link home page
link la revue
link les numéros
link web école
links

La scuola come comunità di ricerca

L’idea di “comunità di ricerca” è alla base di un’attività formativa in cui gli insegnanti potenziano e fanno avanzare le proprie competenze.

Durante lo scorso anno scolastico la Sovrintendenza agli Studi della Regione Autonoma della Valle d'Aosta mi ha incaricato di svolgere un'attività di formazione rivolta ad insegnanti neo assunti in ruolo e ad educatori del Convitto “Federico Chabod”. L'obiettivo del percorso, sulla base dell'analisi della domanda formativa degli utenti (39 partecipanti della scuola primaria, secondaria di primo e secondo grado e del Convitto), è stato definito in termini di sviluppo di competenze inerenti la progettazione e la gestione di ambienti di apprendimento in grado di sostenere la motivazione a studiare, per la prevenzione del disagio e la promozione del successo scolastico. Le linee guida indicate dall'Ufficio Ispettivo Tecnico e dall'IRRE-VDA, che hanno organizzato l’attività, sottolineavano l'opportunità di favorire lo sviluppo di tali competenze con un approccio “situato”, attraverso la sperimentazione di progetti in classe.
Il percorso è stato quindi orientato alla progressiva trasformazione del gruppo di formazione degli insegnanti in una “comunità di ricerca”, con l'intento di creare uno spazio di sperimentazione e di riflessione sull'azione che, in seguito, ci è sembrato opportuno documentare e diffondere. Da qui la scelta di creare un “nucleo monotematico” su L'école valdôtaine che analizzasse l'idea della “comunità di ricerca” come elemento strategico di un'attività formativa in cui gli insegnanti assumessero una responsabilità attiva nello sviluppo delle proprie competenze professionali ed utilizzassero il fare ricerca a scuola come un'attività in grado di produrre un avanzamento continuo di tali competenze. Gli articoli presentati nella prima parte indagano la possibilità di inserire la ricerca tra le pratiche dell'insegnante; nella seconda entrano nello specifico dei temi e delle modalità delle esperienze che realizzano l'assunzione teorica precedentemente delineata. Irene Bosonin, apre il discorso con un'analisi delle istanze culturali ed educative che spingono a ripensare la scuola, nell’attuale società della conoscenza, in termini di una comunità di ricerca, caratterizzata fortemente dall'interesse dei docenti a migliorare il proprio modo di lavorare, nella tensione ad intraprendere nuove strade, a sviluppare idee innovative. Antonella Nuzzaci analizza i possibili significati e identifica i potenziali rischi del fare ricerca a scuola, ponendo la possibilità di incontro tra insegnanti e ricercatori sulla didattica nel seguire la linea metodologica della “pratica riflessiva”, ricostruendo e riorganizzando continuamente l'esperienza didattica, nel continuo sforzo teso al miglioramento delle condizioni di apprendimento e di insegnamento scolastico. Teresa Grange, ci introduce al nucleo tematico dell'esperienza formativa realizzata, nucleo che si configura come un ambito di sperimentazione particolarmente rilevante per gli insegnanti; si tratta del complesso rapporto tra motivazione allo studio, competenze sociali e apprendimento cooperativo nell'ambito scolastico. Emilia Campobassi e Cinzia Sciacqua, analizzano il ruolo di tutor da esse svolto durante il percorso formativo, evidenziando come esso sia risultato centrale nel processo di costruzione di una comunità collaborativa, per lo sviluppo di un positivo clima a livello relazionale, in termini di accompagnamento dei partecipanti nella trasformazione dei contenuti teorici in progetti operativi. I due articoli successivi, elaborati dai partecipanti al percorso formativo, forniscono esempi delle attività progettate e testate in classe: gli educatori del Convitto “Federico Chabod” hanno sperimentato un training per promuovere un'abilità sociale specifica: il saper risolvere i conflitti in maniera costruttiva; gli insegnanti di religione delle scuole medie hanno progettato, oltre ad un training per lo sviluppo di abilità sociali, anche un lavoro realizzato mediante l'utilizzo della tecnica del Reciprocal Teaching. Il contributo conclusivo, infine, si propone di delineare le possibili linee di sviluppo di questo modello di lavoro e di esplorare le ulteriori implicazioni della visione della scuola come “comunità di ricerca”.
Quale impianto formativo era necessario sviluppare per rispondere alla domanda di formazione sui temi posti con un approccio “situato”, attraverso la sperimentazione di progetti in classe?
La risposta ha preso avvio dalla scelta di un modello formativo definito “la scuola come comunità di ricerca” ispirato all'idea di realizzare una “Knowledge Building Community”, una comunità che costruisce conoscenza (Bereiter, 2002; Bereiter e Scardamalia, 2003; Cacciamani e Giannandrea, 2004). In questa prospettiva la scuola viene ripensata trasformandola da una organizzazione finalizzata a favorire l'apprendimento ad una comunità di ricerca orientata a produrre conoscenza di valore per i suoi membri e per la comunità sociale più ampia di cui fa parte. Diventa cruciale in quest'ottica la distinzione tra apprendimento e costruzione di conoscenza: il primo non è il fine ultimo dell'attività che insegnanti e studenti svolgono a scuola, ma un'attività intermedia attraverso cui ogni soggetto acquisisce contenuti e procedure che utilizza con il fine di appropriarsi dello stato più avanzato della conoscenza in determinati ambiti per realizzarne un miglioramento qualitativo per la propria comunità. Tale modello mette in evidenza la necessità di creare nell'individuo competenze individuali e sociali che lo mettano in grado di costruire conoscenza per sé e per la comunità di cui fa parte. I membri di una comunità di questo tipo contribuiscono a definire i problemi di indagine, si assumono la responsabilità dell'attività di ricerca e di proporre ipotesi di soluzione (Cacciamani, 2002). In altre parole si abbandona l'idea che l’elaborazione di conoscenza sia un dominio esclusivo dei ricercatori, dei docenti e degli autori dei libri di testo a favore di un’impostazione di lavoro che rende il partecipante ad un percorso formativo protagonista entro una comunità che svolge un'attività di ricerca vera e propria, avvalendosi anche di risorse interistituzionali (nel nostro caso Sovrintendenza, IRRE-VDA, Università) e multiprofessionali (progettisti della formazione, insegnanti, tutor, ricercatori universitari).
Sulla base di questi assunti il presente percorso formativo è stato caratterizzato dai seguenti elementi:
• proposta ai destinatari della formazione di ripensare la propria identità di gruppo in termini di una comunità di indagine che conduce una sperimentazione su ambienti di apprendimento per testarne l'efficacia;
• analisi critica di modelli teorici e di tecniche relativi all'oggetto di indagine guidata dall'esperto;
• messa a punto da parte di gruppi di lavoro, con il supporto di tutor, di progetti di sperimentazione e loro supervisione da parte dell'esperto;
• realizzazione dei progetti in classe da parte degli insegnanti;
• presentazione di un report di ricerca da parte degli insegnanti, con l'aiuto dei tutor, ed analisi in gruppo degli esiti delle sperimentazioni sotto la supervisione dell'esperto.
Il modello si è tradotto in un percorso formativo, articolato in quattro incontri con l’esperto, di quattro ore ciascuno, alternati con tre incontri con i tre tutor. Gli insegnanti erano, infatti, suddivisi in tre gruppi di lavoro supportati ciascuno da un tutor e, al loro interno, ciascun gruppo in almeno due sottogruppi in base all'ordine di scuola di appartenenza.
Nel primo incontro con l'esperto (23 febbraio 2005) sono stati presentati gli obiettivi, le modalità formative del corso, l'idea della comunità di indagine e sono stati quindi introdotti modelli teorici relativi a due prospettive di studio, tra loro in parte integrabili, sulla motivazione.
In primo luogo, è stata presa in esame la prospettiva cognitivista, attenta agli stili attributivi (la tendenza ad attribuire i motivi del proprio successo o fallimento a sé stesso agli altri, considerandoli controllabili o non controllabili), alla percezione di autoefficacia davanti ad un compito e alle convinzioni dell'individuo relative ad una visione statica o incrementale della propria intelligenza, elementi che possono favorire o deprimere la motivazione a studiare.
È stata quindi presa in considerazione la prospettiva socio-culturale, attenta alle dimensioni di contesto in grado di sostenere la motivazione: il promuovere un clima positivo e motivante attraverso il lavorare sullo sviluppo di competenze sociali e la creazione di situazioni di apprendimento collaborativo. È stato approfondito, in particolare, l'utilizzo di training per lo sviluppo di competenze sociali per il lavoro di gruppo (Johnson, Johnson e Holubec, 1999; Comoglio, 1999), attraverso la visione di esempi filmati.
Il secondo incontro (11 marzo) si è concentrato sull'analisi di due tecniche di apprendimento collaborativo. La prima, nota come Reciprocal Teaching, è stata elaborata da Brown e Palincsar (1989) ed utilizzata nell'ambito delle Community of Learners (Brown e Campione, 1990) per promuovere delle strategie di collaborazione in gruppo orientate all'analisi e comprensione di testi. La seconda, il Jigsaw (Aronson e al.,1978), prevede la predisposizione in classe di gruppi collaborativi, in cui gli studenti assumono il ruolo di insegnanti, ricercatori ed allievi; tali gruppi si compongono e si scompongono in diverse fasi di lavoro per svolgere un'attività di studio o di ricerca. Le tecniche sono state presentate attraverso analisi di esempi di interazioni di gruppo di studenti e mediante simulazioni con i partecipanti. È stato quindi chiesto ai partecipanti di
procedere, suddivisi in sottogruppi e con l'aiuto dei tutor ad individuare un ambito (training per lo sviluppo di competenze sociali o tecniche per l'apprendimento collaborativo) in cui elaborare il proprio progetto di sperimentazione, mediante uno schema guida che chiedeva di indicare l'obiettivo, le fasi e i tempi di lavoro, le modalità di verifica e valutazione.
Nel terzo incontro (8 aprile) ogni sottogruppo ha presentato in plenaria il progetto di sperimentazione elaborato che è stato sottoposto a discussione e supervisionato dall'esperto. Nel quarto incontro (29 aprile 2005), infine, sono stati presentati e discussi i risultati dei progetti sperimentati in classe ed è stata effettuata la valutazione conclusiva del percorso.
Gli articoli successivi presentano l'esperienza vissuta “dal di dentro” dagli insegnanti e dai tutor che vi hanno preso parte.

Stefano Cacciamani

Bibliografia di riferimento
ARONSON E., ETEPHAN C., LIDES J., BLANEY N. e SNAPP M. (1978), The Jigsaw Classroom, Sage, Beverly Hills, CA.
BEREITER C. (2002), Education and Mind in the Knowledge Age. LEA, Hillsdale, NJ.
BEREITER C., SCARDAMALIA M. (2003), Learning to work creatively with knowledge, in DE CORTE E., VERSCHAFFEL L., ENTWISTLE N., MERRIENBOER J.V. (Eds.), Powerful learning environments: Unraveling basic components and dimensions (pp.73-78), Elsevier Science, Oxford.
BROWN A.L., PALINCSAR A.S. (1989), Guided, Cooperative Learning and Individual Knowledge Acquisition, in RESNICK L. (Ed.), Knowing, learning and instruction: Essays in honor of Robert Glaser, Erlbaum, Hillsdale, NJ, pp.393-451.
BROWN A.L., CAMPIONE J. (1990), Community of Learning and Thinking: Or a Context by Any Other Name, in Human Development, 21, pp.108-125.
CACCIAMANI S. (2002), Psicologia per l'insegnamento, Carocci, Roma.
CACCIAMANI S., GIANNANDREA L. (2004), La classe come comunità di apprendimento, Carocci, Roma.
COMOGLIO M. (1999), Educare Insegnando, LAS, Roma.
JOHNSON D.W., JOHNSON, R.T., HOLUBEC E.J. (1996), Apprendimento cooperativo in classe. Erickson, Trento.

couriel