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Quando l'italiano diventa L2

Sempre più bambini, ragazzi e adulti stranieri hanno necessità di imparare l’italiano.
Consapevoli di questa crescente domanda, alcuni docenti si sono specializzati nell’insegnamento dell’italiano lingua seconda, con la finalità di mettere gli stranieri nelle condizioni di migliorare la qualità della loro vita nel paese che li accoglie.

L’ITALIANO L2 NELLA SCUOLA VALDOSTANA

Le lingue, si sa, si studiano per passione, per dovere scolastico oppure per necessità. Molti stranieri, nel proprio Paese d’origine, studiano l’italiano per puro piacere, ma altri, arrivando nel nostro Paese, si trovano ad affrontare lo studio della nostra lingua nazionale per autentico e impellente bisogno, prima per la sopravvivenza, poi per la comunicazione, a volte (è il caso degli studenti) per l’apprendimento delle discipline scolastiche.
Il numero sempre crescente degli scolari e degli studenti che frequentano le scuole valdostane (come si evince dai rapporti annuali prodotti dalla Sovrintendenza agli Studi regionale, Alunni non italiani, a cura di G. Vicentini, UIT, Aosta) non consente più di effettuare interventi occasionali di semplice emergenza, utili solo a tamponare provvisoriamente casi di più o meno recente immigrazione. È ormai indispensabile che anche la nostra Regione si doti di interventi programmati e sistematici che consentano un’accoglienza e un sostegno linguistico adeguati che permettano agli allievi di origine straniera percorsi scolastici dignitosi e agli insegnanti attività didattiche rapportate ai contesti in cui lavorano. Ben lo sanno i docenti che, soprattutto in alcune scuole valdostane, accolgono bambini o ragazzi stranieri in ogni momento dell’anno scolastico.
Va sottolineato che i bambini e i ragazzi stranieri, che siano in Valle da diverso tempo o che siano appena giunti per ricongiungimento familiare, non hanno scelto in prima persona il percorso immigratorio che li ha condotti in Italia. Questo, normalmente, vale per gli adulti che, anzi, toccano spesso più regioni della nostra penisola, prima di scegliere definitivamente una di queste o, piuttosto, di fare ritorno nel loro Paese d’origine. È chiaro che in tali contesti le motivazioni per l’apprendimento dell’italiano quale lingua seconda sono decisamente diverse: nel primo caso, i giovani cercano subito nella nuova lingua lo strumento per socializzare con i coetanei e, successivamente, per comunicare con gli insegnanti e procedere allo studio curricolare. Nel secondo caso, l’adulto vede nell’italiano il mezzo per raggiungere il più in fretta possibile una posizione lavorativa che motivi la sua scelta di emigrazione.
In entrambi i casi, tuttavia, l’apprendimento della lingua 2 rappresenta un percorso pieno
di insidie, di sacrifici e anche, perché no?, di grosse delusioni, soprattutto in quei casi in cui l’apprendente non è consapevole dei “passi avanti” effettuati, riconoscendo solo gli eventuali insuccessi.
Nel mondo del lavoro l’adulto ha a disposizioni più strumenti, psicologici, culturali, che fanno parte del suo bagaglio personale di vita e di esperienze. Nel mondo scolastico la selezione, forse paradossalmente, è invece più drastica: se non si raggiungono presto i risultati, si rischia di essere “tagliati fuori”. È qui che si deve rivolgere, indubbiamente, il maggiore sforzo delle istituzioni a favore degli allievi migranti. Incoraggiare la motivazione, spesso sostenuta dalle famiglie che vedono più opportunità di studio in Italia che nel loro Paese, curare la fase dell’accoglienza e dell’inserimento scolastici, anche attraverso il supporto dei mediatori interculturali, fornire strumenti linguistici flessibili ed adattabili alle diverse situazioni e tutorare per un certo periodo l’allievo, non solo linguisticamente, per verificare il raggiungimento di un’adeguata autonomia linguistica e culturale. Questo dovrebbe essere il corretto percorso che ogni scuola, di ogni ordine e grado, sia pronta a fornire ai nuovi allievi di provenienza straniera.
Come fare? Non guardiamo per forza alle altre nazioni europee (lo si fa sovente e spesso a ragione, ma a volte si rischia di confondere storie diverse di immigrazioni), rimaniamo anche solo tra i confini nazionali: negli ultimi quindici anni sono nate, sulla scia soprattutto dell’emergenza delle prime ondate di immigrazione, molti progetti e iniziative diversificate, che in alcune regioni sono poi confluite in una programmazione più articolata e sistematica. Insomma, chi pensava che i flussi migratori in Italia potessero avere solo carattere temporaneo è stato deluso, perché ormai il fenomeno ha raggiunto dimensioni non certo simili a quelle tedesche o francesi, ma si è attestato su percentuali che non fanno pensare ad una possibile regressione.
La scuola in tutto questo gioca un ruolo fondamentale: non solo esiste ancora il diritto allo studio, sancito dalla Costituzione, ma è all’interno delle istituzioni scolastiche che avviene il primo passo per l’inserimento sociale dei futuri cittadini. La lingua, è ovvio, diventa lo strumento privilegiato di questo meccanismo, l’olio o la benzina per far funzionare gli ingranaggi.
In questo contesto nasce, circa cinque anni fa, il progetto Italiano come lingua seconda: lingua di contatto, lingua di culture, promosso dal MIUR e mirato alla formazione di tutor regionali in L2. Il progetto nasce proprio dall’esigenza di fornire a tutti i docenti sul territorio nazionale (non solo a quelli di lingue) strumenti utili ad intervenire in classi plurilingui. La Regione Valle d’Aosta ha partecipato al progetto con quattro docenti destinati alla funzione di tutor: questi insegnanti dovrebbero avere il compito di fornire un’adeguata formazione a tutti i docenti valdostani che vogliono migliorare le loro competenze didattiche nell’accoglienza e nel supporto scolastico agli allievi stranieri. Questa formazione (in parte on line, in parte in presenza) potrebbe diventare occasione di confronto e di scambio di esperienze didattiche, oltre che momento di formazione. Insomma un’opportunità di arricchimento e aggiornamento culturale per tutti quei docenti che vedono ancora nella scuola (compresa quella valdostana, s’intende) un’opportunità per migliorare la società.

Melinda Forcellati

L’EDUCAZIONE DEGLI ADULTI

Caratteristiche e bisogni dell’apprendente adulto

A differenza di quanto avviene per gli studenti non nativi nella fascia d’età scolare, l’apprendente adulto straniero che sceglie un percorso di formazione, proprio e prima di tutto in quanto adulto, si caratterizza per alcuni aspetti e bisogni suoi propri, evidenziando in tal senso problematiche di tipo più andragogico che pedagogico, cioè più relative all’educazione dell’adulto che a quella del bambino e adolescente. Malcom Knowles, il “guru” dell’andragogia, nel suo libro più famoso, Quando l’adulto impara(1), sottolinea come fattori quali l’esperienza, il bisogno di autonomia, il riferimento alla vita reale, il desiderio di una maggior soddisfazione nel lavoro e quello di accrescere la propria autostima, l'aspirazione a migliorare la qualità della vita costituiscano la spinta più forte all’ingresso nel mondo della formazione. Tuttavia la permanenza in tale ambito si rivela, sempre da parte dell’adulto, più instabile e discontinua e, nel caso specifico dell’adulto straniero, è complicata da un altro fattore, quello della fluttuazione per cause linguistiche. Tale tratto, che ha una regolarità strutturale(2), si traduce in una continua alternanza tra ingresso nei corsi di lingua e loro abbandono; infatti, quando il migrante percepisce come positiva la propria competenza linguistica abbandona temporaneamente la formazione, per poi rientrarvi quando proprio questa sua maggior competenza gli fa percepire come inadeguata la sua capacità di gestire i flussi di comunicazione in situazioni di interazione sociale più complesse.

L’apprendente adulto nella realtà locale

In Valle d’Aosta, in attesa dell’organizzazione dei CTP (Centri Territoriali Permanenti), la formazione linguistica per adulti stranieri è gestita prioritariamente dal Centro Educazione Adulti e si articola in due settori, quello, a scansione giornaliera, del corso di alfabetizzazione e del corso sperimentale di Scuola media per lavoratori, le cosiddette 150 ore (entrambi originariamente costituiti per i nativi ma ormai monopolio dei non nativi, almeno il primo) e quello dei corsi di L2, a scansione bisettimanale. A tale ente se ne affiancano altri, quali per esempio l’ENAIP o il Progetto Formazione. Quest’ultimo, oltre ad aver organizzato corsi di italiano settoriale con il FSE, è, a partire dal corrente anno, sede degli esami CILS (Certificazione dell’Italiano come Lingua Straniera) dell’Università per Stranieri di Siena.
Il CEA inoltre, in questi ultimi anni, si è particolarmente impegnato nella formazione dei suoi insegnanti, sia facendoli partecipare a corsi e convegni di portata nazionale, sia organizzando in loco appositi percorsi formativi.
Per la Valle d’Aosta, però, accanto alla fluttuazione per cause linguistiche sopra menzionata, se ne potrebbe aggiungere un’altra, la fluttuazione per motivi di bilinguismo; infatti coloro tra gli adulti immigrati che, mossi da una forte motivazione strumentale, hanno come progetto di vita uno stabile inserimento nella realtà locale, alternano la frequenza di corsi di italiano L2 a quella di corsi di lingua francese, non completando, in un certo senso, nessuno dei due percorsi.
Riguardo alle caratteristiche dei pubblici che si accostano, anche per breve periodo, alla formazione, queste rispecchiano quelle generali del resto d’Italia e sono soprattutto le seguenti: un’evidente varietà nazionale e linguistica, una prevalenza dell’elemento femminile, una forte differenziazione di livelli, competenze, preparazione scolastica di partenza. Spesso, chi è in possesso di un titolo di studio superiore conseguito nel paese
d’origine, contemporaneamente alla strada del suo riconoscimento (che spesso si rivela lunga e macchinosa), sceglie di conseguire anche un titolo di studio italiano, attraverso la frequenza delle 150 ore o di un corso serale di Scuola superiore. I due corsi serali a tutt’oggi attivi nel comune di Aosta (presso l’Istituto Manzetti e l’Isip) registrano infatti una certa presenza di alunni stranieri, ma, essendo di recente costituzione, non ci è ancora dato sapere se questi soggetti proseguiranno la loro frequenza fino a conclusione del ciclo.

Possibili risposte e proposte

Data la situazione sopra delineata, come si potrebbe migliorare la risposta glottodidattica e organizzativa tuttora praticata? Poiché, come abbiamo accennato, è in corso
la costituzione in loco dei CTP, questa potrebbe essere un’ottima occasione per riorganizzare la formazione linguistica degli adulti stranieri attraverso un progetto organico, caratterizzato da serietà scientifica, che, oltre a basarsi su un’attenta analisi che evidenzi le caratteristiche dei soggetti coinvolti e i loro bisogni ed aspettative e oltre a tenere in conto le specificità dello spazio linguistico valdostano, con il suo plurilinguismo(3), si apra anche al confronto con l’esterno, soprattutto con quelle regioni che hanno accumulato in questo campo un’esperienza qualitativamente e quantitativamente rilevante, come il Piemonte, la Lombardia, l’Emilia Romagna o la Toscana.
Un progetto organico, per la Valle d’Aosta, dovrebbe, a nostro avviso, implicare un maggior coordinamento tra i vari enti coinvolti, pur nel rispetto della loro specificità; una maggiore distribuzione dei centri di formazione sul territorio; un maggior impiego di risorse economiche e umane; un’offerta glottodidattica articolata che tenga costantemente presenti le indicazioni del Quadro Comune Europeo di Riferimento e si differenzi in base ai livelli di partenza (principianti, elementare, intermedio, avanzato), agli obiettivi (italiano per la comunicazione quotidiana, per le professioni) e di conseguenza si apra ad una varietà di codici e sottocodici (italiano per la comunicazione, per lo studio, per la formazione professionale generale e specifica…); una formazione degli insegnanti coinvolti più mirata ed approfondita. Infine, si potrebbe tentare la via di un progetto ambizioso ma che ha qualche precedente(4), una proposta unificata di insegnamento/ apprendimento della lingua italiana e francese.

Carmela Camodeca


Note
(1) Knowles M., Quando l'adulto impara. Pedagogia e Andragogia, Milano, Franco Angeli, 1997.
(2) v. Vedovelli M., Guida all’italiano per stranieri, Roma, Carocci, 2002.
(3) Per il concetto di spazio linguistico v. De Mauro T., Guida all’uso delle parole, Roma, Editori Riuniti, 1980. Per un esame dello spazio linguistico valdostano si tenga presente il volume Une Vallée d’Aoste bilingue dans une Europe plurilingue, Fondation Emile Chanoux, Aoste, 2003, che riporta i dati, e il relativo commento, dell’inchiesta condotta dalla medesima Fondazione.
(4) Per esempio, il progetto EuRom4 (Blanche-Benveniste C. et al., EuRom4, metodo di insegnamento simultaneo delle lingue romanze, Firenze, La Nuova Italia, 1997) Oltre ad avvalersi dell’esperienza maturata in ambito scolastico locale, si potrebbero assumere i modelli maturati nell’ambito della tipologia linguistica e della linguistica contrastiva.

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