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L’educazione come processo democratico ed etico

“Non s’impara ad essere educatore che essendolo...” - Ana Teberosky

Porto Alegre, città nello stato del Rio Grande do Sul, nella regione sud del Brasile, ormai nota nel mondo come città del Forum Sociale Mondiale (giunto felicemente alla terza edizione) è la città in cui lavoro e su cui verte questo contributo con il quale vorrei dimostrare che l’educazione va fatta insieme alla comunità e per la comunità.
Porto Alegre ha parecchie “Vilas”. “Vila” è la designazione che si dà alle “favele” della città. Una delle più grandi difficoltà della scuola è quella dell’integrazione con la comunità. Nelle “vilas” di Porto Alegre, gli indici di criminalità, l’insicurezza e l’aggressività sono ingigantiti dai media, con l’obiettivo evidente di caratterizzare la violenza come una questione circoscritta alla classe popolare. Questi fenomeni sono realmente presenti nelle “vilas”, ma l’enfasi conferita loro dai mass media propone alla maggioranza dei cittadini una realtà delle “vilas” immaginaria, popolata da esseri inferiori, manodopera a buon mercato, gente facilmente manovrabile sul piano politico, una sorta di cittadini di serie b cui è sufficiente riempire lo stomaco, cui non è riconosciuto nessun interesse di tipo culturale.
La nostra città ha cercato di modificare questa concezione: gli abitanti delle “vilas” sono, per noi, cittadini a tutti gli effetti. Il lavoro proposto è quello della costruzione della cittadinanza in modo partecipativo, cioè dal basso, con il coinvolgimento diretto di tutti i soggetti e la collaborazione di professionisti preparati e specializzati.

“La partecipazione popolare in educazione è il rapporto tra scuola e comunità che ha il compito di avvicinare, aprire la scuola alla comunità. In primo luogo, alla partecipazione dei genitori; poi, a quella dei vicini di casa o della comunità più estesa, non soltanto per ottenere collaborazione materiale o finanziaria ai progetti, ma anche con lo scopo di arricchire l’offerta formativa della scuola.”

Ivan Nuñes

Noi chiediamo alla nostra comunità di partecipare soprattutto ai momenti cruciali del processo di insegnamento - apprendimento. Abbiamo esplicitato questa richiesta quando abbiamo elaborato il Piano Annuale e naturalmente anche durante le fasi del suo svolgimento.
Tutte le componenti della Comunità scolastica eleggono dei rappresentanti all’interno del Consiglio scolastico (massimo ente della scuola, eletto direttamente), gli eletti hanno il compito di raccogliere suggerimenti, rivendicazioni e priorità che verranno poi discusse e selezionate in una Assemblea Generale e saranno infine inserite nel Piano Annuale della Scuola.
Un altro strumento fondamentale per organizzare il lavoro didattico è la realizzazione della Ricerca Socio antropologica, uno strumento d’indagine etico e obiettivo.
Attraverso questa ricerca, gli operatori della scuola conoscono più in profondità i bisogni della comunità e orientano le scelte pedagogiche in modo da soddisfarle in un tempo determinato.
Oltre a queste iniziative, c’è la costante preoccupazione che la partecipazione dei genitori al processo di apprendimento degli allievi sia effettiva. Per ottenere questa partecipazione, proponiamo spazi di discussione continua. Più in generale, realizziamo dei “work-shop” coinvolgendo tutta la comunità. Gli argomenti sono scelti dai genitori con le “équipe” pedagogiche, in riunioni mensili o bimensili, ma possono anche essere suggeriti dalla ricerca socio antropologica o dai discorsi dei nostri alunni.

I momenti festivi con e per la comunità sono importanti, la novità risiede nell’importanza che si dà alle date commemorative. Per esempio: celebriamo la “Festa della Mamma” o la “Festa del Papà”, senza però dar troppo peso ai protagonisti di queste feste. In molte famiglie, infatti, non ci sono padri o madri, e noi non vogliamo causare disagio agli alunni.
Anche l’ecologia (l’educazione ambientale) e il folklore sono temi affrontati e ampiamente sviluppati nella programmazione quotidiana, sia a scuola sia nel tempo libero, cerchiamo di trasmettere ai nostri alunni una nozione critica e reale del valore delle nostre radici e delle nostre responsabilità circa la sopravvivenza del pianeta e sviluppiamo il loro senso critico.

“Gli educatori debbono sapere ciò che accade nel mondo dei bambini con cui lavorano. L’universo dei loro sogni, il linguaggio col quale si difendono, monellescamente, dall’aggressività del loro mondo. Conoscere ciò che loro sanno e come lo sanno, al di là della scuola.”

Paulo Freire

L’insegnamento delle scienze esatte parte sempre dalle esperienze portate dai nostri bambini. Per esempio: cominciamo dai concetti di divisione (matematica), i nostri bambini di periferia, infatti, sin da molto piccoli imparano a dividere (il pane, il letto, gli indumenti, ecc.).
La lingua scritta, il mondo alfabetico, è presentato partendo dalle situazioni vissute (i loro nomi, i loro giochi preferiti, le loro paure, i loro sogni, ecc.).
Al di là delle forme di decisione democratiche realizzate nella scuola, abbiamo l’obiettivo, ogni anno, di partecipare al processo del Bilancio Preventivo Partecipativo dell’Educazione. Ogni scuola è libera di parteciparvi, tramite un progetto elaborato dalla comunità. Si innesta si origina così, un dispositivo democratico dell’uso delle risorse pubbliche, con l’ideazione e la produzione di attività culturali, ricreative e pedagogiche per gli allievi.
Questo processo è di grandissima importanza per la realizzazione della democrazia a scuola, in quanto grazie al coinvolgimento della comunità e alla sua effettiva partecipazione alle scelte di politica culturale, è possibile realizzare attività che le carenze economiche di queste famiglie, non consentirebbero mai di fare.
Le fasi per la realizzazione di questo processo rispondono rigorosamente alle regole del Bilancio Preventivo Partecipativo del Comune, generando, così, sin dall’infanzia, la coscienza dell’importanza della partecipazione dei cittadini alla gestione delle risorse pubbliche.

“Pianificare e trasformare idee in pratica e una pianificazione partecipativa è un processo scientifico d’intervento sulla realtà.”

Danilo Gandin

Sappiamo che il lavoro con la classe popolare è davvero un compito arduo. L’importante è non considerare i soggetti popolari, esseri incompleti perché privi di cultura e bisognosi, ma accostarli in quanto esseri umani capaci e con un’identità propria.
Lavorare con tutta la comunità rispettando le singole individualità, è uno dei modi più complessi per affrontare le questioni educative, ma, secondo me, quello ideale.
Le difficoltà che si riscontrano lavorando con la “classe popolare” non sono poche. L’importante è sapere che si possono affrontare e superare. Occorre essere idealisti e credere nell’utopia: a queste condizioni un mondo diverso è possibile.
La strada da percorrere è chiara e la fiducia in un mondo migliore è il combustibile necessario per proseguire consapevoli nel domani.

Beatriz Maria Aroldi Silva
ha sempre lavorato nelle “Vilas” (favele) con alunni di estrazione popolare, insegnando alla scuola materna ed elementare. Dal 1995 è Direttrice della Scuola materna del Comune di Porto Alegre nel Rio Grande do Sul in Brasile.

N.B. La Redazione ringrazia Salvatore Santagada e Juliene C. Ferreira che hanno collaborato per la traduzione del testo originale in portoghese.

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