L'esperienza formativa ha sicuramente arricchito il nostro bagaglio professionale, offrendoci nuovi strumenti di lavoro e di riflessione.

La T Chart

Nell'ambito del Cooperative Learning, la T Chart è una strategia per rilevare e attivare le abilità sociali.
Si tratta di una strategia di rappresentazione di facile lettura, poiché funziona per comparazioni.
La struttura tipica è quella di un titolo su due colonne dove va inserita l'abilità da osservare o da lavorare e due colonne dove vengono definiti i comportamenti verbali e non verbali osservabili che la descrivono. La forma fisica determina il nome Carta T.

Abilità da apprendere
Comportamento non verbale
Comportamento verbale

I comportamenti descritti nella T Chart devono essere espressi in modo specifico, oggettivo, osservabile, non devono fare riferimento a stati d'animo o a pensieri poiché questi sono comportamenti interni, soggettivi e non osservabili.
Se si sta lavorando sull'attenzione e si chiede “Come faccio a capire se una persona è attenta?”, non si può accettare la risposta: “Vedo che pensa a quello che si dice”, ma si deve chiedere di essere più espliciti. Una risposta del tipo “Vedo che fa domande” è, invece, accettabile.
Un esempio di Carta T può essere questo:

Incoraggiare

Sguardo di assenso

Annuire con la testa


Dare un colpetto sulla spalla

Battere le mani

"Ti sei espresso proprio bene"

"Hai fatto fatica, ma alla fine ci sei riuscito"

"Forza, continua così..."

"È stato molto di più quello che hai fatto correttamente di ciò che hai sbagliato"

Informazioni tratte dal sito www.scintille.it - Rivista italiana on line sul Cooperative Learning

Gruppo Verticale 2 - Educatori

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