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Cen que vout-ë dëre atrëre?

Grazie all’analisi comparata di quattro versioni del testo Il piccolo principe (italiano, francese inglese, patois), durante le ore di educazione linguistica integrata, una classe di seconda media si trasforma in un vero e proprio laboratorio.

Quando, nell’anno 2000, Il piccolo principe fu tradotto in franco provenzale; e ormai quell'evento data di quasi cinque anni, una cara amica, sensibile e schietta non ha potuto non regalarmi quel curioso volume intitolato Lo petsou prince.
Il messaggio era chiaro: leggilo, fin dove riesci, e usalo perché fonte di inenarrabili ricchezze e non solo per i contenuti, per il messaggio e per la dolcezza della narrazione, ma perché pozzo dal quale attingere, per la sua semplicità e chiarezza, risorse linguistiche. Come si sarebbe potuto operare allora? Comparando!
Non è forse uno dei testi più tradotti al mondo? E allora all'opera… Due colleghe disponibili, quella di francese e quella di inglese, una feconda programmazione in linguistica integrata e soprattutto una classe di autentici patoisants di Champoluc… e via!
L'obiettivo era chiaro fin dal principio: cercare un'alternativa valida e proficua alle ore tradizionali di grammatica.

Se è vero che ognuno di noi in quanto essere parlante possiede le strutture grammaticali, il segreto sta nel porle alla luce, nell'operare in modo maieutico aggiustando, correggendo, limando, ma soprattutto educando all'idea che verbi, sostantivi, congiunzioni, preposizioni e quant'altro sono “amici” che utilizziamo di continuo, spesso in modo corretto, checché se ne pensi e poiché sono i nostri attrezzi comunicativi usuali vale la pena, sembrerà ovvio, conoscerli meglio.
Se poi vogliamo compiere una riflessione linguistica su come gli stessi “amici” sono presenti in altre lingue allora un'analisi comparata diventa un gioco che porta a spaziare dalla grammatica allo studio delle etimologie senza soluzione di continuità, senza ingabbiare la conoscenza.
Tutto non si può fare e così ci si accorda: si potrebbe lavorare sulle preposizioni e sulle congiunzioni, osservarne il comportamento nelle diverse lingue e nel patois stesso; evidenziare costanti e differenze.
Va da sé che il testo deve essere letto integralmente, in classe, magari nella versione italiana e francese e parzialmente nelle altre lingue. È necessario conoscere la storia per appassionarsi al personaggio, per farlo proprio e ci sono splendide letture recitate da bravi attori che potrebbero aiutare nello scopo.
Bisogna comunque scegliere i brani sui quali operare nello specifico. Da un punto di vista grammaticale sono tutti ricchi e fecondi, sta allora nell'abilità di chi programma trovare i passi più vicini alla sensibilità dei propri studenti e quindi decidere quali parti del discorso analizzare, ma nulla vieta di operare in modo più complesso sulla costruzione dei periodi. Dipende dalla classe.
Nella seconda media di Ayas avevamo optato per gli articoli, le preposizioni e le congiunzioni sul fronte grammaticale, mentre su quello lessicale avevamo deciso di compiere un confronto etimologico su alcune parole significative (per esempio bambino/ enfant/ meina), il prodotto finale sarebbe stato una grammatica “alternativa”, comparativa/contrastiva elaborata dagli alunni con una parte teorica sull'utilizzo delle parti del discorso scelte nelle diverse lingue (franco provenzale compreso) e una più pratica
con esempi tratti dal volume in questione o originali. A questo si aggiunga una puntuale riflessione sul significato delle parole, sulla ricerca degli etimi e sul confronto tra le eventuali diverse derivazioni, sui risvolti culturali che sono insiti nell'evoluzione etimologica e sull'evoluzione storica delle parti del discorso stesse.
Infine, il lavoro avrebbe dovuto coronarsi (vedi Box) con la produzione di una rappresentazione teatrale, ma spesso le intenzioni non fanno i conti con i tempi…
Tra gli obiettivi non solo quello di “conoscere”, partendo da differenze a analogie tra le lingue e di riconoscere nel “dialetto” parlato a casa una lingua accreditata e per contro fornire ai non patoisants un'ottica diversa sulla lingua a volte poco chiara utilizzata dai compagni, obiettivo oltre che linguistico, fortemente socio-affettivo, ma anche imparare ad usare strumenti da “professionisti” della linguistica.
E così la classe si trasformava, nelle ore di educazione linguistica integrata (ELI), in un vero e proprio laboratorio. Non solo il dizionario tradizionale (italiano/francese/inglese/ monolingue e bilingue) anche in versione ragionata (Dir - Dizionario italiano ragionato, Firenze, D'Anna Sintesi, 1996), ma anche quello etimologico cartaceo e su cd-rom (DELI - Dizionario Etimologico della Lingua Italiana, Zanichelli), con tanto di personal computer per visionarlo, e storico (G. Rohlfs, Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti, Einaudi, Torino, 1999: la parte sulla morfologia per l'italiano), perché anche le parti del discorso devono essere indagate nelle loro origini, nonché quello di latino e le grammatiche delle diverse lingue, il tutto supportato dall'utilizzo di mappe tematiche sull'evoluzione delle lingue, dalle antiche lingue indoeuropee ad oggi.
Così i ragazzi andavano alla ricerca di preposizioni e locuzioni, sottolineavano, ragionavano e facevano ipotesi sulle “somiglianze” manifeste di certi lemmi; cercavano conferme nei “grandi libri”, imparavano ad usare i vocabolario e ad esplorare i cd-rom.
Purtroppo il lavoro che doveva condurre ad una riflessione sul testo più ampia e legata anche ai contenuti non è stata possibile e la pièce quell'anno è sfumata, ma vederli attivi interessati alla ricerca è stato un piacere grande.

L'avventura non era finita e così, l'anno successivo, eravamo ormai nell'anno scolastico 2002-2003, cambiata scuola, cambiati alunni, cambiati colleghi e soprattutto classe e città ho ricominciato. Questa volta ad Aosta, una prima media dell'Istituzione scolastica “Aosta 1”, l'ambito un progetto nel secondo quadrimestre che si poneva anche se con mezzi limitati di lavorare sull'oralità, di sviluppare o potenziare la capacità di mettersi in gioco davanti al prossimo con la forza dell'espressione orale. Non ci lamentiamo sempre che “questi nostri alunni” non sanno sostenere un'interrogazione?
Così in collaborazione con la collega di francese Patrizia Pozzato e la collega di matematica e scienze Claretta Fagiolo e supportata da una classe veramente eccezionale e partecipativa nelle compresenze del mattino tra francese e italiano “studiavamo” le lingue e al pomeriggio recitavamo. La procedura quella descritta sopra: dizionari, grammatiche, strumenti di ricerca linguistica, ma questa volta faceva la differenza il numero delle lingue, non più solo italiano, francese, inglese e patois, ma anche rumeno e spagnolo.
La classe contava alunni stranieri che non conoscevano l'italiano e la sfida del Piccolo principe è stata subito accolta con fervore soprattutto dall'alunna argentina e dal compagno rumeno che si sono sentiti protagonisti a pieno titolo perché dovevano insegnare ai compagni e alle prof parole nuove e comparando imparare.
La pagina più letta e studiata?
la dedica dell’autore Antoine de Saint-Exupéry all’amico Léon Werth. La fortuna di fondo? Fatto salvo l'inglese, ci si muoveva in ambito neolatino e questo, dal punto di vista dell'integrazione, ha giocato un ruolo fortissimo. Il patois? Gli alunni di Aosta non lo conoscevano quasi, ma è stato un gioco scoprirlo.
I momenti forti sono stati quelli della riscrittura creativa e della messa in scena. Nelle ore del rientro pomeridiano, dopo aver letto integralmente la fiaba di Antoine de Saint-Exupéry e riflettuto sul messaggio che a ciascuno poteva trasmettere il racconto, gli alunni, a coppie, hanno ipotizzato l'incontro del Piccolo principe con personaggi della loro fantasia. La tematica dominante è stata quella dell'amicizia ritrovata o scoperta e così il Piccolo Principe ha avuto modo di incontrate e dialogare con la luna, il sole, una bella principessa, una piccola naufraga orfana, una bambina di pochi anni, una stellina e un improbabile astronauta francese. Quindi sul modello letto i ragazzi hanno prodotto e riprodotto in italiano e francese e poi interpretato.
Il lavoro è stato tanto, le abilità da mettere in gioco infinite, non ultima quella di ricordare a memoria e presentare al pubblico qualcosa di originale frutto di una produzione propria. Il successo è stato notevole e l'ultimo giorno di scuola la soddisfazione di fronte alle altre classi che hanno assistito allo spettacolo e ai genitori ha ripagato delle enormi fatiche e della tensione e ancora oggi, a distanza di due anni, il ricordo di quell'attività è vivo, forse perché ha rappresentato un'alternativa alla routine didattica…
E se nel Piccolo principe la volpe dice:
- Se mi addomestichi avremo bisogno l'uno dell'altro tu sarai unico al mondo per me e io per te, così si legge nel testo di un'alunna:
- Per vivere serenamente ci vuole amicizia, la vita ha senso solo se condivisa.

Anna Piccirilli


http://digilander.libero.it/Gretablu/il_piccolo_principe/pp00.html


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