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Per una scuola multiculturale

Il rilievo del fenomeno multiculturale nella società odierna richiede alla scuola una ridefinizione dei suoi compiti ed in particolare l’elaborazione di idee e strategie capaci di affrontarlo consapevolmente.
I processi migratori sempre più consistenti perché legati a profondi movimenti che attraversano, scompongono e ricompongono popoli e culture impongono la necessità di trovare nuove forme di convivenza e sollecitano intelligenza ed equilibrio per elaborare una cultura dell’accoglienza che non sia solo assistenza, ma si fondi sui valori universali dei diritti dell’Uomo.
Le nuove generazioni maturano studiano in questo nuovo clima. Il cambiamento investe quindi anche i contenuti da insegnare e i quadri di riferimento con cui interpretarli e trasmetterli.
La scuola, da sempre naturale punto di riferimento e crocevia dei problemi della società, è chiamata in causa sia come ambiente direttamente investito da questi, sia come fattore propositivo capace di concorrere a risolverli in termini di capacità critica e di formazione delle coscienze. Si deve sottolineare infatti, che l’educazione interculturale e l’integrazione degli alunni stranieri a scuola, non si esaurisce nei problemi posti dalla presenza a scuola di alunni stranieri, ma si estende alla complessità del confronto tra culture, nella dimensione europea e mondiale.
Si chiede alla scuola di dotare le nuove generazioni di strumenti per combattere sul piano intellettuale, culturale, etico, religioso, quegli stereotipi che esasperano i conflitti ed allontanano le speranze di pace. Questa consapevolezza pedagogica impegna la scuola non solo ad accogliere portatori di culture diverse, ma anche a valorizzare il più possibile queste culture come occasione di compresenza, scambio, dialogo tra ragazzi in modo che ciascuno possa comprendere la propria cultura e confrontarsi con gli altri in vista di un comune arricchimento. Ciò implica un ripensamento forte sia del momento della trasmissione sia di quello della elaborazione della cultura.
È importante riconoscere che i valori che danno senso alla vita e i diritti che la orientano non sono tutti nella nostra cultura, ma neppure tutti nelle culture degli altri, non sono tutti nel passato ma neanche tutti nel presente o nel futuro. Essi consentono di valorizzare le diverse culture ma contestualmente ne rivelano i limiti rendendo così possibile e utile il dialogo e la creazione di una comune disponibilità a superare i propri limiti e a dare i propri contributi alla creazione di una casa comune.

Sono i valori, in ultima analisi il valore universale della persona, i fondamenti transculturali di quella comune cultura del rispetto, del dialogo, dell’impegno, che rendono possibile pensare e vivere la multiculturalità non come indifferenza, confusione, sopraffazione e cedimento, ma come prospettiva educativa per tutti, giocata sul rispetto e sulla promozione di ciascuno.
L’Italia dove, da sempre, è forte il fascino dei modelli culturali del nord Europa e del nord America, che hanno accolto migliaia di nostri connazionali emigrati, oggi è meta di un grande flusso di persone in difficoltà provenienti dai continenti africano e asiatico.
Allargare quindi lo sguardo al passato, con l’ausilio delle moderne scienze umane consente di comprendere le ragioni delle tensioni attuali e di individuare linee culturali e comportamenti promotori di convivenza ed accoglienza.
Nella scuola all’assunzione di questo compito non si può delegare un docente specialista e analogamente non può essere relegato ad una singola disciplina: il problema implica rilevanti impegni per tutti a partire dal dirigente scolastico che, in questo contesto, ha il dovere di essere il facilitatore del cambiamento ricercando e creando contesti di relazione e comunicazione, supporto ed integrazione.
La scuola deve impegnare risorse per avviare attività di formazione dei docenti che devono acquisire una competenza professionale che li metta in grado di affrontare l’educazione interculturale.
Essenziale è inoltre formare i docenti di lingua italiana all’insegnamento della nostra lingua vista come “lingua straniera”. Talvolta infatti si è portati a considerare l’opportunità di inserire l’alunno, di cui si accerti una insufficiente conoscenza della lingua italiana, in classi inferiori a quella a cui aspirano in base agli studi pregressi; tale scelta di fatto si rivela opportuna solo in rarissime occasioni e di norma risulta penalizzante per l’alunno ed ha un effetto negativo sulla percezione dell’accoglienza attuata.
Le prove di conoscenza e competenza della lingua italiana risultano opportune piuttosto che in funzione selettiva, ai fini della predisposizione di opportune strategie per colmare il divario con interventi specifici di consolidamento linguistico.
Opportuna appare anche la creazione di un centro di documentazione regionale con la prospettiva di agevolare tutte le forme che costituiscano un supporto polivalente alla professionalità e all’innovazione scolastica e non ultimo è da prevedere un osservatorio sulla educazione interculturale per valutare l’efficacia delle singole iniziative, per formulare proposte di adeguamento e per agevolare la diffusione delle ”buone pratiche”.
Infine sono da favorire le utilizzazioni di mediatori culturali che possano anche facilitare il rapporto della scuola con le famiglie degli alunni e le comunità nazionali eventualmente esistenti.
A questo proposito spesso è indispensabile il supporto del mediatore per la soluzione dei problemi amministrativi legati all’accoglimento degli alunni stranieri nel nostro sistema scolastico, alle certificazioni richieste, al riconoscimento di eventuali titoli di studio e/o semplicemente del percorso scolastico regresso.
Al momento dell’ingresso dell’alunno nella scuola italiana, si pone l’esigenza dell’acquisizione di una serie di documentazioni (certificato di nascita e di vaccinazione) e una ricognizione della situazione di partenza dell’alunno stesso.
Per quanto riguarda la determinazione della classe d’iscrizione l’art 1 del DPR 722/1982 e la successiva Circ. Min. 301/1989 dispongono che, confrontata la struttura del nostro sistema scolastico con quello del paese di provenienza, gli alunni sono iscritti alla classe successiva, per numero di anni di studio, a quella frequentata con esito positivo nel paese di provenienza.
È necessaria perciò la dichiarazione dell’autorità diplomatica o consolare italiana sul carattere legale della scuola di provenienza dell’alunno; la stessa dichiarazione generalmente indica in quale livello scolastico italiano deve essere inserito l’alunno.
La maggioranza delle famiglie straniere difficilmente conosce queste norme e spesso la conoscenza della lingua italiana è limitata; capita anche che la scuola sia il primo contatto con l’amministrazione poiché giustamente i bambini hanno diritto ad andare a scuola (anche se non sono in regola con le norme relative al permesso di soggiorno) sulla base dell’ art.28 della convenzione ONU sui diritti dell’infanzia. L’Istituzione scuola è chiamata, quindi, ad accogliere in qualche modo tutta la famiglia, non solo l’alunno e può essere difficile da entrambe le parti spiegare le proprie esigenze senza essere fraintesi; in questa fase il supporto del mediatore culturale diventa come già detto determinante.
In definitiva, considerato che la scuola è una comunità che apprende e, che come sempre, in ogni processo di apprendimento esistono fattori facilitanti e altri ostacolanti, si trova ovviamente il massimo vantaggio là dove si concretizza una sinergia di tutte le persone che operano insieme.
L’integrazione del contributo dei singoli (mediatori, insegnanti, famiglie, ma anche amministrazioni, comunità sociali), lo sviluppo di visioni condivise sono fondamentali per l’attuazione di un percorso multiculturale che dalla scuola dovrà espandersi alla società tutta, perché il futuro della nostra società è all’insegna della multiculturalità. Che piaccia o no.

Silvana Viérin
Dirigente incaricato dell’Istituzione Scolastica "Comunità Montana Mont Rose A".

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